Legale cancellato dall’albo: a chi si notifica?

La cancellazione dall’albo comporta la decadenza dalla funzione di procuratore e di avvocato e cagiona la mancanza di legittimazione, in capo allo stesso, a compiere ed essere destinatario di atti processuali. La notificazione della sentenza di primo grado, per la decorrenza del termine di impugnazione di cui all’art. 285 c.p.c., posta in essere nei confronti del professionista cancellato dall’albo deve ritenersi giuridicamente inesistente, indipendentemente dal motivo della cancellazione, e non determina la decorrenza del termine breve per l’impugnazione.

E’ quanto affermato dalla Corte di Cassazione, con la sentenza n. 3906/2016, depositata il 29 febbraio. Il caso. Due coniugi convenivano in giudizio, in proprio ed in qualità di rappresentanti dei figli minori, un’Azienda per i Servizi Sanitari, per ottenerne la condanna al risarcimento dei danni patiti in conseguenza di una asserita inadeguatezza dell’assistenza ospedaliera, in occasione della nascita dei minori. Il Tribunale competente rigettava la domanda e la Corte d’Appello, adita dai soccombenti, rilevava la tardività dell’appello sottolineava che l’avvocato degli attori, pochi giorni dopo il deposito della comparsa conclusionale, si era volontariamente cancellato dall’albo e che tale circostanza non potesse essere considerata interruttiva del processo. I coniugi ricorrevano per cassazione, lamentando violazione degli artt. 286, 298 e 301 c.p.c. gli impugnanti, in particolare, evidenziavano come la cancellazione volontaria dell’avvocato fosse causa di interruzione del processo e come, pertanto, la sentenza ugualmente emessa fosse nulla, dovendosi ritenere che tale vizio travolgesse la notifica della sentenza effettuata alla parte personalmente. I coniugi, inoltre, rilevavano come, anche ove fosse intervenuta una cancellazione dell’avvocato dall’albo, la notifica degli atti del procedimento dovesse ugualmente essere effettuata presso il medesimo, sino alla revoca del mandato. Il venir meno dello ius postulandi. La Suprema Corte ha ribadito l’orientamento giurisprudenziale per cui la cancellazione dall’albo comporta la decadenza dalla funzione di procuratore e di avvocato e cagiona la mancanza di legittimazione, in capo allo stesso, a compiere ed essere destinatario di atti processuali. Gli Ermellini hanno, pertanto, sottolineato che la notificazione della sentenza di primo grado, per la decorrenza del termine di impugnazione di cui all’art. 285 c.p.c., posta in essere nei confronti del professionista cancellato dall’albo deve ritenersi giuridicamente inesistente, indipendentemente dal motivo della cancellazione, e non determina la decorrenza del termine breve per l’impugnazione. Da quanto sopra, ha precisato il Collegio, deriva che la notificazione del provvedimento deve essere posta in essere nei confronti della parte personalmente, anche agli effetti della decorrenza del predetto termine breve. Nel caso di specie, hanno argomentato i Giudici del Palazzaccio, la notifica del provvedimento di primo grado doveva, ai fini della decorrenza del termine breve, essere posta in essere nei confronti della parte personalmente stabilire se ci sia stata interruzione del processo, con nullità della sentenza, diventa irrilevante. Infatti, ha chiosato il Collegio, qualsiasi nullità del giudizio di primo grado deve essere fatta valere in appello, che però è stato proposto tardivamente. Un contrasto giurisprudenziale. Gli Ermellini, con riferimento al secondo motivo di gravame, hanno sottolineato che sulla questione esiste un contrasto giurisprudenziale. Un primo filone di pensiero, ritiene che la notificazione dell’atto di appello effettuata presso il difensore che si sia cancellato volontariamente dall’albo sia valida, in quanto il procuratore manterrebbe la capacità di ricevere atti del procedimento, ai sensi dell’art. 85 c.p.c Diversa è la tesi per cui la cancellazione dell’avvocato dall’albo determina la sua decadenza dall’ufficio e comporta la mancanza di legittimazione, in capo al medesimo, tanto a compiere quanto a ricevere atti del procedimento, con la conseguente necessità di notificare alla parte personalmente. Nel caso di specie, hanno però sottolineato i Giudici di Piazza Cavour, non è contestato che la sentenza sia stata notificata tanto alle parti quanto all’avvocato. Per le ragioni sopra esposte, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 3 dicembre 2015 – 29 febbraio 2016, n. 3906 Presidente Spirito – Relatore Rossetti Svolgimento del processo 1. Nel 2001 i coniugi M.P. e A.Z., sia in proprio che quali rappresentanti ex 320 c.c. dei figli minori R. e A. P., convennero dinanzi al Tribunale di Gorizia la Azienda per i Servizi Sanitari n. 2 Isontina d'ora innanzi, per brevità, l'Azienda , esponendo che il 5.9.1995 A.Z., nell'ospedale gestito dall'ente convenuto, aveva dato alla luce due gemelli nati prematuramente che i neonati erano stati assistiti in modo inadeguato e che a causa di tale inadeguatezza avevano patito gravi danni alla salute. chiesero pertanto la condanna della convenuta al risarcimento dei danni rispettivamente patiti in conseguenza di tale fatto. 2. Con sentenza 29.1.2011 n. 85 il Tribunale di Gorizia rigettò la domanda, ritenendo non sussistente la colpa dei sanitari. 3. La sentenza venne appellata dai soccombenti. Con sentenza 18.4.2013 n. 377 la Corte d'appello di Trieste ritenne tardivo l'appello, osservando - che l'avvocato degli attori si era cancellato volontariamente dall'albo tre giorni dopo il deposito della comparsa conclusionale - che tale fatto non dà luogo ad interruzione del processo - che la sentenza era stata notificata dalla Azienda alle parti personalmente il 13.4.2011 - che l'appello era stato proposto il 13.3.2012, e dunque ben oltre il termine di cui all'art. 325 c.p.c 4. Contro la sentenza d'appello hanno proposto ricorso per cassazione M.P., A.Z., R. P. e A. P., sulla base di tre motivi. Ha resistito la Azienda. Motivi della decisione 1. II primo motivo di ricorso. 1.1. Col primo motivo di ricorso i ricorrenti lamentano che la sentenza impugnata sarebbe affetta da un vizio di violazione di legge, ai sensi dell'art. 360, n. 3, c.p.c Si lamenta, in particolare, la violazione degli artt. 286, 298, 301 c.p.c Deducono, al riguardo, che la cancellazione volontaria dell'avvocato dall'albo è causa di interruzione ipso jure del processo di conseguenza la sentenza che fosse ugualmente pronunciata è nulla, e tale nullità travolge la notifica della sentenza effettuata alla parte personalmente', che poteva eseguirsi solo se la cancellazione dell'avvocato degli attori fosse avvenuta dopo la discussione, ex 286 c.p.c 1.2. II motivo è infondato. Come già stabilito da questa Corte, la cancellazione dall'albo determina la decadenza dall'ufficio di procuratore e di avvocato e, facendo venir meno lo ius postulandi , implica la mancanza di legittimazione di quel difensore a compiere e a ricevere atti processuali. Pertanto la notificazione della sentenza di primo grado, al fine della decorrenza del termine di impugnazione art. 285 cod. proc. civ. , effettuato al procuratore cancellato dall'albo - qualunque sia la causa della cancellazione - è giuridicamente inesistente e, diversamente dalla notifica al procuratore nei casi di revoca o di rinuncia, non determina la decorrenza del termine breve per l'impugnazione artt. 85 e 301, terzo comma, cod. proc. civ. con la ulteriore conseguenza che la notificazione della sentenza deve essere esequita alla parte personalmente anche agli effetti della decorrenza del predetto termine breve Sez. U, Sentenza n. 10284 del 21/11/1996, Rv. 500703 . Pertanto nel nostro caso la notifica della sentenza di primo grado, ai fini della decorrenza del termine c.d. breve , andava comunque effettuata alla parte personalmente. Stabilito ciò, diventa irrilevante esaminare se vi fu o non vi fu interruzione del processo e conseguente nullità della sentenza, dal momento che qualunque nullità del giudizio di primo grado, in virtù del principio di conversione delle nullità in motivi di gravame, si sarebbe dovuta far valere con l'appello, ma questo per quanto già detto fu tardivamente proposto. 2. II secondo motivo di ricorso. 2.1. Col secondo motivo di ricorso i ricorrenti lamentano che la sentenza impugnata sarebbe affetta sia da un vizio di violazione di legge, ai sensi dell'art. 360, n. 3, c.p.c. si lamenta, in particolare, la violazione degli artt. 843, 874, 876 c.c. sia dal vizio di omesso esame d'un fatto decisivo e controverso, ai sensi dell'art. 360, n. 5, c.p.c. nel testo modificato dall'art. 54 d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito nella legge 7 agosto 2012, n. 134 . Deducono, al riguardo, che anche ad ammettere che il processo di primo grado non si fosse interrotto, la notifica degli atti processuali nel caso di cancellazione volontaria dell'avvocato dall'albo va comunque compiuta a quest'ultimo, sino a che il cliente non revochi il mandato. Invocano, a sostegno di questa tesi, il decisum di Cass. 10301/12. 2.2. Il motivo è infondato. Sulla questione prospettata dai ricorrenti esiste effettivamente un contrasto nella giurisprudenza di questa Corte nel presente giudizio tuttavia la decisione sul ricorso prescinde dalla necessità di prendere posizione a favore dell'una o dell'altra tesi. 2.3. Secondo un primo orientamento, infatti, è valida ed efficace la notificazione dell'atto d'appello eseguita presso il difensore della parte costituita, anche quando questi si sia volontariamente cancellato dall'albo professionale, a nulla rilevando se la cancellazione sia avvenuta prima o dopo l'esaurimento della fase di primo grado, atteso che il difensore cancellatosi, ai sensi dell'art. 85 cod. proc. civ., mantiene la capacità di ricevere atti processuali della controparte e dell'ufficio Sez. 3, Sentenza n. 10301 del 21/06/2012, Rv. 623039 . 2.4. Secondo altro e prevalente orientamento, invece, la cancellazione dall'albo professionale dell'avvocato costituito determina la decadenza dall'ufficio e, facendo venir meno lo ius postulandi , implica la mancanza di legittimazione di quel difensore a compiere e ricevere atti processuali, nonché il venir meno dell'elezione di domicilio presso il medesimo, sicché le notificazioni necessarie e, in particolare, quelle delle impugnazioni, debbono essere effettuate alla parte personalmente Sez. L, Sentenza n. 19225 del 21/09/2011, Rv. 618948 nello stesso senso Sez. 1, Sentenza n. 1180 del 20/01/2006, Rv. 589671 Sez. 3, Sentenza n. 9528 del 22/04/2009, Rv. 608257 Sez. 1, Sentenza n. 19477 del 20/09/2007, Rv. 600787 Sez. 1, Sentenza n. 1180 del 20/01/2006, Rv. 589671 Sez. 5, Sentenza n. 11623 del 28/07/2003, Rv. 565466 . 2.4. Nel nostro caso, tuttavia, non è contestato che la Azienda abbia notificato la sentenza sia alle parti, sia all'avvocato, e che l'atto indirizzato a quest'ultimo sia stato rifiutato con la dizione cancellato . Delle due, pertanto, l'una - se si aderisse all'orientamento minoritario secondo cui il difensore cancellato dall'albo è legittimato a ricevere atti , il rifiuto di ricevere l'atto fu illegittimo l'atto stesso dunque si ha per notificato, e il termine breve per proporre appello ha iniziato a decorrere dalla notifica - se si aderisse all'orientamento maggioritario, il rifiuto di ricevere l'atto fu legittimo, la notifica fu nulla e correttamente la Azienda l'ha rinnovata alla parte personalmente. Anche in questo, pertanto, il termine breve per appellare era irrimediabilmente spirato al momento di proposizione del gravame. 3. II terzo motivo di ricorso. 3.1. Col terzo motivo di ricorso i ricorrenti lamentano che la sentenza impugnata sarebbe affetta sia da un vizio di violazione di legge, ai sensi dell'art. 360, n. 3, c.p.c. si lamenta, in particolare, la violazione dell'art. 153 c.p.c. sia dal vizio di omesso esame d'un fatto decisivo e controverso, ai sensi dell'art. 360, n. 5, c.p.c. nel testo modificato dall'art. 54 d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito nella legge 7 agosto 2012, n. 134 . Si deduce, al riguardo, che la Corte d'appello, nel rigettare l'istanza di rimessione in termini per proporre appello formulata dagli appellanti, ha - adottato una motivazione inesistente, limitandosi ad affermare che non sussistono i presupposti per la rimessione in termini - adottato una interpretazione non conforme a costituzione sia dell'art. 153 c.p.c., sia dell'art. 58 I. 69/09, là dove introducendo l'istituto della rimessione in termini non ne ha previsto l'applicazione retroattiva. 3.2. La questione di legittimità costituzionale prospettata dai ricorrenti è manifestamente infondata, avendo più volte la Consulta ribadito che è rimesso alla discrezionalità del legislatore fissare limiti temporali all'efficacia delle norme processuali. Resta, di conseguenza, assorbito qualsiasi profilo concernente la violazione dell'art. 153 c.p.c. nel testo novellato , essendo tale norma inapplicabile al presente giudizio. 4 . Le spese. Le spese del presente grado di giudizio vanno a poste a carico dei ricorrenti, ai sensi dell'art. 385, comma 1, c.p.c., e sono liquidate nel dispositivo. P.Q.M. la Corte di cassazione, visto l'art. 380 c.p.c. - rigetta il ricorso - condanna M.P., A.Z., R. P. e A. P., in solido alla rifusione in favore di Azienda Servizi Sanitari n. 2 Isontina delle spese del presente grado di giudizio, che si liquidano nella somma di euro 10.200, di cui 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie ex art. 2, comma 2, d.m. 10.3.2014 n. 55 - dà atto che sussistono i presupposti previsti dall'art. 13, comma 1 quater, d.p.r. 30.5.2002 n. 115, per il versamento da parte di M.P., A.Z., R. P. e A. P., in solido, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l'impugnazione.