Castello Svevo di Oria destinato a manifestazioni e convegni: altro che restauro filologico…

Di fronte a un progetto in contrasto con le caratteristiche storico-artistiche del bene, concreto e attuale è il rischio che la struttura venga adibita ad usi di tipo squisitamente turistico-ricettivo, incompatibili, come tali, con la tipologia e i caratteri dell’immobile.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione nella sentenza n. 4708 del 5 febbraio 2014. Il fatto. Il Tribunale di Brindisi confermava il sequestro preventivo avente od oggetto il Castello Svevo di Oria, non tenendo conto della richiesta degli indagati che, in concorso con alcuni funzionari del Comune pugliese e della Sopraintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici, avevano effettuato, senza autorizzazione paesaggistica e in difformità di permessi di costruire peraltro illegittimi, lavori di ristrutturazione e di riqualificazione di un bene di interesse pubblico – quale, appunto, il castello - per destinarlo ad uso incompatibile manifestazioni conviviali e convegni . Il difensore degli imputati propone ricorso in Cassazione, contestando l’esistenza del fumus commissi delicti e del periculum in mora , in quanto i lavori indicati non proverebbero la loro esecuzione senza permesso di costruire. Tra l’altro, la motivazione dei giudici di merito sarebbe solo apparente, in quanto l’abusività dei lavori sarebbe stata riscontrata solo dopo due anni dal loro termine. Quindi, non si sarebbe configurato il reato di cui all’art. 44, lett. c , d.P.R. 380/2001 la stessa Sopraintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici avrebbe dato atto dell’esecuzione di un restauro filologico”, cioè in armonia con i permessi di costruire, di un bene che non sarebbe culturale ma paesaggistico Un unico obiettivo conseguire una valutazione alternativa dei fatti. I ricorrenti, nota la Suprema Corte, tentano inutilmente di conseguire una valutazione alternativa dei fatti in ordine alla sussistenza del fumus e del periculum ma nessun dubbio può sussistere sul carattere illegittimo degli interventi edilizi, compiuti in assenza o, comunque, in difformità dei permessi di costruire e in modo assolutamente incompatibile con un restauro filologico” si vedano gli spostamenti di colonne monumentali, l’abbattimento di alberi ad alto fusto per realizzare un parcheggio, ecc . Motivazione tutt’altro che apparente. Con motivazione congrua e logica, a differenza di quanto sostenuto dai ricorrenti, i giudici di merito hanno rimarcato che il Castello di Oria è un immobile plurisecolare dichiarato di notevole interesse pubblico, nonché sottoposto a vincolo diretto ai sensi della l. n. 1089/1939, decreto di vincolo di area archeologica, con conseguente necessità di ottenere, ai fini della validità dei permessi di costruire rilasciati dal Comune, l’autorizzazione paesistica ex artt. 146 e 21 d. lgs. n. 42/2004, di cui la società proprietaria non ha mai goduto. Periculum in mora. Sotto il profilo della pretesa assenza del periculum in mora , la Corte Capitolina condivide gli assunti dei giudici di merito sulla concretezza ed attualità del rischio che la struttura venga adibita ad usi di tipo squisitamente turistico-ricettivo, incompatibili, come tali, con la tipologia e i caratteri dell’immobile. Uso incompatibile” che cosa si intende? Secondo i ricorrenti, da ultimo, l’espressione uso incompatibile” sarebbe indeterminata e l’assenza di precisazioni confliggerebbe con l’art. 25 Cost. Ora, premesso che è sotto gli occhi di tutti ciò che è o meno compatibile con la natura storica di un maniero, è stata effettuata un’attenta valutazione della questione, in relazione al carattere storico ed artistico dell’edificio. Manifestamente infondata, quindi, l’eccezione di illegittimità. Complessivamente, il ricorso è inammissibile.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 13 dicembre 2013 - 5 febbraio 2014, numero 5708 Presidente Teresi – Relatore Graziosi Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 26 aprile 2013 il Tribunale di Brindisi ha rigettato la richiesta di riesame contro provvedimento di sequestro preventivo del gip dello stesso Tribunale emesso in data 27 marzo 2013 e avente ad oggetto il Castello Svevo di Oria, richiesta proposta da C.I. e R.G., indagati per i reati di cui agli articoli 181 e 170 d.lgs. 42/2000 e 44, lettera c , d.p.r. 380/2001 per avere, in concorso con altri soggetti tra cui funzionari dei Comune di Oria e della Sopraintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici , effettuato, in assenza di autorizzazione paesaggistica e in difformità rispetto a permessi di costruire peraltro illegittimamente rilasciati, in un bene di notevole interesse pubblico e vincolato - appunto il suddetto castello - lavori di ristrutturazione e riqualificazione per destinarlo a uso incompatibile manifestazioni conviviali e convegni . 2. Ha presentato ricorso il difensore adducendo un unico motivo di violazione dell'articolo 321 c.p.p. Viene contestata l'esistenza di fumus commissi delicti e di periculum in mora i lavori indicati nella motivazione, che sarebbero stati pedissequamente trascritti da una comunicazione della Polizia Municipale, non proverebbero l'esecuzione di opere senza permesso di costruire. La motivazione sarebbe poi apparente, tenuto conto anche del fatto che la Polizia Municipale avrebbe effettuato un sopralluogo ben due anni dopo la fine dei lavori, solo allora qualificandoli abusivi. Non sarebbe stata considerata la prova a favore degli indagati consistente in una relazione storica sul restauro del castello, effettuato due volte nel secolo scorso. D'altronde gli interventi esterni sarebbero in gran parte assentiti e in molti casi privi di rilievo penale. Non sarebbe quindi configurabile il reato di cui all'articolo 44, lettera c , d.p.r. 380/2001 la stessa Sopraintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici avrebbe dato atto, nel certificato di collaudo dell'11 febbraio 2011, dell'esecuzione di un restauro filologico , cioè in armonia con i permessi di costruire. Il ricorso ripropone inoltre una eccezione di illegittimità costituzionale relativa all'articolo 170 d.lgs. 42/2004 che sarebbe stata disattesa in modo inadeguato dal Tribunale. Infine si lamenta, come già anticipato, l'assenza del periculum perché costituirebbe nel caso in esame solo una generica e astratta ipotesi, non potendosi eseguire altri lavori, essendo l'intervento da tempo ultimato. In data 9 dicembre 2013 sono stati depositati motivi aggiunti. Il primo motivo denuncia nullità dell'ordinanza per violazione di legge e mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione si sarebbero violati gli articoli 170 e 181, commi 1 e 1 bis lettera a , d.lgs. 42/2004 con riferimento all'articolo 44, lettere b e c , d.p.r. 380/2001. L'ordinanza non avrebbe un apparato logico-giustificativo e sarebbe confusionaria. Si fonderebbe su un macroscopico equivoco l'inquadramento del castello nei beni culturali, laddove sarebbe solo un bene paesaggistico. Non sarebbe stato accertato se gli interventi in questione rilevano sotto il profilo paesaggistico erronea sarebbe anche la valutazione dei lavori interni al castello. In conclusione si sarebbe violato l'articolo 170 d.lgs. 42/2004. Il secondo motivo denuncia ancora nullità dell'ordinanza per violazione di legge e mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità motivazionale. Sarebbe violato l'articolo 321 c.p.p. in quanto l'ordinanza cautelare non può anticipare la decisione di merito, onde è preclusa ogni valutazione sugli indizi di colpevolezza e sulla loro gravità. Sarebbe poi inadeguata la rappresentazione del periculum. Considerato in diritto 3. Il ricorso è infondato manifestamente. 3.1. Deve anzitutto ricordarsi che l'articolo 325 c.p.p. limita l'oggetto del ricorso per cassazione contro le ordinanze relative a cautele reali alla denuncia della violazione di legge e non, quindi, del vizio motivazionale come conformato dall'articolo 606, primo comma, lettera e , c.p.p. Quale violazione di legge articolo 125 c.p.p. rileva allora, unicamente, la mancanza assoluta della motivazione o la motivazione apparente S.U. 13 febbraio 2004 numero 5876 Cass. sez. III, 15 giugno 2004 numero 26583 Cass. sez. V, 1 ottobre 2010 numero 35532 , non rilevando invece in questa sede illogicità o incompletezza dell'apparato motivazionale Cass. sez. V, 28 febbraio 2007 numero 8434 Cass. sez. VI, 20 febbraio 2009 numero 7472 . Inammissibili sono dunque le censure fondate su pretese contraddittorietà o illogicità della motivazione, potendosi considerare esclusivamente quella che adduce apparenza, ovvero carenza motivazionale. 3.2. Sfrondando, allora, nelle doglianze del ricorso e dei motivi nuovi - che, in realtà, vertono sulle stesse tematiche e possono essere considerati congiuntamente - quelli che possono qualificarsi pretesi vizi motivazionali riconducibili all'articolo 606, primo comma, lettera e , c.p.p., occorre evidenziare che gran parte delle censure - cioè laddove non si afferma l'esistenza di una motivazione apparente e non si ripropone l'eccezione di illegittimità costituzionale dell'articolo 170 d.lgs. 42/2004 - verte su profili puramente fattuali, tentando di conseguire una versione alternativa degli esiti del compendio probatorio sommario, nel senso della inesistenza sia del fumus commissi delicti sia del periculum in mora, e ciò da un lato per la pretesa assenza di interventi affetti da criticità sarebbe stata eseguita una operazione di restauro filologico , e dall'altro perché il castello non sarebbe comunque un bene culturale, negandosi infine l'esistenza di esigenze cautelari perché - ulteriore dato fattuale - i lavori sarebbero ultimati da tempo. Una mera lettura della accurata motivazione dell'ordinanza del Tribunale di riesame, d'altronde, evidenzia la correttezza dell'accertamento espletato dal giudice di merito in ordine alla sussistenza di fumus e periculum, accertamento che, a differenza di quanto prospettano i ricorrenti nel secondo dei motivi aggiunti, non viene affatto confuso nell'ordinanza con una valutazione precoce della responsabilità o meno dei ricorrenti stessi per i reati de quibus, ma finalizzato esclusivamente ai presupposti della cautela reale. Gli interventi edilizi che allo stato appaiono illegittimi, in quanto compiuti in assenza o comunque in difformità rispetto ai due permessi di costruire nnumero 131/2008 e 45/2009 , oltre che dopo la scadenza del termine di efficacia del titolo, sono stati specificamente elencati dal Tribunale motivazione, pagina 4 e di almeno alcuni di essi emerge ictu oculi l'incompatibilità assoluta con un restauro filologico . A titolo di esempio, si possono menzionare in tal senso lo spostamento di colonne monumentali, l'apertura di finestre sul perimetro esterno del castello, l'abbattimento di alberi ad alto fusto per realizzare un parcheggio, la parziale demolizione della scala che fronteggia il convento di San Benedetto e la costruzione di una scalinata esterna nuova che dal bosco porta al primo piano del castello con interessamento del muretto del camminamento esterno v. anche pagina 5 della motivazione . Il giudice di merito inoltre - a ulteriore dimostrazione che la motivazione non è stata fornita con modalità solo apparente - ha espletato un'analitica ricostruzione della vicenda sotto il profilo delle prescritte autorizzazioni e dei titoli abilitativi, rimarcando che il castello d'Oria è un immobile plurisecolare dichiarato di notevole interesse pubblico con d.m. 16 marzo 1998, nonché sottoposto a vincolo diretto ai sensi della legge numero 1089 del 1939, decreto di vincolo d'area archeologica del 18.11.2010, vincolo boschi e macchie tav. 4 D PUTT, vincolo ambito C Tav. 2 D PUTT approvato con D.C.C. numero 29 del 27. 10. 2005 , con conseguente necessità di ottenere, ai fini della validità dei permessi di costruire rilasciati dal Comune di Oria, l'autorizzazione paesistica ex articoli 146 e 21 d.lgs. 42/2004, di cui la società proprietaria non ha mai goduto motivazione, pagina 4 . Anche l'interno progetto è risultato non legittimamente assentibile in quanto in contrasto con le caratteristiche storico-artistiche del bene e senza che sia possibile distinguere tra parte monumentale e non monumentale del castello, atteso il suo valore storico-culturale unitario motivazione, pagina 6, che evidenzia altresì il percorso sfociato in esito negativo della procedura di autorizzazione paesistica . 3.3. Sotto il profilo, poi, della pretesa assenza del periculum in mora, la motivazione dell'ordinanza è ancora tutt'altro che apparente vengono vagliate le esigenze cautelari sia in riferimento all'articolo 181, commi 1 e 1 bis, lettera a , sia in riferimento all'articolo 170 d.lgs. 42/2004 motivazione, pagina 8 ed evidenziata congruamente l'attualità delle stesse, qualificando concreto ed attuale quello che viene identificato come il rischio che la struttura venga adibita, nuovamente, ad usi di tipo squisitamente turistico-ricettivo, incompatibili, come tali, con le caratteristiche storico sic e giuridiche del complesso motivazione, pagina 9 s. . È peraltro ovvio che la valutazione di incompatibilità di siffatte manifestazioni con il castello che i ricorrenti contestano, reputando sia notorio che tali attività non sono incompatibili con i castelli rientra nella cognizione di merito, per cui non può essere, in presenza come si è appena visto di una motivazione non apparente, oggetto di censura in questa sede. 3.4. Infine, i ricorrenti ripropongono l'eccezione di illegittimità costituzionale dell'articolo 170 d.lgs. 42/2004 già sottoposta al Tribunale. Secondo i ricorrenti, infatti, vi sarebbe indeterminatezza nell'espressione normativa uso incompatibile con il carattere storico e artistico, e sarebbe stata violata la legge delega 137/2002 che nulla stabiliva sulle sanzioni applicabili. L'eccezione deve essere considerata, naturalmente, nei limiti di rilevanza che può assumere in questa sede non è pertanto rilevante, trattandosi di cautela reale, la doglianza relativa alla determinazione della sanzione per il reato di cui all'articolo 170. Quanto, allora, all'espressione uso incompatibile - che confliggerebbe con l'articolo 25 Cost. per assenza di alcuna precisazione - è la stessa difesa dei ricorrenti a riconoscere pagine 6-7 del ricorso che è agli occhi di tutti quello che è compatibile con la natura storica di un maniero cioè, a suo avviso, le attività commerciali logicamente non si vede, allora, come sarebbe di difficile percezione il contrario, cioè l'attività incompatibile. In ogni caso, l'espressione utilizzata dal legislatore ictu oculi non è affetta da indeterminatezza, poiché l'incompatibilità è commisurata e rapportata specificamente a un carattere storico od artistico il che costituisce, ovviamente, una valutazione di merito affidata al giudice e che peraltro si nutre di quello che insegna il notorio quanto all'incidenza di un siffatto carattere sulla corretta fruizione di un edificio. Manifestamente infondata risulta, pertanto, l'eccezione di illegittimità, rispetto alla quale, seppur in modo conciso, anche il Tribunale ha fornito una motivazione non apparente, laddove ha, tra l'altro, qualificato l'articolo 170 norma fornita di sufficiente grado di determinatezza ed tassatività come risulta dalla complessiva interpretazione della normativa di tutela dei beni culturali contenuta nel d.lgs. 42/2004 motivazione, pagina 6 . In conclusione, per quanto fin qui osservato il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna dei ricorrenti, ai sensi dell'art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese del presente grado di giudizio. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale emessa in data 13 giugno 2000, numero 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità , si dispone che i ricorrenti versino la somma, determinata in via equitativa, di Euro 1000,00 ciascuno in favore della Cassa delle ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di €1000,00 ciascuno in favore della Cassa delle Ammende.