Come ogni giovedì, Diritto e Giustizia pubblica lo Speciale sul Processo Civile Telematico. A finire sotto la lente di ingrandimento dell’avv. Mazza, questa volta, è un altro strumento di cui possono avvalersi gli “utenti” il documento informatico.
La posta elettronica certificata, pur rivestendo un ruolo fondamentale per depositi di atti, comunicazioni e notifiche, non è l’unico strumento informatico di cui si avvalgono gli “utenti” del processo civile telematico. Altrettanto indispensabili sono la firma digitale e il documento informatico gli atti e i provvedimenti del processo telematico sono, da un punto di vista tecnico, documenti informatici sottoscritti digitalmente. La firma digitale e il documento informatico sono disciplinati dal d.lgs. numero 82/2005, recante il “Codice dell’amministrazione digitale” CAD . Si tratta di un corpus sistematico di norme che racchiude le linee fondamentali e i principi generali sui quali si deve sviluppare la pubblica amministrazione digitale tali strumenti sono utilizzati, infatti, anche al di fuori dell’ambito strettamente processuale, sia nei rapporti fra privati, sia in quelli fra privati e pubblica amministrazione. Il CAD è il punto di arrivo Il Codice dell’amministrazione digitale rappresenta tuttavia il punto di arrivo di un lungo percorso intrapreso più di 15 anni fa con la l. numero 59/1997 c.d. legge Bassanini , che è opportuno ripercorrere per sommi capi. L’articolo 15, comma 2, della legge Bassanini, infatti, stabilisce, per la prima volta nel nostro ordinamento, il principio cardine della validità legale del documento informatico «Gli atti, dati e documenti formati dalla pubblica amministrazione e dai privati con strumenti informatici o telematici, i contratti stipulati nelle medesime forme, nonché la loro archiviazione e trasmissione con strumenti informatici, sono validi e rilevanti a tutti gli effetti di legge». Fino ad allora il nostro ordinamento riconosceva esclusivamente la possibilità di “predisporre” atti tramite sistemi informativi automatizzati. L’articolo 3, d.lgs. numero 39/1993, tuttora vigente, richiedeva in tal caso di indicare la fonte e il responsabile dell’operazione e, qualora fosse prevista per la validità dell’atto l’apposizione della firma autografa, di sostituirla con l’indicazione a stampa del nominativo del soggetto responsabile sul documento prodotto dal sistema automatizzato. La norma in questione si applicava tuttavia ai soli atti amministrativi e comunque prevedeva esplicitamente la necessità di una successiva stampa dell’atto così predisposto, almeno nei casi in cui era necessaria la sottoscrizione. Con la legge Bassanini viene, invece, attribuito valore giuridico direttamente al documento informatico inteso come “informazione primaria ed originale” articolo 18, d.p.r. numero 513/1997 . Cos’è un documento? Il legislatore non si è mai preoccupato di specificare che cosa si debba intendere per documento, lasciandone la definizione all’elaborazione dottrinale. Il d.p.r. numero 513/1997, che dà attuazione all’articolo 15, comma 2, della legge Bassanini, individuandone i criteri e le modalità di applicazione, ha invece esplicitamente definito il documento informatico come «la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti» articolo 1, lett. a . Il d.p.r. numero 513/1997 è stato abrogato ma la disposizione è rimasta inalterata nella normativa successiva articolo 1, comma 1, lett. b , d.p.r. numero 445/2000, recante il Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa ed è ora contenuta nell’articolo 1, comma 1, lett. p del Codice dell'amministrazione digitale. In tale operazione definitoria il legislatore si ispira, superandola, alla dottrina tradizionale, per la quale il documento è una “cosa” caratterizzata dalla capacità di far conoscere nel tempo determinate informazioni in essa contenute il documento giuridico, in particolare, è una «res rappresentativa di un fatto giuridicamente rilevante». Rispetto alla definizione tradizionale, quella di documento informatico contenuta nel CAD si differenzia sotto tre punti di vista segna la scomparsa del riferimento alla res, qualifica la rappresentazione come “informatica” ed infine amplia l’oggetto della rappresentazione, non limitato ai soli fatti ma esteso anche ad atti e dati giuridicamente rilevanti. Alla scelta definitoria effettuata dal legislatore sono state rivolte alcune critiche. Il documento non sarebbe propriamente una rappresentazione ma, più correttamente, il segno che provoca nel soggetto che lo percepisce la rappresentazione come direbbe Natalino Irti, «la rappresentazione non è nei segni, è in chi intende il significato dei segni». Nella definizione del d.lgs. numero 82/2005 viene invece a mancare il riferimento al supporto fisico in cui il documento è contenuto e anche per questo motivo il passaggio dall’uso di documenti cartacei a quello di documenti informatici viene generalmente indicato con il termine «dematerializzazione». In realtà l’intangibilità del documento informatico non va confusa con una pretesa immaterialità. Gli impulsi elettronici sono pur sempre una realtà materiale. Il supporto non è assente, ma può cambiare più facilmente il contenuto del documento passa da un dispositivo all’altro hard disk, memorie allo stato solido o ottiche con una semplicità non immaginabile per i documenti tradizionali, che rimangono invece ancorati al supporto che li contiene. Per altro verso la rappresentazione può avere ad oggetto non solo fatti giuridici, vale a dire qualsiasi avvenimento cui l’ordinamento ricollega conseguenze giuridiche, ma anche «atti o dati giuridicamente rilevanti» l’esplicita indicazione di ulteriori possibili contenuti del documento informatico è legata, nelle intenzioni del legislatore, alla capacità rappresentativa dei mezzi informatici, che si estende a qualsiasi manifestazione della realtà. In ogni caso la scelta di dare una definizione positiva del documento informatico appare quanto mai opportuna e consente di evitare pericolose oscillazioni terminologiche negli stessi testi di legge con l’uso indiscriminato e atecnico di espressioni quali «documento elettronico» o «documento digitale», che potrebbero porre in sede interpretativa ardue questioni classificatorie.