Respinta la richiesta del legale di ottenere una pena più lieve. Per i giudici non si può affermare che il furto tentato sia stato dovuto alla necessità di soddisfare un bisogno primario. Irrilevante il richiamo al minimo valore economico della merce.
Nessuna giustificazione per aver tentato di portare via due confezioni di bresaola da un supermercato. Il maldestro ladro non può appellarsi alla propria povertà, al proprio stato di bisogno, e inutile è anche il richiamo al minimo valore economico della merce. Confermati perciò i cinque mesi di reclusione decisi in Appello Cassazione, sentenza numero 11423/17, sez. IV Penale, depositata il 9 marzo . Supermercato. Ricostruito nei dettagli l’episodio, non vi sono dubbi sulla colpevolezza di un uomo, di oltre 40 anni di età, beccato a tentare di rubare «due confezioni di bresaola in un supermercato». Inevitabile quindi la condanna. Il legale, però, chiede che venga almeno riconosciuto che il «tentato furto» ha riguardato «cose di tenue valore» ed era finalizzato a «provvedere ad un grave ed urgente bisogno», cioè consentire al suo cliente di placare i morsi della fame. La risposta dei Giudici, inclusi quelli di Cassazione, è completamente negativa. Nessuna possibilità di applicare una pena lieve. Diventa così definitiva la sanzione stabilita in Corte d’appello, cioè «cinque mesi di reclusione» e «150 euro di multa». Bisogno. Secondo i magistrati del “Palazzaccio”, in sostanza, non si può parlare di «difficoltà economica» e di «impossibilità a far fronte al proprio sostentamento» facendo semplicemente riferimento al «valore economico» della merce. Inutile, poi, viene ritenuto anche il richiamo all’ammissione al «gratuito patrocinio» In conclusione, l’uomo avrebbe dovuto dare dimostrazione, concludono i giudici, di trovarsi in una «situazione di grave e indilazionabile bisogno», tale da far emergere che «la sottrazione di generi alimentari» nel supermercato era conseguenza di «un bisogno serio, grave e urgente».
Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 20 dicembre 2016 – 9 marzo 2017, numero 11423 Presidente Romis – Relatore Miccichè Ritenuto in fatto 1. La Corte di Appello di Milano, con sentenza del 9 maggio 2016, ha confermato la sentenza emessa dal locale Tribunale, che aveva condannato P. R. alla pena di mesi cinque di reclusione ed Euro.150,00 di multa, riconoscendolo colpevole del reato di tentato furto di due confezioni di bresaola commesso all'interno di un supermercato, riconosciuta l'attenuante di cui all'articolo 62 numero 4 cod pen ritenuta equivalente alla contestata recidiva. La Corte d'Appello ha disatteso i motivi di gravame, confermando la valutazione del primo giudice quanto alla ritenuta inconfigurabilità dell'ipotesi lieve di furto per bisogno, di cui all'articolo 626 numero 2 cod penumero e, pur concedendo le attenuanti generiche, ha formulato un giudizio di equivalenza con la contestata recidiva, confermando la pronuncia di primo grado anche in punto di determinazione del trattamento sanzionatorio. 2. P. R. ha proposto ricorso per il tramite del proprio difensore di fiducia, lamentando, con il primo motivo, violazione di legge e vizio di motivazione ex articolo 606, lett. b ed e cod.proc.pen, in relazione agli articolo 624 e 626 cod. pen per avere la Corte d'Appello erroneamente e illogicamente affermato che l'ipotesi lieve doveva escludersi poiché l'imputato non aveva dimostrato di trovarsi nell'impossibilità di far fronte alle proprie esigenze di sostentamento. In tal modo, la Corte territoriale aveva erroneamente addossato all'imputato l'onere probatorio mentre, in base ai principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità, l'esigenza di soddisfazione del bisogno può essere desunta da dati probatori acquisiti al processo, che nel caso in esame erano rappresentati dal fatto che l'imputato fosse stato ammesso al gratuito patrocinio, nonché dalla stessa natura di genere alimentare e dalla esiguità del valore economico del bene appreso, già riconosciuta ai fini dell'attenuante di cui all'articolo 62 numero 4 cod penumero Con il secondo motivo il ricorrente lamenta l'assenza di motivazione in ordine alla richiesta di esclusione della recidiva in contestazione, in ragione della inconciliabilità tra il fatto materiale compiuto e il giudizio di maggiore attitudine a delinquere erroneamente formulato dalla Corte d'appello. Con il terzo motivo, infine, deduce il ricorrente violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli articolo 99, 62 bis, 69 e 133 cod pen, per avere la Corte d'appello ancorato il computo sanzionatorio tenendo conto soltanto del numero dei precedenti penali dell'imputato, già comunque valutati con l'applicazione della recidiva. Insiste, dunque, per l'annullamento della pronuncia impugnata. Considerato in diritto 1. Il primo motivo è infondato. 2. Secondo il consolidato orientamento di legittimità, il furto lieve per bisogno è configurabile nei casi in cui la cosa sottratta sia di tenue valore e sia effettivamente destinata a soddisfare un grave ed urgente bisogno ne consegue che, per far degradare l'imputazione da furto comune a furto lieve, non è sufficiente la sussistenza di un generico stato di bisogno o di miseria del colpevole, occorrendo, invece, una situazione di grave ed indilazionabile bisogno alla quale non possa provvedersi se non sottraendo la cosa Sez. 5, numero 32937del 19/05/2014, Rv. 261658, Sez. 2, numero 42375 del 05/10/2012, Rv. 254348 . 3. Fermo il suddetto principio, va altresì precisato che nell'ordinamento processuale penale non è previsto un onere probatorio a carico dell'imputato, modellato sui principi propri del processo civile, ma è, al contrario, prospettabile un onere di allegazione, in virtù del quale l'imputato è tenuto a fornire all'ufficio le indicazioni e gli elementi necessari all'accertamento di fatti e circostanze ignoti che siano idonei, ove riscontrati, a volgere il giudizio in suo favore, fra i quali possono annoverarsi le cause di giustificazione Sez. 2, numero 20171 del 07/02/2013 Rv. 255916 . 4. Ai fini della sussistenza dell'ipotesi attenuata del furto commesso in stato di bisogno l'imputato avrebbe dovuto dedurre che la sottrazione era diretta al soddisfacimento di un bisogno primario, non solo sotto il profilo dell'elemento psicologico del reato, ma anche da un punto di vista oggettivo, essendo necessario che la cosa sottratta sia effettivamente destinata a soddisfare tale bisogno. La giurisprudenza di questa Corte, sopra ricordata, ha infatti ritenuto di dovere escludere la possibilità di fare degradare l'imputazione da furto comune a furto lieve in presenza di un generico stato di bisogno o di miseria del colpevole, ritenendosi invece necessaria una situazione di grave ed indilazionabile bisogno, alla quale non possa provvedersi se non sottraendo la cosa. 5. Nel caso in esame l'unico elemento dedotto dal ricorrente per sostenere la configurabilità del grave e urgente bisogno è il proprio stato di difficoltà economica, desunto dalla ammissione al gratuito patrocinio, laddove non è stato neppure rappresentato che la sottrazione dei generi alimentari fosse riconducibile a una seria esigenza non più procrastinabile. Difettano dunque i tratti costituitivi della fattispecie, consistenti appunto nella gravità del bisogno e nella sua indifferibilità. Né detta conclusione può trarsi come rappresenta il ricorrente nella sua doglianza da elementi presuntivi quali la natura del bene appreso, di per sé insufficiente a connotare i requisiti della fattispecie invocata. 6. Il secondo e terzo motivo, che per connessione logica possono esaminarsi congiuntamente, sono infondati. Quanto alla recidiva, la pronuncia di primo grado, confermata in appello, dà atto che l'imputato è gravato da molti precedenti specifici, tra cui una rapina in concorso. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, non vi è obbligo di specifica motivazione, in assenza di specifiche deduzioni difensive, per la decisione di aumento di pena per la recidiva facoltativa nei casi di cui all'articolo 99, commi terzo e quarto, cod. penumero , trattandosi di un aggravamento previsto dalla legge quale effetto delle condizioni soggettive dell'imputato. Sez. 5 numero 711 del 19/11/200 9Rv. 245733 . E' stato anche chiarito che ai fini del giudizio di comparazione tra le circostanze attenuanti e la recidiva reiterata di cui all'articolo 99, comma quarto, cod. penumero la quale anche a seguito delle modifiche apportate dall'articolo 3 I. 5 dicembre 2005, numero 251 deve ritenersi facoltativa è sufficiente che il giudice consideri gli elementi enunciati nell'articolo 133 cod. penumero , essendo sottratta al sindacato di legittimità la motivazione se aderente ad elementi tratti dalle risultanze processuali e logicamente corretti Sez. 2, numero 4969 del 12/01/2012, Rv. 251809 . 7. Nella specie la Corte d'appello ha rilevato che i precedenti specifici anche gravi dell'imputato, tra cui la rapina in concorso, denotavano una personalità tale da giustificare l'applicazione della recidiva e del giudizio di equivalenza con le attenuanti e che pertanto, in ragione della tipologia di personalità del reo criterio di cui all'articolo 133 cod pen , la pena di mesi 5, determinata in misura maggiore rispetto al minimo edittale, si doveva ritenere adeguata. Giova in proposito rammentare che la valutazione dei vari elementi rilevanti ai fini della dosimetria della pena rientra nei poteri discrezionali del giudice il cui esercizio se effettuato nel rispetto dei parametri valutativi di cui all'articolo 133 c.p., come nel caso di specie è censurabile in cassazione solo quando sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico. Ciò che qui deve senz'altro escludersi sez. 2, numero 45312 del 03/11/2015 sez. 4 numero 44815 del 23/10/2015 . 8. Si impone dunque il rigetto del ricorso. Segue per legge la condanna dell'imputato al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.