Valore del bene e prezzo di vendita sproporzionati? Non sempre è elusione

di Elisa Ceccarelli

di Elisa Ceccarelli *Il reato di trasferimento fraudolento di valori previsto dall'articolo 12 quinquies del D.L. 8 giugno 1992, numero 356 può giustificare la misura cautelare del sequestro quando il controllo sul fumus commissi delicti faccia emergere la sussistenza dei presupposti che giustificano la misura tenendo conto sia delle prospettazioni del P.M. sia delle indagini difensive riguardanti l'ipotesi di reato dedotta. Questi elementi, stante l'obbligo di motivazione, devono risultare dalla motivazione del provvedimento dispositivo del sequestro delle cose qualificate come corpo del reato, essendo evidente che la rappresentazione argomentativa delle finalità probatorie del sequestro di un corpo di reato presupponga la necessità che sia ragionevolmente ipotizzabile il reato al quale quel corpo si riferisca.Il caso. Una srl si associa insieme ad altre due società per partecipare ad un appalto. Il raggruppamento di imprese si aggiudica così i lavori di riqualificazione funzionale delle banchine del porto di Siracusa.In seguito a sospetti inerenti ad infiltrazioni mafiose nella società, la DDA competente ritiene che la partecipazione alla compagine societaria possa sottendere alle finalità elusive di cui all'articolo 12 quinquies del D.L. 8 giugno 1992, numero 306 che prevede che Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque attribuisce fittiziamente ad altri la titolarità o disponibilità di denaro, beni o altre utilità al fine di escludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniali o di contrabbando, ovvero di agevolare la commissione di uno dei delitti di cui agli articoli 648, 648- bis e 648- ter c.p., è punito con la reclusione da due a sei anni .I dubbi sulla fraudolenza dell'atto. Il procedimento de quo viene però archiviato poiché i risultati delle indagini non avevano concretizzato i sospetti sulle finalità elusive della partecipazione societaria.La srl sul presupposto della mancanza di convenienza alla prosecuzione dell'accordo decide di vendere il ramo d'azienda il quale viene però acquisito da una delle imprese già facenti parte dell'accordo. Il prezzo della cessione viene valutato dagli inquirenti del tutto inadeguato e pertanto ritengono che l'operazione potesse configurare un'ipotesi sanzionata dall'articolo 12 quinquies. Per l'effetto il PM decide di disporre il sequestro probatorio delle scritture contabili della società acquirente.Il ricorso per Cassazione presentato verte, tra gli altri motivi, proprio sulla contestazione dell'intento fraudolento dell'atto.I requisiti di legittimità del sequestro il fumus commissi delicti. La Corte di Cassazione nella sentenza numero 24589 depositata il 20 giugno 2011 decide per l'annullamento del provvedimento impugnato.In primo luogo, per la Suprema Corte il controllo sull'esistenza dell'apparente esistenza del reato deve riguardare la sussistenza dei presupposti che giustificano il sequestro tenendo conto sia delle prospettazioni del P.M. sia delle indagini difensive riguardanti l'ipotesi di reato dedotta. Questi elementi, stante l'obbligo di motivazione, devono risultare dalla motivazione del provvedimento dispositivo del sequestro delle cose qualificate come corpo del reato, essendo evidente che la rappresentazione argomentativa delle finalità probatorie del sequestro di un corpo di reato presupponga di necessità che sia ragionevolmente ipotizzabile il reato al quale quel corpo si riferisca .Il punctum dolens del decreto di sequestro c'è infiltrazione mafiosa? Alla luce di quanto sin qui esposto, l'analisi del giudice del riesame, per la Cassazione, è da considerarsi insufficiente. In particolare non chiarisce il nesso di dipendenza necessaria tra l' atto giuridico e l'elusione rilevante ai fini della norma citata.La debolezza del provvedimento deve concludersi soprattutto alla luce di quanto si era verificato in precedenza e cioè i dubbi originari sull'infiltrazione mafiosa nel sodalizio partecipante all'appalto. Proprio sulla base di questa prima archiviazione, il successivo provvedimento dispositivo del sequestro delle scritture contabili avrebbe dovuto far emergere ancor con più chiarezza le esigenze cautelari del caso.La Cassazione giunge sino ad interrogarsi sul come le finalità elusive, escluse in un primo momento, possano essere riemerse successivamente e sull'inidoneità del riferimento alla congruità o meno del prezzo di acquisto.Per la S.C. non è possibile ricondurre a sospettosa operazione a fini penalistici ogni caso di conclamata sproporzione, in ambito civilistico del rapporto sinallagmatico .È altresì errato anche il riferimento al valore complessivo della commessa dovendo piuttosto stimarsi il ramo d'azienda in sé, con riferimento al valore delle sue componenti strutturali ed al valore economico intrinseco anche in rapporto alla proiezione di redditività legata all'ipotesi del mantenimento nel programma di esecuzione dell'opera pubblica appaltata .Da ultimo, per la Corte di legittimità, non sono state considerate correttamente le doglianze difensive inerenti la destinazione del prezzo pattuito ai creditori sociali stante la situazione di sofferenza patrimoniale e finanziaria della società che ne avrebbe determinato il fallimento.* Dottoranda di ricerca in diritto dell'economia nell'Università di Pisa

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 18 aprile - 20 giugno 2011, numero 24589Presidente Calabrese - Relatore BrunoOsserva1. - Con decreto del 22.11.2010, il PM presso il Tribunale di Siracusa disponeva il sequestro probatorio delle scritture contabili relative alla cessione di un ramo di azienda nell'ambito di un procedimento per il reato di cui all'articolo 12 quinques della l. numero 356/1992.Pronunciando sulla richiesta di riesame proposta dall'interessato, il Tribunale di Siracusa, in funzione di giudice del riesame, rigettava l'istanza, confermando l'impugnato decreto.Avverso l'anzidetta pronuncia il difensore del M. ha proposto ricorso per cassazione, affidato alle ragioni di censura di seguito indicate.2. - Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell'articolo 606 lett. b ed e in relazione all'articolo 51 comma 3 bis c.p.p., sul rilievo che la competenza ad adottare il provvedimento cautelare sarebbe spettata al PM di Catania, DDA, per ragioni di competenza funzionale.Il secondo motivo deduce identico vizio di legittimità in relazione all'articolo 414 c.p.p., sul riflesso che il decreto in esame era stato adottato sulla base di indagini eseguite dal PM dopo l'archiviazione di un procedimento a carico di D.B. per il reato di cui all'articolo 12 quinquies senza il necessario decreto di riapertura delle indagini. Il terzo motivo deduce identico vizio di legittimità in relazione all'articolo 309 c.p.p. per inosservanza del termine prescritto dalla stessa norma per la trasmissione degli atti. Il quarto motivo deduce identico vizio di legittimità con riferimento all'articolo 12 quinquies ed articolo 1322 e 2560 c.c. e per contraddittorietà od illogicità di motivazione, con riferimento ad un comune - e del tutto lecito - negozio di cessione di ramo di azienda, peraltro per un prezzo congnio ed effettivamente corrisposto.3. - Ovvie ragioni di ordine logico-giuridico inducono ad esaminare in primis le questioni che attengono a pregiudiziali profili di rito.Al riguardo, va subito colta la palese infondatezza della censura che sostanzia il terzo motivo, relativa alla mancata declaratoria di inefficacia della misura cautelare, a cagione dell'asserita, omessa, trasmissione degli atti al tribunale del riesame nel termine prescritto dall'articolo 309, comma 5. È sufficiente, sul punto, il richiamo ad indiscusso insegnamento di questa Corte regolatrice nella sua più autorevole espressione, secondo cui la perdita di efficacia della misura cautelare reale non ha luogo in caso di mancata trasmissione degli atti al tribunale del riesame, da parte dell'autorità procedente, entro il quinto giorno dall'istanza, non essendo richiamato, nell'articolo 324, comma 1 c.p.p., il comma quinto del precedente articolo 309, che prevede il predetto effetto caducatorio per le misure cautelari personali cfr. Cass. Sez. Unumero numero 25932 del 29.5.2008, rv. 239698 cfr. pure, S.U., 29 maggio 2008 numero 25933, Malgioglio, non massimata sul punto .Con riferimento alla seconda doglianza, relativa all'eccepita violazione dell'articolo 414 c.p.p., sul rilievo che il decreto in esame era stato adottato sulla base di indagini eseguite dal PM di Siracusa dopo l'archiviazione di un procedimento a carico di D.B. per identico reato di cui all'articolo 12 quinquies senza il necessario decreto di riapertura delle indagini, si rende opportuna, per una compiuta intelligenza della stessa censura, una sintetica puntualizzazione dei termini della vicenda sostanziale.- La s.r.l. DAMEN si era aggregata, in associazione temporanea d'imprese ATI , ad altre due società, la COEDMAR srl e la SICS s.r.l., per partecipare all'appalto per l'aggiudicazione dei lavori di riqualificazione funzionale delle banchine del porto grande di Siracusa. Costituitosi per legge in società consortile Porto Grande soc.cons. a.r.l. , il raggruppamento di imprese aveva vinto la gara di appalto, aggiudicandosi le opere pubbliche.- A seguito di segnalazioni della p.g., che adombravano infiltrazioni mafiose, a cagione della presenza nella compagine societaria della DAMEN di familiari di D.B., condannato con sentenza definitiva per il reato di cui all'articolo 416 bis c.p., poi divenuto collaboratore di giustizia, la DDA di Catania alla quale il PM di Siracusa aveva trasmesso gli atti per competenza aveva ritenuto che alla relativa partecipazione potesse essere sottesa la finalità elusiva di cui all'articolo 12 quinquies l. numero 356/1992, integrando, con la correlata quota di partecipazione alla società consortile, un'ipotesi di interposizione fittizia, volta a consentire l'elusione delle disposizioni in tema di misure di prevenzione patrimoniali. Il relativo procedimento recante il nr. 6022/09 R.G.N.R. a carico di D.B. + 6 era stato però archiviato dal GIP del Tribunale di Catania, su conforme richiesta dello stesso PM, sul rilievo che la documentazione in atti e le risultanze investigative consentissero di escludere 1 esistenza di intestazioni fittizie e, comunque, consentissero di escludere che le partecipazioni societarie in esame fossero finalizzate allo scopo elusivo anzidetto.- Nel frattempo, la DAMEN, non ritenendo più conveniente, per varie ragioni congiunturali, la sua partecipazione all'esecuzione dell'opera pubblica, aveva deciso di vendere il ramo di azienda ad altra società, migliore offerente. A quel punto, la SICS srl, anche per evitare l'ingresso in consorzio di soggetto non conosciuto, aveva deciso di acquisire essa stessa il ramo di azienda della consociata, perfezionando l'acquisto con formale atto di vendita del 30.10.2009.- Anche sul presupposto che il corrispettivo della cessione fosse del tutto inadeguato rispetto al valore globale della commessa Euro 150.000 rispetto ad oltre 31 milioni di Euro , gli inquirenti avevano ritenuto che tale fatto, non considerato nelle precedenti indagini, fosse a sua volta configurabile come atto di interposizione rilevante ai fini dell'articolo 12 quinquies l. numero 356/1992 e, all'uopo, il PM di Siracusa aveva avviato un distinto procedimento per tale ipotesi di reato, nell'ambito del quale aveva anche disposto il sequestro probatorio delle scritture contabili della SICS, di cui oggi si discute.Questi i termini della vicenda sostanziale e processuale, risulta davvero ineccepibile l'assunto del giudice del riesame, secondo cui l'anzidetta cessione fosse ipoteticamente configurabile come nuovo fatto di reato consumatosi in data successiva al decreto di archiviazione , che avrebbe dovuto essere valutato del tutto autonomamente rispetto a quello oggetto di archiviazione, di guisa che non era necessario, secondo la stessa ricostruzione offerta dal giudice del riesame, ai fini della riapertura delle indagini, un apposito decreto autorizzatorio del giudice ai sensi dell'articolo 414 del codice di rito.Restano da esaminare gli ultimi due motivi di ricorso, il primo riguardante la pretesa violazione dell'articolo 51 comma 3 bis c.p.p., sul rilievo che il PM che aveva disposto il sequestro probatorio non era competente, trattandosi di reato rientrante nella sfera di competenza della DDA di Catania ed il quarto, afferente alla contestata ipotizzabilità del reato di trasferimento fraudolento di valori di cui al citato articolo 12 quinquies l. numero 356/1992 con riguardo all'atto negoziale in esame, concernente, per quanto si è detto, la cessione del ramo di azienda.Pur se il carattere processuale della prima censura ne reclamerebbe l'esame prioritario è indubbio che l'inscindibile legame che avvince le due questioni consente di derogare a tale elementare regola metodologica, essendo evidente che, in tanto può ipotizzarsi l'incompetenza del PM procedente, in quanto sia dato ritenere che il fatto contestato sia realmente riconducibile al paradigma dell'articolo 12 quinquies, la cui astratta configurabilità varrebbe, così, a radicare la competenza funzionale del PM catanese, a mente della richiamata disposizione processuale, impregiudicata l'ulteriore questione del riflesso dell'eventuale - e consequenziale - incompetenza del PM sul versante della legittimità od efficacia del provvedimento di sequestro probatorio adottato.In proposito è pacifico, per indiscusso insegnamento di questa Corte regolatrice, che in sede di riesame del sequestro probatorio, il tribunale è chiamato a verificare l'astratta sussistenza del reato ipotizzato, valutando quindi il fumus commissi delicti sotto il profilo della congruità degli elementi rappresentati, che non possono essere censurati in punto di fatto per apprezzarne la coincidenza con le reali risultanze processuali, ma che vanno valutati così come esposti, al fine di verificare se essi consentono di sussumere l'ipotesi formulata in quella tipica cfh, tra le altre, Cass. sez. 3, numero 33873 del 7.4.2006, rv. 234782 cfr., pure id. sez. 2, 27.9.2004, numero 44399, rv. 229899, secondo cui in sede di riesame del sequestro probatorio, il controllo circa l'esistenza del fumus commissi delicti deve riguardare la sussistenza dei presupposti che giustificano il sequestro, tenendo conto sia delle prospettazioni del P.M., che delle contestazioni difensive riguardanti l'ipotesi di reato dedotta . La necessità di una siffatta verifica è, del resto, postulata dallo specifico obbligo dello stesso giudice del riesame di motivare in ordine alla sussistenza della concreta finalità probatoria perseguita in funzione dell'accertamento dei fatti , del decreto di sequestro di cose qualificate come corpo di reato cfr. Sez. Unumero numero 5876 del 28.1.2004, rv 226713 , essendo sin troppo evidente che la rappresentazione argomentativa delle finalità probatorie del sequestro di un corpo di reato presupponga, di necessità, che sia ragionevolmente ipotizzabile il reato al quale quel corpo si riferisca.Orbene, sul punto della verifica anzidetta, l'esame del giudice del riesame appare del tutto insufficiente e, comunque, inidoneo a dare contezza delle ragioni per le quali un atto dispositivo, all'apparenza lecito, quale la cessione di un ramo di azienda, possa fondatamente ritenersi strumento di mera apparenza giuridica capace di dissimulare non già una finalità illecita quale che sia, ma quella specifica dell'elusione della normativa in tema di misure di prevenzione patrimoniali.La patente illogicità delle sintetiche spiegazioni offerte dal giudice del riesame balza ancor più evidente alla stregua della stessa situazione di fatto recepita nel provvedimento impugnato, in rapporto a quanto si era in precedenza verificato. Ed infatti, nell'ambito di distinto procedimento gli inquirenti avevano escluso che alla partecipazione di familiari del D. alla DAMEN fossero sottese finalità elusive delle norme in tema di prevenzione, tanto da avanzare richiesta di archiviazione, puntualmente accolta dal GIP catanese. Di talché, non è affatto chiaro in che modo quelle finalità elusive, dapprima escluse sia pure con provvedimento istituzionalmente inidoneo alla definitività possano essere riemerse in un atto dispositivo della stessa cedente rispetto alla quale era stata già positivamente collaudata la mancanza di infiltrazioni mafiose in favore di società cessionaria, facente parte dello stesso raggruppamento di imprese, e quali ragioni inducano ragionevolmente ad ipotizzare che il M., amministratore della cessionaria, possa essere d'un tratto divenuto terzo partecipe del meccanismo elusivo della fittizia attribuzione, facendosi destinatario consapevole di istanze ed interessi mafiosi.In un'astratta prospettiva di accusa non pare possa essere significativo il riferimento alla pretesa incongruità del corrispettivo di vendita, stante il carattere neutro di siffatta evenienza diversamente andrebbero guardate con sospetto - in logica penalistica - tutti i casi di conclamata sproporzione, in ambito civilistico, nel rapporto sinallagmatico, tale da legittimare l'esercizio dell'azione di rescissione di cui all'articolo 1448 c.c. o tutte le altre situazioni giuridiche in cui rileva una lesione di interessi giuridicamente apprezzabile . Non è neppure corretto valutare la pretesa incongruenza in rapporto al valore complessivo della commessa che, peraltro, sarebbe stato indicato in misura doppia rispetto al reale corrispettivo dell'appalto , dovendo piuttosto stimarsi il ramo di azienda in sé, con riferimento al valore delle sue componenti strutturali ed al valore economico intrinseco anche in rapporto alla proiezione di redditività legata all'ipotesi del mantenimento nel programma di esecuzione dell'opera pubblica appaltata, ovviamente per la parte dei lavori ad essa spettante. Né risultano esaminate le obiezioni difensive relative all'effettiva erogazione del prezzo pattuito ed alla sua destinazione non già ai soci della società cedente, mai ai creditori sociali, stante la sofferenza patrimoniale e finanziaria della stessa società che ne avrebbe determinato il fallimento.4. - Le rilevate insufficienze ed manifeste illogicità inficiano il tessuto motivazionale del provvedimento impugnato, comportandone annullamento, che va, dunque, dichiarato nei termini di cui in dispositivo, affinché il competente giudice di rinvio proceda a nuovo esame della vicenda, tenendo conto dei rilievi difensivi ed anche della documentazione quest'oggi depositata dalla difesa.P.Q.M.Annulla l'impugnato provvedimento con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Siracusa.