Cancellata definitivamente la condanna a un anno di reclusione nei confronti di un uomo sottoposto a sorveglianza speciale. Non in discussione l’obbligo di non partecipare a pubbliche riunioni o manifestazioni. Per i magistrati, però, la decisione di passeggiare in strada per la festa del Santo patrono non è sanzionabile, anche perché essa non determina difficoltà nel controllo del soggetto pericoloso.
“Persona pericolosa per la sicurezza”. Definizione inequivocabile, e consequenziale è l’applicazione del divieto di partecipazione a “pubbliche riunioni” e “manifestazioni”. Ciò nonostante, la persona – un uomo – destinataria della “sorveglianza speciale” non è punibile per una passeggiata in strada durante la festa in onore del Santo patrono del paese Cassazione, sentenza numero 23840/2016, Sezione Prima Penale, depositata l’8 giugno . Passeggiata. Azzerata la condanna a «un anno di reclusione» per violazione della «misura di prevenzione della sorveglianza speciale». Smentita completamente l’ottica che aveva spinto i giudici della Corte d’appello a sanzionare la condotta dell’uomo che, pur sottoposto all’«obbligo di non partecipare a pubbliche riunioni o manifestazioni di qualsiasi genere», aveva preso parte ai «festeggiamenti patronali» in paese. Accolta la visione proposta dal difensore, secondo cui la misura imposta non poteva certo comprendere anche il divieto di «transitare sulla pubblica via durante la festa patronale». Per i magistrati della Cassazione, in sostanza, «passeggiare» in strada, dando un’occhiata alle «bancarelle allestite in occasione della festa del Santo patrono», non è valutabile come «partecipazione ad una riunione ovvero ad una manifestazione in luogo pubblico». Piuttosto si può parlare di «normale svolgimento dei rapporto di vita quotidiana», non idoneo a determinare «difficoltà di controllo della persona pericolosa». Ciò significa che l’uomo non ha violato la «sorveglianza speciale» cui era sottoposto. Logico cancellare definitivamente la condanna «a un anno di reclusione» decisa in Appello.
Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 13 gennaio – 8 giugno 2016, numero 23840 Presidente Vecchio – Relatore Posta Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Messina confermava la decisione di primo grado con la quale S.C.T. veniva condannato alla pena di anni uno di reclusione in relazione al reato di cui all'articolo 9 comma 2 legge 1423 del 1956 per avere violato la prescrizione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale della p.s., con l'obbligo di soggiorno, di non partecipare a pubbliche riunioni o manifestazioni di qualsiasi genere, avendo partecipato ai festeggiamenti patronali che si tenevano sulla pubblica via. Nella specie, era stato accertato che l'imputato era stato sorpreso mentre passeggiava tra le bancarelle ed erano state collocate sulla strada in occasione dei festeggiamenti del Santo patrono. Ad avviso dei giudici di merito, la funzione dello specifico divieto di cui alla prescrizione imposta con la misura di prevenzione è quella di impedire la frequentazione dei luoghi in cui si raduna contemporaneamente un numero indeterminato di persone, con conseguente difficoltà di un efficace controllo dei soggetto pericoloso per impedirne ogni eventuale comportamento potenzialmente illecito. 2. Propone ricorso per cassazione l'imputato, a mezzo del difensore di fiducia, denunciando la violazione di legge ed il vizio della motivazione della sentenza impugnata, contestando la configurabilità, sotto il profilo oggettivo e soggettivo del reato contestato. Certamente la prescrizione di non partecipare a pubbliche riunioni non può in alcun modo estendersi alla condotta di transitare sulla pubblica via durante la festa patronale. In secondo luogo, lamenta la violazione di legge ed il vizio di motivazione in ordine al diniego delle circostanze attenuanti generiche. Considerato in diritto Il primo motivo di ricorso è infondato ed assorbente. Il divieto imposto al sorvegliato speciale di non partecipare a pubbliche riunioni o manifestazioni va inteso nel senso di non prendere parte a qualsiasi riunione di più persone in un luogo pubblico o aperto al pubblico, al quale abbiano facoltà di accesso un numero indeterminato di persone, indipendentemente dal motivo della riunione Sez. 1, numero 28964 del 11/03/2003, D'Angelo, rv. 224925 . La Corte costituzionale numero 27 del 1959 nel dichiarare la infondatezza della questione di legittimità costituzionale delle disposizioni dell'articolo 5 della legge 27 dicembre 1956, numero 1423, anche con riferimento al divieto imposto al sorvegliato speciale di partecipare a pubbliche riunioni, rilevava come esso risponda all'esigenza di tenere lontano il sorvegliato dalle situazioni che rappresentano maggior pericolo, evidenziando, tuttavia, che il giudice, ai fini dell'accertamento della violazione dell'obbligo, deve tenere presente il carattere eccezionale delle limitazioni di libertà personale, differenziando i contatti sociali indicati dalla legge come pericolosi e quelli che costituiscono il normale e quotidiano svolgimento dei rapporti della vita che di regola sono inibiti soltanto a chi è sottoposto alle misure detentive. Alla luce dei richiamati principi, nella specie, la condotta dei ricorrente - come descritta in entrambe le decisioni di merito - non consente di enucleare circostanze di fatto dalle quali si possa trarre la partecipazione ad una riunione ovvero ad una manifestazione in luogo pubblico, non potendosi ritenere tale il solo fatto di passeggiare sulla pubblica via in prossimità di bancarelle, ancorchè allestite in occasione della festa del Santo patrono tale situazione di fatto, riconducibile piuttosto al normale svolgimento dei rapporti di vita quotidiana, non determina in quanto tale difficoltà di controllo del soggetto pericoloso. Pertanto, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio perché il fatto non sussiste. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.