Dipendente trasferito al Nord: esigenze produttive, secondo l’azienda. Ma la realtà è diversa...

Confermata l’illegittimità del provvedimento adottato da un’impresa del settore farmaceutico. Alla base della decisione formali ragioni produttive, ma, scavando, emergono le vere motivazioni secondo i giudici, il trasferimento ha natura disciplinare, e doveva essere adottato con la relativa procedura.

‘Sostanza’ batte ‘forma’. Ciò significa che le ragioni effettive – e non quelle apparenti, e ufficiali – del trasferimento del dipendente debbono essere valutate, prima di decidere sulla legittimità del provvedimento adottato dall’azienda. Cassazione, sentenza n. 22067/2013, Sezione Lavoro, depositata oggi Profondo Nord. A scatenare la bagarre giudiziaria è la decisione di un’azienda – che opera nel settore dell’industria chimica e farmaceutica – di riposizionare un proprio dipendente – inserito in organico in qualità di informatore farmaceutico – all’interno della propria ‘scacchiera’. Più precisamente, a risultare indigesto, per il lavoratore, è il passaggio, obbligato, dalla Campania alla Lombardia. Di fronte alle rimostranze del proprio dipendente, però, l’azienda, come da lettera ufficiale, difende la propria scelta, richiamando ragioni tecniche, organizzative e produttive . Ma tale motivazione, secondo i giudici – sia in Tribunale che in Corte d’Appello –, non regge assolutamente perché, viene sancito, il trasferimento aveva natura ontologicamente disciplinare ma non era stato adottato con le forme della procedura disciplinare . Quadro chiaro, quindi, che conduce i giudici a dichiarare illegittimo il trasferimento . In concreto. Decisione, quella dei giudici di merito, duramente contestata dall’azienda, che, proprio per questo, sceglie la strada del ricorso in Cassazione, ribadendo, in sostanza, di avere motivato il trasferimento con l’esigenza del posto ‘ad quem’ , come certificato nella lettera consegnata nelle mani del dipendente. Perché, domandano i legali dell’azienda, questa fondamentale motivazione è stata trascurata? A rispondere, ovviamente, provvedono i giudici della Cassazione, chiarendo che non sono state ‘privilegiate’ alcune ragioni, mettendone da parte altre. Più semplicemente, invece, è stata effettuata una ampia valutazione in merito alla corrispondenza della motivazione adottata nel provvedimento aziendale alla situazione accertata in concreto ebbene, tale valutazione ha portato a individuare il fondamento reale ed effettivo della disposizione aziendale , avente, ribadiscono i giudici anche in Cassazione, natura ontologicamente disciplinare . E da considerare illegittimo , viene ribadito, perché non adottato con le forme della procedura disciplinare .

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 5 giugno – 26 settembre 2013, n. 22067 Presidente Lamorgese – Relatore Curzio Ragioni della decisione La Recordati - Industria chimica e farmaceutica spa chiede l'annullamento della sentenza della Corte d'appello di Napoli, pubblicata il 7 febbraio 2008, che ha rigettato l'appello contro la decisione con la quale il Tribunale di Benevento aveva accolto la domanda dell'informatore farmaceutico V.M. e dichiarato illegittimo il suo trasferimento a Milano disposto il 27 novembre 2000. Secondo il giudizio convergente dei giudici di merito, quel trasferimento aveva natura ontologicamente disciplinare e non era stato adottato con le forme della procedura disciplinare. Il ricorso per cassazione consta di un unico motivo. Il M. si è difeso con controricorso. L'unico motivo di ricorso è così rubricato omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, violazione e/o falsa applicazione dell'art. 2103 c.c. . A conclusione, della parte concernente il vizio di motivazione viene formulato quello che viene definito quesito motivazionale , in questi termini La sentenza ha ritenuto che la motivazione soggettiva del trasferimento fosse prevalente su quella oggettiva e che comunque le due ragioni fossero inscindibili tuttavia la sentenza citata non ha considerato che, al contrario, il provvedimento aziendale aveva attribuito alle due ragioni un nesso di reciproca indipendenza, e le aveva poste su di un piano paritetico tutto ciò con le espressioni ‘comunque e indipendentemente' e ‘sia sia’”. La censura è inammissibile perché si colloca fuori dall'ambito dell'art. 360, n. 5, c.p.c. che concerne il vizio della motivazione relativa all'accertamento di un fatto, controverso e decisivo. Secondo il consolidato orientamento di questa Corte Il motivo di ricorso con cui - ai sensi dell'art. 360, n, 5, c.p.c. così come modificato dall'art. 2 del d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 - si denuncia omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, deve specificamente indicare il fatto controverso o decisivo in relazione al quale la motivazione si assume carente, dovendosi intendere per fatto non una questione o un punto della sentenza, ma un fatto vero e proprio e, quindi, un fatto principale, ex art. 2697 c.c., cioè un fatto costitutivo, modificativo, impeditivo o estintivo od anche un fatto secondario cioè un fatto dedotto in funzione di prova di un fatto principale , purché controverso e decisivo, Cass., ord., 5 febbraio 2011, n. 2805 ma cfr., anche, Cass. 29 luglio 2011, n. 16655 . Inoltre nel motivo non si specifica quale dei tre tipi di vizio omissione, insufficienza o contraddittorietà ricorrerebbe e perché ricorrerebbe quale sarebbe l'omissione di motivazione, in che punto sarebbe insufficiente, perché e sotto quale profilo sarebbe contraddittoria . E' evidente, che dietro lo schermo del vizio di motivazione, si chiede alla Corte di cassazione di esprimere non un giudizio di legittimità, bensì un giudizio di merito. Con la seconda censura si denunzia violazione dell'art. 2103 c.c. concludendo con il seguente quesito laddove il datore di lavoro abbia motivato il trasferimento con l'esigenza del posto `ad quem' così come ha fatto nella specie la Ricordati con lettera del 27 novembre 2000 , viola l'art. 2013 c.c. il giudice di merito che, come ha fatto nella specie la Corte d'appello di Napoli, ritenga di non considerare tali ragioni solo per la concomitante sussistenza di altre motivazioni di altro genere, laddove le stesse non abbiano la consistenza del motivo illecito ex art. 1348 c.c. . La censura opera una lettura della sentenza che ne distorce il contenuto, poiché la Corte non si è affatto limitata a sostenere che alcune ragioni non andavano considerate per la concomitante sussistenza di altre ragioni, ma ha operato una ben più ampia valutazione della corrispondenza della motivazione adottata nel provvedimento aziendale alla situazione accertata con l'istruttoria ed indicativa del fondamento reale ed effettivo della disposizione aziendale. Vi è poi una parte ulteriore del ricorso pag. 35 ss , priva di riferimenti a specifici motivi di impugnazione ex art. 360 c.p.c. che riesamina tutto il quadro probatorio, documentale e testimoniale, proponendo una serie di valutazioni dello stesso difformi rispetto a quelle operate dalla Corte d'appello. E' una parte che esula del tutto dall'ambito del giudizio di legittimità. Il ricorso deve essere pertanto rigettato. Le spese del giudizio di legittimità devono essere poste a carico della parte che perde il giudizio e vengono liquidate secondo i parametri previsti dal D.M. Giustizia, 20 luglio 2012, n. 140 cfr. Cass. Sez. un. 17405 e 17406 del 2012 . P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in 3.000,00 euro per compensi professionali, 50,00 euro per esborsi, oltre accessori di legge.