Motociclista assume droghe e investe pedone, ma per esserne certi bisogna provarlo

Ai fini del giudizio di responsabilità nel reato di guida in stato di alterazione psico-fisica per uso di sostanze stupefacenti, è necessario provare non solo la precedente assunzione di sostanze stupefacenti, ma anche che l’agente abbia guidato in stato di alterazione causato da tale assunzione.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione nella sentenza numero 16059 dell’11 aprile 2014. Il fatto. Un motociclista nell’impegnare un incrocio, urtava un pedone che stava attraversando la strada da destra verso sinistra, fuori le strisce pedonali l’imputato stava superando sulla sinistra le macchine ferme in colonna, procedendo ad una velocità di 37 km/h, ritenuta non prudenziale in relazione alla manovra scorretta che stava compiendo. Alla luce di tale episodio, il gip, in esito a giudizio abbreviato, dichiarava il motociclista colpevole del reati di omicidio colposo commesso in violazione delle norme a tutela della circolazione stradale, e di guida in stato di alterazione da sostanze stupefacenti, condannandolo alla pena di un 1 anno, 4 mesi 20 gg di reclusione, pena sospesa, e applicando la sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente, nonché la confisca del motociclo da lui guidato. Sia il Tribunale che la Corte d’appello ritenevano il guidatore colpevole, rilevando come non potesse dubitarsi che lo stato di intossicazione per assunzione di stupefacenti fosse attuale, e che la guida fosse stata imprudente. Era sotto stupefacenti al momento dell’incidente? Avverso tale sentenza ricorreva per cassazione il condannato, contestando che per quanto riguardava l’alterazione psicofisica, si trattava di una circostanza, che era stata accertata soltanto attraverso l’esame delle urine, esame però che, come la difesa aveva rappresentato già in sede d’appello, poteva dimostrare solo la pregressa assunzione di sostanze stupefacenti e non l’attualità del fatto che la persona, si trovasse, al momento dell’incidente, sotto l’influenza di cannabinoidi. Riguardo invece l’investimento del pedone, la difesa sosteneva che quest’ultimo era uscito all’improvviso dalla fila di auto incolonnate, con modalità tali da non essere visibile da parte del motociclista, di modo che non era possibile alcuna manovra atta ad evitare l’investimento. Accertamento dello stato di alterazione rimandato ai giudici del merito. Per la S.C. il primo motivo di ricorso è fondato, in quanto ai fini dell’accertamento del reato è necessario sia un accertamento tecnico-biologico, sia che altre circostanze provino la situazione di alterazione psico-fisica al momento del fatto contestato. Tale complessità probatoria s’impone perché le tracce degli stupefacenti permangono nel tempo, sicché l’esame tecnico potrebbe avere un esito positivo in relazione ad un soggetto che ha assunto la sostanza giorni addietro e che, pertanto, non si trova al momento del fatto in stato di alterazione. Pertanto su tale punto la sentenza, a parere della Corte, deve essere annullata con rinvio al giudice del merito che valuterà la sussistenza delle altre circostanze, riferite dagli agenti o comunque desumibili dal compimento dell’imputato, sulla cui base possa affermarsi che il medesimo fosse in stato di alterazione al momento dell’incidente. L’attenzione assente del guidatore. Quanto alla responsabilità per l’incidente il ricorso non merita accoglimento, in quanto il conducente di un veicolo ha in ogni caso il dovere di attenzione nei confronti dei pedoni in prossimità di un semaforo, essendo sempre possibile che si verifichi l’attraversamento fuori dal passaggio pedonale, comportamento che seppure imprudente, non è eccezionale o assolutamente imprevedibile.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 13 febbraio – 11 aprile 2014, numero 16059 Presidente Brusco – Relatore Bianchi Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 14 dicembre 2011 la corte di appello di Milano ha confermato la sentenza del Gip che, all'esito di giudizio celebrato con rito abbreviato, aveva riconosciuto V.C.A. colpevole dei reati di omicidio colposo commesso con violazione delle norme a tutela della circolazione stradale e di guida in stato di alterazione da sostanze stupefacenti, condannandolo alla pena di un anno, quattro mesi e venti giorni di reclusione, pena sospesa, e applicando la sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente nonché la confisca del motociclo da lui guidato. Il omissis il V. , alla guida del proprio motociclo, nell'impegnare l'incrocio tra via omissis e viale omissis , urtava il pedone S.G. che stava attraversando la strada da destra verso sinistra, fuori delle strisce pedonali l'imputato stava superando sulla sinistra le macchine ferme in colonna, procedendo ad una velocità di circa 37 km/h, ritenuta non prudenziale in relazione alla manovra scorretta che stava compiendo. Sia il tribunale che la corte d'appello ritenevano la responsabilità del V. per entrambi i reati in particolare la corte d'appello rilevava come non potesse dubitarsi che lo stato di intossicazione per l'assunzione di sostanze stupefacenti fosse attuale, in tal senso deponendo i risultati delle analisi delle urine, confermati dal referto redatto dal medico del pronto soccorso dove era stato ricoverato. In ordine all'incidente, la corte di appello rilevava che l'imputato era stato ritenuto responsabile per aver tenuto una velocità non in assoluto eccessiva, ma imprudente rispetto alla concreta situazione e cioè in relazione alla manovra che stava compiendo egli infatti si era spostato sulla sinistra per effettuare il sorpasso dei veicoli incolonnati e in tale situazione gli competeva un dovere di maggiore attenzione e prudenza per evitare ogni eventuale pericolo che si potesse verificare, come nella specie avvenuto. 2. Avverso tale sentenza ha presentato ricorso per cassazione il difensore dell'imputato che contesta la responsabilità per entrambi i reati per quanto riguarda l'alterazione psicofisica, il ricorrente sostiene che si tratta di una circostanza, quella della presenza di cannabinoidi, accertata soltanto attraverso l'esame delle urine, esame però che, come la difesa aveva rappresentato già in sede di appello, può dimostrare soltanto la pregressa assunzione di sostanze stupefacenti e non la attualità del fatto che la persona si trovasse, al momento dell'incidente, sotto l'influenza dei cannabinoidi. Per quanto riguarda la presenza di benzodiazepine, la difesa rileva che all'imputato erano stati somministrati poco prima dei farmaci ansiolitici, essendo stato riscontrato lo stato di agitazione per l'incidente la presenza di benzodiazepina era pienamente compatibile con tali dati anche questa circostanza era stata debitamente rappresentata alla corte d'appello dal consulente tecnico nominato dall'imputato. Né poteva ritenersi che la prova sussistesse, risultando confermato l'esito delle analisi cliniche dal referto medico, in quanto il referto era stato in realtà redatto sulla sola base delle analisi cliniche. Per quanto riguarda l'investimento del pedone la difesa insiste nel contestare la responsabilità dell'imputato affermando che il pedone era uscito all'improvviso dalla fila di auto incolonnate, con modalità tali da non essere visibile da parte dell'imputato, di modo che non era possibile alcuna manovra atta ad evitare l'investimento. La ritenuta velocità non prudenziale del V. in relazione alla manovra che stava effettuando non trova conferma né nelle conclusioni del consulente del pm né in quelle del consulente della difesa. Considerato in diritto 1. Il primo motivo è, ad avviso del Collegio, fondato per quanto appresso si dirà. Occorre premettere che secondo la più attenta e recente giurisprudenza di questa Corte sez. IV 23.9.2013 numero 39160 Rv. 256830 sez. IV 11.6.2009 numero 41796 rv. 24553 sez. IV 11.8.2008 numero 33312 rv. 241901 il reato di cui all’articolo 187 c.d. strada è integrato dalla condotta di guida in stato d'alterazione psicofisica determinato dall'assunzione di sostanze e non già dalla mera condotta di guida tenuta dopo l'assunzione di sostanze stupefacenti, sicché ai fini del giudizio di responsabilità, è necessario provare non solo la precedente assunzione di sostanze stupefacenti ma che l'agente abbia guidato in stato d'alterazione causato da tale assunzione. Ai fini dell'accertamento del reato è dunque necessario sia un accertamento tecnico-biologico, sia che altre circostanze provino la situazione di alterazione psico-fisica al momento del fatto contestato. Tale complessità probatoria si impone in quanto le tracce degli stupefacenti permangono nel tempo, sicché l'esame tecnico potrebbe avere un esito positivo in relazione ad un soggetto che ha assunto la sostanza giorni addietro e che, pertanto, non si trova al momento del fatto in stato di alterazione. Deve dunque essere annullata sul punto la sentenza impugnata con rinvio al giudice di merito che valuterà se sussistano altre circostanze, riferite dagli agenti o comunque desumibili dal comportamento dell'imputato, sulla cui base possa affermarsi che il medesimo fosse in stato di alterazione al momento dell'incidente. Quanto alla responsabilità per l'incidente, il ricorso non merita accoglimento. Per quanto riguarda lo svolgimento dei fatti, la ricostruzione effettuata dalla Corte di appello, conforme a quanto già ritenuto in primo grado, è lineare, convincente e non contestata, nel senso che l'investimento del pedone da parte del V. è avvenuto allorché il pedone stava effettuando l'attraversamento della strada passando tra le auto incolonnate ferme al semaforo e il V. stava sorpassando queste auto sulla sinistra. Correttamente il giudice di primo grado ha rilevato, e la corte di appello ha confermato, che il conducente di un veicolo ha un generale dovere di attenzione nei confronti dei pedoni in prossimità di un semaforo, essendo sempre possibile che si verifichi l'attraversamento fuori del passaggio pedonale, comportamento che, se pure imprudente, non è eccezionale o assolutamente imprevedibile. Il motociclista, spostandosi sul lato sinistro della carreggiata per sorpassare i veicoli incolonnati creava a sua volta una situazione di pericolo nella circolazione e doveva dunque prestare la massima attenzione e rallentare in modo da essere sempre in condizione di arrestare il proprio veicolo, anche a fronte di una possibile situazione di emergenza, in effetti verificatasi a seguito della condotta del pedone, ed in tal senso la velocità da lui tenuta se pure inferiore al limite consentito, risultava non prudenziale. La motivazione è corretta la misura della diligenza che si pretende nel campo della circolazione dei veicoli è massima, richiedendosi a ciascun utente, al fine di controbilanciare la intrinseca pericolosità della specifica attività considerata, peraltro assolutamente indispensabile alla vita sociale e sempre più in espansione, una condotta di guida di assoluta prudenza della quale fa parte anche l'obbligo di preoccuparsi della possibile irregolarità di comportamento di terze persone. Il principio dell'affidamento, nello specifico campo della circolazione stradale, trova un opportuno temperamento nell'opposto principio, già sopra richiamato, secondo cui l'utente della strada è responsabile anche del comportamento imprudente di altri utenti purché rientri nel limite della prevedibilità. Non censurabile dunque è il ritenuto concorso di colpa. 2. Conclusivamente deve essere annullata la sentenza impugnata limitatamente al reato di cui all'articolo 187 c.d.s. con rinvia per nuovo esame alla Corte di appello di Milano il ricorso deve essere nel resto rigettato. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata limitatamente al reato di cui all'articolo 187 c.d.s. e rinvia per nuovo esame alla Corte di appello di Milano. Rigetta il ricorso nel resto.