E’ erronea la pronuncia con cui il Giudice rettifica il contratto, riducendo l’importo della transazione, ascrivendo a disattenzione di calcolo un errore che investe, invece, un dato di partenza e, quindi, in difetto dei presupposti per ricondurre la fattispecie all’ipotesi del mero errore di calcolo ex articolo 1430 c.c
E’ quanto stabilito dalla Terza sezione della Corte di Cassazione con la pronuncia numero 3178/16, depositata il 18 febbraio la vicenda offre agli Ermellini occasione utile per meglio specificare i limiti di applicazione della rettifica di cui all’articolo 1430 c.c La giurisprudenza formatasi sul punto ha ritenuto che l'errore di calcolo, che può dare luogo a rettifica del contratto ricorre solo quando, posti i dati da computare ed il criterio matematico da seguire, si incorra per inesperienza o disattenzione in un errore materiale di cifra che si ripercuote sul risultato finale, immediatamente rilevabile. E’ tuttavia parimenti necessario che l’errore ricada sugli elementi dedotti in contratto, così individuandosi una tipologia di errore che non influenzi il consenso negoziale. Il fatto. Una società si rivolgeva alla magistratura civile chiedendo la rettifica del contratto di transazione intercorso con altra impresa, previo accertamento della diversa e minore misura dell’importo dovuto alla convenuta ovvero, in via subordinata, l’accertamento dell’esistenza di un errore inficiante la volontà delle parti, con conseguente annullamento della transazione. Ciò che l’attrice rilevava era l’individuazione di una erronea base di calcolo dell’originario credito, da cui poi era partita la trattativa conclusasi con l’accordo transattivo. Il Tribunale, aveva ritenuto che l’accordo sull’importo riconosciuto a titolo transattivo fosse stato raggiunto dalle parti con valutazione complessiva delle differenti ragioni di credito, così rigettando la domanda. Di diverso orientamento il giudice di seconde cure che, invece, aveva accertato l’errore di calcolo sostenendo come dalla corrispondenza intercorsa tra le parti, dalle fatture emesse e dagli acconti versati emergesse un differente importo a debito dell’appellante. Pertanto concludeva specificando che l’importo riconosciuto con la transazione in favore dell’appellata fosse in realtà frutto di una erronea considerazione del presupposto iniziale, così accertando che l’importo effettivamente voluto dalle parti fosse proprio quello richiesto dall’appellante. La denuncia di violazione degli articoli 1362 c.c. e 1430 c.c La sentenza era impugnata dinanzi alla Corte di Cassazione, con denuncia relativa alla violazione delle norme in materia di interpretazione del contratto, ex articolo 1362 c.c., ed errore di calcolo, ex articolo 1430 c.c Si doleva la ricorrente che ciò che il giudice di appello aveva qualificato come rettifica di errore di calcolo, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 1430 c.c., in realtà celava una vera e propria sostituzione dell’accordo transattivo originario con un diverso accordo, completamente differente dal precedente. Secondo la ricostruzione offerta dal ricorrente nel caso di specie l’errore non riguardava operazioni aritmetiche e di calcolo direttamente riconducibili all’accordo transattivo, come avrebbe dovuto essere in applicazione della previsione normativa di cui all’articolo 1430 c.c., bensì si collocava in un momento antecedente alla stipulazione del contratto di transazione, rinvenibile nella quantificazione ed individuazione dei crediti su cui poi la transazione sarebbe intervenuta. Presupposto applicativo dell’articolo 1430 c.c. errore di cifra frutto di disattenzione ed inesperienza. In questo quadro fattuale la Cassazione specificava che l’errore di calcolo che può dar luogo a rettifica ex articolo 1430 c.c. fosse quello frutto di inesperienza o disattenzione, quale errore di cifra rilevabile in modo abbastanza immediato. Diversamente, il caso di specie, riguardava un errore attinente all’esatta quantificazione della cifra iniziale da cui partire e da cui scomputare l’importo riconosciuto nella transazione a titolo di risarcimento. Non errore sul dato di partenza. Ne emergeva quindi l’errata prospettiva conferita alla vicenda dalla Corte territoriale che aveva rettificato il contratto, modificando l’importo della transazione, non già in presenza di una disattenzione, bensì proprio di un erroneo dato di partenza. Con ciò di fatto sostituendosi alla volontà negoziale espressa dalle parti nel negozio di transazione.
Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 1 dicembre 2015 – 18 febbraio 2016, numero 3178 Presidente Petti – Relatore Sestini Svolgimento del processo La soc. CAMU di B.M. e C. s.numero c. convenne in giudizio la OM TON di T.P. e C. s.numero c. per sentir rettificare un contratto di transazione intercorso fra le stesse, con accertamento che l'importo dovuto era di euro 14.643,00 anziché 20.400,00 in subordine, chiese l'accertamento di un errore inficiante la volontà delle parti e il conseguente annullamento della transazione. Dedusse l'attrice che l'accordo transattivo aveva comportato il riconoscimento di un importo a titolo di danni dovuto dalla OM TON e che ciò aveva determinato una correlativa diminuzione del residuo maggior credito della medesima società, ma rilevò che il credito originario della OM TON, da cui aveva preso avvio la trattativa, non ammontava a 26.000,00 euro, bensì a 21.202,50, cosicché si rendeva necessaria la rettifica dell'importo concordato in via transattiva. La convenuta resistette alla domanda e richiese, in via riconvenzionale, il pagamento dell'importo convenuto ovvero di quello originariamente dovuto. Il Tribunale di Trento rigettò la domanda attorea, sul rilevo che l'importo di 17.000,00 euro su cui le parti avevano raggiunto l'accordo era stato determinato nell'ambito di una complessiva valutazione delle contrapposte ragioni di credito. La sentenza è stata riformata dalla Corte di Appello di Trento, che ha accertato il denunciato errore di calcolo e ha rettificato il negozio transattivo determinando l'importo dovuto dalla CAMU in 14.643,00 euro. Ricorre per cassazione la O.M. TON. s.r.l. già O.M. TON s.numero c. affidandosi a tre motivi resiste l'intimata a mezzo di controricorso illustrato da memoria. Motivi della decisione 1. La Corte di Appello ha affermato che, senza limitarsi -come aveva fatto il primo giudice ad alcune missive soltanto, doveva essere considerata tutta la corrispondenza intercorsa fra le parti, per verificare come si fosse pervenuti all'importo finale di 17.000,00 euro esaminate quindi le varie missive, la Corte ha concluso che alla cifra finale si è pervenuti dopo un calcolo differenziale, eseguito sottraendo dal credito iniziale di OM TON indicato in euro 26.000,00 il danno per vizi, da ultimo indicato in euro 9.000,00 euro 17.000,00 appunto, oltre IVA = 20.400,00 ciò premesso, ha rilevato che, fin dall'atto di citazione, la CAMU aveva evidenziato tutte le fatture emesse e i relativi acconti, da cui si desume con certezza che il credito residuo di OM TON non era pari a E 26.000,00 oltre IVA bensì al minor importo di E 21.205,50 oltre IVA l'indicazione dell'importo di 17.000,00 euro costituiva dunque il risultato dell'erronea considerazione del presupposto iniziale, mentre se il dato iniziale fosse stato correttamente indicato, la transazione si sarebbe perfezionata sul minor importo di 14.643,00 euro tanto considerato, ha rettificato il contratto di transazione, dando per accertato che, a causa di un mero errore di calcolo, l'importo realmente voluto tra le parti è pari ad E 12.202,50 oltre IVA al 20% e quindi ad e 14.643,00 . 2. Col primo motivo violazione e/o falsa applicazione degli articolo 1362 e 1.430 cod. civ. e motivazione insufficiente e contraddittoria circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio , la ricorrente assume che la Corte è di fatto pervenuta, non tanto ad una rettifica di un errore di calcolo in applicazione dell'articolo 1430 c.c., bensì alla sostituzione di un accordo transattivo voluto dalle parti ed emergente dal dato letterale del contratto, con un diverso accordo, che stravolge e sostituisce quello effettivamente voluto , non ricercando la comune intenzione delle parti, ma dando rilievo alla volontà unilaterale di CAMU deduce, inoltre, che la sentenza impugnata ha erroneamente ritenuto di poter sussumere sotto la fattispecie descritta dalla norma dell'articolo 1430 c.c. il caso di specie, nel quale l'affermato errore di calcolo non riguardava un errore nelle operazioni aritmetiche di calcolo rinvenibili nell'accordo transattivo, bensì un errore asseritamente intervenuto nella fase antecedente della individuazione/ quantificazione di uno dei crediti sui quali la transazione avrebbe alla fine operato , ribadendo che l'errore di calcolo che giustifica la rettifica presuppone che dalla stessa manifestazione di volontà emerga l'errore . 3. Col secondo motivo che deduce insufficiente e contraddittoria motivazione , la ricorrente censura l'affermazione della Corte circa la volontà delle parti di pervenire comunque alla transazione, anche ove avessero avuto contezza dell'errore afferma che si tratta di una presunzione priva di idonea motivazione e comunque illogica/contraddittoria , che si risolve in una mera congettura . 4. Il terzo motivo che deduce anch'esso vizio motivazionale investe l'affermazione secondo cui il dato iniziale di 26.000,00 euro era errato per eccesso la ricorrente rileva che, applicata l'IVA sulla somma di 21.205,50 euro, risultava un importo di 25.446,60 euro, da incrementare per effetto dell'applicazione degli interessi, ed evidenzia che non era pertanto ipotizzabile che si fosse trovato l'accordo sull'importo di 14.643,00 euro, cui era pervenuta la Corte rettificando il contratto. 5. Il primo motivo è fondato. Premesso che si ha errore di calcolo, che non influenza il consenso e non già un errore in quantitate che viceversa vizia la volontà negoziale solo quando, definiti in modo chiaro e preciso i termini da computare ed il criterio matematico da seguire, si commette, per inesperienza o per disattenzione, un errore materiale di cifra che si ripercuote sul risultato finale, rilevabile ictu oculi Cass. numero 835/1987 conformi Cass. numero 3228/1995 e Cass. numero 1341/1971 , la fattispecie risulta erroneamente sussunta nella previsione dell'articolo 1430 c.c. nel caso, infatti, non è stato prospettato alcun errore materiale di calcolo rilevabile ictu oculi dal riscontro di operazioni aritmetiche, bensì un errore che attiene alla stessa individuazione di uno dei termini da computare vale a dire la cifra iniziale da cui doveva essere detratto l'importo risarcitorio da riconoscere alla CA.MU . Ha errato, pertanto, la Corte quando ha ritenuto di poter pervenire alla rettifica del contratto con riduzione dell'importo di cui alla transazione ascrivendo a disattenzione di calcolo un errore che investe -testualmente un dato di partenza , e quindi in difetto dei presupposti per ricondurre la fattispecie all'ipotesi del mero errore di calcolo ex articolo 1430 c.c L'accoglimento del primo motivo comporta l'assorbimento degli altri due. La sentenza va dunque cassata, con rinvio alla Corte territoriale, che si atterrà ai principi di diritto sopra richiamati e provvederà anche sulle spese del presente giudizio. P.Q.M. la Corte accoglie il primo motivo, assorbiti gli altri, cassa e rinvia, anche per le spese di lite, alla Corte di Appello di Trento, in diversa composizione.