La punibilità non è ammessa se manca il reato presupposto

Nell’ambito una vicenda processuale piuttosto complessa, la Cassazione ha ribadito la necessità che per la punibilità del reato di riciclaggio di cui all’art. 648 bis c.p. è necessaria la sussistenza del reato presupposto e questo non può pertanto essere mai dato per scontato, dovendo peraltro essere sempre specificato ed essersi verificato prima della commissione del supposto riciclaggio.

Ad affermarlo è la Corte di Cassazione, nella sentenza n. 1435 del 15 gennaio 2014. Il caso. Nella specie è accaduto che a fronte delle richieste del PM, protese a censurare l’ordinanza con cui era respinta la richiesta di applicazione della misura degli arresti domiciliari a carico dell’imputato, la Suprema corte ha corretto ex art. 619 c.p.p. le motivazioni in diritto fornite dal Tribunale, ritenendo che la conclusioni cui quest’ultimo organo era giunto erano comunque corrette. Dagli atti di causa, infatti, - a detta della Cassazione - non emergeva chiaramente quale fosse il reato presupposto in base al quale l’accusato potesse essere accusato di riciclaggio, atteso che allo stato era imputato solamente di mediazione usuraia ex art. 644 comma 2 c.p., pur avendo oliato” dietro lauto compenso i meccanismi creditori di un importante Istituto di credito italiano al fine di permettere ad una società nostrana l’acquisto sovrastimato” di terreni in Romania, peraltro già nella disponibilità del management di detta società italiana, società da ultimo fallita. Riciclaggio punibile? Stando così le cose, il profitto ricavato dall’imputato al fine delle prestazioni rese per l’ottenimento del finanziamento bancario, rientrerebbe nella sfera di punibilità della mediazione usuraia e, quindi, non potrebbe essere punita ex art. 648 bis c.p. Si è poi osservato che nel caso de quo , non poteva comunque rinvenirsi neppure una appropriazione indebita, posto che i terreni erano stati comunque acquistati, e, quand’anche si fosse ipotizzato un reato di bancarotta fraudolenta o di accesso abusivo al credito, questi delitti sarebbero accaduti, avuto riguardo alle ricostruzioni fornite dall’accusa, in tempo successivo alla supposta commissione del riciclaggio e, dunque, non potevano considerarsi reati presupposti ai fini della punibilità ex art. 648 bis c.p. La Corte ha così prospettato possibili vie che il PM potrebbe perseguire al fine di rinvenire un reato capace di giustificare la punibilità per il reato in questione, ed in particolare facendo leva sul reato di infedeltà patrimoniale ex art. 2634 c.c. Ad ogni modo, quale che sia la scelta dell’ipotetico reato consumato, ma non contestato, è risultato che nel processo in questione non poteva essere intravisto a carico dell’imputato alcun reato ulteriore rispetto a quello indicato originariamente e, per l’effetto, la Cassazione ha rigettato il ricorso. Concludendo. Si può osservare come la Corte abbia correttamente, essendo necessario giustificare la mancata applicazione di una misura cautelare, i propri poteri di sostituzione della motivazione in diritto ex art. 619 c.p.p Meno convincente appare invece la necessità di suggerire vie investigative. Dopo tutto, ciascuno al suo ruolo e non pare davvero che la Suprema corte debba rimediare” anche alle impostazioni d’accusa, anche se questa appaia lacunosa.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 13 dicembre 2013 - 15 gennaio 2014, n. 1435 Presidente Gallo – Relatore Manna Ritenuto in fatto Con ordinanza del 23-24.7.13 il Tribunale di Genova, sezione riesame, rigettava l'appello del PM presso il Tribunale di Savona contro l'ordinanza con cui il GIP di tale Tribunale aveva respinto la richiesta di applicazione degli arresti domiciliari nei confronti di S.B. per il delitto p. e p. ex art. 648 bis c.p., accogliendola solo limitatamente al reato p. e p. ex art. 644 commi 4 e 5 n. 4 c.p Questi i fatti verso la fine del 2007, tramite l'intervento del S. , N.A. , amministratore della S.r.l. Marea Neagra, otteneva dalla UNICREDIT Bank un finanziamento di 40 milioni di Euro per l'acquisto di terreni in Romania a sua volta la Marea Neagra, conseguita la prima franche di Euro 14.000,00 di tale finanziamento, la girava ad una propria controllata, la SC Management in Romania. Il 21.12.07 la S.r.l. Marea Neagra acquistava per 13,7 milioni di Euro i terreni in Romania, che risultavano di proprietà dello stesso N. e dei suoi soci P.A. e di suo marito V.G. , terreni il cui valore era largamente inferiore a quello - gonfiato - che era stato dichiarato alla banca nella pratica di finanziamento, con conseguente inganno ai danni dell'istituto di credito. Subito dopo l'acquisto dei terreni, parte della somma versata rientrava nell'esclusiva disponibilità del N. , che a sua volta - il 27.12.07 - versava presso la filiale di Lugano della Banca Popolare di Sondrio 1,3 milioni di Euro al S. attraverso bonifico effettuato ad una società fiduciaria a lui riconducibile come contropartita per aver egli oliato i meccanismi della UNICREDIT Bank, somma considerata dai giudici di merito come usuraria rispetto al prestito erogato. Il S. , dal canto suo, della predetta somma di 1,3 milioni di Euro prelevava in contanti 10.000,00 Euro, trasferiva un milione di Euro su un altro c/c sempre presso la filiale di Lugano della Banca Popolare di Sondrio c/c il cui beneficiario economico risultava essere lo stesso S. e trasferiva ulteriori 170.000,00 Euro sul c/c intestato ad altra società a lui riconducibile la EUROFINANCE . Ricorre il PM presso il Tribunale di Savona contro l'ordinanza dei giudici del riesame, di cui chiede l'annullamento per violazione e falsa applicazione dell'art. 648 bis c.p., nonché per vizio di motivazione, essendo stato respinto l'appello sull'erroneo presupposto della mancanza di prova della consapevolezza, da parte del S. , dello stato di dissesto della società - la S.r.l. Marea Neagra - da cui proveniva la somma da lui ricevuta, società poi dichiarata fallita nel 2012, pur trattandosi - obietta il PM ricorrente - di circostanza fattuale irrilevante ai fini della configurabilità del delitto p. e p. ex art. 648 bis c.p., il cui elemento soggettivo richiede solo la generica consapevolezza della provenienza delittuosa del denaro. Considerato in diritto 1- Il ricorso è infondato. Dall'ordinanza impugnata si evince che a carico del S. è stata ravvisata l'ipotesi della mediazione usuraria di cui al co. 2 dell'art. 644 c.p., aggravata ai sensi del co. 5 n. 4 stesso articolo, mediazione usuraria che ha procurato al S. la somma di 1,3 milioni di Euro che poi ha cercato di occultare distribuendola in più c/c di cui egli stesso era il beneficiario economico. Si tratta, secondo l'impostazione accusatoria, dell'importo preteso dal S. per far si che UNICREDIT Bank erogasse il finanziamento di 40 milioni di Euro in favore della S.r.l. Marea Neagra. Rebus sic stantibus , la somma ricevuta dal S. 1,3 milioni di Euro quale compenso usurario per la mediazione da lui svolta affinché UNICREDIT Bank erogasse il finanziamento chiestole dall'amministratore della S.r.l. Marea Neagra si configurerebbe come profitto del reato di cui al co. 2 dell'art. 644 c.p Ne consegue che il reato di mediazione usuraria non può fungere da delitto presupposto di quello p. e p. ex art. 648 bis c.p., trattandosi di reati ascritti al medesimo autore cioè al S. , il che ovviamente contrasta con la clausola di esclusione che caratterizza la fattispecie del riciclaggio come prevista nel nostro ordinamento. Proseguendo oltre, va ricordato che nella propria ordinanza il GIP ha escluso il riciclaggio da parte del S. in quanto costui concorre a pieno titolo con il N. nel delitto di ricorso abusivo al credito commesso nel momento in cui il secondo ha chiesto a UNICREDIT Bank l'erogazione del finanziamento di cui s'è detto. Il dolo di concorso è stato desunto dal fatto che il S. sarebbe stato consapevole dello stato di decozione della S.r.l. Marea Neagra se non lo fosse stato - ha chiosato il GIP -, sarebbe mancato, oltre al suo concorso nel delitto di ricorso abusivo al credito, anche il dolo del reato di cui all'art. 648 bis c.p Secondo il PM ricorrente, l'importo di 1,3 milioni di Euro ricevuto dal S. altro non era che una tangente per ottenere lo sperato finanziamento e comunque derivava sia dal delitto di truffa commesso ai danni di UNICREDIT Bank poi da qualificarsi come ricorso abusivo al credito dopo il fallimento della S.r.l. Marea Neagra sia dal delitto di appropriazione indebita commessa dal N. ai danni della società di cui era amministratore, delitto poi assorbito in quello di bancarotta per distrazione dopo il fallimento della società cfr., ex aliis, Cass. Sez. V n. 37298 del 9.7.10, dep. 19.10.10 . L'impugnata ordinanza ha escluso la configurabilità del delitto p. e p. ex art. 648 bis c.p. non per difetto dell'elemento oggettivo, ma per carenza di prova di quello soggettivo in relazione alla consapevolezza, da parte del S. , dello stato di decozione della S.r.l. Marea Neagra. Ex art. 619 c.p.p. la motivazione del gravato provvedimento va invece corretta come segue. Allo stato, quel che manca nella ricostruzione fattuale proposta dal PM ricorrente non è tanto il dolo dell'art. 648 bis c.p., quanto l'esatta individuazione di un delitto presupposto che risulti compatibile con la ricostruzione medesima. A tale riguardo va escluso che il delitto presupposto possa coincidere con quello di ricorso abusivo al credito oppure con quello di bancarotta fraudolenta per distrazione entrambi attribuiti al N. e ciò per l'assorbente rilievo che si tratta di reati risalenti ad epoca ampiamente successiva all'ipotizzato riciclaggio. Né delitto presupposto potrebbe ravvisarsi in un'eventuale appropriazione indebita commessa dal N. ai danni della S.r.l. Marea Neagra, perché quest'ultima ha comunque realmente acquistato i terreni con il finanziamento ottenuto. Al più, potrebbe supporsi quale delitto presupposto - sia detto per mera completezza espositiva, nella consapevolezza che ciò richiederebbe una completa conoscenza delle risultanze investigative e un apprezzamento nel merito preclusi a questa S.C. - quello di infedeltà patrimoniale p. e p. ex art. 2634 c.c., anziché quello p. e p. ex art. 646 c.p., ipotesi che sarebbe coerente con il fatto che sembra accertato in sede di merito che dal corrispettivo della vendita dei terreni operazione commerciale in cui si anniderebbe la suddetta infedeltà patrimoniale è stata scorporata la somma di 1,3 milioni di Euro ricevuta dal S. . Le due norme sono fra loro in rapporto di specialità reciproca. L'art. 2634 c.c. tipizza la necessaria relazione tra un preesistente ed ancora attuale conflitto di interessi, obiettivamente valutabile, e le finalità di profitto o altro vantaggio dell'atto di disposizione, finalità che si qualificano in termini di ingiustizia per la proiezione soggettiva del preesistente conflitto. L'art. 646 c.p. presenta caratteri di specialità per la natura del bene soltanto denaro o cosa mobile che ne può essere oggetto e per l'irrilevanza del perseguimento di un semplice vantaggio anziché di un profitto. L'ambito di interferenza tra le due fattispecie è dato dalla comunanza dell'elemento costitutivo della deminutio patrimonii e dell'ingiusto profitto, ma esse differiscono per l'assenza, nell'appropriazione indebita, di un preesistente e autonomo conflitto di interessi, che invece connota l'infedeltà patrimoniale cfr. Cass. Sez. II n. 3397 del 16.11.12, dep. 23.1.13 Cass. Sez. II n. 15879 del 27.3.2008, dep. 16.4.2008, rv. 239776 in senso conforme v. altresì Cass. Sez. II n. 40921 del 26.10.2005, dep. 10.11.2005, rv. 232525 più in generale cfr. Cass. Sez. I n. 30546 del 24.6.2004, dep. 13.7.2004, rv. 229801 Cass. Sez. V n. 38110 del 23.6.2003, dep. 7.10.2003, rv. 227152 . Ancora si può aggiungere che, a differenza dall'art. 646 c.p., l'art. 2634 c.c. punisce atti di disposizione di beni sociali che sarebbero in sé leciti se non fossero posti in essere in situazione di conflitto di interessi tra la persona - amministratore, direttore generale, liquidatore - e la società, con danno patrimoniale per quest'ultima. In altri termini, nell'ottica di riferimento dell'art. 2634 c.c. l'atto di disposizione è astrattamente legittimo, seppur in concreto dannoso per la società, raggiungendo un livello di vera e propria illiceità penale solo ove sul piano materiale risulti qualificato da un autonomo e preesistente conflitto di interessi. Tuttavia neppure nel ricorso in esame si postula, in concreto, tale fattispecie incriminatrice, che vedrebbe il N. quale soggetto attivo e la S.r.l. Marea Neagra, da lui amministrata, quale soggetto passivo nel momento in cui la seconda, attingendo alla provvista creata attraverso il finanziamento summenzionato, ha comprato dal primo terreni per un prezzo notevolmente superiore al loro valore reale. Né delitto presupposto del riciclaggio ipotizzato a carico del S. potrebbe individuarsi, allo stato, nella truffa ai danni di UNICREDIT Bank addebitata al N. , poiché siffatta ipotesi collide con quella della mediazione usuraria contestata al S. medesimo in relazione al finanziamento che è all'origine della vicenda processuale in esame. Infatti, o il S. è rimasto estraneo all'erogazione del finanziamento e inconsapevole della truffa ai danni del predetto istituto di credito e allora non si spiega l'accusa nei suoi confronti per il delitto di cui al co. 2 dell'art. 644 c.p. oppure vi ha concorso e allora scatta la clausola di esclusione prevista dall'art. 648 bis c.p La terza e ultima ipotesi astrattamente formulabile - che il S. , pur facendo da intermediario del finanziamento, non fosse però consapevole del valore largamente inferiore dei terreni da acquistare e, quindi, del carattere truffaldino dell'intera operazione - contrasta con l'allegazione del PM ricorrente secondo cui l'importo di 1,3 milioni di Euro ricevuto dal S. altro non sarebbe che la tangente da lui pretesa per oliare le persone preposte all'erogazione del finanziamento in discorso. 2- In conclusione, il ricorso è da rigettarsi. P.Q.M. La Corte Suprema di Cassazione, Seconda Sezione Penale, rigetta il ricorso.