La revisione è possibile … ma occhio a non farla fuori tempo

Trascorsi dieci anni dalla costituzione della rendita per inabilità essa non può più essere modificata, costituendo l’esclusivo periodo di osservazione entro il quale si può tenere conto dei mutamenti dello stato di inabilità del soggetto assicurato, determinandosi dopo il suo decorso una presunzione legale assoluta di immodificabilità dei postumi del fatto lesivo.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione nella sentenza n. 21082, depositata il 16 settembre 2013. Mutamento delle condizioni dell’attitudine lavorativa. Un lavoratore, caduto da un’altezza di cinque metri a causa del cedimento del tavolato dell’impalcatura su cui lavorava, procurandosi un trauma cranico, aveva, per ciò, percepito dall’Inail, la rendita pari all’11% di inabilità permanente. Questa era stata revocata - e poi ripristinata una prima volta, per poi essere nuovamente soppressa -a seguito di una visita di revisione per intervenuto miglioramento. Infatti, in seguito a nuovo giudizio, erano stati accertati postumi permanenti pari solo al 5%. Contro tale decisione, l’assicurato ha denunciato violazione dell’art. 83 D.P.R. n. 1124/65. Per la Suprema Corte la doglianza è fondata. Innanzitutto, gli Ermellini hanno spiegato che in materia di rendita per inabilità conseguente a infortunio o malattia professionale, l’Inail può procedere a una modificazione, totale o parziale della prestazione, con la rettifica o la revisione. Decorso del termine decennale. Per Piazza Cavour, nella specie, trattasi pacificamente di revisione e non di rettifica. A riguardo, l’art. 83 D.P.R. n. 1124/65 stabilisce che trascorso il quarto anno dalla data di costituzione della rendita, la revisione può essere richiesta o disposta solo due volte la prima alla fine di un triennio e la seconda alla fine del successivo triennio. Ne consegue che trascorsi dieci anni dalla costituzione della rendita essa non può più essere modificata. Il S.C. ha rilevato che, nel caso in esame, la rendita era stata costituita nel 1980, sicché la revisione del 1992 non poteva avere luogo. Per questo motivo, la sentenza impugnata è stata cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti, è stato dichiarato il diritto del ricorrente alla rendita per infortunio sul lavoro pari all’11% di inabilità lavorativa, con condanna dell’Inail al pagamento della relativa prestazione.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 18 luglio - 16 settembre 2013, n. 21082 Presidente Canevari Relatore Balestrier Svolgimento del processo Con ricorso al Pretore di Velletri, S B. deduceva di essere caduto, il 17 settembre 1980, da un'altezza di cinque metri a causa del cedimento del tavolato dell'impalcatura su cui lavorava per la società TRAINI sud s.p.a., procurandosi trauma cranico con ferite lacero contuse. Di avere per ciò percepito dall’INAIL la prevista rendita nella misura dell'11%. Che l'Istituto, in sede di revisione dell'8 luglio 1992, la revocava. Contestava la revoca e chiedeva il ripristino della rendita. Il Pretore con sentenza n. 470/95 accoglieva la domanda, condannando l'INAIL a ripristinare la rendita ab origine . A seguito di successiva visita di revisione, del 17 ottobre 1997, l'INAIL sopprimeva la rendita per intervenuto miglioramento. Il B. proponeva nuovo ricorso dinanzi al Tribunale di Velletri, evidenziando che i postumi permanenti causati dall'infortunio del 1980 non erano più soggetti, ex art. 83 t.u. n. 1124/65, a revisione, stante il decorso del termine decennale ivi previsto. Il Tribunale con sentenza n. 132/02 accoglieva la domanda, condannando l'INAIL a ricostituire, dalla data della soppressione, la rendita pari all'11% di inabilità permanente. L'Istituto proponeva appello resisteva l'assicurato. Con sentenza depositata il 28 agosto 2007, la Corte d'appello di Roma, disposta c.t.u. medico legale, accoglieva il gravame, evidenziando che l'ausiliare aveva accertato postumi permanenti pari solo al 5%, e rigettava la domanda del B. , che qui propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi. Resiste l’INAIL con controricorso. Motivi della decisione 1. - Con i due motivi l'assicurato denuncia omessa ed insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia, oltre alla violazione e falsa applicazione dell'art. 83 d.P.R. n. 1124/65 ex art. 360, comma 1, nn. 5 e 3 c.p.c. . Lamenta che il giudice di appello, nominando un c.t.u. ed attenendosi alle conclusioni di questi, aveva violato il citato art. 83. Lamenta poi l'omesso esame del giudicato esterno costituito dalla sentenza del Pretore di Velletri n. 470/95. 2. I motivi, che per la loro connessione possono congiuntamente esaminarsi, sono fondati. Deve infatti evidenziarsi, a prescindere da ogni altra considerazione, che in materia di rendita per inabilità conseguente a infortunio o malattia professionale, l’INAIL può procedere ad una modificazione, totale o parziale della prestazione, per quanto qui interessa, con la rettifica o con la revisione. La prima si differenzia dalla seconda per la sua causa errore dell'Istituto e non miglioramento dell'attitudine lavorativa , nonché per la disciplina relativa ai criteri, metodi e strumenti del suo accertamento ed alla decorrenza del termine in cui l'Istituto può esercitare la facoltà. La relativa qualificazione non è determinata dal nomen iuris imposto dal provvedimento amministrativo, né dal risultato dell'accertamento emerso dal giudizio su di esso, ma deve essere preminentemente fondata sull'effettiva volontà che sorregge l'atto, distinguendo se sia finalizzato a correggere l'iniziale riconoscimento per emendarlo dall'errore da cui era affetto, ovvero di adeguarlo all'intervenuto mutamento delle condizioni dell'attitudine lavorativa ex aliis, Cass. 7 aprile 2004 n. 6831 . Nella specie trattasi pacificamente di revisione e non di rettifica disciplinata dal primo periodo dell'art. 53, comma 5 della legge n. 88 del 1989, e quindi dall'art. 9 d.lgs. n. 38 del 2000 . L'art. 83 d.P.R. n. 1124/65, stabilisce che trascorso il quarto anno dalla data di costituzione della rendita, la revisione può essere richiesta o disposta solo due volte, la prima alla fine di un triennio e la seconda alla fine del successivo triennio. Ne consegue che trascorsi dieci anni dalla costituzione della rendita essa non può più essere modificata, costituendo l'esclusivo periodo di osservazione entro il quale si può tenere conto dei mutamenti dello stato di inabilità del soggetto assicurato, determinandosi dopo il suo decorso una presunzione legale assoluta di immodificabilità dei postumi del fatto lesivo cfr. da ultimo, Cass. 17 febbraio 2011 n. 3870 Cass. n. 19589 del 2010 . Questa Corte ha al riguardo notato che è ammissibile la revisione oltre il decennio cfr. Cass. sez. un. 23 gennaio 2004 n. 1238 e 13 dicembre 2005 n. 27425 Cass. n. 20009 del 2010 Cass. n. 19589 del 2010 alla sola condizione che la parte interessata provi che la variazione in meglio od in peggio si sia verificata entro il decennio, e purché l'Istituto, entro un anno dalla data di scadenza del decennio dalla costituzione della rendita, comunichi all'interessato l'inizio del relativo procedimento Cass. 17 febbraio 2011 n. 3870 , circostanza di cui non vi è alcuna allegazione nella specie. Deve poi considerarsi, secondo una lettura costituzionalmente orientata della disciplina in materia cfr. Corte Cost. n. 191 del 2005 , che, ai fini della decorrenza del termine, il dies a quo è costituito dalla data di maturazione del diritto alla prestazione, e non già da quella del provvedimento di liquidazione o di inizio della materiale corresponsione della rendita, posto che la data di costituzione della prestazione non è l'atto formale che costituisce il diritto, che ha natura meramente dichiarativa e ricognitiva Cass. sez. un. 29 novembre 1968 n. 6479 Cass. 15 giugno 1991 n. 6785 Cass. 26 maggio 1994 n. 5138 Cass. 29 agosto 1997 n. 8202 Cass. n. 27425/05 , ma coincide con la data in cui diritto stesso decorre Cass. 13 dicembre 2005 n. 27425 Cass. 14 agosto 2004 n. 15872 Cass. n. 6831/04 . Nella specie risulta per tabulas che l'infortunio de quo avvenne il 17 settembre 1980 e che la rendita, come incontestatamente dedotto dal ricorrente, venne costituita nell'ottobre 1980, sicché la revisione dell'8 luglio 1992 non poteva aver luogo. La sentenza impugnata deve dunque cassarsi, e, non essendo necessari ulteriori accertamenti, va dichiarato il diritto del B. alla rendita per infortunio sul lavoro pari all'11% di inabilità lavorativa, con condanna dell’INAIL al pagamento della relativa prestazione, con gli interessi legali e la rivalutazione monetaria sui ratei scaduti, regolando il cumulo degli accessori, a partire dal 1 gennaio 1992 ex plurimis, Cass. n. 11771/03 , ex art. 16, sesto comma, L. n. 412/91. La complessità della vicenda processuale e le alterne fasi del giudizio consigliano la compensazione delle spese inerenti l'intero giudizio di merito. Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e, liquidate come da dispositivo, debbono distrarsi in favore del difensore del ricorrente dichiaratosi antecipante. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, dichiara il diritto del B. alla rendita per l'infortunio sul lavoro del 17 settembre 1980 nella misura dell'11% di inabilità lavorativa, con gli interessi legali e la rivalutazione monetaria sui ratei scaduti, regolando il cumulo degli accessori, a partire dal 1 gennaio 1992, ex art. 16, sesto comma, L. n. 412/91. Compensa le spese dell'intero giudizio di merito. Condanna l’INAIL al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 50,00 per esborsi, Euro 4.000,00 per compensi, oltre accessori di legge, da distrarsi in favore dell'avv. Giovanni Angelozzi.