Pedana del bar che invade il suolo pubblico? Perché si configuri il reato serve il dolo specifico in capo ai gestori

Perché si possa contestare il reato di invasione di terreni o edifici pubblici o privati occorre l’accertamento del dolo specifico in capo all’indagato, caratterizzato dal fine di occupare arbitrariamente l’immobile o di trarne altrimenti profitto, non essendo di per sé sufficiente la consapevolezza circa l’illegittimità amministrativa dell’occupazione di bene altrui.

Il caso. Due fratelli erano subentrati nell’attività commerciale di gestione di un bar, in precedenza della propria madre che – conformemente alla concessione amministrativa di cui godeva – aveva illo tempore apposto una pedana per posizionamento dell’arredo esterno del locale. Venivano indagati per il reato di invasione di suolo pubblico consistente nella porzione di marciapiede e di parte della sede stradale prospiciente il proprio locale commerciale, perché ivi era apposta una pedana di legno e ferro di mq 27 con paravento, due ombrelloni, tavolini e sedie e, conseguentemente, subivano sequestro preventivo. La conferma del Tribunale per il Riesame Il provvedimento veniva confermato dal Tribunale per il Riesame che rigettava il gravame proposto rilevando che la concessione permanente per il suolo pubblico – che gli indagati facevano valere – era intestata a persona diversa da loro, cioè alla madre degli attuali gestori e che i manufatti posti sul suolo pubblico ostacolavano il transito pedonale. smentita dalla Cassazione . Gli indagati però non si davano per vinti e ricorrevano innanzi la Suprema Corte che dava loro ragione annullando senza rinvio l’ordinanza impugnata e disponendo l’annullamento del provvedimento di sequestro, non senza aver analizzato con rigore il fumus degli elementi necessari per configurare il reato ascritto. La condotta tipizzata a presidio della relazione di fatto tra cosa e soggetto . La norma incriminatrice descrive la condotta di invasione di terreni o edifici come realizzabile con l’arbitraria introduzione dall’esterno in un fondo o in un immobile altrui di cui non si abbia né possesso né detenzione. È infatti posta a presidio di una situazione di fatto, dovendosi escludere quando il soggetto entri legittimamente in possesso del bene. Non sussiste il dolo specifico. Nel caso in esame, ad avviso della Corte, non sussiste l’elemento soggettivo del dolo specifico perché anche il mancato tempestivo pagamento della tassa di occupazione di suolo pubblico rileva ai soli fini della sussistenza dell’illecito amministrativo, ma non vale ad integrare il più rigoroso dolo specifico richiesto per configurare la fattispecie delittuosa, dal quale deve essere attentamente discriminato perché diversa è la ratio delle norme coinvolte. Applicazione del principio di sussidiarietà in concreto del precetto penale? La Corte sembra dare attuazione concreta al principio di sussidiarietà del diritto penale secondo il quale – in estrema sintesi – la previsione di sanzioni penali e, prima ancora, l’elevazione a bene giuridico penalmente tutelato di interessi meritevoli va riservata a fattispecie che non siano tutelate adeguatamente da altri rami dell’ordinamento e che necessitino invece una più incisiva attenzione da parte del legislatore. D’altra parte, evidentemente, l’incriminazione in parola sembra per alcuni versi anacronistica se rapportata al caso sopra esposto e davvero non confacente a tutelare posizioni di tipo amministrativo o civilistico che trovano adeguata protezione altrove, senza appesantire – con la possibilità di una misura cautelare reale – quella che appare una mera irregolarità da sanare.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 25 gennaio - 3 maggio 2012, numero 16340 Presidente Cosentino – Relatore Gentile Considerato in fatto 1.1 Il Gip presso il Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto. nell'ambito del. procedimento penale a carico di C. S. e C. G. indagati per il reato ex articolo 110, 933, 639 bis c.p., per avere invaso il suolo pubblico, costituito dalla porzione di marciapiede e di parte della sede stradale prospicienti il loro esercizio commerciale, adibito a bar, mediante l' apposizione di una pedana in legno e ferro di mq. 27 con paravento, due ombrelloni, tavolini e sedie. 1.2 Il Tribunale per il riesame di Messina, con ordinanza del 27 07.2011. respingeva il gravame osservando, in sintesi - che la precedente concessione del suolo pubblico era intestata a persona diversa e -che i manufatti sistemati sul suolo pubblico ostacolavano il transito pedonale, sicché il tatto ascritto era astrattamente sussumibile nell’ipotesi di reato contestata 2.0 Ricorrono per cassazione i due indagati, deducendo Motivi ex articolo 606, 1° co., lett. b e c.p.p. 2.1 - In primo luogo i ricorrenti censurano la decisione impugnata per omessa individuazione degli elementi costitutivi del reato ipotizzato ed omessa applicazione degli articolo 51 e 59 c.p., avendo il Tribunale omesso di considerare - che la pedana in questione era stata collocata sul luogo dalla loro madre a seguito di rilascio di regolare concessione permanente del suolo comunale -che i ricorrenti non avevano compiuto alcuna invasione ma si erano limitati a subentrare nell'attività commerciale della genitrice e nel possesso dello spazio pubblico in questione - che mancava pertanto l'elemento soggettivo del reato, cosa diversa dall'illecito amministrativo conseguente ed l'omesso pagamento della tassa di occupazione di suolo pubblico. - che i ricorrenti avevano maturato la convinzione circa il loro diritto a mantenere l'occupazione del suolo iniziata dalla madre, anche perché avevano notiziato il Comune del subentro nell'attività commerciale Chiedono l'annullamento dell'ordinanza impugnata. Considerato in diritto 3.0 - I motivi di ricorso sono fondati. 3.1 - La giurisprudenza in materia del reato ex articolo 633 c.p., anche di questa sezione, è concorde nel ritenere che la condotta tipica del reato di invasione di terreni o edifici consiste nell'introduzione dall'esterno in un fondo o in un immobile altrui di cui non si abbia il possesso o la detenzione la norma di cui all'articolo 633 c.p.,infatti, non è posta a tutela di un diritto ma di una situazione di fatto tra il soggetto e la cosa, per cui tutte le volte in cui il soggetto sia entrato legittimamente in possesso del bene deve escludersi la sussistenza del reato Cassazione penale, sez. II, 02/12/2009, numero 49567 –conforme Cassazione penale, sez. II, 01/12/2005, numero 2337 . Per la configurazione del reato, infatti, è necessario che l'invasione sia arbitraria che avvenga dunque in assenza di autorizzazione o di consenso da parte del soggetto titolare del potere di godimento, mentre entrambi i requisiti erano stati ottenuti nel caso di specie dalla madre dante causa dei due soggetti indagati, cosicché il semplice “subentro” dei fratelli C. nella conduzione dell'attività commerciale nel possesso della pedana già da tempo ivi installata non rappresenta comportamento tale da poter essere qualificato come invasione in senso penalistico. Non risulta dal testo del provvedimento impugnato che i ricorrenti abbiano mai inteso negare la proprietà pubblica del suolo occupato ed il mancato tempestivo pagamento della relativa tassa di occupazione può rilevare ai fini amministrativi o civilistici, ma non è sufficiente ad integrare il comportamento menzionato dall'articolo 633 c.p. Del resto, è stato anche affermato da questa sezione della Corte che la sola consapevolezza dell’illegittimità dell'occupazione di un altrui bene immobile non vale, di per sé, a rendere configurabile il dolo specifico richiesto per la sussistenza del reato di cui all'articolo 633 c.p., caratterizzato dalla finalità di occupare l'immobile o di trame altrimenti profitto. non potendosi, in particolare confondere - nel caso di beni demaniali, come nella specie - l'elemento soggettivo richiesto per la fattispecie criminosa con quello sufficiente per l'illecito amministrativo dell'omesso pagamento della tassa di occupazione di suolo pubblico sent. numero 14799 del24/01/2003- 28/03/2003, ric. Ruffino, rv. 226432 . Il comportamento degli indagati, pertanto, per quanto non conforme a diritto, non forniva la prova del dolo specifico necessario alla configurazione della fattispecie criminosa. il ricorso risulta pertanto fondato, dovendosi disporre l'annullamento, senza rinvio, dell'ordinanza impugnata per mancanza del “ fumus ” sufficiente a configurare, sia pure in via astratta il reato contestato a tale decisione consegue l'annullamento anche del provvedimento di sequestro. P.Q.M. Annulla senza rinvio l'ordinanza impugnata e il provvedimento di sequestro.