La prescrizione si calcola in relazione all’epoca di consumazione dei singoli episodi delittuosi

E’ possibile procedere ad immediata declaratoria della causa estintiva della prescrizione maturatasi prima della pronuncia dell’impugnata sentenza, seppure nel grado di appello la questione non sia stata dedotta dalla difesa.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 46969/13, depositata il 25 novembre scorso. La fattispecie. Dopo la condanna in primo grado a 9 anni di reclusione, un uomo riusciva ad ottenere, in sede di appello, uno sconto, in quanto i reati di maltrattamenti in famiglia art. 572 c.p. e violenza privata art. 610 c.p. erano estinti per prescrizione. Ma l’imputato si rivolge in Cassazione, sostenendo l’insussistenza del residuo reato, ovvero della violenza sessuale continuata ed aggravata art. 609 bis e 609 ter , comma 1, nn. 1 e 5, c.p. . I Supremi Giudici, ritenendo attendibili le dichiarazioni della vittima, figlia dell’imputato, rilevano l’inammissibilità del ricorso proposto. Nonostante ciò, il ricorrente riesce ad ottenere l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata. Il giudice non può fare a meno di constatare la morte del reo, non si vede come non possa fare a meno di riconoscere la ‘morte del reato’ . In particolare, la Cassazione ha sottolineato l’orientamento più recente secondo cui va ritenuto possibile, pur in presenza di ricorso affetto da inammissibilità originaria, procedere ad immediata declaratoria della causa estintiva della prescrizione maturatasi prima della pronuncia dell’impugnata sentenza, seppure nel grado di appello la questione non sia stata dedotta dalla difesa . Nel caso di specie, infatti, la Corte territoriale ha omesso di dichiarare l’estinzione per prescrizione per le condotte consumate prima della pronuncia della sentenza, cioè per le condotte commesse fino al 22 luglio 2000. Sarà dunque compito del giudice del rinvio rideterminare la pena.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 22 maggio – 25 novembre 2013, n. 46969 Presidente Squassoni – Relatore Grillo Ritenuto in fatto 1.1 Con sentenza del 23 maggio 2012 la Corte di Appello di Messina, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Patti del 18 aprile 2008 con la quale R.M. , imputato dei reati di violenza sessuale aggravata artt. 609 bis e 609 ter comma 1 nn. 1 e 5 cod. pen. , maltrattamenti in famiglia art. 572 cod. pen. e violenza privata art. 610 cod. pen. , era stato condannato alla complessiva pena di anni nove di reclusione oltre alle pene accessorie di legge, dichiarava non doversi procedere in ordine ai reati di maltrattamenti e violenza privata perché estinti per prescrizione e rideterminava la pena in anni sette e mesi undici di reclusione limitatamente al residuo reato di cui al capo A violenza sessuale continuata ed aggravata , confermando nel resto. 1.2 La Corte distrettuale nel confermare il giudizio di colpevolezza espresso dal primo giudice relativamente alle condotte di violenza sessuale, ribadiva la piena attendibilità delle dichiarazioni della persona offesa, arricchite da riscontri esteri rilevanti quali le dichiarazioni della madre e del nonno della minore che si erano resi conto degli abusi che l'imputato intendeva commettere in danno della figlia quando entrava nella sua stanza, chiudendola a chiave ed impedendo agli altri familiari di accedervi il loro silenzio - spiegava la Corte - era dovuto alla paura di reazioni violente dell'uomo nei loro confronti. Escludeva anche che l'imputato fosse affetto da malattie mentali tali da comprometterne la capacità di intendere e di volere, o anche di limitarla. 1.3 Per l'annullamento della sentenza propone ricorso l'imputato personalmente censurando la decisione impugnata perché manifestamente illogica e contraddittoria in più punti rileva, in particolare che la Corte territoriale avrebbe privilegiato il racconto della ragazza, giudicandolo attendibile, nonostante le numerose contraddizioni e soprattutto la genericità delle prove costituite dalle dichiarazioni degli altri familiari. Considerato in diritto 1. Il ricorso può accogliersi nei limiti che seguono. Le censure sollevate dal ricorrente attengono esclusivamente al merito della decisione, essendosi rilevato da parte della difesa che le dichiarazioni della minore erano in realtà generiche ed inattendibili perché in sé contraddittorie e tali, quindi, da ritenere manifestamente illogica la motivazione della Corte distrettuale. Inoltre il ricorrente lamenta che sarebbe stato opportuno, se non addirittura necessario, da parte della Corte peloritana sottoporre la vittima a perizia finalizzata a verificare se fosse stata abusata onde valutarne l'intrinseca attendibilità e disporre, conformemente alle censure sollevate con l'atto di appello, perizia psichiatrica sullo stesso imputato al fine di verificarne la capacità di intendere e di volere al momento del fatto. 2. Osserva il Collegio che non solo si tratta di censure generiche, come tali aspecifiche e dunque inammissibili, ma che la Corte territoriale, oltre a richiamare, condividendole, le argomentazioni del primo giudice soprattutto sulla credibilità intrinseca della minore abusata, ha autonomamente svolto sul punto considerazioni diffuse e congrue, non limitandosi quindi ad un acritico recepimento delle considerazioni contenute nella sentenza di primo grado. Ha valutato - come è doveroso che fosse a fronte di specifiche censure sollevate con l'atto di appello - le dichiarazioni della giovane figlia dell'imputato, giudicate precise, coerenti, costanti ed immuni da suggestioni o sentimenti di astio. Così come ha scrutinato con la dovuta attenzione la posizione soggettiva dell'imputato non solo sotto il prospettato profilo di una asserita incapacità di intendere e di volere, radicalmente esclusa con dovizia di argomentazioni, ma anche alcune osservazioni di tipo sociologico sviluppate dalla difesa per corroborare la richiesta di perizia psichiatrica, giudicando anche tali rilievi non pertinenti, oltre che irrilevanti. La decisione impugnata si sottrae, quindi, a qualsivoglia censura di manifesta illogicità o insufficienza motivazionale con la conseguenza che il ricorso dovrebbe ritenersi inammissibile. 2. Osserva, tuttavia il Collegio, che parte delle condotte contestate erano coperte dalla prescrizione ben prima della sentenza di appello, sicché, sotto tale specifico profilo, si pone il problema della declaratoria di prescrizione con conseguente annullamento della sentenza senza rinvio, in presenza di un ricorso astrattamente inammissibile. 2.1 Ritiene questa Corte di aderire all'orientamento giurisprudenziale più recente secondo il quale va ritenuto possibile, pur in presenza di ricorso affetto da inammissibilità originaria, procedere ad immediata declaratoria della causa estintiva della prescrizione maturatasi prima della pronuncia dell'impugnata sentenza, seppure nel grado di appello la questione non sia stata dedotta dalla difesa Sez. 2^, 7.7.2009 n. 38704, Ioime, Rv 244809 Sez. 5^ 17.9.2012 n. 42950, Xhini, Rv. 254633 . 2.2 Non si ignora l'orientamento precedente formatosi su un precedente arresto delle SS.UU. secondo cui l'inammissibilità del ricorso per cassazione preclude ogni possibilità sia di far valere sia di rilevare di ufficio, ai sensi dell'art. 129 cod. proc. pen., l'estinzione del reato per prescrizione, pur maturata in data anteriore alla pronunzia della sentenza di appello, ma non dedotta né rilevata da quel giudice SS.UU. 22.3.2005 n. 23428, Bracale, Rv 231164 , poi consolidatosi con alcune pronunce delle Sezioni semplici Sez. 1^, 4.6.2008 n. 24688, Rayyan Sez. 3A, 8.10.2009 n. 42839, Imperato il nucleo centrale di tale indirizzo faceva e fa leva su una inammissibilità intrinseca del ricorso per manifesta infondatezza risolventesi nella mera apparenza dell'atto di impugnazione, come tale ostativa al formarsi di un rapporto processuale carenza, questa, che, sulla base della avvenuta formazione di un giudicato sostanziale, determina l'impossibilità di prendere in considerazione il motivo anche se unico poggiante sulla intervenuta prescrizione del reato, tanto quando sia maturata nelle more tra il giudizio di appello e il ricorso per cassazione, quanto se sia verificata prima della sentenza di merito. 2.3 Ma, pur consapevole della valenza generale di tale regola ermeneutica, questo Collegio ritiene di far proprie, aderendovi integralmente, le ragioni della non condivisione di tale principio dettagliatamente ed adeguatamente esposte in altra decisione di questa Corte con la quale si è ritenuto di poter assimilare il caso della prescrizione maturata prima delle conclusione della fase di merito a determinate ipotesi in cui il giudice, pur in presenza di una impugnazione inammissibile, mantiene intatta la sua cognizione e, conseguentemente, la possibilità/necessità di rendere una pronunzia che non sia meramente enunciativa della predetta inammissibilità per esempio, estinzione del reato per morte dell'imputato o dichiarazione di incostituzionalità della norma incriminatrice della quale si dovrebbe fare applicazione si tratta di evenienze che comportano l'obbligo nel caso concreto, disatteso per il giudice procedente di riconoscere la causa estintiva. 2.4 Tale indirizzo, peraltro, ha tratto spunto da alcune considerazioni a margine enunciate nella richiamata sentenza delle SS.UU. circa la esistenza di ipotesi siffatte implicanti un obbligo comunque di immediata declaratoria da parte del giudice di merito. 2.5 Come osservato in alcune recenti pronunce di legittimità, la funzione e la stessa ratio dell'istituto della prescrizione militano in tal senso, anche perché con il decorso del tempo, viene meno l'interesse dello Stato a esercitare la pretesa punitiva, senza che vi sia un apprezzamento in concreto del giudicante, ma sulla base di un automatico meccanismo presuntivo, in base al quale, il trascorrere del tempo comporta l'estinzione del reato. 2.5 Si è detto causticamente che come il giudice non può fare a meno di constatare la morte del reo, non si vede come possa fare a meno di riconoscere la morte del reato . Così come sono state segnalate possibili implicazioni di rilievo costituzionale, per vero superate dalle SS.UU. nella decisione dianzi citata, che osterebbero alla applicazione rigorosa del principio di diritto enunciato dalle SS.UU. sotto lo specifico profilo di possibili disparità di trattamento. 2.6 Si è quindi sostenuto, a ragione, che esiste una sostanziale differenza tra la prescrizione maturata prima della sentenza di appello, da un lato, e quella maturata dopo di essa o, addirittura, dopo la proposizione del ricorso per cassazione, dall'altro, in quanto la prima, venuta ad esistenza prima della conclusione della fase di merito, avrebbe dovuto imporre al giudice di rilevarla in ossequio a quel meccanismo automatico previsto dal legislatore che postula per il giudice di merito un mero atto di ricognizione Cass., Sez. 5^, 11.7.2011 n. 47024, Varane idem, n. 595 del 16.11.2011 n. 595, Rimauro . 3. A conclusioni non dissimili si deve pervenire anche nelle ipotesi in cui la prescrizione verificatasi prima della sentenza di appello non risulti essere stata invocata dall'imputato o dal suo difensore, né in sede di gravame, né nell'ambito dei motivi di ricorso si pone in tali casi un problema di rilevabilità ex officio della causa di estinzione in argomento, che tuttavia, in alcune recenti decisioni, questa Corte ha ritenuto di risolvere positivamente. Pur prescindendo dall'ammissibilità dei motivi di ricorso, laddove quei motivi - in ipotesi - continuino ad ignorare il problema della prescrizione, una volta che ne sia investita la Corte di Cassazione, non si vede perché dovrebbe essere preclusa la possibilità di porre rimedio all'errore colpevole del giudice di merito. 3.1 Peraltro nel caso in esame l'omissione del giudice di appello appare ancora più clamorosa in quanto per i reati c.d. satelliti la prescrizione era stata rilevata e dichiarata il che lascia intendere che solo per una erronea oltre che colpevole interpretazione dell'istituto della continuazione in riferimento al reato di violenza sessuale, la Corte territoriale ha omesso di dichiarare l'estinzione per prescrizione per le condotte consumate prima della pronuncia della sentenza in particolare, ci si intende riferire a quelle condotte commesse fino al 22 luglio 2000, per le quale, alla data della sentenza di appello era maturato il termine massimo di anni dodici e mesi sei previsto dall'art. 157 cod. pen. L'attuale istituto previsto dall'art. 81 cpv. cod. pen. dopo la riforma del 2005 l 251/05 prevede, infatti, la frazionabilità delle condotte e la loro scindibilità temporale, dovendosi calcolare il tempo necessario a prescrivere non più in relazione alla data di cessazione della continuazione, ma in relazione all'epoca di consumazione dei singoli episodi delittuosi, pur se avvinti da un unico nesso. 3.2 Da qui l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per essere i reati commessi fino al 22 luglio 2000 estinti per prescrizione, con conseguente rinvio alla Corte di Appello di Reggio Calabria per la rideterminazione della pena relativamente alle condotte residue per il reato di cui al capo A . Nel resto il ricorso deve essere rigettato per le considerazioni svolte in premessa. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata senza rinvio per i reati commessi fino al 22 luglio 2000 perché estinti per prescrizione, e con rinvio alla Corte di Appello di Reggio Calabria per la determinazione della pena. Rigetta nel resto.