La confisca per equivalente ha carattere obbligatorio ed è consentita anche in presenza di una società che non ha versato all’amministrazione finanziaria le imposte dovute per problemi di liquidità il presupposto che la confisca a carico della società abbia come conseguenza una sua possibile crisi aziendale è irrilevante perché l’istituto della confisca è una misura obbligatoria.
In materia di evasione fiscale la Cassazione infierisce un duro colpo alla crisi di liquidità della aziende che non pagano l’IVA e le imposte, anche di fronte ad una situazione economica certamente molto difficile per il nostro Paese i giudici di legittimità con la sentenza numero 10825, del 6 marzo 2014, hanno affermato che scatta il sequestro preventivo nei confronti dell’impresa che non ha pagato le imposte nel caso in esame di trattava soprattutto dell’IVA a seguito di una difficile situazione economica anche se la misura adottata può avere, come conseguenza, la crisi dell’azienda. Per la Corte di Cassazione la confisca per equivalente ha il carattere dell’obbligatorietà e deve essere, in ogni caso, eseguita indipendentemente dalle condizioni della società sottoposta al sequestro preventivo. Il caso. La vicenda trae origine dal fatto che il Sostituto Procuratore è ricorso in Cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale che aveva annullato il sequestro preventivo emesso dal GIP dello stesso Tribunale il motivo del sequestro preventivo per equivalente era, secondo il Procuratore della Repubblica , dovuto in seguito ai reati contestati di cui agli articoli 10 bis omesso versamento delle ritenute certificate e 10 ter omesso versamento dell’IVA nei confronti dell’amministratore di una SRL , per un importo di poco superiore ai 300mila euro. I giudici del merito del Tribunale hanno ritenuto eccessiva la misura preventiva per la mancanza del presupposto del periculum in mora, non essendo evincibili dagli atti elementi soggettivi tali da lasciar presumere che l’amministratore indagata, al fine di sottrarsi all’adempimento, potesse depauperare il patrimonio aziendale. Inoltre la società si era difesa sostenendo che la grave crisi di liquidità dovuta alla difficile situazione economica del Paese e non da errori dovuti a scelte imprenditoriali dell’amministratore, era alla base delle imposte non versate, fermo restando che la società stava procedendo al pagamento di quanto omesso tramite delle rateizzazioni già concordate. Il sequestro preventivo avrebbe avuto come conseguenza la crisi irreversibile dell’azienda. Avverso tale ordinanza il Sostituto Procuratore è ricorso in Cassazione. Confisca per equivalente, cioè la confisca di beni per un valore corrispondente al prezzo del reato. La confisca per equivalente ai sensi dell’articolo 322 ter c.p., può essere definito come un provvedimento ablativo su somme di denaro, beni o altre utilità di cui il soggetto abbia disponibilità per un valore corrispondente al prezzo, al prodotto e al profitto del reato. L’articolo 240 c.p., prevede la confisca facoltativa per le cose che sono il prodotto o il profitto del reato per converso è obbligatoria per le cose che «costituiscono il prezzo del reato». L’ articolo 321, comma 2, c.p.p. prevede la possibilità che già nella fase delle indagini preliminari, il sequestro delle cose possono essere oggetto di confisca. Spesso accade che per alcune situazioni è piuttosto difficile riuscire a recuperare le somme di denaro o i beni costituenti il prezzo o il profitto del reato. La logica conseguenza è che per i delitti previsti dagli artt. da 314 a 321 c.p. peculato, concussione, corruzione e per altri delitti previsti da leggi speciali, si applica l’articolo 322 ter c.p. che prevede «la confisca per equivalente», cioè la confisca di beni per un valore corrispondente al prezzo del reato. L’articolo 322 ter c.p. dispone che «pur consentendo di disporre lo spostamento della misura reale del bene che costituisce profitto o prezzo del reato ad altro sempre ricadente nella disponibilità dell’indagato, solo quando non sia possibile la confisca del primo» è previsto un preventivo accertamento con riferimento all’esistenza diretta di un bene costituente profitto o prezzo, la cui confisca sia impedita da un fatto sopravvenuto che ne abbia determinato la perdita o il trasferimento. La legge numero 244/2007, articolo 1, comma 143 Finanziaria 2008 ha previsto che, anche per i reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, tranne che per il delitto di occultamento e sottrazione di scritture contabili, si applica la confisca per equivalente, regolata dall’articolo 322 ter del codice penale è obbligatoria, pertanto, la confisca di beni di cui il contribuente che ha commesso il reato abbia disponibilità, per un valore equivalente al prezzo del reato. In sostanza la norma introdotta dal legislatore nell’ambito tributario è finalizzata a colpire il vantaggio economico che deriva dall’evasione fiscale. Confisca per equivalente obbligatoria anche per i reati tributari. I giudici di legittimità ritengono il ricorso del Sostituto Procuratore fondato. La Suprema Corte precisa che l’istituto della confisca per equivalente prevista dall’articolo 322 ter c.p., trova anche per i reati tributari, il carattere dell’obbligatorietà. La revoca del sequestro preventivo per i beni di cui è obbligatoria la confisca è possibile «soltanto nell’ipotesi nella quale vengano a mancare gli elementi costituenti il fumus commissi delicti e non per il venir meno delle esigenze cautelari, atteso che in tali ipotesi la pericolosità del res non è suscettibile di valutazioni discrezionali, ma è presunta dalla legge». Per i giudici di legittimità, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, la confisca obbligatoria è una misura cautelare obbligatoria di conseguenza non è necessario verificare la sussistenza del presupposto del «periculum in mora essendo la stessa postulata dal legislatore». Per i giudici di legittimità, inoltre, non è possibile attribuire alla Cassazione argomentazione relative ad eventuali ricadute negative che il sequestro preventivo avrebbe sull’impresa, vista l’obbligatorietà del sequestro stesso ai fini della confisca. Per i giudici di legittimità, pertanto, il ricorso deve essere accolto con rinvio al Tribunale affinché proceda ad un nuovo giudizio che tenga conto dei rilievi evidenziati nella sentenza della Cassazione in commento.
Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 27 novembre 2013 – 6 marzo 2014, numero 10825 Presidente Teresi – Relatore Andronio Ritenuto in fatto 1. - Con ordinanza del 3 maggio 2013, il Tribunale di Perugia ha annullato il decreto di sequestro preventivo per equivalente emesso dal Gip dello stesso Tribunale il 28 febbraio 2013, in relazione ai reati di cui agli articolo 10-bis e 10-ter del d.lgs. numero 74 del 2000, ascritti all'indagata quale legale rappresentante di una s.r.l., ed avente ad oggetto la somma di euro 301.067,00. In particolare, il Tribunale ha evidenziato la mancanza del presupposto del periculum in mora, non essendo evincibili dagli atti elementi soggettivi quali, ad esempio, l'irreperibilità o ripetuti atti di alienazione dei propri beni tale da lasciar presumere che l'indagata, al fine di sottrarsi all’adempimento, voglia depauperare il suo patrimonio. Il Tribunale ha inoltre affermato che la mancata disponibilità di risorse economiche comporterebbe l'impossibilità di continuare ad elargire somme di denaro in favore della società, con conseguente incapacità di arginare la crisi aziendale e con ricadute sul piano occupazionale. 2. - Avverso l'ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Perugia, deducendo la violazione dell'articolo 321 cod. proc. penumero , sul rilievo che il periculum in mora non sarebbe previsto dalla legge quale presupposto per il sequestro preventivo finalizzato alla confisca. Del resto, lo stesso Tribunale non avrebbe messo in discussione i presupposti di merito del sequestro, né la sequestrabilità di beni attinti dalla misura. 3. - Con memoria depositata in prossimità dell'udienza in camera di consiglio di fronte a questa Corte, il difensore dell'indagata ha chiesto il rigetto del ricorso e, in via subordinata, la riduzione dell'importo del sequestro. Rileva la difesa che, nel caso di specie, vi sarebbe stata una crisi di liquidità conclamata e dipendente dalla crisi del settore economico e non dalla negligenza o da scelte imprenditoriali dell'indagata. Si rileva, altresì, che quest'ultima avrebbe provveduto al pagamento di 28 rate mensili del dovuto, per un totale di euro 89.133,79 e che sta tuttora regolarmente pagando le rate in scadenza. Anche l'iva dovuta sarebbe in corso di pagamento e vi sarebbe, comunque, un accordo per la rateizzazione del dovuto, per complessivi euro 172.003,56. Considerato in diritto 4. - Il ricorso è fondato e deve essere accolto. 4.1. - Il Tribunale di Perugia muove, infatti, dall'erroneo assunto secondo cui, al fine di procedere al sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, sarebbe necessario accertare in concreto la sussistenza del periculum in mora. Va precisato, sul punto, che la confisca per equivalente prevista dall'articolo 322 ter cod. penumero , cui fa rinvio l'articolo 1, comma 143, della legge numero 244 del 24 dicembre 2007 in tema di reati tributari, ha carattere obbligatorio, con la conseguenza, che trova per essa applicazione il principio affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui la revoca del sequestro preventivo in relazione a fattispecie di reato per le quali è prevista la confisca obbligatoria è possibile soltanto nell'ipotesi nella quale vengano a mancare gli elementi costituenti il fumus commissi delicti e non per il venire meno delle esigenze cautelari, atteso che in tali ipotesi la pericolosità della res non è suscettibile di valutazioni discrezionali, ma è presunta dalla legge sez. 3, 6 aprile 2005, numero 17439, rv. 231516 . Più in particolare, per il sequestro preventivo dei beni di cui è obbligatoria la confisca, eventualmente anche per equivalente, e quindi, dei beni che costituiscono prezzo o profitto del reato, non occorre la prova della sussistenza degli indizi di colpevolezza, né la loro gravità, né il periculum richiesto per il sequestro preventivo di cui all’articolo 321, comma primo, cod. proc. penumero , essendo sufficiente accertarne la confiscabilità una volta che sia astrattamente possibile sussumere il fatto in una determinata ipotesi di reato argomento ex sez. 2, 16 febbraio 2006, numero 9829, rv. 233373 . Ad analogo principio si ispira, del resto, la giurisprudenza in tema di sequestro preventivo finalizzato alla confisca obbligatoria ex articolo 12-sexies del d.l. numero 306 del 1992, la quale evidenzia che, trattandosi di una misura cautelare obbligatoria in ragione della diretta strumentalità con una confisca obbligatoria, di cui deve assicurare l'effettività, per detto sequestro non è necessario verificare la sussistenza del presupposto del periculum in mora, essendo la stessa postulata dal legislatore sez. 2, 8 novembre 2007, numero 45210, rv. 238901 sez. 1, 1° aprile 2010, numero 19516, rv. 247205 . Quanto al sequestro finalizzato alla confisca per equivalente in tema di reati tributari, dunque, il legislatore ha inteso far coincidere il periculum in mora con il presupposto per la confisca, consistente nel fatto che i beni oggetto del sequestro e della successiva confisca abbiano un valore corrispondente al profitto del reato, di regola consistente nell'ammontare dell'imposta evasa. 4.2. - Né può attribuirsi rilievo, in questa sede, alle argomentazioni del Tribunale circa le eventuali ricadute economiche negative che il sequestro avrebbe sull'andamento dell'azienda dell'imputata, vista l'obbligatorietà del sequestro stesso ai fini della confisca. Tali considerazioni riguardano, del resto, non la consistenza del patrimonio della società, ma un contributo meramente indiretto ed eventuale che l'indagata, destinataria del sequestro preventivo, potrebbe dare alla società stessa - soggetto da lei distinto e dotato di piena autonomia patrimoniale, trattandosi di una s.r.l. - attraverso conferimenti di denaro. Quanto ai rilievi difensivi contenuti nella memoria depositata di fronte a questa Corte, va osservato che gli stessi non sono rilevanti in questa sede. Essi non attengono, infatti, alla violazione di legge circa la sussistenza del periculum in mora, oggetto del ricorso del pubblico ministero, ma al profilo, di merito, della quantificazione del sequestro in relazione a pretesi pagamenti parziali delle somme dovute. 5. - L'ordinanza impugnata deve essere, dunque, annullata, con rinvio al Tribunale di Perugia, perché proceda a nuovo giudizio, facendo applicazione dei principi sopra affermati relativamente al profilo del periculum in mora nel sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata, con rinvio al Tribunale di Perugia. Così deciso in Roma, il 27 novembre 2013.