In caso di litisconsorzio necessario il giudice può disporre sulle spese di giudizio senza tener conto dell’entità delle quote di titolarità.
Se vi è litisconsorzio necessario, la condanna in solido alle spese di lite è sempre ammissibile. Ciò vale anche nel caso di eredi subentranti in giudizio per effetto del decesso dello stipite inizialmente convenuto. A nulla rileva la diversa entità delle quote ereditarie di titolarità in riferimento al bene dedotto in giudizio. Ciò che conta ai fini del regolamento delle spese, in via solidale e a carico della parte soccombente, è che il bene oggetto del contendere costituisca interesse comune dei litisconsorti necessari, a prescindere dalla quota di interesse dei singoli. Così ha deciso la Terza sezione Civile della Corte di Cassazione con la sentenza numero 27562/11, depositata il 20 dicembre scorso. L’antefatto. Il conduttore di un immobile aveva intentato causa alla proprietaria che, per anni, aveva preteso canoni non dovuti, ritenendo che l’immobile fosse locato come foresteria, mentre si trattava di mera abitazione. In sede di merito il conduttore aveva vinto la causa sia in primo che in secondo grado. La parte convenuta era stata condannata alla restituzione dei canoni indebitamente percepiti. Durante il giudizio di appello però, la locatrice era deceduta ed erano subentrate le eredi. La Corte territoriale quindi, aveva condannato la parte convenuta così costituita anche alle spese di lite in solido. Le eredi, si erano risolte a presentare ricorso per Cassazione, lamentando il vizio di motivazione della sentenza d’appello che, a detta delle ricorrenti, avrebbe erroneamente ritenuto sussistente il negozio simulato. Avevano poi lamentato anche l’illegittimità della condanna in solido al pagamento delle spese di lite. Secondo le ricorrenti, la condanna, se del caso, avrebbe dovuto essere disposta in ragione dell’entità delle quote ereditarie di titolarità. La decisione. La Suprema Corte, però, ha ritenuto di non condividere le tesi delle ricorrenti ed ha rigettato il ricorso confermando la sentenza di merito. Secondo i giudici, infatti, il conduttore aveva sufficientemente provato il fatto che non si fosse trattato di una foresteria, dimostrando con prove testimoniali che, in realtà, vi era coincidenza tra il conduttore e l’utilizzatore dell’immobile. Quanto alla questione della condanna in solido, il collegio ha chiarito che, quando l’oggetto del giudizio concerne un interesse in comune, vi è litisconsorzio necessario. Dunque, in caso di soccombenza della parte costituita in consorzio, il giudice può legittimamente disporre la condanna al pagamento delle spese in solido. A nulla rileva il fatto che si tratti di eredi con titolarità di peso diverso rispetto al bene oggetto della controversia. Il principio. A tal proposito, la Corte ha enunciato il seguente principio di diritto «al fine della condanna in solido di più soccombenti alle spese del giudizio, il requisito dell'interesse comune non postula la loro qualità di parti in un rapporto sostanziale indivisibile o solidale, ma può anche discendere da una mera convergenza di atteggiamenti difensivi, rispetto alle questioni dibattute in causa, ovvero da identità di interesse personale con riguardo al provvedimento richiesto al giudice».
Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 9 novembre – 20 dicembre 2011, numero 27562 Presidente Trifone– Relatore Uccella Svolgimento del processo Il 16 giugno 2009 e non già il 16 maggio, come si evince dagli atti di causa per questa fase del giudizio la Corte di appello di Roma ha confermato la sentenza 23 aprile 2002 del Tribunale di questa città, che in accoglimento della domanda introdotta da G.S. nei confronti di J L. , condannava la convenuta al pagamento in favore dell'attore della complessiva somma di Euro 110.085,84 oltre interessi legali dalla domanda al saldo e spese di lite. Il giudice dell'appello condannava, inoltre, in solido al pagamento delle spese del grado di appello le eredi soccombenti. Avverso siffatta decisione propone ricorso principale per cassazione P B. in M. , affidandosi a tre motivi, di cui il terzo articolato sotto distinti profili. Resiste con controricorso il G. . Resistono con controricorso e propongono ricorso incidentale B.P.M. e L B.N. quali eredi della signora L. , affidandosi a quattro motivi. Il G. resiste al ricorso incidentale con controricorso. Le ricorrenti hanno depositato rispettive memorie. Motivi della decisione I due ricorsi vanno riuniti ex articolo 335 c.p.c 1. - Preliminarmente va esaminata la eccezione di tardività del ricorso incidentale proposto da M B.P. e B.N.L. , formulata dal resistente G. , in quanto ad esse la sentenza venne notificata il 1 ottobre 2009 e non 2010 come indicato dal G. , mentre il ricorso risulta notificato al G. il 7 gennaio 2010. La eccezione non può essere accolta per la semplice ragione che nella specie si versa in tema di litisconsorzio necessario per cui risulta ammissibile e non già tardiva la impugnazione così come proposta. Passando all'esame del ricorso principale il Collegio osserva quanto segue. 2. - In punto di fatto va posto in rilievo che il G. dal giorno 1 dicembre 1992 conduceva in locazione un appartamento ad uso abitativo sito in Roma di proprietà di J L. al canone mensile di lire 2.500.000 aumentato di lire tre milioni, per cui versava l'importo di lire 5.500.000 in forza di scrittura privata contestuale al contratto per rimborso spese di ristrutturazione e ripristino eseguite su sua richiesta. Ciò premesso chiedeva al Tribunale l'accertamento del canone legale e la condanna della locatrice alla restituzione delle somme indebitamente percepite. Costituitasi, la convenuta eccepiva che il contratto stipulato era ad uso foresteria in ragione dell'attività economica del conduttore, agente mobiliare, e dispiegava riconvenzionale per sentir dichiarare cessato il rapporto per mutamento unilaterale della destinazione d'uso concordata. Su gravame della L. , che nella pendenza del giudizio era deceduta, il giudizio era riassunto dalle eredi B.M.P. e L B. e si costituivano il G. e l'altra erede P.B. in M. , chiamata in causa dalle sorelle. Il giudice dell'appello confermava, come detto, la sentenza di prime cure. 3. - Osserva il Collegio che il punto centrale della presente impugnazione risulta costituito dal secondo motivo violazione degli articolo 752 e 754 c.c., in relazione all'articolo 360 numero 3 omessa motivazione in relazione all'articolo 360 numero 5 c.p.c. di cui tratta anche il quarto motivo del ricorso incidentale, nel quale le resistenti e le ricorrenti incidentali aderiscono a quanto sostenuto nel ricorso principale v. già p.13 controricorso . La ricorrente principale e quelle incidentali lamentano che il giudice dell'appello le abbia erroneamente condannate al pagamento delle spese del giudizio in solido e non già in relazione alle rispettive quote ereditarie. Le censure sono da disattendere, stante la prescrizione normativa di cui all'articolo 97 secondo periodo comma 2 c.p.c., che testualmente recita il giudice può anche pronunciare condanna solidale di tutte o di alcune di esse, quando hanno interesse comune . Al riguardo, come già statuito da questa Corte a Sezioni Unite nel 1987, va affermato che al fine della condanna in solido di più soccombenti alle spese del giudizio il requisito dell'interesse comune non postula la loro qualità di parti in un rapporto sostanziale indivisibile o solidale, ma può anche discendere da una mera convergenza di atteggiamenti difensivi, rispetto alle questioni dibattute. in causa, ovvero da identità di interesse personale con riguardo al provvedimento richiesto al giudice Cass. S.U. numero 1536/87 . Del resto, la controversia, oggetto del presente giudizio, è da considerarsi di interesse comune, atteso che tutti gli eredi devono partecipare al processo in quanto litisconsorti necessari. 4. - Ne consegue l'assorbimento del primo motivo violazione dell'articolo 490 c.c. in relazione all'articolo 360 numero 3 c.p.c. violazione dell'articolo 112 c.p.c. in relazione all'articolo 360 numero 4 c.p.c. omessa motivazione in relazione all'articolo 360 numero 5 c.p.c. . 5. - Con il terzo motivo violazione dell'articolo 26 lett. a della legge numero 372/98, poi abrogato dalla legge numero 431/98 in relazione all'articolo 360 numero 3 c.p.c. violazione degli articolo 2697 c.c. e 116 c.p.c. in relazione all'articolo 360 numero 3 e numero 5 c.p.c. violazione degli articolo 1414 comma 2 c.c. in relazione all'articolo 360 numero 5 c.p.c. , e che contiene, in estrema sintesi, negli altri tre motivi del ricorso incidentale, le stesse censure, la ricorrente principale e le ricorrenti incidentali attaccano la sentenza impugnata in realtà più che sotto il profilo dell'errore di diritto sotto quello della motivazione laddove i giudici dell'appello hanno ritenuto simulato il contratto ed assolto l'onere probatorio al riguardo da parte del G. . La censura, che si esamina unitamente a quelle proposte dalle ricorrenti incidentali, va disattesa. È, infatti, sufficiente la serena lettura della motivazione della sentenza impugnata per rendersi conto che nessuno dei vizi denunciati è rinvenibile. Infatti, il giudice dell'appello dalla documentazione versata in atti ha ritenuto a sussistente la simulazione, anche in riferimento al fatto che i c.d. lavori di ristrutturazione richiesti dal conduttore e di cui parlava il contratto in effetti non erano stati realizzati, come risultato dalla CTU b che non si potesse parlare di foresteria stante la identità tra conduttore e utilizzatore dell'immobile v. per quanto valga Cass. numero 11952/92, in motivazione c che la prova di un contratto ad uso abitativo era stata data, inoltre, dalle deposizioni testimoniali e dalla circostanza che le ricevute di pagamento erano intestate al G. come persona e non già alla ditta. Di qui il giudice dell'appello ha correttamente concluso che il conduttore avesse assolto all'onere probatorio, che certamente gli incombeva Cass. numero 8585/02 . Peraltro, nel suo contenuto la censura richiama documenti pone in rilievo che sia stato omesso l'esame della corrispondenza intercorsa tra la locatrice e il conduttore evidenzia la irrilevanza delle deposizioni assunte dal giudice del merito a conforto del suo convincimento. In altri termini, la doglianza impinge in valutazioni di merito che sono di esclusiva competenza del giudice del merito, la cui motivazione è appagante sotto ogni profilo, perché ha consentito di accertare che non vi era stato alcun mutamento nella concreta, ossia quella voluta dalle parti, destinazione d'uso da parte del conduttore Cass. numero 11952/92 , ma solo un vero e proprio contratto simulato, mentre a fronte della motivazione rinvenibile nella sentenza impugnata si prospetta da parte delle ricorrenti tutte solo una diversa valutazione e scelta del materiale probatorio. Pertanto, le censure formulate dalla ricorrente principale e dalle ricorrenti incidentali vanno respinte. Conclusivamente, i ricorsi vanno respinti, ma sussistono giusti motivi, data la peculiarità della questione, per compensare integralmente tra le parti le spese del presente giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte, riuniti i ricorsi, li rigetta e compensa integralmente tra le parti le spese del presente giudizio di cassazione.