Il licenziamento intimato nel corso del periodo di prova non deve essere motivato

Nel lavoro subordinato, il patto di prova tutela l’interesse di entrambe le parti a sperimentarne la convenienza, pertanto è illegittimamente stipulato se la verifica sia già intervenuta, con esito positivo, per le stesse mansioni e per un congruo lasso di tempo.

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con sentenza numero 18268/18 depositata l’11 luglio, la quale pronunciandosi su una questione relativa alla declaratoria del licenziamento di un lavoratore ricorda che il patto di prova non si può stipulare nel caso in cui la verifica delle prestazioni lavorative svolte sia già intervenuta per le stesse mansioni con esito positivo. Il ruolo del datore di lavoro nel patto di prova. È principio ormai consolidato che la ripetizione del patto di prova in successivi contratti di lavoro tra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore è prevista solo se vi sia la necessità per il datore stesso di verificare oltre alle qualità professionali del dipendente, anche il suo comportamento e la sua personalità in relazione al lavoro da svolgere, poiché questi sono elementi suscettibili di modificazioni nel corso del tempo. Detto ciò, va da se che «il licenziamento intimato nel corso o al termine del periodo di prova, avendo natura discrezionale, non deve essere motivato, neppure in caso di contestazione in ordine alla valutazione della capacità e del comportamento professionale del lavoratore stesso», con l’onere per quest’ultimo, nel caso in cui voglia dedurre in sede giurisdizionale la nullità del licenziamento intimato, di provare «sia il positivo superamento del periodo di prova, sia che il recesso sia stato determinato da motivo illecito e quindi estraneo alla funzione del patto di prova». Il ricorso è dunque rigettato.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza 29 marzo – 11 luglio 2018, numero 18268 Presidente Manna – Relatore Leone Rilevato Che la Corte di appello di Catanzaro con la sentenza numero 985/2015 aveva confermato la sentenza con la quale il Tribunale di Crotone aveva rigettato il ricorso di V.A. diretto alla declaratoria del licenziamento intimato dalla Gesan srl che la Corte aveva escluso la eccepita nullità del patto di prova ritenendo che, se pur la prestazione in precedenza svolta dal V. presso differenti imprenditori che avevano reso il servizio dato in appalto alla Gesan srl, era di contenuto identico a quella oggetto del patto di prova, la stessa era stata eseguita nei confronti di soggetti totalmente differenti e non legati da rapporti con gli altri imprenditori che in ragione di ciò nel caso di mancato superamento della prova era operativo il principio di libera recedibilità del datore di lavoro, non tenuto, peraltro, a motivare le ragioni della scelta espulsiva che avverso detta decisione il V. proponeva ricorso affidandolo a tre motivi che la Gesan srl rimaneva intimata. Considerato 1 -che con il primo motivo il ricorrente ha denunciato la violazione e falsa applicazione dell’articolo 2096 c.c. e dell’articolo 1 punto B2/13 del Capitolato di appalto per l’affidamento dei servizi vari 2 -che con il secondo motivo è denunciata la carenza di motivazione della sentenza sul punto relativo alla violazione del predetto articolo 1 del capitolato d’appalto che per entrambi i motivi, trattati congiuntamente, il ricorrente evidenzia l’erroneità ed insufficienza della sentenza nella parte in cui aveva ritenuto irrilevante la circostanza della continuità delle medesime mansioni svolte dal ricorrente presso gli altri imprenditori succedutisi nell’appalto 3 - che questa corte ha avuto occasione di chiarire che Nel lavoro subordinato, il patto di prova tutela l’interesse di entrambe le parti a sperimentarne la convenienza, sicché è illegittimamente stipulato ove la suddetta verifica sia già intervenuta, con esito positivo, per le stesse mansioni e per un congruo lasso di tempo. Ne consegue che la ripetizione del patto di prova in successivi contratti di lavoro tra le medesime parti è ammissibile solo se, in base all’apprezzamento del giudice di merito, vi sia la necessità per il datore di lavoro di verificare, oltre alle qualità professionali, anche il comportamento e la personalità del lavoratore in relazione all’adempimento della prestazione, trattandosi di elementi suscettibili di modificarsi nel tempo per molteplici fattori, attinenti alle abitudini di vita o a problemi di salute Cass. numero 15059/015 . Il principio in questione, se pur riferito ad una fattispecie, quale quella in esame, in cui il patto di prova riguardi una prestazione con mansioni di eguale contenuto resa in successione in favore di differenti datori di lavoro nell’appalto, deve comunque confrontarsi con l’eguale necessità che vi sia la possibilità per il datore di lavoro di verificare, oltre alle qualità professionali, anche il comportamento e la personalità del lavoratore in relazione all’adempimento della prestazione, trattandosi di elementi suscettibili di modificarsi nel tempo per molteplici fattori, attinenti alle abitudini di vita o a problemi di salute Cass. numero 15059/015 In ragione del contemperamento delle diverse esigenze ed interessi sottesi al risultato della prova, risulta quindi coerente la valutazione della Corte territoriale relativa alla legittimità del patto di prova inserito in un contratto di nuova stipulazione che, se pur operante nel contesto dell’appalto, lasci inalterata la necessità di valutazione del permanere degli elementi di qualificazione della prestazione lavorativa ivi compreso il vincolo fiduciario, soprattutto in presenza di differenti datori di lavoro. In conseguenza di quanto detto deve quindi ritenersi che il licenziamento intimato nel corso o al termine del periodo di prova, avendo natura discrezionale, non deve essere motivato, neppure in caso di contestazione in ordine alla valutazione della capacità e del comportamento professionale del lavoratore stesso incombe, pertanto, sul lavoratore licenziato, che deduca in sede giurisdizionale la nullità di tale recesso, l’onere di provare, secondo la regola generale di cui all’articolo 2697 c.c., sia il positivo superamento del periodo di prova, sia che il recesso è stato determinato da motivo illecito e quindi, estraneo alla funzione del patto di prova Cass. numero 1180/2017 . Il ricorso deve essere rigettato. Attesa la mancata costituzione del controricorrente nulla per le spese. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese. Ai sensi dell’articolo 13 comma quater del d.p.r. numero 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.