Il direttore generale della Provincia agevola l’ILVA? Mancano i gravi indizi di colpevolezza

I comportamenti descritti dalla persona offesa sono stati tenuti dagli altri indagati e, comunque sia, non vi è alcun riferimento specifico al ruolo assunto dal soggetto sottoposto ad indagini.

È quanto emerge dalla sentenza n. 102/2014 della Corte di Cassazione, depositata il 3 gennaio scorso. La fattispecie. Il direttore generale della Provincia di Taranto - per aver compiuto, in concorso con altri indagati, atti idonei diretti in modo non equivoco ad indurre un dirigente del IX Settore Ecologia di quella Provincia ad assumere un atteggiamento di generale favore nei confronti dell'ILVA s.p.a. riguardo alle richieste da questa presentate per il rilascio di autorizzazioni in materia ambientale - veniva sottoposto alla misura cautelare degli arresti domiciliari. Tuttavia, il Tribunale del Riesame annullava l’ordinanza del Gip per assenza del requisito dei gravi indizi di colpevolezza. Insussistenza di gravi indizi? Il PM, dunque, presenta ricorso per cassazione deducendo la violazione di legge per la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla ritenuta insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza. La Cassazione, però, ritenendo inammissibile il ricorso, sottolinea che le dichiarazioni rese dal dirigente del Settore Ecologia erano generiche in merito alla condotta tenuta dall'indagato in relazione alla gestione della pratica inerente l'autorizzazione per la discarica, sottolineando come egli, nel descrivere i fatti, menzioni esclusivamente comportamenti tenuti da altri indagati e non faccia alcun riferimento specifico al ruolo assunto dal soggetto sottoposto ad indagini nella vicenda inerente alla tentata concussione oggetto del tema d'accusa. Pressioni e vessazioni indipendenti dalla vicenda ILVA? Inoltre, si rileva che le ‘pressioni’ e le ‘attività vessatorie ed intimidatorie’ esercitate dall'indagato sulla persona offesa sarebbero iniziate sin dall'arrivo dello stesso, nel 2006, quale direttore generale della Provincia di Taranto, mentre la pratica relativa all'istanza volta ad ottenere l'autorizzazione all'esercizio della discarica risulta avviata dall'azienda solo nell'agosto del 2007 , ed il primo provvedimento sfavorevole al riguardo adottato dal dirigente del Settore Ecologia sembra essere temporalmente collocabile solo alla fine di ottobre del 2007. Detto ciò, la S.C. sottolinea altresì che il ricorrente ha opposto una diversa lettura degli atti processuali, basata su questioni di merito non proponibili in sede di legittimità.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 12 novembre 2013 – 3 gennaio 2014, n. 102 Presidente De Roberto – Relatore De Amicis Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 23 maggio 2013 il Tribunale del riesame di Taranto ha annullato, per assenza del requisito dei gravi indizi di colpevolezza, l'ordinanza emessa il 14 maggio 2013 dal G.i.p. presso il Tribunale di Taranto, che applicava nei confronti di S.V. la misura cautelare degli arresti domiciliari, con riferimento al delitto di cui agli artt. 81, 110,117, 56, 317, c.p. capo sub A , commesso in omissis nella qualità di direttore generale della Provincia di Taranto, per avere compiuto, in concorso con altri indagati, atti idonei diretti in modo non equivoco ad indurre il dirigente del IX Settore Ecologia di quella Provincia ossia R.L. , ivi preposto dall'anno 2006 fino al 30 settembre 2009 ad assumere un atteggiamento di generale favore nei confronti dell'ILVA s.p.a. riguardo alle richieste da questa presentate per il rilascio di autorizzazioni in materia ambientale. Secondo la contestazione provvisoriamente enucleata in sede cautelare, la condotta delittuosa è stata posta in essere attraverso pressioni reiterate nel tempo ed accompagnate da minacce di licenziamento e di trasferimento ad altro incarico, dall'invito a presentare le dimissioni, oltre che da pretestuose riorganizzazioni dell'ufficio volte ad influire sui poteri del dirigente, ed infine attraverso il suo trasferimento ad un altro settore, affinché adottasse a vista provvedimenti favorevoli alla suddetta azienda anche in assenza delle condizioni prescritte dalla legge, e comunque senza alcun esame approfondito delle relative pratiche, e sottoscrivesse, in particolare, l'autorizzazione all'esercizio di una discarica per rifiuti speciali nell'area Cava Mater Gratiae , precedentemente richiesta da ILVA s.p.a., pur non ricorrendone le condizioni, senza riuscire nell'intento a causa della resistenza opposta dal predetto dirigente, che non adottava gli atti autorizzativi richiesti. 2. Avverso l'ordinanza emessa dal Tribunale di Taranto in data 23 maggio 2013 ha proposto ricorso per cassazione il P.M. presso il medesimo Tribunale, deducendo i motivi di seguito indicati. 2.1. Violazione di legge in relazione all'art. 273 c.p.p., per la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla ritenuta insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, laddove l'impugnata ordinanza contraddice il chiaro contenuto delle dichiarazioni accusatorie del R. , che non solo ha accomunato lo S. al F. Presidente dell'amministrazione provinciale nella partecipazione alle condotte prevaricatici poste in essere nei suoi confronti, ma ne ha anche indicata l'origine, ovvero la gestione delle pratiche in materia ambientale che riguardavano lo stabilimento siderurgico di Taranto inoltre, le dichiarazioni rese da un dipendente dell’amministrazione provinciale, Ro.Et.Fa. , pur concernendo un'altra vicenda quella inerente alla società T.C.T. , avvalorano il contesto riferito dal R. , poiché danno contezza della pratica costantemente invalsa presso gli uffici dell'amministrazione provinciale di Taranto, nell'influire sulla libertà di autodeterminazione e sulle prerogative del funzionario preposto al settore ambientale. 2.2. Violazione di legge e mancanza di motivazione in relazione all'art. 110 c.p., avendo il Tribunale escluso qualsiasi contributo concorsuale da parte dello S. nel contestato tentativo di reato, malgrado abbia ritenuto, in punto di fatto a che l'istanza di autorizzazione all'esercizio della discarica nell'area Cava Mater Gratiae fosse stata presentata dall'ILVA s.p.a. il 3 agosto 2007 b che con nota inviata dal R. al Presidente F. in data 28 settembre 2007 - ossia, a distanza di quasi due mesi - il primo lamentasse alcune affermazioni del direttore generale che palesavano l'intento di farlo fuori elegantemente dalla dirigenza del settore, a causa di un'asserita slealtà di comportamenti , derivante da una eccessiva severità nei confronti di pratiche riguardanti importanti aziende , fatto che si verificava successivamente. Ne consegue che, nell'arco temporale sopra indicato, il dirigente aveva già manifestato la sua volontà di adottare provvedimenti negativi nei confronti dell'ILVA, in contrasto con i desiderata del F. e del Conserva quest'ultimo Assessore all'ecologia ed all'ambiente , dei quali era portavoce lo S. , non potendosi escludere pressioni volte a costringere il R. ad assumere un atteggiamento di generale favore nei confronti della predetta società tenuto conto che il primo provvedimento sfavorevole da lui licenziato recava la data del 24 ottobre 2007 . 3. Con memoria in data 11 novembre 2013 il difensore di S.V. ha svolto un'articolata serie di deduzioni e rilievi a sostegno delle argomentazioni esposte dal Tribunale del riesame nell'impugnata ordinanza, chiedendo il rigetto del ricorso proposto dal P.M Considerato in diritto 4. Il ricorso è inammissibile, in quanto volto non a rilevare mancanze argomentative ed illogicità ictu oculi percepibili, bensì ad ottenere un non consentito sindacato su scelte valutative compiutamente giustificate dall'impugnata decisione, il cui assetto motivazionale, di contro, ha sviluppato un'adeguata disamina della base storico-fattuale oggetto della contestazione formulata in sede cautelare, traendone le conseguenze logicamente coerenti con il quadro complessivo delle risultanze offerte dalle attività d'indagine. 5. Dall'iter motivazionale dell'impugnata pronuncia, infatti, emerge con chiarezza come il Tribunale del riesame abbia illustrato, con congrua e lineare esposizione logico-argomentativa, gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento di insufficienza del quadro di gravità indiziaria in relazione all'ipotizzata realizzazione delle condotte delittuose oggetto di contestazione in sede cautelare. A tale riguardo, in particolare, l'impugnata decisione ha posto in evidenza la genericità delle dichiarazioni rese dal R. in merito alla condotta tenuta dall'indagato in relazione alla gestione della pratica inerente l'autorizzazione per la discarica, sottolineando come egli, nel descrivere i fatti, menzioni esclusivamente comportamenti tenuti da altri indagati e non faccia alcun riferimento specifico al ruolo assunto dallo S. nella vicenda inerente alla tentata concussione oggetto del tema d'accusa. Aspetti di sostanziale aspecificità dell'oggetto e della reale connotazione ed incidenza delle pressioni ed attività vessatorie ed intimidatorie esercitate dall'indagato sul R. vengono inoltre puntualmente rilevati nel percorso motivazionale dell'impugnata ordinanza, allorquando procede all'apprezzamento della riferita circostanza secondo cui tali atti sarebbero iniziati sin dall'arrivo dello S. , nel 2006, quale direttore generale della Provincia di Taranto, mentre la pratica relativa all'istanza volta ad ottenere l'autorizzazione all'esercizio della discarica risulta avviata dall'azienda solo nell'agosto del 2007, ed il primo provvedimento sfavorevole al riguardo adottato dal R. sembra essere temporalmente collocabile solo alla fine di ottobre del 2007. Prosegue il Tribunale evidenziando, infine, come l'ulteriore episodio - anch'esso riferito dalla persona offesa - riguardante la minaccia di licenziamento che lo S. avrebbe rivolto al R. alla presenza di un dipendente della Provincia verta su altra vicenda storico-fattuale, peraltro oggetto di un diverso procedimento penale, e non possa essere messa in relazione al reato addebitatogli in sede cautelare. 6. A fronte di un esaustivo apprezzamento delle emergenze istruttorie, il ricorrente ha opposto una diversa lettura degli atti processuali, basata su questioni di merito non proponibili in questa Sede, attraverso l'indicazione di elementi di fatto non decisivi, né specificamente conducenti ai fini della valutazione di necessaria gravità del quadro indiziario circa la configurabilità dell'ipotizzata fattispecie delittuosa, senza peraltro individuare passaggi o punti della decisione idonei ad inficiare il discorso argomentativo del Giudice distrettuale, ovvero a scardinarne la solidità dell'impianto motivazionale. Invero, costituisce frutto di un pacifico insegnamento giurisprudenziale il principio, in questa Sede ormai da tempo elaborato, secondo cui il controllo di legittimità sulla motivazione delle ordinanze di riesame dei provvedimenti restrittivi della libertà personale non può consistere in una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, poiché il loro apprezzamento è riservato in via esclusiva alla sfera cognitiva del Giudice del merito, senza che possa integrare alcun vizio di motivazione la prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, o maggiormente esatta, valutazione del quadro indiziario e delle correlative esigenze cautelari Sez. 6, n. 11194 del 08/03/2012, dep. 22/03/2012, Rv. 252178 Sez. 5, n. 46124 del 08/10/2008, dep. 15/12/2008, Rv. 241997 . Ne discende, conclusivamente, che il ricorso, esaurendosi in motivi non consentiti dalla legge, deve essere dichiarato, a norma dell'art. 606, comma 3, c.p.p., inammissibile. P.Q.M. dichiara inammissibile il ricorso.