Senza la videoregistrazione del colloquio del richiedente la protezione il giudice deve fissare l’udienza di comparizione

La Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione, con la sentenza numero 17717/18 del 5 luglio, ha affermato un importante principio di diritto destinato a risolvere uno dei punti processualmente più delicati dei procedimenti in materia di protezione internazionale regolati dal decreto Minniti.

In particolare, il decreto Minniti ha introdotto la videoregistrazione dei colloqui del richiedente asilo in funzione di semplificazione del successivo processo ed infatti, il giudice – in presenza di quella videoregistrazione – non è sempre obbligato a fissare l’udienza di comparizione. Ma quando la videoregistrazione manca il processo rischia di essere affetto da nullità se non viene fissata l’udienza e il Tribunale procede con il rito non partecipato in camera di consiglio. Per la Suprema Corte non ci sono dubbi «in materia di protezione internazionale ove non sia disponibile la videoregistrazione con mezzi audiovisivi del richiedente la protezione dinnanzi alla Commissione territoriale, il Tribunale chiamato a decidere del ricorso avverso la decisione adottata dalla Commissione è tenuto a fissare l’udienza di comparizione delle parti a pena di nullità del suo provvedimento decisorio, salvo il caso dell’accoglimento dell’istanza del richiedente asilo di non avvalersi del supporto contenente la registrazione del colloquio». La registrazione del colloquio Orbene, come abbiamo anticipato una delle novità del procedimento per il riconoscimento della protezione internazionale e del successivo eventuale giudizio civile riguardante la decisione della Commissione, introdotta dal c.d. decreto Minniti e, cioè, il d.l. 13/2017, conv. in l. 46/2017 è proprio la previsione dell’articolo 14 dedicata al colloquio personale. Quella norma prevede che «il colloquio è videoregistrato con mezzi audiovisivi e trascritto in lingua italiana con l'ausilio di sistemi automatici di riconoscimento vocale. Della trascrizione del colloquio è data lettura al richiedente in una lingua a lui comprensibile e in ogni caso tramite interprete». e il successivo processo La registrazione del colloquio e il verbale sono destinati poi a trovare ingresso nell’eventuale successivo giudizio di impugnazione della decisione della Commissione così prevede espressamente il comma 5 dell’articolo 14 in base al quale «in sede di ricorso giurisdizionale avverso la decisione della Commissione territoriale, la videoregistrazione e il verbale di trascrizione sono resi disponibili all'autorità giudiziaria». Nell’ottica del legislatore la videoregistrazione è funzionale alla semplificazione del processo giudiziario nel senso che il giudice non è tenuto a fissare sempre e comunque un’udienza per la comparizione delle parti il processo si svolge secondo il modello non partecipato che sembra tanto piacere al legislatore e che, però, lascia qualche dubbio ancorché, quantomeno per ora, la Cassazione – dove il modello è pure previsto – ne ha sempre respinto tutti i dubbi di costituzionalità . Ed infatti, in base all’articolo 35, comma 10, il giudice fissa l’udienza per la comparizione delle parti esclusivamente quando a visionata la videoregistrazione di cui al comma 8, ritiene necessario disporre l'audizione dell'interessato b ritiene indispensabile richiedere chiarimenti alle parti c dispone consulenza tecnica ovvero, anche d'ufficio, l'assunzione di mezzi di prova. dove manca la videoregistrazione. Ma che cosa accade al processo laddove la videoregistrazione non è disponibile, magari perché la Commissione non ha a disposizione i mezzi tecnici per provvedere all’incombente? In questo caso soccorre l’articolo 35, comma 11, laddove prevede che «l'udienza è altresì disposta quando ricorra almeno una delle seguenti ipotesi a la videoregistrazione non è disponibile». Diverse interpretazioni nei giudizi di merito. Senonché, nonostante la norma appena richiamata, sulla specifica questione alcuni tribunali avevano ritenuto di poter valutare l’opportunità, o no, di fissare un’udienza di comparizione nonostante la mancanza della videoregistrazione. Così, ad esempio, il Tribunale di Milano ha avuto modo di affermare che «non si ritiene necessario procedere a ulteriore audizione dell’interessato» anche perché «nel presente caso, in particolare, tale necessità non sussiste in quanto sono state compiutamente indagate dalla C.T. le ragioni che hanno spinto il ricorrente a lasciare il paese» così Trib. Milano numero 601/18 . Nel caso esaminato dalla Cassazione, si trattava del decreto del Tribunale di Napoli del 23 ottobre 2017 che aveva ritenuto non necessaria la fissazione dell’udienza «essendo sufficiente l’acquisizione della verbalizzazione delle sue dichiarazioni rese dinanzi alla Commissione territoriale». Ma quest’interpretazione non era l’unica altri tribunali ritenevano, correttamente, che fosse necessario procedere alla fissazione dell’udienza di questa varietà di interpretazioni ne dà conto il Trib. Milano nell’ordinanza del 3 maggio 2018 laddove, sospendendo il decreto prima richiamato in pendenza del giudizio di cassazione, scrive «è nota l’esistenza di interpretazioni diversificate e non tutte coincidenti delle disposizioni, introdotte con il decreto legislativo numero 13/2017, che riguardano le ipotesi nelle quali il legislatore ha previsto l’udienza di comparizione» . In assenza di videoregistrazione l’udienza è obbligatoria. Ebbene, per la Corte di Cassazione l’interpretazione che non ritiene necessaria la fissazione dell’udienza in assenza della videoregistrazione «non tiene conto del testo legislativo, il quale non lascia spazio alcuno a dubbio». Per la Cassazione «bastava dunque che il Tribunale dopo aver letto il decimo comma della nuova norma, che sembra essere posto a base della decisione adottata, si soffermasse anche sull’undicesimo, e si avvedesse che, non essendo nel caso di specie disponibile la videoregistrazione, l’udienza andava senza meno disposta». Sul punto il giudice non dispone di alcun potere discrezionale. In fondo il legislatore ha previsto la videoregistrazione in modo tale da «rendere direttamente percepibili nella loro integrità finanche sotto il profilo dei risvolti non verbali, le dichiarazioni dell’istante, così da consentire lo svolgimento della successiva eventuale fase giurisdizionale nelle forme del rito camerale non partecipato, potendo per l’appunto il giudice basarsi sulla visione della videoregistrazione ma se questa manca, occorre consentire il pieno dispiegamento del contraddittorio attraverso lo svolgimento dell’udienza di comparizione delle parti» ancorché ciò non significhi obbligatoriamente dover provvedere anche all’audizione del richiedente. Infine, merita un rilievo il passaggio della motivazione della sentenza nella parte in cui afferma a chiare lettere che la mancanza delle specifiche tecniche per effettuare la videoregistrazione non può avere nessun rilievo al fine di rendere superflua la fissazione dell’udienza «è difatti semplicemente assurdo pensare che la mancata adozione di dette specifiche tecniche possa ribaltare il chiaro significato della disposizione orami entrata in vigore».

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 27 giugno – 5 luglio 2018, numero 17717 Presidente Genovese – Relatore Di Marzio Fatti di causa 1. - Con decreto del 23 ottobre 2017 il Tribunale di Napoli, sezione specializzata per la protezione internazionale, ha dichiarato il diritto di La. Ke. alla protezione umanitaria, respingendo invece la domanda di riconoscimento dello status di rifugiato nonché quella di protezione sussidiaria. Ha ritenuto il Tribunale che non occorresse fissare l'udienza di comparizione delle parti richiesta dal ricorrente, essendo sufficiente l'acquisizione della verbalizzazione delle sue dichiarazioni rese dinanzi alla Commissione territoriale, e che la narrazione degli eventi che, secondo il La. Ke., avevano determinato la sua fuga dal paese d'origine, il Mali, non presentassero requisiti minimi di attendibilità, né in relazione alla sua ipotetica condizione di perseguitato, né in relazione alla sua concreta esposizione a rischi di grave danno in ipotesi di rientro in patria egli, infatti, non era stato in grado di fornire indicazioni sulla sua città di provenienza, essendosi limitato ad affermare di provenire dalla regione di Gao, ed aveva mostrato tuttavia di non avere consapevolezza degli avvenimenti di grande eco nazionale ed internazionale che avevano interessato l'area nord-orientale del Paese, ove era situata tale regione, nel 2012, narrando in maniera molto vaga le circostanze che avrebbero condotto ad un'aggressione verso di lui verificatasi a suo dire in quanto egli si sarebbe rifiutato di pronunciare la parola Azawad. 2. - Per la cassazione del decreto La. Ke. ha proposto ricorso per sette motivi. Il Ministero dell'Interno non ha spiegato difese. Ragioni della decisione 1. - Il collegio ha autorizzato la redazione del provvedimento in modalità semplificata. 2. - Il ricorso contiene sette motivi. 2.1. - Il primo motivo è rubricato «In via preliminare richiesta di sollevare una questione di legittimità costituzionale dell'articolo 21, primo comma del decreto legge numero 13/2017, così come convertito nella legge numero 46/2017, per violazione degli articoli 3, primo comma, e 77, secondo comma, Costituzione, per mancanza dei presupposti di necessità e urgenza nell'emanazione dello stesso decreto legge, per quanto concerne il differimento dell'efficacia temporale e, quindi, dell'entrata in vigore del nuovo rito in materia di protezione internazionale». 2.2. - Il secondo motivo è rubricato «Sempre in via preliminare richiesta di sollevare una questione di legittimità costituzionale dell'articolo 35 bis del decreto legislativo numero 25/2008, introdotto dall'articolo 6, primo comma, lettera g , della legge numero 46/2017, per violazione degli articoli 3, primo comma 24, primo e secondo comma 111, primo, secondo e quinto comma 117, primo comma Costituzione, quest'ultimo parametro così come integrato dall'articolo 46, paragrafo 3 della Direttiva numero 32/2013 e dagli articoli 6 e 13 della Cedu, per quanto concerne la previsione del rito camerale ex articoli 737 ss. c.p.c. e relative deroghe espresse dal legislatore, nelle controversie in materia di protezione internazionale». 2.3. - Il terzo motivo è rubricato «Sempre in via preliminare richiesta di sollevare una questione di legittimità costituzionale dell'articolo 35 bis, comma 13, del decreto legislativo numero 25/2008, così come modificato dall'articolo 6, primo comma, lettera g , della legge numero 46/2017, per violazione degli articoli 3, primo comma articolo 24, primo e secondo comma articolo 111, primo, secondo e settimo comma Costituzione, nella parte in cui stabilisce che il termine per proporre ricorso per cassazione è di 30 giorni a decorrere dalla comunicazione a cura della cancelleria del decreto di primo grado». 2.4. - Il quarto motivo è rubricato «Sempre, e da ultimo, in via preliminare richiesta di sollevare una questione di legittimità costituzionale dell'articolo 35 bis, comma 13, del decreto legislativo numero 25/2008, così come modificato dall'articolo 6, primo comma, lettera g , della legge numero 46/2017, per violazione degli articoli 3, primo comma articolo 24, primo e secondo comma articolo 111, primo, secondo e settimo comma Costituzione, nella parte in cui stabilisce che la procura alle liti per la proposizione del ricorso per cassazione debba essere conferita a pena di inammissibilità del ricorso, in data successiva alla comunicazione del decreto impugnato». 2.5. - Il quinto motivo è rubricato «Nel merito violazione e/o falsa applicazione, ex articolo 360, numero 3, c.p.c, dell'articolo 35 bis, commi 9, 10 e 11 del decreto legislativo numero 25/2008», censurando la sentenza impugnata per aver escluso la necessità della fissazione dell'udienza di comparizione delle parti. 2.6. - Il sesto motivo è rubricato «In subordine sollevare la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 35 bis, commi 9, 10 e 11 del decreto legislativo numero 25/2008, così come modificato dall'articolo 6, primo comma, lettera g , della legge numero 46/2017, per violazione degli articoli 3, primo comma 24, primo e secondo comma 111, primo e secondo comma 117, primo comma Costituzione così come integrato dagli articoli 6 e 13 Cedu e dall'articolo 46 paragrafo 3 della direttiva numero 32/2013». 2.7. - Il settimo motivo è rubricato «Nel merito violazione e/o falsa applicazione, ex articolo 360, numero 3 c.p.c, dell'articolo 14, lettera c del decreto legislativo numero 251/2007, in combinato disposto con l'articolo 8 del decreto legislativo numero 25/2008», censurando il decreto impugnato nella parte in cui aveva rigettato la domanda proposta in via principale. 3. - Il ricorso va accolto nei limiti che seguono. 3.1. - Le questioni di legittimità costituzionale sollevate con i primi quattro motivi sono inammissibili. 3.1.1. - Esse sono anzitutto irrilevanti. L'elaborazione della Corte costituzionale ha difatti chiarito il significato della nozione legislativa di rilevanza della questione incidentale di legittimità costituzionale, come emergente dalla formula adottata dall'articolo 23, secondo comma, della legge numero 87 del 1953 «qualora il giudizio non possa essere definito indipendentemente dalla risoluzione della questione» . Tale nozione richiede per un verso che la rilevanza inserisca al giudizio a quo e, per altro verso, che un'eventuale sentenza di accoglimento sia in grado di spiegare un'influenza concreta sul processo principale. A quest'ultimo riguardo, la giurisprudenza della Corte costituzionale coniuga difatti la verifica della rilevanza per l'appunto allo scrutinio delle ricadute che l'eventuale sentenza di accoglimento possa spiegare sul processo principale Corte cost. numero 184/2006 Corte cost. numero 1994 Corte cost. numero 62/1993 Corte cost. numero 10/1982 Corte cost. numero 90/1968 Corte cost. numero 132/1967 . La rilevanza della questione ed il suo carattere incidentale postulano cioè che l'eventuale pronuncia di accoglimento incida sulle situazioni giuridiche fatte valere nel giudizio principale sicché sono reputate irrilevanti, tra l'altro, questioni le quali non sortirebbero alcun effetto in detto giudizio Corte cost. numero 113/1980 Corte cost. numero 301/1974 o non risponderebbero in nessun modo alla domanda di tutela rivolta al rimettente Corte cost. numero 202/1991 Corte cost. numero 211/1984 Corte cost. numero 15/2014 Corte cost. numero 337/2011 Corte cost. numero 71/2009 . Sussiste dunque la rilevanza di una questione il cui eventuale accoglimento produrrebbe un concreto effetto nel giudizio a quo, satisfattivo della pretesa dedotta dalle parti private Corte cost. numero 151/2009 , ovvero dispiegherebbe effetti concreti sul processo principale Corte cost. numero 337/2008 Corte cost. numero 303/2007 Corte cost. numero 50/2007 . Nel caso in esame, i dubbi di costituzionalità sollevati non hanno in effetti assolutamente nulla a che vedere con la decisione adottata dal giudice di merito, la quale ha trovato fondamento non già nella disciplina giuridica introdotta nel 2017 decreto-legge 17 febbraio 2017, numero 13, convertito con modificazioni dalla legge 13 aprile 2017, numero 46, recante «Disposizioni urgenti per l'accelerazione dei procedimenti in materia di protezione internazionale, nonché per il contrasto dell'immigrazione illegale» , bensì sull'atteggiarsi dei criteri concernenti la valutazione di affidabilità del dichiarante alla luce dell'articolo 3, comma 5, del D.Lgs. 19 novembre 2007, numero 251 il decreto, cioè, è stato pronunciato in ragione della ritenuta inattendibilità delle dichiarazioni provenienti dal La. Ke., inattendibilità rispetto alla quale la disciplina sopravvenuta non rileva né poco né punto. E dunque l'accoglimento delle sollevate questioni di costituzionalità non produrrebbe, di per sé, un concreto effetto nel giudizio a quo, satisfattivo della pretesa invece disattesa dal Tribunale. 3.1.2. - Le stesse questioni sono altresì manifestamente infondate. Ed infatti - quanto alla prima questione, è evidentemente privo di fondamento logico l'assunto del ricorrente secondo cui la previsione di un termine di 180 giorni per l'entrata in vigore del nuovo rito in materia di protezione internazionale denoterebbe l'insussistenza del requisito di urgenza per l'adozione dello strumento del decreto-legge, dal momento che l'esigenza di un intervallo temporale perché possa entrare a regime una complessa riforma processuale, quale quella in discorso, non esclude affatto che l'intervento di riforma sia caratterizzato dal requisito dell'urgenza - quanto alla seconda questione, non v'è alcun dubbio che il procedimento camerale, da sempre impiegato anche per la trattazione di controversie su diritti e status, sia idoneo a garantire l'adeguato dispiegarsi del contraddittorio con riguardo al riconoscimento della protezione internazionale, neppure potendo riconoscersi rilievo all'eventualità della soppressione dell'udienza di comparizione, sia perché essa è circoscritta a particolari frangenti nei quali la celebrazione dell'udienza si risolverebbe in un superfluo adempimento, tenuto conto dell'attività in precedenza svolta, sia perché il contraddittorio è comunque pienamente garantito dal deposito di difese scritte - quanto alla terza questione, la previsione del termine di 30 giorni per il ricorso per cassazione, a far data dalla comunicazione del decreto, rientra senza dubbio nell'ambito della discrezionalità del legislatore, e trova giustificazione in esigenze di urgenza, analoghe a quelle che lo stesso legislatore ha reputato sussistenti in diverse fattispecie v. p. es. articolo 17, comma 2, legge 4 maggio 1983, numero 184 articolo 99, u.c., I. fall. - quanto alla quarta questione, svolta sull'assunto della disparità di trattamento tra il privato e il Ministero dell'interno, che non deve rilasciare procura, la previsione normativa si pone in armonia con il requisito di specialità della procura necessaria per il ricorso per cassazione, ai sensi dell'articolo 83 c.p.c, mentre il richiamo del ricorrente alla sanzione di improcedibilità, e non di inammissibilità, concepita per il deposito della procura alle liti, ai sensi del numero 3 dell'articolo 369, secondo comma, c.p.c, è effettuato a sproposito, giacché l'applicazione di detta norma non è affatto esclusa dalla previsione della disposizione sospettata di incostituzionalità. 3.2. - È viceversa fondato il quinto motivo. Il Tribunale ha ritenuto che l'udienza di comparizione delle parti, pur richiesta dal ricorrente, non dovesse essere fissata, attesa la sufficienza della verbalizzazione delle sue dichiarazioni dinanzi alla Commissione territoriale, in mancanza della videoregistrazione che non aveva potuto essere eseguita per motivi tecnici. Ora, siffatta affermazione non tiene conto del testo legislativo, il quale non lascia spazio alcuno a dubbio. L'articolo 14 del decreto legislativo 28 gennaio 2008, numero 25, introdotto dall'articolo 6, comma 1, lettera c , del decreto-legge 17 febbraio 2017, numero 13, convertito con modificazioni dalla legge 13 aprile 2017, numero 46, sotto la rubrica «Verbale del colloquio personale», colloquio contemplato in via generale dall'articolo 12 dello stesso decreto legislativo, stabilisce al comma 1 che «Il colloquio è videoregistrato con mezzi audiovisivi e trascritto in lingua italiana», aggiungendo al comma 7 che «Quando il colloquio non può essere videoregistrato, per motivi tecnici o nei casi di cui al comma 6 bis [ossia su istanza del richiedente numero d.r.], dell'audizione è redatto verbale sottoscritto dal richiedente e si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni del presente articolo». L'articolo 35 bis del decreto legislativo 28 gennaio 2008, numero 25, pure inserito dal decreto-legge 17 febbraio 2017, numero 13, convertito con modificazioni dalla legge 13 aprile 2017, numero 46, concernente le controversie in materia di riconoscimento della protezione internazionale, sancisce - al comma 9 che «Il procedimento è trattato in camera di consiglio» - al comma 10 che «È fissata udienza per la comparizione delle parti esclusivamente quando il giudice a visionata la videoregistrazione di cui al comma 8 [comma che, a propria volta, rinvia all'articolo 14, e dunque alla videoregistrazione di cui si è già detto numero d.r.], ritiene necessario disporre l'audizione dell'interessato b ritiene indispensabile richiedere chiarimenti alle parti c dispone consulenza tecnica ovvero, anche d'ufficio, l'assunzione di mezzi di prova» - al comma 11 che «L'udienza è altresì disposta quando ricorra almeno una delle seguenti ipotesi a la videoregistrazione non è disponibile b l'interessato ne abbia fatto motivata richiesta nel ricorso introduttivo e il giudice, sulla base delle motivazioni esposte dal ricorrente, ritenga la trattazione del procedimento in udienza essenziale ai fini della decisione c l'impugnazione si fonda su elementi di fatto non dedotti nel corso della procedura amministrativa di primo grado». Bastava dunque che il Tribunale, dopo aver letto il decimo comma della nuova norma, che sembra essere posto a base della decisione adottata, si soffermasse anche sull'undicesimo, e si avvedesse che, non essendo nel caso di specie disponibile la videoregistrazione, l'udienza andava senza meno disposta. Il dato normativo, difatti, non lascia adito, come si diceva, al benché minimo dubbio, e cioè che, in mancanza della videoregistrazione, l'udienza debba essere fissata, senza che il giudice disponga di alcun potere discrezionale in proposito ciò è non soltanto reso palese dalla lettera della disposizione, rilevante ai sensi dell'articolo 12 delle preleggi, in ragione dell'uso dell'indicativo nella locuzione «L'udienza è altresì disposta », ma, inoltre, dal raffronto tra l'ipotesi di cui al comma 10 e quelle indicate dal comma 11. Difatti, nel primo di essi il legislatore ha raggruppato i casi di cui il giudice può fissare discrezionalmente l'udienza sia perché ritiene di approfondire quanto emerge dal colloquio videoregistrato, sia perché ritiene di dar corso all'istruzione probatoria , distinguendoli da quelli, menzionati al comma 11, in cui egli, almeno tendenzialmente, deve fissarla ossia se la videoregistrazione non è disponibile, in questo caso senza alcun margine di diversa valutazione se l'interessato lo ha chiesto, salvo che il giudice, specificamente replicando alle motivazioni addotte dal ricorrente, ritenga l'udienza non essenziale ai fini della decisione se l'impugnazione si fonda su elementi di fatto non dedotti nel corso della procedura amministrativa, nuovamente, in simile caso, senza alcun margine di apprezzamento discrezionale. Se la lettera della legge depone inequivocabilmente nel senso della necessità di fissare l'udienza in mancanza della videoregistrazione, l'intenzione del legislatore, pure rilevante ai sensi del citato articolo 12, conferma l'esito interpretativo il rilievo del colloquio, destinato ad essere valutato secondo i parametri indicati dall'articolo 3, comma 5, del D.Lgs. 19 novembre 2007, numero 251, ha indotto il legislatore a prevedere la videoregistrazione, tale da rendere direttamente percepibili nella loro integralità, finanche sotto il profilo dei risvolti non verbali, le dichiarazioni dell'istante, così da consentire lo svolgimento della successiva eventuale fase giurisdizionale nelle forme del rito camerale non partecipato, potendo per l'appunto il giudice basarsi sulla visione della videoregistrazione ma se questa manca, occorre consentire - in ossequio al disegno istituito dal legislatore - il pieno dispiegamento del contraddittorio attraverso lo svolgimento dell'udienza di comparizione delle parti. Non rileva alcunché, poi, la circostanza addotta nel provvedimento impugnato, secondo cui la videoregistrazione sarebbe stata al momento non disponibile per motivi tecnici, in mancanza di apposito decreto volto a fissare le specifiche tecniche delle operazioni di videoregistrazione è difatti semplicemente assurdo pensare che la mancata adozione di dette specifiche tecniche possa ribaltare il chiaro significato della disposizione ormai entrata in vigore. In definitiva, in mancanza della videoregistrazione del colloquio, il giudice deve ineluttabilmente disporre lo svolgimento dell'udienza di comparizione delle parti, configurandosi altrimenti nullità del decreto pronunciato all'esito del ricorso per inidoneità del procedimento così adottato a realizzare lo scopo del pieno dispiegamento del già richiamato principio del contraddittorio salvo che - ovviamente - non sia stato lo stesso richiedente ad aver visto accolta la propria istanza motivata di non avvalersi del supporto della videoregistrazione. Ciò, beninteso, e sempre stando all'inequivocabile dato normativo, non vuole automaticamente dire che si debba anche necessariamente dar corso all'audizione del richiedente v., in tal senso, Corte di giustizia dell'Unione Europea, 26 luglio 2017, Moussa Sacko contro Commissione Territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Milano, § 49 , senza che vi sia ragione, in questa sede, di prendere posizione sul rilievo e sul significato, contenuto nella citata decisione, del riferimento ad una «domanda di protezione internazionale manifestamente infondata». Ne discende che il decreto impugnato va cassato e rinviato al Tribunale di Napoli in diversa composizione, il quale, pronunciando altresì sulle spese di questo giudizio di legittimità, provvedere a decidere sulla domanda proposta, previa fissazione dell'udienza di comparizione delle parti, in applicazione del seguente principio «In materia di protezione internazionale, ai sensi dell'articolo 35-bis del decreto legislativo 28 gennaio 2008, numero 25, come inserito dal decreto-legge 17 febbraio 2017, numero 13, convertito con modificazioni dalla legge 13 aprile 2017, numero 46, ove non sia disponibile la videoregistrazione con mezzi audiovisivi dell'audizione del richiedente la protezione dinanzi alla Commissione territoriale, il Tribunale, chiamato a decidere del ricorso avverso la decisione adottata dalla Commissione, è tenuto a fissare l'udienza di comparizione delle parti a pena di nullità del suo provvedimento decisorio, salvo il caso dell'accoglimento dell'istanza del richiedente asilo di non avvalersi del supporto contenente la registrazione del colloquio». 3.3. - Il sesto e settimo motivo sono assorbiti. P.Q.M. rigetta i primi quattro motivi ed accoglie il quinto, assorbiti gli altri, cassa il decreto impugnato in relazione al motivo accolto e rinvia anche per le spese al Tribunale di Napoli in diversa composizione.