In tema di base di calcolo della pensione integrativa dei dipendenti dell’INPS, ai sensi dell’articolo 5 del regolamento per il trattamento di previdenza e quiescenza dell’ente, ai fini della computabilità nella pensione integrativa già erogata dal fondo istituito dall’ente è sufficiente che le voci retributive siano fisse e continuative, dovendosi escludere la necessità di una apposita deliberazione che ne disponga l’espressa inclusione. Non osta che l’elemento retributivo sia attribuito in relazione allo svolgimento di determinate funzioni o mansioni, anche se queste, e la relativa indennità, possano in futuro venire meno, mentre non può ritenersi fisso e continuativo un compenso la cui erogazione sia collegata ad eventi specifici di durata predeterminata oppure sia condizionata al raggiungimento di taluni risultati e quindi sia intrinsecamente incerto.
Il caso. La Corte di Cassazione, con la sentenza numero 4 del 4 gennaio 2016, ha accolto il ricorso con il quale un ex dipendente dell’INPS ha impugnato la sentenza di secondo grado che, pur avendo ritenuto il carattere fisso e continuativo dell’indennità di funzione “capoufficio” ad esso corrisposta fino al pensionamento in conseguenza dell’effettivo svolgimento di tali mansioni, aveva osservato che tale indennità era stata riconosciuta per lo svolgimento appunto di mansioni superiori ed aveva ritenuto che la stessa non era collegata alla carica formale, quanto piuttosto alle mansioni svolte, sicché non poteva entrare a far parte della base di calcolo della pensione integrativa. Il ricorrente ha lamentato il fatto che l’indennità di funzione ex articolo 15, comma 2, legge numero 88/1989 non sia stata ritenuta utilizzabile ai fini del calcolo della pensione integrativa sulla base del richiamo a Cass. numero 19296/2008, pronuncia che riguardava – invero – una controversia relativa al computo nella pensione integrativa della retribuzione superiore conseguita a seguito dello svolgimento di fatto di mansioni superiori e non, come nel caso di specie, laddove l’indennità era stata riconosciuta per lo svolgimento di mansioni proprie della qualifica, per le quali era contrattualmente prevista la corresponsione in diverse misure a seconda degli incarichi ricoperti. Il carattere continuativo e fisso della retribuzione. L’articolo 5 del Regolamento per il trattamento di previdenza e quiescenza del personale a rapporto di impiego dell’INPS include nella nozione di retribuzione da considerarsi agli effetti del regolamento stesso lo stipendio lordo calcolato per 15 mensilità, eventuali assegni personali ed altre competenze di carattere fisso e continuativo, con esclusione delle quote aggiunte di famiglia. Dunque, ai fini della computabilità nella pensione integrativa, è sufficiente che le voci retributive siano fisse e continuative, senza che sia necessario che l’inclusione sia disposta da apposita delibera e non ostando che l’elemento retributivo sia attribuito in relazione allo svolgimento di determinate funzioni o mansioni. Ciò premesso, la Suprema Corte ha ritenuto che la Corte territoriale abbia erroneamente applicato il principio secondo il quale vanno escluse dalla base di calcolo della pensione integrativa le maggiori competenze spettanti al lavoratore a seguito dello svolgimento di mansioni superiori nel caso di specie non si verteva nell’ipotesi di svolgimento di mansioni superiori poiché l’indennità riconosciuta al lavoratore era relativa allo svolgimento di funzioni proprie della qualifica, da erogarsi sino al momento dell’estinzione del rapporto di impiego. Infine, la Corte di Cassazione ha ritenuto irrilevante il mancato assoggettamento delle competenze retributive alla contribuzione al fondo di previdenza, non potendo assumere rilevanza ostativa inadempimenti del datore di lavoro, che è lo stesso soggetto onerato della prestazione pensionistica integrativa.
Corte di Cassazione, sez. VI Civile - L, ordinanza 7 ottobre 2015 – 4 gennaio 2016, numero 4 Presidente Curzio – Relatore Arienzo Svolgimento del processo 1.I1 Tribunale di Roma, accogliendo parzialmente la domanda proposta da B.D., dichiarava il diritto dei medesimo alla ricongiunzione, ai fini del conseguimento della pensione di anzianità presso l'INPS, dei periodi contributivi maturati presso la predetta gestione e presso l'Inarcassa per l'effetto condannava l'Inps alla corresponsione della prestazione in favore dei ricorrente dal 1/1/2009, in applicazione della I. numero 45/1990. 2. La Corte d'Appello, in riforma della sentenza impugnata, è pervenuta al rigetto delle domande rilevando che l'articolo 1 della I. 45/1990, al comma 4, stabilisce che dopo il compimento dell'età pensionabile la ricongiunzione, ai fini dei diritto e della misura di un'unica pensione, può essere richiesta in alternativa, presso la gestione nella quale si possano far valere almeno dieci anni di contribuzione continuativa in regime obbligatorio in relazione ad attività effettivamente esercitata . Ha osservato la Corte territoriale che la norma fa riferimento al compimento dell'età richiesta per il godimento della pensione di vecchiaia e non come come prospettato dall'istante , anche al raggiungimento dell'età richiesta per il godimento della pensione di anzianità ha rilevato al riguardo che la suddetta interpretazione è conforme al dato letterale, che richiama un parametro fisso e oggettivo, non mutevole in ragione delle singole situazioni contributive ha evidenziato che tale lettura trova conforto nella stessa circolare INPS del 13/7/1995, né è smentita dalla disposizione di cui al comma 5 della medesima legge, che contempla un'ipotesi specifica ricongiunzione di periodi assicurativi maturati successivamente al pensionamento per anzianità . 3. Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione il B., affidato a due motivi. L'Inps ha espletato le proprie difese orali in forza di delega in calce al ricorso. Motivi della decisione 1.Con il primo motivo di doglianza decisamente si deduce violazione dell'articolo 1 della I. numero 45 dei 1990 in relazione all'articolo 360 numero 3 C.P.C. Rappresenta che la Corte territoriale ha ritenuto di decidere la controversia sul presupposto della carenza in capo al ricorrente dell'età richiesta per la pensione di vecchiaia, senza considerare che il suddetto requisito è previsto dal comma 4 del citato articolo 1 per coloro che rientrano nelle ipotesi previste nei primi due commi dello stesso articolo. Precisa che il comma 4 si riferisce al caso di soggetto ancora iscritto a una gestione libero professionale, laddove dalla nota della Cassa Ingegneri, che produceva, risultava che al momento della presentazione all'INPS della domanda di ricongiunzione egli non era più in attualità di iscrizione presso la Cassa professionale. 2.Con il secondo motivo il ricorrente deduce omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti articolo 360 c.p.comma numero 5 . Osserva che la Corte territoriale aveva omesso di prendere in esame quanto precisato dall'appellato in replica al rilievo dell'Inps, che aveva dato per acquisita la persistente iscrizione all'Inarcassa al momento della domanda di ricongiunzione. 3.1 motivi sono da trattare congiuntamente stante l'intima connessione. Va rilevato che la Corte territoriale non ha considerato la circostanza, risultante dagli atti e riproposta in sede di ricorso per cassazione con adeguati connotati di autosufficienza, dell'essere il ricorrente cessato dalla iscrizione alla Cassa ingegneri e architetti a seguito di cancellazione dall'Albo professionale intervenuta il 22 dicembre 2008, prima, quindi, della presentazione della domanda di ricongiunzione, avanzata il 30 dicembre 2008. Sulla scorta di tale evidenza, trascurata dai giudici del merito, la fattispecie in disamina doveva essere ricondotta non già alla previsione di cui all'articolo 1 comma 4 I. 45/1990 ma a quella del primo comma dello stesso articolo. La suddetta norma consente la ricongiunzione di periodi contributivi maturati in diverse gestioni ai soggetti che non siano più iscritti a forme di previdenza per liberi professionisti all'atto della domanda, indipendentemente dal requisito del raggiungimento dell'età pensionabile previsto dal comma. 4. Il diritto alla ricongiunzione, pertanto, va riconosciuto al ricorrente ai sensi dell'articolo 1 comma 1 I. 45/1990 ai fini dei conseguimento della pensione di anzianità, in conformità al principio di diritto che segue il lavoratore dipendente o il lavoratore autonomo, il quale, già iscritto a forme di previdenza per liberi professionisti, abbia cessato detta iscrizione per avvenuta cancellazione dall'albo professionale, può, ai fini del conseguimento della pensione di anzianità presso l'Inps, effettuare la ricongiunzione dei periodi di contribuzione maturati presso altre forme previdenziali nella gestione cui risulti iscritto in qualità di lavoratore dipendente, ai sensi dell'articolo 1 comma 1 della I. 45/1990, senza che sia richiesto il raggiungimento da parte del medesimo dell'età pensionabile per il conseguimento della pensione di vecchiaia prevista dal comma 4 dello stesso articolo . 5. Ricorrendone i presupposti, mediante pronuncia resa ai sensi dell'articolo 384 comma 2° c.p.c., l'Inps deve essere condannato alla corresponsione della prestazione a favore dei ricorrente a decorrere dal 1/1/2009, con gli accessori di legge. 6.Le statuizioni inerenti alle spese del doppio grado vanno confermate in ragione della novità della questione, mentre le spese del giudizio di legittimità sono poste a carico dell'Inps secondo soccombenza e liquidate come in dispositivo. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, dichiara che il ricorrente ha diritto, ai fini dei conseguimento della pensione di anzianità presso l'Inps, alla ricongiunzione dei periodi contributivi maturati presso la predetta gestione e presso l'Inarcassa e, per l'effetto, condanna l'Inps alla corresponsione della prestazione a favore dei ricorrente a decorrere dal 1/1/2009, con gli accessori di legge. Conferma le statuizioni relative alle spese dei giudizi di merito e condanna l'Inps al pagamento delle spese del presente giudizio liquidate in € 100,00 per esborsi ed € 3.000,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge. Ai sensi dell'articolo 13 comma 1 quater del D.P.R. 115 dei 2002, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dei comma 1 bis dello stesso articolo 13.