Infortunio durante la manutenzione: il produttore non è un insegnante

Secondo il d.lgs. numero 6/1994, la responsabilità del produttore riguarda le scelte progettuali e tecniche concernenti le macchine, nonché la vendita di macchine non rispondenti alla legislazione vigente. Esulano, invece, dall’ambito della norma i compiti inerenti alla formazione e istruzione del personale addetto alla macchina, più immediatamente riferibili al datore di lavoro.

Lo stabilisce la Corte di Cassazione nella sentenza numero 11511, depositata il 10 marzo 2014. Il caso. La Corte d’appello di Ancona confermava una sentenza di condanna nei confronti di un datore di lavoro e del costruttore di un impianto, accusati di aver cagionato delle lesioni colpose ad un lavoratore, violando le norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro. Il lavoratore si era infortunato, effettuando dei lavori di manutenzione sulla cappa di un impianto, costruito da uno degli imputati, nella ditta dell’altro. Essendo l’impianto un esemplare unico e posto ad una certa altezza, era richiesta una dettagliata descrizione ed un’adeguata istruzione circa le operazioni di manutenzione. Per tali attività, gli operai si tramandavano prassi scorrette e la ditta non aveva effettuato corsi di formazione al riguardo. In più, il manuale di istruzioni, creato dal produttore, era carente riguardo alle manovre da effettuare in sicurezza per evitare incidenti. Veniva, quindi, affermata la responsabilità per l’omessa previsione delle modalità di lavoro più consone per la manutenzione ordinaria. Una prassi sbagliata. Il costruttore dell’impianto contestava alla Corte territoriale di non aver considerato che la corretta formazione iniziale era stata, in seguito, sostituita dall’autonoma prassi insediatasi, non impedita dal datore di lavoro, che pure sorvegliava le lavorazioni, di comportamenti a rischio di infortunio. Inoltre, le carenze del libretto di manutenzione erano prive di rilevanza, in quanto il datore di lavoro non lo aveva mai fornito agli operai. Perciò, anche in caso di violazione della regola cautelare, questa non avrebbe potuto avere efficacia salvifica, perché la condotta susseguente del capo era stata da sola sufficiente e necessaria a determinare l’evento. La responsabilità del produttore. Analizzando la domanda, la Corte affermava che, secondo l’articolo 6 d.lgs. numero 626/1994, la responsabilità del produttore riguarda le scelte progettuali e tecniche concernenti le macchine, nonché la vendita di macchine non rispondenti alla legislazione vigente. Da ciò, discendeva una motivazione apparentemente insufficiente, in riferimento all’individuazione dei profili di responsabilità secondo le predette prescrizioni, perché sembravano esulare dall’ambito della specifica norma di prevenzione, di cui i produttori sono destinatari, i compiti inerenti alla formazione e istruzione del personale addetto alla macchina, più immediatamente riferibili al datore di lavoro. Risultava, inoltre, trascurata la notazione concernente l’incidenza causale dell’omessa predisposizione di adeguate istruzioni nel libretto esplicativo. Non era stato adeguatamente valutato il fatto della mancata messa a disposizione, da parte del datore di lavoro, di tale libretto ai lavoratori. Per questo motivo, la Cassazione accoglieva il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 26 novembre 2013 – 10 marzo 2014, numero 11511 Presidente Zecca – Relatore Esposito Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 5/7/2012 la Corte d'Appello di Ancona confermava nei confronti di B.A. la sentenza del giudice di primo grado che lo aveva ritenuto responsabile, quale rappresentante della Saldotecnica B. s.r.l., in cooperazione colposa con G.S., legale rappresentante della T.G. & amp C s.numero c., datore di lavoro la quale non aveva proposto opposizione al decreto penale di condanna emesso nei suoi confronti , del reato di cui all'articolo 590 c.p., commesso con violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro, per aver cagionato lesioni colpose al lavoratore G.M Costui, dopo aver effettuato, utilizzando una normale scala, lavori di manutenzione sulla cappa dell'impianto robotizzato di saldatura costruito dalla ditta Saldotecnica B. s.r.l. e in uso presso la T.G. & amp C s.numero c., a causa dello scivolamento dei piedini della scala nella fase di discesa, cadeva, battendo violentemente la testa con conseguente frattura occipitale delle celle mastoidee. I giudici di merito, ripercorrendo le risultanze istruttorie e, in particolare, le deposizioni testimoniali, ne traevano che l'impianto era stato assemblato dalla Saldotecnica B. s.r.l. direttamente presso i locali della T.G. & amp C s.numero c., trattandosi di esemplare unico montato capovolto per agevolare la manutenzione. Osservavano che per questa ragione era richiesta dettagliata descrizione e adeguata istruzione circa le operazioni di manutenzione, essendo posta la macchina a una certa altezza dal suolo. Rilevavano, quindi, che per le operazioni di pulizia della guaina e di manutenzione gli operai si tramandavano prassi scorrette e che la ditta B. non aveva effettuato corsi di formazione al riguardo che il manuale d'istruzioni era carente nella parte relativa alle modalità di esecuzione riguardo al posizionamento del robot e alle manovre da effettuare in sicurezza per evitare cadute o incidenti in fase di manutenzione che vi era incertezza sulle modalità da seguire per la manutenzione secondo criteri di congruenza e fattibilità. Affermavano, pertanto, la responsabilità dell'imputato per l'omessa previsione delle modalità di lavoro più consone per la manutenzione ordinaria. La Corte territoriale escludeva la prospettata violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza, sul rilievo che la contestata colpa generica consentiva al giudice di modificare il profilo di colpa specifica evidenziato nell'imputazione, relativo alla costruzione di un impianto non rispondente alle disposizioni legislative in materia di sicurezza. 2. Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione l'imputato. 2.1. Con il primo motivo rileva violazione di legge in relazione agli articolo 516 e 521 c.p.p., oltre a vizio motivazionale per non avere la Corte territoriale fornito logica motivazione sul punto relativo alla contestazione della corrispondenza tra accusa e sentenza, ancorché censurato con l'appello. Osserva che del tutto incoerente si rivela in proposito il riferimento agli ulteriori possibili profili di addebito, rientranti nella colpa generica, riferibili alla violazione di regole cautelari generali. Rileva che, vertendo l'accusa sulla responsabilità del produttore, l'addebito di colpa generica non poteva consentire di attribuire all'imputato specifici profili di colpa assegnati a una figura professionale e diversa, quale il datore di lavoro. 2.2. Con il secondo motivo deduce violazione di legge e correlato vizio motivazionale sotto altro profilo. Evidenzia che dalle risultanze poteva trarsi che la corretta formazione iniziale era stata seguita dall'autonoma prassi insediatasi di salire sulla cappa esponendosi a rischio d'infortunio. Rileva che la suddetta prassi non era stata impedita dal datore di lavoro, che pure sorvegliava le lavorazioni osserva che le carenze del libretto di uso e di manutenzione dell'impianto, unica omissione in astratto attribuibile, era priva di rilevanza, risultando provato che gli operai non accedevano a quel libretto, perché mai fornito dal datore di lavoro. Pertanto, anche ove fosse stata riscontrabile una violazione della regola cautelare, la stessa non avrebbe potuto avere efficacia salvifica perché la condotta susseguente del datore di lavoro era stata da sola sufficiente e necessaria a determinare l'evento. 2.3. Con il terzo motivo lamenta violazione di legge e vizio motivazionale per non avere la Corte preso in considerazione importanti elementi probatori emersi dalle testimonianze dibattimentali ed aver fatto palese confusione fra la posizione di garanzia del datore di lavoro e quella del costruttore, considerando esistente la colpa in capo al costruttore ancorché il lavoratore non avesse osservato le disposizioni di sicurezza, discostandosi dall'iter più complesso per seguire la modalità più agevole al fine di raggiungere il risultato inerente all'operazione da compiere. Considerato in diritto 1. E' infondato il primo motivo di ricorso. Ed invero la Corte territoriale ha dato adeguato conto della insussistenza della prospettata violazione degli articolo 516 e 521 c.p.p., sia evidenziando i profili di colpa generica contestati, sia richiamando l'istruttoria del giudizio di primo grado con particolare riferimento alla testimonianza resa dall'ufficiale giudiziario presso la ASL numero 6 di Fano , significativa dell'avvenuta contestazione in fatto dei profili di colpa specifica attribuiti all'imputato. Occorre richiamare in proposito il consolidato orientamento espresso da questa Corte in merito alla violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza Cass, sez. 3, 19741/2010 , in forza del quale il difetto di correlazione non deve essere valutato in base al mero confronto letterale tra fatto imputato e sentenza, ma in relazione all'effettiva lesione del diritto di difesa. Nella valutazione della corrispondenza tra pronuncia e contestazione deve tenersi conto, pertanto, non solo del fatto descritto nel capo di imputazione, ma di tutte le ulteriori risultanze probatorie portate a conoscenza dell'imputato e che hanno formato oggetto di sostanziale contestazione, sicché non si configura alcuna violazione nel caso in cui costui abbia avuto modo di esercitare le sue difese sul materiale probatorio posto a fondamento della decisione cfr. Cass. Sez. 3, Sentenza numero 15655 del 27/02/2008 Ai fini della valutazione della corrispondenza tra pronuncia e contestazione di cui all'articolo 521 cod. proc. penumero deve tenersi conto non solo del fatto descritto in imputazione, ma anche di tutte le ulteriori risultanze probatorie portate a conoscenza dell'imputato e che hanno formato oggetto di sostanziale contestazione, sicché questi abbia avuto modo di esercitare le sue difese sul materiale probatorio posto a fondamento della decisione . Nel caso in esame, come emerge dall'istruttoria ripercorsa dalla Corte territoriale, la difesa ha avuto modo di spiegare ogni attività difensiva in relazione al profilo di colpa, emerso nel corso del giudizio di primo grado, concernente la mancata formazione e la carenza di istruzioni per la pulizia e la manutenzione dell'apparecchio. 2. Il secondo motivo di ricorso è fondato. Posto che, a mente dell'articolo 6 D.legsl. 19 settembre 1994 numero 626, la responsabilità del produttore riguarda le scelte progettuali e tecniche concernenti le macchine, nonché la vendita di macchine non rispondenti alla legislazione vigente, la motivazione appare insufficiente con riferimento all'individuazione dei profili di responsabilità secondo le predette prescrizioni, poiché sembrano esulare dall'ambito della specifica norma di prevenzione di cui i produttori sono destinatari i compiti inerenti alla formazione e istruzione dei personale addetto alla macchina evidenziati in sentenza, più immediatamente riferibili al datore di lavoro. La motivazione è, altresì, insufficiente e manifestamente illogica con riferimento alla rilevata carenza di istruzioni predisposte dal costruttore. Risulta, infatti, trascurata la notazione concernente l'incidenza causale della mancata predisposizione di adeguate istruzioni nel libretto esplicativo inerente alla macchina, incidenza non adeguatamente valutata alla luce del criterio controfattuale, avuto riguardo all'allegata circostanza della mancata messa a disposizione da parte del datore di lavoro dei contestato libretto ai lavoratori per la consultazione. Per le ragioni indicate la sentenza va annullata, con rinvio alla Corte d'Appello di Ancona per nuovo esame alla luce dei rilievi evidenziati, restando assorbita ogni altra questione posta con l'impugnazione. P.Q.M. La Corte annulla la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d'Appello di Ancona per nuovo esame.