di Chiara Maria Ciarla
di Chiara Maria CiarlaCon la sentenza numero 4476/11, la Suprema Corte si pronuncia in tema di danni cagionati da cosa in custodia, ponendo ancora una volta luce sui principi di diritto in subiecta materia.La fattispecie. Nel caso in esame, l'attrice, a seguito di una caduta su una chiazza di detersivo colata sul pavimento del supermercato con conseguente rottura del femore, citava in giudizio il gestore del supermercato chiedendo il risarcimento del danno patito. La pretesa attorea veniva rigettata sia in primo che in secondo grado sull'assunto che, nella fattispecie, non fosse riscontrabile alcuna insidia o trabocchetto e che, pertanto, l'incidente sarebbe stato facilmente evitabile adoperando l'ordinaria diligenza. In particolare, i giudici di merito rilevavano che la chiazza di detersivo, causa dell'incidente occorso, era ben visibile e dunque la cliente, prestando attenzione, avrebbe potuto evitarla agevolmente. Differenti sono invece le considerazioni svolte dai giudici di legittimità, i quali accolgono il ricorso e cassano la sentenza impugnata invitando il giudice del rinvio a pronunciarsi alla luce dei principi dettati in materia di responsabilità oggettiva ex articolo 2051 c.c.Il gestore del supermercato è responsabile, in qualità di custode. L'articolo richiamato recita che ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito . Per custode si intende colui che ha la disponibilità di fatto della cosa, nel senso di un potere di controllo e vigilanza sulla cosa stessa dunque, custode è certamente il gestore di un grande magazzino, il quale è tenuto alla cura dei beni che si trovano all'interno. Segnatamente, la norma non fa riferimento alla custodia nel senso contrattuale del termine, bensì ad un potere fisico che implica il governo della cosa a cui sono riconducibili l'esigenza e l'onere di vigilanza affinché dalla cosa stessa non derivi danno ad altri. Ulteriore presupposto della fattispecie de qua, desumibile dalla lettera stessa della norma, è che il danno sia prodotto dalle cose. Ne deriva che, per l'applicabilità della disposizione in esame, è necessario che l'evento dannoso sia prodotto dalla cosa o perché la stessa sia suscettibile, per la sua intrinseca natura, di produrlo o perché in essa siano sorti agenti dannosi tali da arrecare ad altri un pregiudizio.Pertanto, stante la sussistenza del rapporto di custodia come sopra delineato ed il danno prodotto dalla cosa, si avrà luogo ad una responsabilità di tipo oggettivo, esclusa solamente dal caso fortuito.In altri termini, ai fini della responsabilità ex articolo 2051 c.c., affinché possa configurarsi in concreto, è sufficiente che sussista il nesso causale tra la cosa in custodia ed il danno arrecato dalla medesima, senza che rilevi al riguardo la condotta del custode, il cui comportamento è irrilevante ed esterno alla struttura stessa della fattispecie in discorso. Invero, corollario di quanto suddetto, è proprio l'irrilevanza della condotta assunta dal custode ovvero l'osservanza o meno di un obbligo specifico di vigilanza, in quanto la nozione di custodia non presuppone né implica un peculiare obbligo di custodire, bensì la ratio della norma è quella di imputare la responsabilità a chi di fatto controlla le modalità d'uso, di conservazione e di funzione della cosa, ovvero a colui che si trova in una relazione diretta con essa.Il caso fortuito esclude la responsabilità oggettiva del gestore. Unico fattore determinate ai fini dell'esclusione della responsabilità de qua è dunque il caso fortuito, da intendersi nel senso più lato del termine, comprensivo del fatto del terzo e del fatto dello stesso danneggiato. Quindi, quando il danno è in effetti provocato da una causa estranea alla cosa, che ben può essere integrata dal comportamento del danneggiato medesimo, si verifica il c.d. fortuito incidentale idonea ad interrompere il nesso eziologico tra la cosa in custodia ed il danno.Tuttavia, il giudizio sull'autonoma idoneità del fattore sterno, estraneo alla cosa, deve essere adeguato alla natura della cosa stessa ed alla sua pericolosità, nel senso che tanto meno essa è intrinsecamente pericolosa quanto più la situazione di possibile pericolo è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l'adozione delle normali cautele da parte del danneggiato. Il cliente si aspetta di camminare su un pavimento sicuro. Ebbene, nella specie, il Sommo Consesso afferma che la suddetta ordinaria attenzione da parte della danneggiata quale elemento in astratto idoneo ad interrompere il collegamento causale deve comunque confrontarsi con la massima di comune esperienza, alla stregua della quale chi frequenta un supermercato ha la ragionevole aspettativa di circolare in un luogo sicuro soprattutto con riferimento alla manutenzione del pavimento. Ne consegue che il caso di specie deve essere rivalutato alla luce dei principi di diritto suesposti.
Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 20 gennaio - 24 febbraio 2011, numero 4476Presidente Preden - Relatore Amendola Svolgimento del processoI fatti di causa possono così ricostruirsi sulla base della sentenza impugnata.M.P. C. convenne in giudizio innanzi al Tribunale di Roma SMAFIN s.r.l. chiedendo di essere risarcita dei danni subiti il 22 dicembre 1995 allorché, mentre si trovava all'interno di un supermercato gestito dalla convenuta, era caduta a causa di una chiazza di sapone colata sul pavimento da un flacone collocato sugli scaffali del grande magazzino, riportando la rottura del femore.Con sentenza del 17 giungo 2002 il giudice adito rigettò la domanda.Proposto dalla soccombente gravame, la Corte d'appello lo ha respinto in data 1 aprile 2005.Avverso detta pronuncia propone ricorso per cassazione, illustrato anche da memoria, M.P. C., formulando tre motivi.Resiste con controricorso SMAFIN s.r.l Motivi della decisione1.1 Col primo motivo la ricorrente denuncia insufficienza della motivazione sul motivo di appello volto a far valere la responsabilità della controparte ex articolo 2043 cod. civ., in relazione all'articolo 112 cod. proc. civ Sostiene che la Corte territoriale, esaminati congiuntamente i due motivi di gravame con i quali era stata denunciata la mancata applicazione, rispettivamente, degli articolo 2043 e 2051 cod. civ., si era poi occupata soltanto dell'evocata responsabilità del custode. E invero il giudice d'appello, pur avendo dato per scontato, a differenza dei quello di prime cure, che la caduta della decotti era avvenuta a causa del liquido disperso per terra, aveva ritenuto l'evento dannoso addebitabile esclusivamente a negligenza della stessa infortunata, essendo l'ostacolo visibile, senza nulla dire, dunque, sulla mancata adozione di quelle cautele, quale segnalazione del pericolo e rimozione della sostanza, idonee a connotare in termini di colpa la condotta del gestore.1.2 Col secondo mezzo l'impugnante lamenta violazione dell'articolo 2051 cod. civ., anche in relazione all'articolo 1176 cod. civ Considerato invero che, ai fini dell'applicabilità dell'articolo 2051 cod. civ., all'attore incombe soltanto l'onere di provare il nesso di causalità tra la res in custodia e il danno subito, mentre spetta al custode dimostrare, per andare esente da responsabilità, l'imputabilità del pregiudizio al caso fortuito, erroneamente il decidente aveva assolto la controparte dalle istanze attrici sull'assunto che non fosse riscontrabile nella fattispecie alcuna insidia trabocchetto. Secondo l'esponente per affermare la responsabilità del custode non sarebbe assolutamente necessario provare la presenza di tali elementi, tanto più che la diligenza richiesta alla clientela di un supermercato è quella media, ex articolo 1176 cod. civ. , propria del cittadino normalmente avveduto, e che il titolare di un grande magazzino ha certamente l'obbligo, ex articolo 40 cod. penumero , di rimuovere dal pavimento sostanze scivolose, così impedendo eventi dannosi per i clienti.1.3 Col terzo mezzo la ricorrente deduce insufficienza della motivazione sul motivo di appello volto a far valere la responsabilità della controparte ex articolo 2049 cod. civ., in relazione all'articolo 112 cod. proc. civ La censura investe la risposta data dalla Corte territoriale al motivo di gravame col quale era stata impugnata la ritenuta insussistenza della responsabilità del titolare del supermercato per carenze nella manutenzione della struttura, argomentata sul rilievo che la stessa parte attrice aveva, in citazione, ammesso che il liquido era da poco fuoriuscito dal contenitore. Secondo l'esponente la motivazione sarebbe, sul punto, profondamente inappagante, considerato che il fatto causativo del danno era assolutamente prevedibile e niente affatto infrequente nella gestione dei supermercati.2 Ragioni di ordine logico impongono di partire dall'esame delle critiche svolte nel secondo motivo di ricorso che, attenendo alla ricorrenza, nella fattispecie, di un'ipotesi di responsabilità aggravata per fatto proprio nel senso che di qui a poco si chiarirà , hanno un rilievo potenzialmente assorbente, rispetto alle altre censure proposte.Esse sono fondate per le ragioni che seguono.3 I principi giuridici che, secondo la giurisprudenza di legittimità, governano la materia, possono così riassumersi la responsabilità per i danni cagionati da cose in custodia prevista dall'articolo 2051 cod. civ., prescinde dall'accertamento del carattere colposo dell'attività o del comportamento del custode e ha natura oggettiva, necessitando, per la sua configurabilità, del mero rapporto eziologico tra cosa ed evento tale responsabilità prescinde, altresì, dall'accertamento della pericolosità della cosa e sussiste in relazione a tutti i danni da essa cagionati, sia per la sua intrinseca natura, sia per l'insorgenza di agenti dannosi, essendo esclusa solo dal caso fortuito, che può essere rappresentato - con effetto liberatorio totale o parziale - anche dal fatto del danneggiato, avente un'efficacia causale idonea a interrompere del tutto il nesso causale tra cosa ed evento dannoso o da affiancarsi ad esso come ulteriore contributo utile nella produzione del pregiudizio Cass. civ. 7 aprile 2010, numero 8229 Cass. civ. 19 febbraio 2008, numero 4279 Cass. civ. 5 dicembre 2008, numero 28811 .La radicale oggettivazione dell'ipotesi normativa, insita nella prospettiva adottata - che rende più congruo parlare di rischio da custodia piuttosto che di colpa nella custodia e di presunzione di responsabilità piuttosto che di colpa presunta - comporta che la responsabilità in questione non esige, per essere affermata, un'attività o una condotta colposa del custode, di talché, in definitiva, il custode negligente non risponde in modo diverso dal custode perito e prudente, se la cosa ha provocato danni a terzi Cass. civ. 19 febbraio 2008, numero 4279 .4 Assodato, dunque, che la responsabilità ex articolo 2051 cod. civ. è esclusa solamente dal caso fortuito -che, si ripete, è qualificazione incidente sul nesso causale e non sull'elemento psicologico dell'illecito confr. Cass. civ. 7 luglio 2010, numero 16029 Cass. civ. 19 febbraio 2008, numero 4279 - in relazione a talune fattispecie può essere necessario stabilire se l'evento derivi in tutto o in parte dal comportamento dello stesso danneggiato. Ne consegue che corollario della regola sancita dall'articolo 2051 cod. civ è quella dettata dall'articolo 1227 cod. civ., comma 1.Peraltro il giudizio sull'autonoma idoneità causale del fattore esterno ed estraneo a produrre l'evento deve in ogni caso essere adeguato alla natura ed alla pericolosità della cosa, sicché tanto meno essa è intrinsecamente pericolosa, tanto più la situazione di possibile pericolo è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l'adozione delle normali cautele da parte dello stesso danneggiato, tanto più incidente deve considerarsi l'efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, a partire dall'uso improprio della cosa, fino all'eventuale interruzione del nesso eziologico tra la stessa e il danno e alla esclusione di ogni responsabilità del custode cofr. Cass. civ. 19 febbraio 2008, numero 4279 .5 Venendo al caso di specie, secondo il giudice di merito il comportamento della danneggiata avrebbe avuto siffatta portata, perchè il liquido era visibile sul pavimento, di talché, esclusa la sussistenza di un'insidia o trabocchetto, e, in particolare, di un pericolo occulto e imprevedibile, la caduta era attribuibile esclusivamente a disattenzione della vittima.Ritiene il collegio che tali argomentazioni facciano malgoverno dei principi innanzi enunciati.E invero l'affermazione che il mancato avvistamento della chiazza di detersivo costituì elemento idoneo a interrompere il nesso di causalità, deve confrontarsi con la massima di comune esperienza per cui chi frequenta un supermercato ha la ragionevole aspettativa di circolare in un posto sicuro soprattutto con riferimento alla manutenzione del pavimento, essendo interesse anche del gestore che l'attenzione degli avventori sia catturata esclusivamente dai prodotti esposti.In tale contesto è del tutto plausibile che il danno sofferto dalla C. sia stato casualmente connesso a un tipo di utilizzazione conforme alla funzione e alla destinazione tipiche della cosa in custodia di talché, nella predetta prospettiva, andranno nuovamente approfondite tutte le circostanze in cui avvenne la caduta.In definitiva, in accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d'appello di Roma in diversa composizione che, nel decidere, si atterrà ai seguente principi di diritto - la responsabilità per i danni cagionati da cose in custodia prevista dall'articolo 2051 cod. civ., prescinde dall'accertamento del carattere colposo dell'attività o del comportamento del custode e ha natura oggettiva, necessitando, per la sua configurabilità, del mero rapporto eziologico tra cosa ed evento tale responsabilità è esclusa solo dal caso fortuito, che può essere rappresentato - con effetto liberatorio totale o parziale - anche dal fatto del danneggiato, avente un'efficacia causale idonea a interrompere del tutto il nesso eziologico tra cosa ed evento dannoso o ad affiancarsi come ulteriore contributo utile nella produzione del danno - il giudizio sull'incidenza del comportamento del danneggiato nella produzione del danno non può prescindere dalla considerazione della natura della cosa e deve tener conto delle modalità che in concreto e normalmente ne caratterizzano la fruizione.Resta assorbito l'esame degli altri motivi di ricorso.P.Q.M.La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese del giudizio di cassazione alla Corte d'appello di Roma in diversa composizione.