In caso di fallimento del promissario acquirente di un immobile il curatore che decide di sciogliere il contratto è legittimato passivamente nell’azione di accertamento dell’obbligo di restituzione del bene.
La vicenda un preliminare a effetti anticipati. La fattispecie al centro della controversia vede un contratto preliminare di vendita di un villino di cui erano state già consegnate le chiavi al promissario acquirente, dietro versamento di una determinata somma. Si tratta quindi di un preliminare c.d. ad effetti anticipati, ovvero di un fenomeno notevolmente diffuso nella prassi immobiliare in cui alla stipula di un contratto preliminare le parti prevedono la consegna materiale del bene, anticipata rispetto al rogito notarile, in corrispettivo della dazione di somme da imputarsi a pagamento di tutto o di una parte consistente del prezzo. L’abituale impiego di questa figura si giustifica, oltre che per gli evidenti vantaggi fiscale, con la sempre più frequente esigenza nei traffici economico-giuridici di implementare la funzione di controllo già presente nel contratto preliminare c.d. puro, in cui vi è la semplice obbligazione alla prestazione del consenso per la stipula del contratto definitivo. Infatti, con tale negozio il promittente alienante realizza subito il corrispettivo, integralmente o in parte, e il promissario acquirente, godendo immediatamente del bene, ha l’opportunità di verificarne l’effettiva utilità e di percepire da esso un reddito, se tale bene è prontamente sfruttabile economicamente Sopraggiunge il fallimento del promesso acquirente. Il promissario venditore conveniva in giudizio il promissario acquirente ritenendolo inadempiente e domandando la condanna al rilascio dell’immobile e al risarcimento del danno. Il convenuto sosteneva invece di avere pagato somme maggiori del prezzo concordato, chiedeva in la restituzione della maggior prezzo corrisposto e l’esecuzione in forma specifica del preliminare tramite sentenza ai sensi dell’articolo 2932 c.c Successivamente il promissario acquirente falliva e il promesso venditore riassumeva la causa contro gli organi del fallimento davanti allo stesso giudice che giudicava sull’inadempimento del contratto preliminare. La curatela, posta di fronte all’alternativa ex articolo 72 l. fall. se proseguire il contratto o meno, dichiarava di voler sciogliere il preliminare domandando la condanna del promissario venditore alla restituzione di quanto aveva ricevuto. Il giudice di prime cure condannava il fallimento alla restituzione del villino respingendo la domanda di risoluzione, in quanto la curatela aveva scelto di sciogliere il contratto, e dichiarando inammissibile la domanda di restituzione del prezzo pagato poiché non era stata proposta nella comparsa di risposta del convenuto poi fallito. Il promissario fallito chiede l’esecuzione in forma specifica. In appello interviene il promissario acquirente fallito che domandava nuovamente l’esecuzione in forma specifica del contratto preliminare. Inoltre, la curatela cambiava idea e, revocando la dichiarazione di scioglimento del contratto, chiedeva di voler ottenere il trasferimento dell’immobile facendolo acquisire alla massa fallimentare. La Corte di appello accoglieva la domanda del convenuto poi fallito intervenuto nel giudizio di fallimento, dichiarando inefficace nei suoi confronti lo scioglimento del contratto preliminare dichiarato in principio dalla curatela fallimentare. Il giudice di secondo grado, dunque, trasferiva l’immobile al promissario acquirente con il vincolo di legge a favore della curatela. La controversia giungeva dunque in Cassazione su ricorso del venditore. Il fallito non è legittimato a impugnare se nel giudizio è parte il curatore. La Suprema Corte afferma, in primo luogo, la legittimazione processuale del curatore in tutte le controversie che riguardano i rapporti di diritto patrimoniale del fallito compresi nel fallimento. Infatti, il fallito ha una legittimazione processuale suppletiva solo nell’ipotesi in cui vi sia un disinteresse totale da parte degli organi della procedura fallimentare. Se, come nel caso in specie, il curatore è parte in giudizio, allora il soggetto fallito può intervenire eccezionalmente, ai sensi dell’articolo 43, comma 2, l. fall., soltanto se dalle questioni dedotte dipende direttamente la possibilità dell’inizio di un procedimento penale di bancarotta a suo carico Cass. 7400/1983 . Il fallito non poteva dunque impugnare la sentenza indipendentemente dall’impugnazione del curatore, in quanto quest’ultimo aveva partecipato al giudizio di primo grado proponendo poi appello. È assolutamente irrilevante la circostanza che le difese del curatore non fossero corrispondenti all’interesse del fallito. Dunque, non si può ammettere che il curatore e il soggetto fallito avanzino, nello stesso processo, richieste incompatibili domandando il primo lo scioglimento del contratto, l’altro l’esecuzione in forma specifica dello stesso preliminare Cass. numero 7997/1990 . In conseguenza della mancata legittimazione processuale del fallito a intervenire nel giudizio d’appello non è possibile accogliere la sua domanda di trasferimento dell’immobile. Il curatore è l’unico legittimato passivo nell’azione di restituzione. La Cassazione afferma poi il principio per cui in caso di fallimento del promissario acquirente di un immobile cui gli era stato anticipatamente consegnato, il curatore che decida di sciogliere il contratto è legittimato passivo nell’azione di accertamento dell’obbligo di restituzione del bene, avanzata dal promittente venditore. Infatti, la dichiarazione di scioglimento produce sia l’effetto di far venir meno i diritti e gli obblighi derivanti dal contratto preliminare, sia il sorgere dell’obbligo di restituzione della cosa ricevuta in consegna in anticipo rispetto al trasferimento della proprietà. Tale principio era stato già affermato dalla giurisprudenza di legittimità prima della c.d. stagione delle riforme, laddove si era sostenuta la natura di azione personale dell’azione di restituzione, e come tale esperibile contro il soggetto su cui grava l’obbligazione di restituzione. Quindi, il curatore è comunque legittimato passivamente anche nel caso in cui il promissario acquirente abbia, prima del fallimento, ceduto a terzi il possesso del bene e non ha, dunque, più la possibilità materiale di effettuare la restituzione. L’obbligazione restitutoria deriva infatti dalla scelta operata dal curatore di sciogliere il contratto essendo tale scelta imputabile esclusivamente a lui, si giustifica la sua legittimazione passiva. Peraltro, nel caso in specie il curatore non ha l’obbligo di stipulare il contratto definitivo. Infatti, non vi sono gli estremi richiesti dal primo comma dell’articolo 72 l. fall., come riformato dal d.lgs. numero 169/2007, il quale, con riferimento agli immobili ad uso abitativo, ha stabilito che con l’apertura del fallimento del venditore il contratto preliminare prosegue tra le parti ed il curatore è tenuto a stipulare il contratto definitivo se l’immobile è destinato a costituire l’abitazione principale del promissario acquirente. La legittimazione passiva del curatore sussiste anche in caso di consegna anticipata. Di conseguenza, anche nell’ipotesi, quale quella al centro della controversa in esame, di preliminare «ad effetti anticipati», in cui l’immobile sia stato consegnato in anticipo al promissario acquirente, la domanda di restituzione deve essere proposta nei confronti del curatore. Risulta, infatti, irrilevante che il giudizio fosse iniziato tra le parti del contratto quando il promissario acquirente non era ancora stato dichiarato fallito. Allo stesso modo, non rileva ai fini della legittimazione passiva alla restituzione dell’immobile la circostanza che questo sia stato consegnato al fallito, senza però entrare nel suo patrimonio, in forza di una clausola del preliminare infatti, il titolo della consegna è il rapporto contrattuale derivante dal preliminare. Unica possibilità per il promissario fallito sarebbe stata una sentenza di incompetenza del tribunale, che però in questo caso non poteva essere pronunciata in quanto il tribunale del giudizio sul contratto preliminare era lo stesso che aveva pronunciato il fallimento. Sciolto il contratto preliminare. Ribaltando la pronuncia del giudice di seconde cure, pertanto, la Suprema Corte dichiara inammissibile l’intervento in causa del promissario acquirente fallito, ribadendo il principio secondo il quale qualora fallisca il promissario acquirente di un immobile il curatore che decide di sciogliere il contratto è l’unico soggetto legittimato passivamente nell’azione di accertamento dell’obbligo di restituzione del bene, anche nel caso di preliminare ad effetti anticipati in cui il promesso acquirente può immediatamente godere dell’immobile. Quest’ultimo può esclusivamente intervenire nelle forme dell’intervento adesivo dipendente, e quindi non può impugnare la sentenza indipendentemente e autonomamente dall’impugnazione del curatore. La Cassazione quindi scioglie il contratto preliminare, dando seguito alla scelta effettuata dal curatore ai sensi dell’articolo 72 l. fall., e condanna la curatela fallimentare a restituire l’immobile al promissario venditore.
Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 21 marzo – 14 maggio 2012, numero 7448 Presidente Fioretti – Relatore Ceccherini Svolgimento del processo 1. Il sig. A P. citò in giudizio davanti al Tribunale di S. Maria C.V. il signor I.R. , e, premesso che il convenuto si era reso inadempiente al contratto preliminare con il quale aveva promesso l'acquisto di un villino, ne chiese la condanna al rilascio dell'immobile, e al risarcimento del danno da quantificare, e da compensare con l'eventuale credito del convenuto. Il convenuto resistette alla domanda, allegando di aver corrisposto al promesso venditore somme maggiori del prezzo pattuito, e chiese la condanna dell'attore alla restituzione delle maggiori somme pagate, e la pronuncia di sentenza con effetti costitutivi ex articolo 2932 c.c., con condanna al risarcimento del danno. In seguito, dichiarato dal Tribunale di Santa Maria C.V. il fallimento del convenuto in estensione del fallimento della Ianniello Vernici di Ianniello Raffaele & amp C. s.a.s., l'attore riassunse la causa nei confronti del fallimento davanti al medesimo giudice. Questo, costituitasi, dichiarò la volontà di sciogliere il contratto a norma dell'articolo 72 l.f., e chiese la condanna dell'attore alla restituzione di quanto ricevuto in conto prezzo. L'attore, a sua volta, chiese l'accertamento del suo credito per i frutti civili dell'immobile, da compensare con i crediti del fallimento. 2. Con sentenza 4 settembre 2003, il Tribunale di Santa Maria C.V. condannò il fallimento alla restituzione dell'immobile, ma respinse la domanda di risoluzione proposta dall'attore, essendosi il fallimento avvalso della facoltà di scioglimento prevista dall'articolo 72 legge fall Il tribunale dichiarò inammissibile la domanda di restituzione del prezzo pagato, proposta dalla curatela, assumendo che tale domanda doveva essere proposta nella comparsa di risposta dal convenuto I. , unico legittimato passivo e dichiarò inammissibile la domanda attrice di compensazione perché tardiva. 3. Il fallimento propose appello principale, eccependo tra l'altro la competenza esclusiva del tribunale fallimentare in ordine alla revocatoria fallimentare dei pagamenti eseguiti dal fallito e alla domanda attrice di compensazione e il P. appello incidentale, per l'accertamento dei frutti civili che gli spettavano e degli acconti versati dal fallito, ai fini della compensazione. Nel processo intervenne il fallito R I. , che vi si riteneva legittimato dall'articolo 43 comma secondo legge fall., per chiedere - in riforma della sentenza - l'accoglimento della domanda spiegata in primo grado, di esecuzione in forma specifica del contratto preliminare ex articolo 2932 c.c Nel corso del giudizio il fallimento, che nell'atto di appello aveva ribadito la legittimità dello scioglimento del contratto dichiarato in primo grado a norma dell'articolo 72 legge fall., modificò le sue richieste, dichiarando di revocare la dichiarazione di scioglimento del contratto e di volere ottenere il trasferimento dell'immobile. Il P. rinunciò successivamente al suo appello incidentale. La Corte d'appello di Napoli, con sentenza 23 febbraio 2005, premessa l'ammissibilità dell'intervento di R I. , respinse l'appello incidentale di A P. . La corte inoltre, in parziale accoglimento dell'appello del fallimento, rigettò la domanda di restituzione dell'immobile proposta da A P. contro I.R. in proprio e contro la curatela fallimentare, e accolse la domanda dell'intervenuto R I. , dichiarando inefficace nei suoi confronti lo scioglimento del contratto dichiarato dalla curatela dichiarò inammissibile in grado di appello e inefficace nei confronti di I.R. la dichiarazione della curatela di revoca dello scioglimento del contratto e la domanda di acquisizione dell'immobile alla massa trasferì l'immobile a R I. col vincolo di legge a favore della curatela e condannò il P. al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio. 4. Per la cassazione di questa sentenza, notificatagli il 6 dicembre 2005, ricorre A P. per dieci motivi con atto notificato il 26 gennaio 2006. Il fallimento resiste con controricorso e ricorso incidentale condizionato per due motivi, notificato il 7 marzo 2006. A esso il P. resiste con controricorso notificato il 10 aprile 2006. Sopravvenuto il decesso del ricorrente principale, l'erede V.E. ha dichiarato il persistente interesse al ricorso a norma dell'articolo 26 l. numero 183 del 2011. Il fallimento ha depositato una memoria. Motivi della decisione 5. I ricorsi, proposto contro la stessa sentenza, devono essere riuniti a norma dell'articolo 335 c.p.c 6. Con i primi tre motivi si censura sotto profili diversi l'impugnata sentenza nella parte in cui afferma la legittimità dell'intervento in appello del fallito R I. . I motivi sono fondati. A norma dell'articolo 43 legge fall., nelle controversie relative a rapporti di diritto patrimoniale del fallito compresi nel fallimento - qual è certamente quella oggetto del presente ricorso - sta in giudizio il curatore. Una legittimazione processuale del fallito, di tipo suppletivo, con riguardo a beni e diritti compresi nel fallimento, è configurabile solo a fronte di un totale disinteresse degli organi fallimentari. Tale legittimazione, pertanto, va esclusa nel giudizio in cui sia parte il curatore, quale che sia in concreto la sua condotta processuale, con la conseguenza che, in detto giudizio, l'attività processuale del fallito può ritenersi ammissibile solo se e nei limiti in cui sia riconducibile all'ipotesi d'intervento, prevista dall'articolo 43 secondo comma della legge fallimentare Cass. 15 dicembre 1983 numero 7400 , e dunque per i soli giudizi in cui dalle questioni dedotte dipenda direttamente la possibilità dell'inizio di un procedimento penale per bancarotta a carico di lui. Al di fuori di tale eccezione, eventuali interventi del fallito nelle cause in cui sia parte il curatore sono configurabili soltanto sub specie dell'intervento adesivo dipendente, alla cui stregua va escluso il diritto del fallito medesimo di impugnare la sentenza autonomamente e indipendentemente dall'impugnazione del curatore Cass. 8 agosto 1990 numero 7997 . Nella specie non vi era stato disinteresse del curatore del fallimento, che aveva partecipato al giudizio di primo grado, in cui il debitore era rimasto estromesso dalla riassunzione del processo nei confronti del fallimento, e aveva poi proposto appello, a nulla rilevando, per la legittimazione a tale impugnazione, il fatto che le difese del fallimento nel giudizio non fossero conformi alle valutazioni e agli interessi del fallito. Né poteva in ogni caso ammettersi la concorrente legittimazione attiva in via d'impugnazione del curatore fallimentare e del fallito nello stesso giudizio, con la conseguente possibilità, poi avveratasi, di richieste tra loro incompatibili, in ordine all'esecuzione del medesimo contratto, sulle quali, se ammissibili, il giudice non avrebbe avuto alcun criterio legale di decisione. 7. Con il quarto motivo si censura il trasferimento dell'immobile al fallito, con vincolo a favore della curatela, disposto dalla corte di merito in violazione del giudicato interno. Il motivo è fondato, in conseguenza dell'accoglimento dei motivi precedenti. La corte di merito ha ritenuto di poter dare ingresso a un motivo di appello proposto dal fallito, del quale aveva in precedenza erroneamente ammesso la legittimazione a intervenire nel giudizio d'appello in forza di un autonomo potere d'impugnazione. La successiva domanda del curatore, nel corso del giudizio d'appello, era infatti tardiva e inammissibile, stante l'intervenuta formazione del giudicato sulla relativa pronuncia contenuta nella sentenza di primo grado. 8. Con il quinto motivo si censura il rigetto della domanda del ricorrente di condanna della curatela alla consegna dell'immobile, motivato con il difetto di legittimazione passiva della curatela. Con il sesto motivo si censura l'affermazione della corte d'appello che il P. , riassumendo il giudizio nei confronti della curatela, avrebbe dichiarato di voler opporre solo nei confronti del fallito la sentenza, e che per questa ragione la curatela non potesse essere condannata all'adempimento specifico in natura. I due motivi, intrinsecamente collegati, devono essere esaminati insieme. Essi sono fondati. 9. La corte ha già avuto occasione di affermare il principio che, in caso di fallimento del promissario acquirente di un immobile, al quale lo stesso sia stato anticipatamente consegnato, il curatore, che eserciti la facoltà di sciogliersi del contratto a norma dell'articolo 72, secondo comma, legge fall. è legittimato passivamente nell'azione di accertamento dell'obbligo di restituzione del bene promossa dal promittente venditore, perché la dichiarazione di scioglimento, oltre a far venir meno i diritti e gli obblighi nascenti dal preliminare, fa sorgere le obbligazioni di restituzione, e, in particolare, quella relativa alla cosa anticipatamente ricevuta in consegna rispetto a un trasferimento della proprietà non più attuabile. La legittimazione passiva del curatore sussiste anche nell'ipotesi in cui l'azione di restituzione dovesse rivelarsi infruttuosa, per avere il promissario acquirente ceduto a terzi il possesso della cosa prima del fallimento, trattandosi di azione personale, esperibile contro il soggetto su cui grava l'obbligazione di restituzione, senza che assuma rilievo la possibilità materiale di operare la restituzione, né ricorrendo l'ipotesi dell'articolo 79 legge fallimentare, che regola la diversa azione risarcitoria, spettante, in sede fallimentare, al creditore della restituzione Cass. 11 giugno 1993 numero 6548 . Né il principio appena enunciato può essere limitato al caso che l'immobile sia stato anticipatamente consegnato in forza di una specifica clausola del contratto preliminare, come vorrebbe il fallimento, secondo quanto verificatosi nella fattispecie decisa con il precedente richiamato. La ratio decidendi di quel precedente, infatti, non è da ricercare in quella clausola, sempre che sia pacifico che la consegna dell'immobile abbia avuto luogo nel quadro dell'esecuzione del contratto preliminare. Ciò era appunto quanto si era verificato nella fattispecie oggetto del presente giudizio, che era iniziato tra le parti del contratto quando il promesso acquirente era ancora in bonis, dovendosi escludere che la consegna fosse avvenuta in forza di un titolo giuridico del tutto autonomo del quale nessuno ha allegato l'esistenza. La ragione che è al fondamento della legittimazione passiva del curatore è invece che l'obbligazione restitutoria di cui si tratta deriva dalla scelta da questi operata, e a lui esclusivamente imputabile. Tanto premesso in ordine alla legittimità della domanda di restituzione proposta dall'odierno ricorrente nei confronti del fallimento fin dal primo grado di giudizio, si deve aggiungere che l'affermazione attribuita al P. in sede di riassunzione di voler riassumere la causa nei confronti del fallito personalmente non ha riscontro negli atti, ma, come spiega la stessa curatela nel controricorso, è il frutto di un argomento giuridico svolto dal fallimento in appello, e recepito dalla corte di merito argomento che è stato sovrapposto alle domande effettivamente svolte dall'attore in riassunzione. Secondo questa tesi, la pretesa alla restituzione non poteva essere fatta valere dal promesso venditore se non davanti al competente tribunale fallimentare, sicché la riassunzione davanti al tribunale ordinario implicava volontà di ottenere un titolo da far valere esclusivamente nei confronti diretti del fallito una volta tornato in bonis. Questa tesi era però manifestamente contraddetta dal fatto stesso che la causa era riassunta nei confronti della curatela e non del fallito in proprio. La legittimazione del curatore alla restituzione dell'immobile, pur mai entrato nel patrimonio del fallito, ma che era stato consegnato al fallito senza che rilevi, come s'è detto, l'esistenza di un'apposita clausola del preliminare, essendo il titolo della consegna in ogni caso pacificamente il rapporto contrattuale derivante dal preliminare , come riconosciuto dai giudici di merito di entrambi i gradi di giudizio, era conforme alla giurisprudenza di legittimità, e una diversa identificazione del soggetto passivo della domanda non poteva desumersi da una questione di competenza, che avrebbe giustificato - se fondata ma in questo caso il tribunale del giudizio sul contratto preliminare era lo stesso tribunale che aveva dichiarato il fallimento di R I. , sicché non poteva porsi una questione di competenza, bensì soltanto, semmai, di rito - solo una pronuncia d'incompetenza e non certo il rigetto nel merito della domanda. 10. Con il settimo motivo si denuncia la violazione degli articolo 306 e 346 c.p.c Si censura l'affermazione del giudice d'appello, che il P. avrebbe riconosciuto l'infondatezza della propria pretesa, perché all'udienza del 6 maggio 2004 aveva dichiarato di rinunciare all'appello incidentale. L'ottavo motivo verte su questioni attinenti ai crediti del P. nei confronti di I. , oggetto del suo appello incidentale. 11. I due emotivi sono intrinsecamente connessi e devono essere esaminati insieme. Essi sono fondati. La rinuncia all'appello non implica, infatti, la rinuncia alla domanda accolta con la sentenza, impugnata per le sue altre parti che non avevano soddisfatto interamente le pretese della stessa parte essa comporta invece, e-sclusivamente, il passaggio in giudicato della sentenza anche nella parte originariamente impugnata. Nella specie, l'appello incidentale verteva sull'accertamento dei crediti e debiti reciproci delle parti, al fine della loro compensazione, oggetto di una domanda che il giudice di primo grado aveva dichiarato tardiva e inammissibile, e sulla quale per ciò stesso non si era pronunciato. È dunque di tutta evidenza che la rinuncia all'appello comportava la definitività all'interno del processo della tardività e inammissibilità dell'eccezione di compensazione dichiarata dal primo giudice, senza che questo potesse pregiudicare le ragioni sostanziali della parte, da far valere peraltro in separato giudizio. 12. Il nono motivo verte sull'accertamento, nell'impugnata sentenza, dell'adempimento del promissario, e della dichiarazione di esecuzione del contratto in danno del promittente venditore. Il motivo è assorbito dall'accoglimento dei primi cinque motivi. Il decimo motivo, sull'ultrapetizione nel regolamento delle spese, è assorbito dall'accoglimento dei motivi precedenti, che impone un nuovo regolamento. 13. Occorre ora passare all'esame del ricorso incidentale. Il primo motivo censura il giudizio della corte di merito, che ha disatteso le deduzioni formulate dalla curatela nell'atto di appello sulla violazione dell'articolo 24 legge fall., e sulla competenza del tribunale fallimentare in relazione ai fatti oggetto di causa. Fermo quanto già in precedenza osservato incidentalmente sulla questione di competenza, il motivo è inammissibile, riferendosi a una questione che doveva essere proposta in primo grado a pena di decadenza, e che non poteva pertanto formare oggetto di valido motivo di appello. 14. Con il secondo motivo del ricorso incidentale si censura - per violazione degli articolo 1427 e 1324 c.c. - l'omessa valutazione delle domande di accertamento dell'errore essenziale da cui sarebbe stata affetta la dichiarazione della curatela, in primo grado, di volersi avvalere dello scioglimento del contratto ex articolo 72 legge fall Il motivo, che sembra implicitamente volersi basare sulla consolidata giurisprudenza di questa corte circa la natura sostanziale e non processuale del potere riconosciuto al fallimento dall'articolo 72 della legge fallimentare, è inammissibile. La censura di omessa pronuncia su una domanda può essere prospettata solo sotto il profilo dell'articolo 360 comma primo numero 4 c.p.c., per violazione dell'articolo 112 dello stesso codice, e non per violazione di norme sostanziali in ordine al regolamento della fattispecie annullabilità della dichiarazione di scioglimento del contratto , non esaminata dal giudice di merito. Peraltro la domanda in questione era proposta per la prima volta nel corso del giudizio di appello e, essendo per ciò stesso inammissibile, il giudice del gravame non aveva il dovere di prenderla in esame. 15. In conclusione il ricorso principale deve essere accolto con riguardo ai primo otto motivi, restando assorbiti gli altri mentre il ricorso incidentale deve essere respinto. La causa, inoltre, può essere decisa nel merito, non richiedendosi a tal fine ulteriori indagini di fatto, con la dichiarazione d'inammissibilità dell'intervento in causa di I.R. , la dichiarazione di scioglimento del contratto preliminare per cui è causa a norma dell'articolo 72 legge fall., e la condanna della curatela fallimentare alla restituzione dell'immobile per cui è causa a favore di A P. . Per quanto riguarda le questioni di cui all'appello incidentale il giudizio è estinto a seguito della rinuncia al gravame da parte del P. . 16. Le spese del giudizio di primo grado, il cui esito è stato determinato da circostanze sopravvenute all'instaurazione del contraddittorio fallimento del convenuto e dichiarazione del curatore di scioglimento del contratto ex articolo 72 legge fall. , devono essere compensate per giusti motivi. Quelle dell'appello e del presente giudizio di legittimità sono a carico dei soccombenti in solido, e sono liquidate come in dispositivo. P.Q.M. Riunisce i ricorsi. Accoglie i primi otto motivi del ricorso principale, e dichiara assorbiti gli altri rigetta il ricorso incidentale. Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, dichiara inammissibile l'intervento di R I. dichiara sciolto il contratto preliminare per cui è causa a norma dell'articolo 72 legge fall., e condanna la curatela fallimentare alla restituzione dell'immobile in favore di A P. dichiara estinto il giudizio per quanto riguarda le questioni di cui all'appello incidentale. Compensa le spese del giudizio di primo grado tra le parti, e pone le altre spese del giudizio, sostenute da A P. , a carico solidale del fallimento e di R I. . Liquida le spese del giudizio di appello in complessivi Euro 5.100,00, di cui Euro 4.000,00 per onorari e Euro 1.000,00 per diritti, oltre alle spese generali e agli accessori come per legge e le spese del presente giudizio di legittimità in complessi Euro 2.700,00, di cui Euro 2.500,00 per onorari, oltre alle spese generali e agli accessori come per legge.