La natura del giudizio di opposizione nel rito Fornero

I Supremi Giudici nella sentenza in commento ricordano la natura del giudizio di opposizione al licenziamento disciplinato dalla l. numero 92/2012 Riforma del lavoro Fornero evidenziando che l’istaurazione del giudizio di opposizione ad opera di una delle parti, «consente all’altra di riproporre con la memoria difensiva la domanda o le difese non accolte, e ciò anche nella ipotesi in cui per la parte che si costituisce sia spirato il termine per proporre un autonomo atto di opposizione».

Così la Cassazione con sentenza numero 21156/18, depositata il 24 agosto. Il fatto. Il Tribunale di Roma respingeva la domanda della lavoratrice, dirigente di Poste Italiane s.p.a., volta all’accertamento della nullità del licenziamento intimatole, dichiarando, altresì, inammissibile l’opposizione di Poste Italiane perché proposta oltre il termine di 30 giorni. La Corte d’Appello adita su reclamo principale di Poste Italiane e incidentale della lavoratrice, rigettava integralmente la domanda impugnativa del licenziamento. In sintesi, secondo la Corte territoriale, dopo la proposizione dell’opposizione da una delle parti al provvedimento conclusivo della fase sommaria, si apriva una fase processuale a cognizione piena non regolata dai principi in materia di impugnazione, ma ricondotta al modello ordinario di cui agli articolo 414 e ss. c.p.c. Forma della domanda . In altre parole, una volta opposta l’ordinanza della fase sommaria viene rimesso tutto in discussione anche per la parte che la lasciato spirare i termini per l’opposizione. La pronuncia della Corte territoriale è impugnata per cassazione dalla lavoratrice. La natura del giudizio di opposizione. La Cassazione, richiamando brevemente i principi attinenti alla natura e struttura del giudizio di opposizione disciplinato dai commi 51 e ss. l. numero 92/2012 riforma del lavoro Fornero , ha evidenziato che il rito disciplinato dalla citata legge è finalizzato ad accelerare i tempi del processo. Quindi l’opposizione «non è una revisio prioris istantiae e non ha natura impugnatoria, in quanto dopo una fase iniziale concentrata e deformalizzata, il procedimento si espande alla dimensione ordinaria della cognizione piena con accesso per le parti a tutti gli atti di istruzione ammissibili e rilevanti». Precisano i Supremi Giudici che se all’esito della fase sommaria la domanda di impugnazione del licenziamento è accolta solo parzialmente, «la istaurazione del giudizio di opposizione ad opera di una delle parti, consente all’altra di riproporre con la memoria difensiva la domanda o le difese non accolte, e ciò anche nella ipotesi in cui per la parte che si costituisce sia spirato il termine per proporre un autonomo atto di opposizione». Nel caso di specie la costituzione di Poste Italiane nella fase di opposizione e la riproposizione delle difese in ordine alla legittimità del licenziamento imponevano l’accertamento della validità o meno dell’atto di recesso, così come correttamente valutato dalla Corte d’Appello. Per questo motivo, secondo la Cassazione il ricorso deve essere rigettato con condanna del ricorrente al pagamento della spese del giudizio di legittimità.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 19 aprile – 24 agosto 2018, numero 21156 Presidente Nobile – Relatore Marchese Fatti di causa 1. Il Tribunale di Roma, investito dell’opposizione ex articolo 1, commi 51 e ss della legge nr. 92 del 2012, respingeva la domanda di G.S. , dirigente di Poste Italiane spa, volta all’accertamento della nullità del licenziamento intimatole il 6.12.2013 confermando l’ordinanza emessa all’esito della fase sommaria quanto all’illegittimità del recesso e dichiarava inammissibile l’opposizione di Poste Italiane spa, perché proposta oltre il termine di giorni 30. 2. La Corte di Appello di Roma, con sentenza nr. 156 dell’8.6.2016-15.6.2016, sul reclamo principale di Poste Italiane spa ed incidentale di G.S. , in riforma della statuizione di primo grado, rigettava integralmente la domanda di impugnativa del licenziamento. 3. Per quanto qui solo rileva, la Corte distrettuale, in dichiarata adesione di un precedente di questa Corte, osservava che, proposta opposizione da una delle parti al provvedimento conclusivo della fase sommaria, si apriva una fase processuale a cognizione piena, non regolata dall’articolo 334 cod.proc.civ. e dai principi in materia di impugnazione ma ricondotta, in linea di massima, al modello ordinario di cui agli articolo 414 e ss cod.proc.civ 3.1. In estrema sintesi secondo il ragionamento condotto dalla Corte di merito una volta opposta, nel termine di giorni 30, l’ordinanza della fase sommaria, tutto è rimesso in discussione, anche per la parte che ha lasciato spirare inutilmente i termini per l’opposizione inoltre, il mancato richiamo, nell’articolo 1, comma 51 e ss., dell’articolo 418 cod. proc. civ., comporta l’ammissibilità della riconvenzionale, purché proposta nel termine di 10 giorni prima dell’udienza fissata, anche senza richiesta di differimento della stessa. 4. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso G.S. , fondato su tre motivi. 5. Ha resistito con controricorso Poste Italiane Spa. 6. La parte ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’articolo 378 cod.proc.civ Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo ai sensi dell’articolo 360 nr. 3 cod.proc.civ. parte ricorrente deduce la violazione e/o la falsa applicazione dei commi 51 e 53 dell’articolo 1 della legge nr. 92 del 2012 nonché degli articolo 329, comma 2 e 112 cod proc.civ 1.1. Censura la sentenza della Corte di appello nella parte in cui afferma che l’opposizione, proposta da una delle parti, non consente il formarsi del giudicato sulle parti dell’ordinanza conclusiva della fase sommaria, non impugnata. 1.2. Secondo la parte ricorrente, l’interpretazione proposta dalla Corte capitolina non terrebbe conto che il comma 51 cit. prevede che il termine per la proposizione dell’opposizione è stabilito a pena di decadenza che il comma 53 cit. stabilisce che l’opposto e non l’opponente in via incidentale deve costituirsi mediante deposito di memoria difensiva a norma e con le decadenze di cui all’articolo 416 cod. proc. civ Da tali disposizioni, conseguirebbe, diversamente da quanto sostenuto in sentenza, che l’ordinanza o la parte di ordinanza non oggetto di tempestiva opposizione sarebbe destinata ad acquisire la stabilità propria della cosa giudicata. 2. Con il secondo motivo ai sensi dell’articolo 360 nr. 3 cod.proc.civ. deduce violazione e falsa applicazione dei commi 51, 53 e 56 dell’articolo 1 della legge nr. 92 del 2012 nonché degli articolo 416 e 418 cod.proc.civ. nonché ai sensi dell’articolo 360 nr. 5 cod. proc. civ. omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. 2.1. È censurata la decisione laddove la Corte territoriale, da un lato, avrebbe ammesso la possibilità, per il convenuto in opposizione, di richiedere la legittimità del licenziamento con domanda riconvenzionale e, dall’altro, avrebbe omesso di considerare che Poste Italiane S.p.A. non aveva proposto alcuna domanda riconvenzionale ai sensi del comma 53 dell’articolo 1 della legge nr. 92 del 2012 e dell’articolo 416 cod.proc.civ. la società, infatti, si era limitata a richiedere, nelle sue conclusioni, la riforma dell’ordinanza del 28 gennaio 2015 e la dichiarazione di legittimità del licenziamento. 3. I motivi primo e secondo possono essere trattati congiuntamente in quanto strettamente connessi. 3.1. In relazione ad entrambi vengono in rilievo questioni circa la natura e struttura del giudizio di opposizione disciplinato dai commi 51 e ss. della legge nr. 92 del 2012. 4. È opportuno, per sintesi, riportare la vicenda processuale, oggetto di causa. 4.1. Con giudizio ex articolo 1, comma 47 e ss, della legge nr. 92 del 2012, G.S. impugnava il licenziamento intimatole da Poste Italiane SpA il 6.12.2013, assumendo la nullità dello stesso in quanto determinato da motivo ritorsivo o, in subordine, la sua illegittimità. 4.2. Si costituiva Poste Italiane Spa, per resistere alla domanda. 4.3. Con ordinanza ai sensi del comma 49 dell’articolo 1 della legge nr. 92 del 2012, il Tribunale accertava la illegittimità del recesso per mancato assolvimento dell’obbligo di repechage e condannava la società al pagamento dell’indennità supplementare, in ragione del ruolo dirigenziale ricoperto dalla lavoratrice. 4.4. Contro la predetta ordinanza, proponeva opposizione G.S. , ai sensi del successivo comma 51 del medesimo articolo 1, reiterando la domanda di accertamento della nullità del recesso. 4.5. Poste Italiane S.p.A. si costituiva, ai sensi del comma 53 dell’articolo 1 legge nr. 92 del 2012, con memoria difensiva e concludeva per la riforma dell’ordinanza e l’accertamento di legittimità del licenziamento. 4.6. Con sentenza, ai sensi del comma 57 dell’articolo 1 legge nr. 92 del 2012, il Tribunale rigettava il ricorso in opposizione della lavoratrice e dichiarava inammissibile la domanda di riforma della ordinanza avanzata da Poste Italiane spa . 4.7. La Corte di Appello di Roma, gravata di reclamo proposto da Poste Italiane spa, ai sensi del comma 58 dell’articolo 1 legge nr. 92 del 2012, con la motivazione in sintesi riportata nello storico di lite, accoglieva il reclamo e rigettava integralmente la domanda della lavoratrice. 5. Osserva la Corte che i motivi sono infondati. 5.1. Le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato che il rito disciplinato dalla legge nr. 92 del 2012 articolo 1 finalizzato all’accelerazione dei tempi del processo è caratterizzato dalla articolazione del giudizio di primo grado in due fasi l’una a cognizione semplificata o sommaria, l’altra a cognizione piena. 5.2. L’opposizione non è, quindi, una revisio prioris istantiae e non ha natura impugnatoria, in quanto, dopo una fase iniziale concentrata e deformalizzata, il procedimento si espande alla dimensione ordinaria della cognizione piena, con accesso per le parti a tutti gli atti di istruzione ammissibili e rilevanti Cass. S.U. 18.9.2014 nr. 19674 e negli stessi termini Cass. 17.2.2015 nr. 3136 Cass. 17.7.2015 nr. 15066 . 5.3. Anche la Corte Costituzionale, con la sentenza 20.5.2015 nr. 78, ha escluso che l’opposizione possa essere equiparata ad una impugnazione, evidenziando che l’oggetto della seconda fase del rito non è circoscritto alla cognizione di errores in procedendo o in iudicando, eventualmente commessi dal giudice della prima fase, tanto che il giudizio di opposizione può anche avere profili soggettivi ed oggettivi diversi rispetto alla cognizione sommaria, attesa la ammissibilità della chiamata in causa di terzi e della formulazione di domande nuove, eventualmente proposte in via riconvenzionale, purché fondate sui medesimi fatti costitutivi. Il Giudice delle leggi ha significativamente osservato che la ordinanza pronunciata all’esito della fase sommaria, sebbene immediatamente esecutiva, è destinata ad essere in ogni caso assorbita dalla sentenza che definisce la fase di opposizione, ove il giudizio venga proseguito da una delle parti. 5.4. Questa Corte ha, quindi, osservato Cass. 26.2.2016 nr. 3836 che non è possibile ipotizzare la formazione del giudicato su alcune statuizioni e non su altre della ordinanza, atteso che quest’ultima è destinata ad acquisire il carattere della definitività nella sola ipotesi in cui l’opposizione non venga promossa. 5.5. Di conseguenza non può operare il principio del divieto di reformatio in peius, in quanto lo stesso trova il suo fondamento nelle norme che disciplinano le impugnazioni, non applicabili alla fattispecie Cass. nr. 3836 cit. . 6. Ne discende per quanto più di rilievo nella presente fattispecie che, qualora all’esito della fase sommaria la domanda di impugnazione del licenziamento venga accolta solo parzialmente, la instaurazione del giudizio di opposizione ad opera di una delle parti, consente all’altra di riproporre con la memoria difensiva la domanda o le difese non accolte, e ciò anche nella ipotesi in cui per la parte che si costituisce sia spirato il termine per proporre un autonomo atto di opposizione. 6.1. Sul punto va, dunque, parzialmente corretta, ex articolo 384, ultimo comma, cod.proc. civ., la motivazione della Corte di appello, nel senso che, per rimettere in discussione l’intero thema decidendum, è sufficiente che la parte opposta riproponga, nella memoria difensiva, le questioni sollevate nella fase sommaria in qualità di ricorrente e/o di resistente. 6.2. Nel caso di specie, la costituzione di Poste Italiane S.p.A., nella fase di opposizione, e la pacifica riproposizione delle difese in ordine alla legittimità del licenziamento intimato imponevano il doveroso accertamento della validità o meno dell’atto di recesso e dunque della sussistenza o meno delle sue ragioni giustificative, sicché la decisione adottata dalla Corte di appello è conforme a diritto. 7. Con il terzo motivo, parte ricorrente deduce ai sensi dell’articolo 360 nr. 3 cod. proc. civ. violazione e falsa applicazione degli articolo 91 e 92 cod. proc. civ. per avere la Corte di appello posto a carico della ricorrente le spese di lite, determinandole in una somma complessiva, per le diverse fasi di giudizio, pari ad Euro 17.000,00. 7.1. Lamenta che la Corte territoriale avrebbe dovuto compensare le spese dei giudizi, sussistendo gravi ed eccezionali ragioni per la novità delle questioni trattate. 7.2. Il motivo è infondato. 8. Occorre in questa sede ribadire che mentre l’esercizio da parte del giudice di merito del potere di disporre la compensazione è stato, nel tempo, sottoposto ad un sempre maggiore controllo, con conseguente sindacabilità della motivazione posta a base dell’esercizio di quel potere, il mancato esercizio dello stesso non può essere dedotto quale motivo di illegittimità della pronuncia di merito che ha applicato il principio della soccombenza Cass. nr. 22224 del 2014 . 8.2. La decisione della Corte di appello è dunque immune dalla prospettata censura, dovendosi, in ultimo, osservare che la ricorrente non ha prospettato la violazione dei limiti massimi di quantificazione delle spese. 9. Il ricorso va, dunque, complessivamente respinto. 10. Le spese seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 4.000,00 per compensi professionali, Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge. Ai sensi dell’articolo 13, comma 1 quater, del D.P.R. nr. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, dello stesso articolo 13.