Il viaggio in treno è un incubo: per i viaggiatori niente risarcimento ma solo la restituzione di metà biglietto

Ritardo di 2 ore alla partenza e ritardo di 5 ore all’arrivo. E una sosta forzata col treno guasto e l’impianto elettrico e quello di riscaldamento fuori uso. Per i Giudici, però, i due viaggiatori, accompagnati anche da due nipotini, hanno solo diritto ad ottenere poco più di 7 euro, cioè la metà del prezzo del biglietto.

Viaggio ferroviario da incubo per una nonna e un nonno, affiancati da due nipotini partenza con 2 ore di ritardo e arrivo con 5 ore di ritardo, e, come ciliegina sulla torta, sosta forzata in una piccola stazione col treno guasto, buio e freddo – in una glaciale giornata di inizio gennaio – a causa del blocco degli impianti di illuminazione e di riscaldamento. Evidente il disservizio subito, evidente la responsabilità dell’azienda – ‘Trenitalia spa’ –, ma la coppia di nonni non vede soddisfatte le proprie lamentele respinta la richiesta di risarcimento, i Giudici riconoscono solo il diritto a ottenere 7,38 euro a testa, ossia il rimborso del 50% del prezzo del biglietto Cassazione, sentenza numero 10596/2018, Sezione Terza Civile, depositata il 4 maggio scorso . Odissea. L’incredibile disavventura si svolge tutta nella giornata del 5 gennaio 2009, sulla tratta Milano-Pontremoli. Alla stazione di Milano Centrale i due nonni comprano i biglietti per loro e per i due nipotini – di neanche 10 anni di età –, ma già al momento della partenza cominciano le brutte sorprese il viaggio comincerà non alle 17.05, bensì alle 19.05. Inevitabile il ritardo all’arrivo a Pontremoli ben 5 le ore di ritardo. Ma a spingere la coppia a citare in giudizio ‘Trenitalia spa’ è soprattutto il blocco forzato del treno alla stazione di Milano Rogoredo, dove un guasto fa saltare «l’impianto elettrico e quello di riscaldamento». E difatti, raccontano i protagonisti dall’odissea ferroviaria, «durante il tempo occorrente per le riparazioni siamo rimasti in attesa, in uno stato di abbandono, al buio e al freddo» e, aggiungono, «per difetto di tempestiva comunicazione e per difetto di assistenza non abbiamo potuto effettuare il trasbordo su altro treno che stava per entrare in banchina e che aveva la medesima destinazione». Consequenziale è la loro richiesta di «risarcimento dei danni, morali e patrimoniali, subiti», richiesta che viene accolta dal Giudice di Pace di Milano, il quale, riconosciuto «il parziale inadempimento da parte di ‘Trenitalia’», ne sancisce l’obbligo di versare «424,75 euro» a ognuno dei due viaggiatori. Disagi. La soddisfazione per i due nonni però dura poco. I Giudici del Tribunale di Milano, difatti, pur considerando certa la disavventura da loro vissuta, ritengono sufficiente come ristoro economico «il rimborso del 50% del prezzo del biglietto», ossia 7,38 euro a testa. Così, alla luce della pronuncia del Tribunale, la coppia di viaggiatori deve restituire a ‘Trenitalia’ complessivamente 417,37 euro a testa. La beffa diventa definitiva ora col pronunciamento della Cassazione, che ha respinto definitivamente ogni ipotesi di risarcimento per i disagi subiti da un viaggio assai travagliato. Nessun dubbio, sia chiaro, sulla responsabilità di ‘Trenitalia’. Su questo fronte i Giudici ricordano che «incombe all’azienda l’obbligo di un’adeguata manutenzione del mezzo di trasporto» e osservano che in questa vicenda «non è risultato provato che la causa del ritardo, cioè il guasto al locomotore, fosse riconducibile a un caso fortuito o a una causa di forza maggiore». Tuttavia, «il ritardo di oltre 5 ore con cui i viaggiatori sono giunti a destinazione», addebitabile a ‘Trenitalia’, legittima, secondo i Giudici, «solo una riduzione del prezzo del biglietto, nella misura ritenuta equa del 50%». Ecco spiegata la restituzione di 7,38 euro a testa per i due passeggeri come «risarcimento per i danni patrimoniali». Impossibile, invece, sempre secondo i Giudici, parlare di «danni morali». Su questo fronte i disagi lamentati dalla coppia di nonni non sono ritenuti gravi, anche, anzi soprattutto, tenendo presente che «non sono meritevoli di tutela risarcitoria, invocata a titolo di danno esistenziale, i pregiudizi consistenti in disagi, fastidi, disappunti, ansie e ogni altro tipo di insoddisfazione concernenti gli aspetti più disparati della vita quotidiana» – come l’utilizzo del trasporto pubblico, ad esempio –, poiché «ogni persona inserita nel complesso sociale deve accettare, in virtù del dovere di convivenza, un grado minimo di tolleranza» a fronte di disservizi difficili da digerire.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 16 febbraio – 4 maggio 2018, numero 10596 Presidente Vivaldi – Relatore Gianniti Rilevato in fatto 1. Il Tribunale di Milano, con sentenza numero 14592 del 9712/2014, in parziale riforma della pronuncia del Giudice di Pace di quella stessa città, ha condannato C.V. e R.M.P. alla restituzione, ciascuno, in favore di Trenitalia S.p.a., della somma di Euro 417,37 già percepita in esecuzione della sentenza di primo grado. Dalla sentenza risulta che, nel luglio 2009 i signori C. -R. avevano convenuto in giudizio Trenitalia s.p.a. deducendo che a il omissis , unitamente ai due nipotini rispettivamente di 6 e di 9 anni , si erano recati presso la stazione di Milano Centrale, dove avevano acquistato i titoli di viaggio, di andata e ritorno, con destinazione omissis , corrispondendo l’importo di Euro 49,50 b il treno numero 2039 sarebbe dovuto partire da omissis alle ore 17,05 per giungere a omissis alle ore 19,05, ma in realtà era giunto a omissis con oltre 5 ore di ritardo, in quanto, a causa di un primo guasto, era partito con più di due ore di ritardo e, giunto alla stazione di omissis , aveva subito una nuova sosta, dovuta ad un ulteriore guasto, che aveva coinvolto anche l’impianto elettrico e quello di riscaldamento c durante il tempo occorrente per le riparazioni, erano rimasti in attesa, in uno stato di abbandono, al buio e al freddo e, per difetto di tempestiva comunicazione e per difetto di assistenza, non avevano potuto effettuare il trasbordo su altro treno che stava per entrare in banchina e che aveva la medesima destinazione. Tanto dedotto in fatto, gli attori avevano chiesto che Trenitalia fosse dichiarata inadempiente e quindi condannata al risarcimento di tutti i danni patiti. Risulta altresì che il Giudice di Pace di Milano, accertato il parziale inadempimento di Trenitalia relativamente al contratto di trasporto concluso con gli attori in data omissis , aveva condannato Trenitalia S.p.a. al pagamento, in favore di ciascuno dei due attori, della somma omnicomprensiva di Euro 424,75 oltre interessi legali dalla domanda al soddisfo, a titolo di risarcimento del danno somma che veniva versata dalla società in esecuzione della sentenza . 2. Avverso la sentenza del Tribunale di Milano hanno proposto ricorso i signori C. -R. , articolando un unico motivo. Ha resistito Trenitalia con controricorso nel quale ha articolato ricorso incidentale, affidato a due motivi. Considerato in diritto 1. Il ricorso principale, proposto dai coniugi C. -R. , ed il ricorso incidentale, proposto da Trenitalia s.p.a., sono entrambi infondati. 2. Nel primo motivo di ricorso incidentale Trenitalia denuncia, in relazione all’articolo 360 comma 1 numero 3 c.p.c., la violazione dell’articolo 1680 cc., della legge numero 911/1935, degli articolo 1227 e 1175 c.c., nonché dell’articolo 112 c.p.c Secondo Trenitalia, il Tribunale a avrebbe dovuto ritenere applicabile la legge numero 911/35 al contratto di trasporto ferroviario per cui è processo e, quindi, non avrebbe dovuto ritenere che essa società, per invocare il caso fortuito o la forza maggiore, doveva provare l’adeguata manutenzione del mezzo di trasporto b non aveva considerato che, alla luce della disciplina posta dalla legge numero 911/1935, non era ravvisabile nella specie alcun danno patrimoniale risarcibile, avendo i signori C. -R. comunque usufruito del servizio di trasporto e che comunque l’esecuzione della prestazione di trasporto era stata ostacolata dagli stessi attori che non avevano effettuato il cambio di treno c avrebbe dovuto dichiarare la nullità della sentenza del giudice di primo grado per mancata corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato. Il motivo è infondato. Contrariamente a quanto dedotto da Trenitalia, il Tribunale, quale giudice di appello, ha correttamente respinto l’eccezione di nullità della sentenza impugnata per difetto di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, sul presupposto che la domanda dei coniugi C. -R. era tesa al risarcimento di qualsiasi danno o ogni altro danno ravvisabile , per cui nell’ampia dizione rientrava indubbiamente il danno patrimoniale. Il Tribunale ha quindi esaminato l’assunto, sostenuto da Trenitalia, secondo il quale il trasporto di persone sulle Ferrovie dello Stato trova la sua regolamentazione legge numero 911/1935 con conseguente non applicabilità del regime contrattuale espresso dagli articolo 1681 e segg. c.c. e, comunque, l’Ente Ferroviario doveva andare esente da ogni responsabilità in virtù del caso fortuito e della forza maggiore - ma lo ha respinto, argomentando, senza incorrere in alcuna violazione di legge, sul rilievo che la legge speciale numero 911/1935, che governa il trasporto di persone sulle Ferrovie dello Stato, per effetto della intervenuta trasformazione dell’ente F.S. in società per azioni Trenitalia, trova un limite alla sua originaria perentoria non derogabilità, in materia di responsabilità del vettore ferroviario nei trasporti nazionali, proprio nelle norme del codice civile, che disciplinano la materia delle clausole vessatorie, predisposte unilateralmente, limitative della responsabilità e, in particolare, dall’articolo 1341 c.c. . La tutela dei consumatori, operata dalla normativa codicistica, è stata poi rafforzata per effetto dell’entrata in vigore del d.lgs numero 206/2005 c.d. Codice dei consumatori , che, all’articolo 36, sancisce la nullità delle clausole contrattuali, di cui venga accertata la vessatorietà. In definitiva, il Giudice di appello, con decisione immune da vizi giuridici, ha ritenuto che al caso in esame sono applicabili i principi generali dettati dall’articolo 1218 e 1681 cc. che, per l’appunto, in caso di inadempimento, legittimano il passeggero a richiedere il risarcimento del danno , in quanto il contratto di trasporto è un negozio giuridico di natura sinallagmatica a prestazioni corrispettive e detto contratto si perfeziona, per il viaggiatore, nel momento in cui acquista il biglietto, mentre per il vettore, nel momento in cui giunge a destinazione. La decisione del Tribunale è immune da vizi giuridici anche nella parte in cui, confermando la sentenza di primo grado, ha ritenuto che da un lato, incombe al vettore l’obbligo di un’adeguata manutenzione del mezzo di trasporto e nella specie accertamento, questo, di merito, insindacabile in sede di legittimità non era risultato provato che la causa del ritardo guasto al locomotore fosse riconducibile al fortuito o alla forza maggiore e, dall’altro, il pacifico grave ritardo di oltre cinque ore, con il quale gli odierni ricorrenti erano giunti a destinazione, integrava un caso di inesatto adempimento contrattuale da parte della società Trenitalia e legittimava una riduzione del prezzo del biglietto, nella misura ritenuta equa del 50%. 3. Nel ricorso principale, concernente il quantum risarcitorio, i signori C. -R. denunciano, in relazione all’articolo 360 comma 1 numero 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli articolo 1281, 1681, 2059, 2727 e 2729 c.c Secondo i ricorrenti, il Tribunale ha errato nella parte in cui, pur ritenendo l’inadempimento della società convenuta, in ciò confermando la sentenza di primo grado, ha condannato Trenitalia, riformando in ciò la sentenza di primo grado, esclusivamente al pagamento della somma di Euro 7,38 per ciascun passeggero, a titolo di rimborso del 50% del prezzo del biglietto ferroviario, non riconoscendo nulla a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale che invece era stato riconosciuto dal giudice di primo grado . In punto di quantum, i ricorrenti deducono danno alla salute, per l’influenza e lo stato febbrile, riportato in conseguenza del freddo e dello stress nonché perturbamento psichico, derivante dall’essere rimasti al freddo e al gelo per ore senza avere informazioni e senza alcuna assistenza, in vagoni privi di impianto di riscaldamento il tutto aggravato dalla necessità di accudire due minori rispettivamente di anni 9 e 6 . Ed insistono sul fatto che il danno non patrimoniale da essi subito era stato grave, in quanto l’inadempimento di Trenitalia aveva inciso sul loro diritto di viaggiare in treno in condizioni umane e sul loro diritto alla salute, cioè su valori protetti non solo dalla normativa costituzionale articolo 16 e 32 , ma anche dalla normativa Europea articolo 18 Regolamento CE numero 1371/2007 del Parlamento Europeo . Il motivo non è fondato. Il Tribunale, riformando la sentenza di primo grado, ha diversamente liquidato il danno, in quanto a ha escluso la sussistenza di un danno non patrimoniale alla luce di quanto affermato dalle Sezioni Unite nella sentenza numero 26972 del 11/11/2008 in punto di gravità dell’offesa e di serietà del danno , quali requisiti per il risarcimento ed ha conseguentemente condannato i signori C. e R. alla restituzione in favore di Trenitalia, ciascuno, a titolo di danno non patrimoniale, della somma di Euro 400 percepita a tale titolo. b ha contenuto il danno patrimoniale in Euro 7,38 per ciascun attore in considerazione del fatto che il prezzo di ciascun biglietto per gli adulti ammontava ad Euro 14,75 e che tale somma andava ridotta nella misura del 50%, in quanto Trenitalia aveva adempiuto, sia pure non esattamente la propria prestazione e, dall’altro, del fatto che nulla poteva essere riconosciuto per i biglietti dei due ragazzi, pari complessivi Euro 20, in quanto attori nel giudizio di primo grado erano stati soltanto il C. e la signora R. ed ha conseguentemente condannato i coniugi C. -R. alla restituzione in favore di Trenitalia, ciascuno, a titolo di danno patrimoniale, della somma di Euro 17,37 percepita a tale titolo. Contrariamente a quanto deducono i ricorrenti, la decisione del Tribunale ha fatto buon governo dei principi affermati dalle Sezioni Unite di questa Corte ormai da un decennio sent. numero 26972/2008 ed è, pertanto, è esente da emenda. Invero, le Sezioni Unite, con detta citata sentenza, hanno statuito che, in virtù di una lettura costituzionalmente orientata dell’articolo 2059 c.c., unica norma disciplinante il risarcimento del danno non patrimoniale, la tutela risarcitoria è data, oltre che nei casi determinati dalla legge, solo nel caso di grave e seria violazione di specifici diritti inviolabili della persona. E, per quanto nella specie rileva, hanno precisato che sono palesemente non meritevoli di tutela risarcitoria, invocata a titolo di danno esistenziale, i pregiudizi consistenti in disagi, fastidi, disappunti, ansie ed ogni altro tipo di insoddisfazione concernenti gli aspetti più disparati della vita quotidiana che ciascuno conduce nel contesto sociale e che ogni persona, inserita nel complesso sociale, deve accettare, in virtù del dovere di convivenza, un grado minimo di tolleranza . La successiva giurisprudenza di legittimità cfr. Sez. 3, Sentenza numero 9312 del 08/05/2015, Rv. 635316 - 01 ha altresì precisato che, in materia di responsabilità dell’amministrazione ferroviaria, il danno alla persona del viaggiatore da ritardi o interruzioni è risarcibile - in deroga all’articolo 1681 cod. civ. ed in forza di quanto previsto dal precedente articolo 1680 - alle condizioni stabilite dall’articolo 11, paragrafo quarto, del r.d.l. 11 ottobre 1934, n 1948, convertito nella legge 4 aprile 1935, numero 911, norma ancora oggi applicabile in forza di quanto stabilito dall’articolo 3, comma 1-bis, lett. e , del d.l. 22 dicembre 2008, numero 200, convertito in legge 18 febbraio 2009, numero 9, e dal d.lgs. 1° dicembre 2009, numero 179. Con la conseguenza che il risarcimento - limitato al danno derivato al viaggiatore dal ritardo, dalla soppressione del treno, da mancata coincidenza o da interruzioni del servizio - deve avvenire alle condizioni previste dagli articolo 9 e 10 del medesimo r.d.l. numero 1948 del 1934, e, dunque, mediante diritto di valersi di un treno successivo per l’effettuazione o la prosecuzione del viaggio o attraverso il rimborso del prezzo corrisposto. Nel caso di specie, facendo buon governo dei principi che precedono, il giudice di appello ha ritenuto che il pregiudizio esistenziale, lamentato dagli attori, era sì risultato provato, ma non aveva superato quella soglia di sufficiente gravità e compromissione del o dei diritti lesi, individuata in via interpretativa, dalle Sezioni Unite del 2008, quale limita imprescindibile al risarcimento del danno non patrimoniale . E, in particolare, ha ritenuto che dal certificato di medico 9 gennaio 2009 si evinceva soltanto che la R. era stata affetta da sindrome di raffreddamento con tosse, ma non anche la gravità della lesione e neppure il fatto che la sindrome fosse conseguenza immediata e diretta del lamentato subito disservizio. La decisione che precede, in quanto conforme alla giurisprudenza di questa Corte, è insindacabile nella presente sede di legittimità. 4. Inammissibile, infine, è il secondo motivo del ricorso incidentale di Trenitalia, concernente la regolamentazione delle spese processuali. Sul punto Trenitalia denuncia, in relazione all’articolo 360 comma 1 numero 3 c.p.c., violazione dell’articolo 92 c.p.c., nella parte in cui il Tribunale ha ritenuto giusti motivi per dichiarare integralmente compensate tra le parti le spese processuali, relative ad entrambi i gradi di giudizio. Al riguardo, si rileva che il Tribunale ha motivato l’operata integrale compensazione delle spese processuali, facendo riferimento al perdurante contrasto giurisprudenziale . Detta statuizione peraltro, invalidata dai richiami giurisprudenziali, operati da entrambe le parti, a sostegno dei rispettivi assunti , in quanto espressione di una valutazione merito, è estranea al sindacato di legittimità demandato a questa Corte regolatrice. 5. Per le ragioni che precedono, il ricorso principale ed il ricorso incidentale vanno entrambi rigettati. Dalla declaratoria che precede consegue la compensazione tra le parti delle spese relative al presente giudizio di legittimità. Sussistono infine i presupposti per il versamento, ad opera di ciascuna delle parti, dell’importo, dovuto per legge ed indicato in dispositivo. P.Q.M. Rigetta il ricorso principale. Rigetta il ricorso incidentale. Dichiara integralmente compensate tra le parti le spese processuali relative al presente giudizio di legittimità. Ai sensi dell’articolo 13 comma 1-quater del d.P.R. numero 115 del 2002, inserito dall’articolo 1 comma 17 della l. numero 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale e del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto, rispettivamente per il ricorso principale e per il ricorso incidentale, a norma del comma 1-bis del citato articolo 13.