Immobile comprato e poi ‘sostituito’: agevolazioni perse ab origine

Doppio passo immobiliare per una contribuente, che compra prima a Venezia, poi vende e ricompra a Roma. Obiettivo è mantenere le agevolazioni, ma il mancato trasferimento della residenza nel Comune di ubicazione del primo immobile azzera completamente ogni pretesa.

Ambitissime le agevolazioni fiscali per l’acquisto della prima casa’, ma per raggiungere l’obiettivo è necessario rispettare attentamente l’ iter fissato dalla normativa. Altrimenti l’intero castello crolla completamente. Anche in caso di doppio passo’ immobiliare Cassazione, ordinanza numero 3749/2013, Sezione Tributaria, depositata oggi . Viaggio. Assolutamente tranchant la pronunzia della Commissione tributaria regionale niet rispetto alla pretesa, avanzata da una contribuente, di ottenere le agevolazioni fiscali per l’acquisto della prima casa’ . Decisivo, secondo i giudici, è il mancato trasferimento della residenza nel Comune Venezia di ubicazione dell’immobile . Ad avviso della contribuente, però, la valutazione è erronea. Per la semplice ragione che ella aveva sì acquistato l’immobile da adibire a prima casa’, usufruendo dell’agevolazione tributaria senza trasferire però la propria residenza, ma poi aveva dovuto, per eventi soggettivi , provvedere a rivendere l’immobile entro un anno , acquistandone poi un altro a Roma da adibire a prima casa’ e trasferendo lì la residenza. Alla luce di questa ricostruzione dell’evoluzione della vicenda una sorta di viaggio immobiliare per l’Italia , quindi, le agevolazioni fiscali erano da considerare salve, sostiene la donna Requisiti. Ma questa visione proposta con ricorso ad hoc in Cassazione viene completamente rigettata dai giudici, i quali ricordano che, come prevede la norma, è indispensabile che il primo acquisto sia stato effettuato in presenza dei requisiti per la fruizione e il mantenimento del beneficio . Ma questo passaggio è venuto a mancare, nella vicenda in esame, perché la donna non ha trasferito la residenza in Venezia, nel termine di legge, ed anzi, quando era ancora in corso tale termine, ha rivenduto l’immobile e ne ha acquistato un altro in Roma, ivi stabilendo la residenza, così dimostrando il definitivo abbandono dell’originario proposito . Assolutamente evidente, quindi, concludono i giudici, che la mancata definitiva realizzazione di stabilire la propria residenza nel Comune di ubicazione del primo immobile acquistato ha comportato il venir meno del diritto alle agevolazioni fiscali ab origine .

Corte di Cassazione, sez. Tributaria, ordinanza 14 dicembre 2012 15 febbraio 2013, n. 3749 Presidente/Relatore Virgilio La Corte Ritenuto che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione 1. M.T.V. propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Veneto n. 12/19/06, depositata il 5 aprile 2006, con la quale è stata affermata la legittimità dell’avviso di liquidazione con cui l’Ufficio aveva negato il diritto della contribuente alle agevolazioni, fiscali per l’acquisto della prima casa , per intervenuta decadenza dalle stesse a seguito del mancato trasferimento della residenza nel comune Venezia di ubicazione dell’immobile. ll giudice a quo ha ritenuto, da un lato, che l’Ufficio non fosse decaduto dal potere di accertamento, in virtù della proroga dei termini disposta dall’art. 11 del d.l. n. 282 del 2002 conv. nella legge n. 27 dei 2003 recte, dall’art. 11 della legge n. 289 del 2002 come modificata dall’art. 5 bis del citato d.l. n. 289 del 2002 dall’altro, che fosse inapplicabile la previsione del comma 4, ultimo periodo, della nota II bis dell’art. l della tariffa allegata al d.P.R, n. 131/86. che stabilisce la spettanza delle agevolazioni qualora il contribuente pur avendo alienato l’immobile entro cinque anni dall’acquisto, entro un anno da tale alienazione ne acquisti un altro da adibire ad abitazione principale. L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso, 2. Il primo motivo di ricorso, con il quale si sostiene 1’inapplicabilità della suddetta proroga dei termini per contrasto con l’art. 3 dello Statuto del contribuente, appare manifestamente infondato, non avendo quest’ultimo rango superiore alla legge ordinaria Cass. n. 8254 dei 2009 . 3. Con il secondo motivo, si chiede se un contribuente che acquista un immobile da adibire a prima casa, usufruendo dell’agevolazione tributaria, e non trasferisce la propria residenza nel comune ove è situato l’immobile, ma per sopravvenuti eventi soggettivi lo rivende entro un anno e ne acquista un altro, che adibisce a prima casa trasferendo la propria residenza, decade dal diritto all’agevolazione tributaria . Il motivo appare manifestamente infondato, poiché la previsione di cui al citato comma 4, ultimo periodo, della nota II bis all’art. 1 della tariffa, porte prima, allegata al d.P.R. n. 131 del 1986, secondo la quale la decadenza dalle agevolazioni è evitata se, pur avendo il contribuente trasferito l’immobile acquistato con i detti benefici prima dei decorso del termine di cinque anni dall’acquisto stesso, entro un anno dall’alienazione ne acquista un altro da adibire ad abitazione principale, si riferisce, in base alla lettera ed alla ratio della disposizione, al solo caso in cui il primo acquisto sia stato effettuato in presenza dei requisiti per la fruizione e il mantenimento del beneficio e non anche quando per tale primo acquisto l’agevolazione non spettasse a causa di dichiarazione mendace, originariamente o per fatti sopravvenuti, quale la mancata, definitiva, realizzazione dell’intento di stabilire la propria residenza nel comune di ubicazione dell’immobile come avvenuto nella fattispecie, in cui la contribuente non ha trasferito la residenza in Venezia nel termine di legge, ed anzi, quando era ancora in corso tale termine, ha rivenduto l’immobile e ne ha acquistato un altro in Roma, ivi stabilendo la residenza, così dimostrando il definitivo abbandono dell’originario proposito . 4. Il terzo motivo, infine, appare inammissibile, riproponendo sotto il profilo del vizio di motivazione la predetta questione giuridica. 5. In conclusione, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio. che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti che non sono state depositate conclusioni scritte, né memorie. Considerato che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso deve essere rigettato che le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese, che liquida in 1.500,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.