Non viene indicato perché il giudice ne ha fatto un uso incongruo: appello inammissibile

Ove il ricorrente censuri la statuizione di inammissibilità, per difetto di specificità, di un motivo di appello, ha l’onere di specificare, nel ricorso, le ragioni per cui ritiene erronea tale statuizione del giudice di appello e sufficientemente specifico, invece, il motivo di gravame sottoposto a quel giudice, e non può limitarsi a rinviare all’atto d’appello, ma deve riportarne il contenuto nella misura necessaria ad evidenziarne la pretesa specificità, dovendosi riportare nel ricorso, nel loro impianto specifico, i predetti motivi.

La Cassazione, con la sentenza n. 16210/13 depositata il 27 giugno scorso, affronta ancora una volta il tema della specificità dei motivi di appello, con riferimento ad un ricorso promosso dinanzi ad essa. Come noto, l’attuale formulazione dell’art. 342, comma 1, c.p.comma sostituito dall’art. 54, d.l. n. 83/2012 convertito con L. n. 134/2012 impone che, a pena di inammissibilità, la motivazione dell’appello debba contenere l’indicazione delle parti del provvedimento che si intende appellare e delle modifiche che vengono richieste alla ricostruzione del fatto compiuta dal giudice di primo grado , nonché l’indicazione delle circostanze da cui deriva la violazione della legge e della loro rilevanza ai fini della decisione impugnata . Dunque, l’omissione dei motivi dell’appello comportano la dichiarazione di inammissibilità dell’impugnazione, con conseguente preclusione dell’esame nel merito. Questo, evidentemente, al fine di consentire al Collegio l’individuazione della tesi dell’appellante finalizzata ad incrinare il fondamento logico giuridico posto a base del provvedimento impugnato. Invero, già ai sensi del previgente testo normativo, si riteneva pacificamente che l’appellante avesse il duplice onere sia di individuare con chiarezza le parti del provvedimento impugnato, sia le concrete ragioni diriforma. È necessario, pertanto, che le motivazioni sulle quali si fonda il gravame siano esposte con sufficiente grado di specificità. Il fatto . La Corte d’appello, in riforma parziale della sentenza di primo grado, rideterminava l’importo dovuto ad un soggetto terzo trasportato per i danni da questi subiti a causa di un sinistro stradale. Dichiarava, però, inammissibile l’appello proposto relativamente al danno da invalidità permanente. L’appellante, infatti, aveva criticato l’applicazione del metodo di calcolo tramite le Tabelle in uso presso il Tribunale di Milano, senza però indicare l’atto in cui erano state prodotte e senza indicare il perché il giudice di seconde cure ne avesse fatto un uso incongruo. Avverso tale decisione viene spiegato ricorso per cassazione. Metodo di calcolo a punto tabellare ? Con unico motivo il ricorrente si duole per aver il giudice di appello escluso che il riferimento all’operato da parte dell’appellante al metodo di calcolo a punto tabellare , in uso presso il Tribunale di Milano, potesse da solo implicare la riforma sul punto della sentenza di primo grado. Di fatto rinviava alle ragioni poste a base dell’atto di appello, sostenendo l’erroneità in cui il Tribunale era incorso nell’effettuare il calcolo delle somme dovute, avendo dichiarato, a suo dire, di applicare le Tabelle” milanesi, ma poi disattendendole. Bisogna esplicitare nell’impugnazione gli elementi in cui si concreta l’error in procedendo. La Suprema Corte ritiene il ricorso non meritevole di accoglimento, perché manifestamente infondato. Anzi gli Ermellini ribadiscono che ove si intenda censurare la statuizione di inammissibilità per carenza di specificità dei motivi d’appello, il ricorrente ha l’onere di specificare nel ricorso per cassazione le ragioni per cui ritiene erronea tale statuizione. Detto altrimenti non può limitarsi ad un mero rinvio al contenuto dell’atto di appello, ma deve pur sempre esplicitare nell’impugnazione gli elementi in cui si concreta l’ error in procedendo . Concludendo. E’ così che il ricorrente, nel muovere una critica alla sentenza impugnata, deve anche indicare i fatti processuali posti a fondamento dell’errore denunciato. Anche il ricorso per cassazione, infatti, ai sensi dell’art. 366, n. 4, c.p.c., soggiace al principio di specificità dei motivi dello stesso. Onere che va posto in correlazione con le finalità di individuare l'oggetto della censura, di rendere possibile l'esercizio della funzione giurisdizionale di nomofilachia da parte della Corte di Cassazione e di identificare le disposizioni ed i principi di diritto che si assumono violati. Quando la Corte non sia posta in grado di valutare la fondatezza e la decisività delle censure alla pronuncia di inammissibilità non è abilitata a procedere all’esame diretto degli atti del merito. Inesorabile sarà dunque il rigetto del ricorso.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 8 maggio – 27 giugno 2013, n. 16210 Presidente Finocchiaro – Relatore Giacalone In fatto e in diritto Nella causa indicata in premessa, é stata depositata la seguente relazione 1. - La sentenza impugnata App. Reggio Calabria 16/09/2011 , riformando parzialmente quella di primo grado, ha, per quanto qui rileva, rideterminato l'importo del risarcimento dovuto a F F. , per i danni da lui subiti a causa di un incidente stradale, mentre viaggiava quale trasportato sull'autovettura di proprietà di M B. , condotta da A B. e assicurata con la compagnia di Ass.ni Uniass S.p.A., condannando gli appellati Duomo Unione Ass.ni S.p.A. e M B. , in solido, a pagare, oltre alla somma già liquidata dal giudice di primo grado, l'importo di Euro 3.292,41, nonché gli interessi legali sulla somma di Euro 21.610,00 ha dichiarato inammissibile l'appello proposto, quanto al danno da invalidità permanente, osservando l'appellante aveva criticato l'applicazione in concreto del metodo di calcolo a punto tabellare di derivazione milanese, correttamente adottato dal giudice di primo grado, ritenendo che la scelta dei parametri corretti, avrebbe dovuto indurre - invece - il Tribunale a liquidare una somma superiore e richiama, a sostegno di tale assunto, una tabella allegata di cui non si rinveniva traccia nei fascicoli di primo e secondo grado. Il giudice d'appello riteneva, pertanto, che, se la liquidazione effettuata sulla base delle tabelle costituisce legittimo esercizio del potere del giudice di fare ricorso al criterio equitativo previsto dall'art. 1226 c.c., poiché tali tabelle non costituiscono norme di diritto, la parte che in sede d'impugnazione lamenti la loro non corretta applicazione, deve indicare l'atto in cui sono state prodotte e, inoltre, in che senso siano state disapplicate o incongruamente applicate dal giudice a quo , in quanto la specificità dei motivi d'appello ai sensi dell'art. 342 c.p.c., impone una critica adeguata e specifica della decisione impugnata che consenta al giudice del gravame di percepire con chiarezza il contenuto delle censure. 2. - Ricorre per Cassazione il F. , con un unico motivo la compagnia assicuratrice e il danneggiante non hanno svolto attività difensiva. 2.1. - Il ricorrente denuncia l'omessa e, comunque, insufficiente motivazione della sentenza circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio art. 360 comma 1, n. 5 c.p.c. , per avere il giudice di appello escluso che il riferimento operato da parte appellante al metodo di calcolo a punto tabellare di derivazione milanese potesse di per sé implicare la riforma sul punto della sentenza di primo grado la sentenza sarebbe pervenuta a tale conclusione con una motivazione non immune da vizi. Secondo l'odierno ricorrente, infatti, la sentenza impugnata non avrebbe tenuto conto del fatto che le tabelle milanesi utilizzate per il calcolo dell'invalidità permanente sono adoperate univocamente in tutti i Tribunali d'Italia e, pur non costituendo norme di diritto, esse sono uniche nella loro formulazione e il giudice di primo grado aveva dichiarato di attenersi ad esse, nella decisione pertanto, ciò che sindaca è l'errore in cui il Tribunale sarebbe incorso nell'effettuare il calcolo delle somme dovute, vale a dire il fatto che, nell'individuare i concreti parametri per la quantificazione del danno, avesse disatteso le tabelle, dopo averle pur dichiaratamente poste a fondamento della decisione. 3. - La censura è manifestamente priva di pregio. Essa denuncia impropriamente, sotto il profilo dell'art. 360 n. 5, l'erroneità della pronuncia della Corte territoriale, in merito alla ritenuta inammissibilità del motivo di appello relativo alla asseritamente erronea quantificazione del danno sulla base delle tabelle applicate. Si deve, invero, ribadire che, ove il ricorrente censuri la statuizione di inammissibilità, per difetto di specificità, di un motivo di appello, ha l'onere di specificare, nel ricorso, le ragioni per cui ritiene erronea tale statuizione del giudice di appello e sufficientemente specifico, invece, il motivo di gravame sottoposto a quel giudice, e non può limitarsi a rinviare all'atto di appello, ma deve riportarne il contenuto nella misura necessaria ad evidenziarne la pretesa specificità Cass. n. 20405/2006, dovendosi riportare nel ricorso, nel loro impianto specifico, i predetti motivi Cass. n. 86/2012 . Infatti, l'esercizio del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, riconosciuto al giudice di legittimità ove sia - in sostanza - denunciato un error in procedendo come nella specie, in cui si lamenta l'erronea declaratoria d'inammissibilità, da parte del giudice di secondo grado, di un motivo di gravame, presuppone comunque l'ammissibilità del motivo di censura. Il ricorrente, pertanto, non è dispensato dall'onere di specificare a pena, appunto, di inammissibilità il contenuto della critica mossa alla sentenza impugnata, indicando anche specificamente i fatti processuali alla base dell'errore denunciato. Tale specificazione deve essere contenuta nello stesso ricorso per cassazione, per il principio di specificità dei motivi dello stesso art. 366 n. 4 c.p.c. Cass. n. 21621/2007, in motivazione 11477/2010 2340/2011 12664/2012 Cass. 21 maggio 2004, n. 9734, Cass. 23 marzo 2005, n. 6225 . 4. - Il relatore propone la trattazione del ricorso in camera di consiglio ai sensi degli artt. 375, 376, 380 bis c.p.c. ed il rigetto dello stesso . La relazione é stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata ai difensori delle parti costituite. Non sono state presentate memorie, né conclusioni scritte. Ritenuto che a seguito della discussione sul ricorso in camera di consiglio, il collegio ha condiviso i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione che il ricorso deve perciò essere rigettato, essendo manifestamente infondato non v'è motivo di provvedere sulle spese del presente giudizio nei confronti della parte intimata, non avendo questa svolto attività difensiva visti gli artt. 380-bis e 385 cod. proc. civ P.Q.M. Rigetta il ricorso.