Custodi giudiziari: il compenso non va liquidato sulla base delle tariffe professionali

Le tariffe professionali non possono essere applicate analogicamente, perché costituiscono norma speciale rispetto alla disposizione codicistica è a quest’ultima che deve farsi riferimento per la liquidazione dei compensi, in assenza di usi locali.

Il compenso spettante al commercialista per l’attività di custode giudiziario deve essere liquidato sulla base delle tariffe prefettizie, ove presenti, o degli usi, o infine ai sensi dell’articolo 2233, comma 2, c.c., ma non si può ricorrere alle tariffe professionali. E’ il principio espresso dalla Corte di Cassazione, con la sentenza numero 3475 del 6 marzo. Il caso. Nel corso di una causa civile relativa all’impugnazione di un testamento, veniva disposta la custodia giudiziaria di alcuni beni ereditari. Alla chiusura della controversia, il Tribunale liquidava ad un commercialista 25mila euro, a titolo di compenso per l’incarico di custode, basandosi sulle tariffe. Il provvedimento veniva confermato dal giudice del reclamo e uno degli eredi proponeva ricorso per cassazione ex articolo 111 Cost. Come liquidare i compensi del custode giudiziario? Sollecitata dal ricorrente, che contesta l’applicazione delle tariffe professionali nel caso di specie, la S.C. ha l’occasione di chiarire quale deve essere il corretto modus operandi del giudice. Tariffe prefettizie, oppure usi locali o infine ricorso all’articolo 2233 c.c. Fino a quando non saranno emanate le tabelle per la determinazione dell’indennità di custodia, previste dal DPR numero 115/2002, il compenso dovuto al custode va determinato in base alle tariffe prefettizie, ridotte secondo equità, ove esistenti, ovvero in base agli usi locali. Qualora manchino le une e gli altri, la liquidazione deve avvenire ai sensi dell’articolo 2233, comma 2, c.c., cioè in base all’importanza dell’opera svolta e previa acquisizione del parere dell’associazione professionale del custode. Il compenso non può essere liquidato sulla base delle tariffe professionali. Non è possibile, invece, ricorrere alle tariffe professionali, perché non esiste una norma che ne imponga l’adozione e le stesse non possono essere applicate in via analogica, stante la loro natura di legge speciale, rispetto a quella generale della norma codicistica. Nel caso di specie, il Tribunale ha utilizzato le tariffe professionali dei dottori commercialisti e il giudice del reclamo ha errato nel confermato tale decisione, soprattutto perché l’iter argomentativo seguito appare incorrente con le premesse, laddove lo stesso giudice aveva affermato la necessità di ricorrere agli usi locali, in assenza di tariffe prefettizie. Il provvedimento viene, quindi, cassato con rinvio il compenso dovrà essere nuovamente liquidato secondo i parametri indicati in sentenza.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 8 febbraio – 6 marzo 2012, numero 3475 Presidente Schettino - Relatore Piccialli Svolgimento del processo G. A. ha proposto ricorso per cassazione ex articolo 111 Cost. contro l'ordinanza 10/11.2.2010 del Presidente f.f. del Tribunale di Genova,che ne ha rigettato il reclamo ex articolo 170 D.P.R numero 115 del 2002,avverso il decreto in data 7.7.09,con il quale il giudice del Tribunale medesimo aveva liquidato al dott. E. M. la somma di € 25.000,00, a titolo di compenso per l’incarico di custode giudiziario dei beni immobili e mobili caduti in successione, dal medesimo espletato nell'ambito della causa civile definita con sentenza del 7.7-2 3.8.02, relativa all'impugnazione del testamento di G. B. A. padre del ricorrente, deceduto l'11.9.01 , svoltasi tra detto A. e tale M. N. S Il giudice del reclamo ha confermato detta liquidazione ritenendo che a nell'ambito della disciplina contenuta nel D.P.R. numero 115/2002,le spettanze dei custodi giudiziari,in quanto contemplate dal titolo VIII, fossero oggetto di una specifica disciplina distinta da quella generale,prevista e contenuta nel titolo VII per gli altri ausiliari del giudice b che pertanto si rendesse alla fattispecie applicabile non l'articolo 50 del citato D.P.R. invocato dall'opponente,bensì l'articolo 58,prevedente la determinazione del compenso sulla base delle tariffe contenute nelle tabelle approvate ai sensi del successivo articolo 59,o,in via residuale,secondo gli usi locali c che,essendo stato emanato soltanto un D.M. il numero 265 del 1.98.06 relativo ai soli veicoli a motore ed ai natanti e prevedente,nuovamente,che per le altre categorie di beni si applicassero,in via residuale, gli usi locali, prevedendo altresì l'art 276 del citato D.P.R. l'applicabilità per le indennità di custodia, in via transitoria delle tariffe esistenti presso la Prefettura,ridotte secondo equità,o in via residuale,degli usi locali,in mancanza delle prime, l''unico parametro di riferimento fosse costituito dagli usi locali d che,in tale situazione,tenuto conto,secondo la giurisprudenza di legittimità,della specificità dei luoghi e delle modalità di custodia dei beni custoditi,in relazione agli specifici compiti espletati dal custode,del tutto corretto risultasse il riferimento al parametro di cui all'articolo 29 della Tariffa Professionale dei Dottori Commercialisti,prevedente la misura degli onorari in relazione all'attività di custodia e conservazione dei beni svolta dal professionista,nella specie congruamente determinata in base al relativo calcolo matematico. Al ricorso,affidato a due motivi,ha resistito il dott. M.,con rituale controricorso. La M. non ha svolto attività difensiva. Motivi della decisione Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli articolo 58, 59 e 276 D.P.R. 115/02,censurando l'applicazione alla fattispecie della tariffa professionale dei dottori commercialisti,pur vertendosi in ipotesi di liquidazione di spettanze ad un ausiliario del giudice svolgente mansioni di natura pubblicistica,che secondo le previsioni tariffarie contenute nel citato D.P.R. per le operazioni in materia amministrativa,contabile e fiscale,tenuto conto dello scaglione in concreto applicabile,avrebbero comportato una liquidazione di € 4.892,91 complessive. Con il secondo motivo viene dedotta la violazione e falsa applicazione dell'articolo 2333,co. 2 c.c.,norma che,secondo un richiamata pronunzia di questa Corte 3^ sez. civ.,numero 6049 del 12.3.09 , avrebbe comportato,in mancanza delle tariffe prefettizie e degli usi località liquidazione secondo equità,su parere dell'associazione professionale di competenza,non sussistendo alcuna disposizione di legge imponente la diretta adozione delle tariffe professionali,né rendendosi queste ultima applicabili in via analogica. Il ricorso va accolto sul secondo ed assorbente motivo,alla luce del sopra richiamato principio giurisprudenziale,enunciato in una vicenda analoga,cui il collegio intende dare continuità condividendone le motivazioni, secondo cui il compenso dovuto al custode nella specie dottore commercialista .fino a quando non saranno emanate le tabelle per la determinazione dell'indennità di custodia previste dall'articolo 59 d.p.r. 30 maggio 2002 numero 115, va determinato in base alle tariffe prefettizie ridotte secondo equità,ove esistenti ,ovvero secondo gli usi locali in virtù della previsione di cui all'articolo 276 suddetto decreto in mancanza delle une e degli altri, la liquidazione deve avvenire ai sensi dell'articolo 2233, 2° co. cc.,e quindi in base all'importanza dell'opera svolta e previa acquisizione del parere dell'associazione professionale del custode ne consegue che, in ove in violazione di tali precetti, il giudice liquidi il compreso dovuto al custode secondo equità relativo provvedimento è censurabile in sede di legittimità per violazione del 2° comma dell'articolo 2233 cc,ma non per mancata applicazione delle tariffe professionali,non sussistendo alcuna norma di legge che imponga l'adozione di tali tariffe ,e non essendo le stesse applicabili in via analogica . A tale ultimo proposito va soggiunto che la non applicabilità dell'analogia in siffatti casi deriva dalla natura di legge speciale che le disposizioni tariffarie rivestono,rispetto a quella di lex generalis della norma codicistica, con la conseguenza che,in difetto di una condizione di applicabilità in concreto della prima costituita dall'esistenza o delle specifiche tariffe prefettizie o degli usi locali ,riprende vigore la seconda. Nella fattispecie il percorso argomentativo seguito dal giudice del reclamo è solo parzialmente aderente al dettato normativo,discostandosene nell'ultima parte,laddove,dopo aver dato atto della mancanza di tariffe esistenti presso la prefettura e,quindi,della necessità di applicare gli usi locali,con un vero e proprio salto logico-giuridico, ritiene corretto l'operato del primo giudice di aver liquidato le spettanze secondo le tariffe professionali dei dottori commercialisti, senza tuttavia indicare alcun nesso tra queste ultime e detti usi, ove esistenti. Esclusa, per le ragioni in precedenza esposte, l'applicabilità in via analogica di tali tariffe, nella fattispecie, in cui tali usi non sono stati individuati la liquidazione avrebbe dovuto essere operata dal giudice ai sensi della citata norma codicistica, in base ad un' adeguata valutazione della natura ed importanza delle prestazioni, il che tuttavia non è dato desumere dalla generica ed apodittica motivazione, che non ha preso in esame le doglianze del reclamante. L'ordinanza impugnata va conclusivamente cassata con rinvio per nuovo esame all'ufficio di provenienza,in persona di diverso magi strato, cui si demanda anche il regolamento delle spese del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. Accoglie il ricorso, cassa l’ordinanza impugnata e rinvia, anche per le spese di giudizio, al Tribunale di Genova, in persona di diverso magistrato.