La ripresa della riscossione dei tributi in Abruzzo è stata prevista con una riduzione al 40% di quanto dovuto. Non c’è alcuna differenza tra redditi dichiarati e redditi accertati, nessuna distinzione rispetto al momento dell’accertamento. Poiché con l’applicazione di tale sconto, l’importo dovuto scende sotto la soglia prevista dal d.lgs. numero 74/2000 per l’applicazione di sanzioni, viene meno la pretesa tributaria per l’ammontare posto a base del sequestro preventivo.
Con la sentenza numero 16214, depositata il 9 aprile 2012, la Corte di Cassazione ha annullato senza rinvio i provvedimenti di sequestro disposti dal GIP e dal Tribunale del Riesame. Il caso. Il Tribunale de L’Aquila conferma il decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente di beni immobili di una s.r.l. emesso dal GIP per omessa dichiarazione di elementi attivi di reddito, costituiti dalla vendita di un complesso immobiliare edificato dalla società e venduto a terzi, avendo ritenuto che la plusvalenza non dichiarata era l’effetto della attribuzione alla realizzazione dell’immobile di costi non pertinenti. La riduzione del 40% dei tributi da riscuotere ai terremotati non è stata applicata. La s.r.l. ricorre in Cassazione adducendo il seguente motivo, già eccepito senza successo dinanzi al Tribunale del riesame la legge numero 183/2011, prevedendo la ripresa della riscossione delle tasse che era stata sospesa, ha ridotto al 40% l’ammontare dovuto per ciascun tributo per i soggetti residenti o aventi sede legale nell’ambito territoriale del cd. Cratere sismico, pertanto, la somma evasa dalla società sarebbe notevolmente inferiore alla soglia di punibilità, fissata a quota 103mila euro dall’articolo 4, d.lgs. numero 74/2000. Sarebbe infatti dovuta un’IRES di 57mila euro, anziché di 143mila euro. Ai fini della riduzione, redditi dichiarati o redditi accertati sono la stessa cosa. La Suprema Corte accoglie il ricorso ritenendolo fondato. Infatti il presupposto di imposta – previsto dalla legge numero 183/2011 – genera un tributo che è pari al 40% di quello ordinariamente dovuto. I giudici di legittimità hanno infatti affermato che «non sembra che possa distinguersi tra imposte dichiarate e imposte accertate, posto che in ogni caso per ciascun tributo, come definito sulla base dei suoi presupposti legali, l’importo ordinariamente dovuto, come si evince in modo chiaro dallo stesso tenore letterale della disposizione. Non potrebbe pertanto distinguersi tra redditi dichiarati, cui si applicherebbe la riduzione, e redditi accertati, cui la riduzione non sarebbe applicabile». Non va quindi fatta alcuna distinzione tra redditi dichiarati e redditi accertati, non rilevando neanche il momento dell’accertamento. La norma che ha previsto tale sgravio contributivo prescrive, infatti, che la riduzione al 40% debba essere applicata «all’ammontare dovuto per ciascun tributo o contributo, ovvero per ciascun carico iscritto a ruolo, oggetto delle sospensioni». La soglia non è raggiunta, sequestro annullato. La Corte di Cassazione annulla l’ordinanza di sequestro, ordinando la restituzione di quanto sequestrato, poiché non ritiene sussistenti i presupposti per l’applicazione di tale misura Anche se si condividesse la posizione del Procuratore Generale «sulla eventuale consumazione del reato in epoca anteriore all’entrata in vigore della norma che ha previsto la detrazione, ugualmente sarebbe comunque ormai venuta meno la pretesa tributaria per l’ammontare posto a base del sequestro preventivo».
Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 15 gennaio – 9 aprile 2013, numero 16214 Presidente Squassoni – Relatore Franco Svolgimento del processo Con l'ordinanza in epigrafe il tribunale del riesame di Napoli confermò il decreto 12.4.2012 del Gip del tribunale de L'Aquila di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente di beni immobili della s.r.l. Synersys in relazione al reato di cui all'articolo 4 d. lgs. 10 marzo 2000, numero 74, per omessa dichiarazione di elementi attivi di reddito per l'esercizio 2009, costituiti dalla vendita di un complesso immobiliare edificato dalla società e venduto a terzi, avendo ritenuto che la plusvalenza non dichiarata era l'effetto della attribuzione alla realizzazione dell'immobile di costi non pertinenti. D.G.A. e la s.r.l. Synersys, a mezzo dei difensori avv.ti Adriano Rossi e Francesco Camerini, propongono ricorso per cassazione deducendo violazione dell'articolo 4 d. lgs. 10 marzo 2000, numero 74 omessa pronuncia o motivazione inesistente rispetto ad uno specifico motivo di riesame. Lamentano che dinanzi al tribunale del riesame avevano eccepito che era stata contestata la mancata dichiarazione di una plusvalenza di Euro 523.191,82, e quindi di una IRES evasa pari ad Euro 143.877,75, superiore a quella di legge, senza però tenere conto che per integrare il reato di cui all'articolo 4 cit. è necessario che congiuntamente l'imposta evasa sia superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte, ad Euro 103.291,38 e l'ammontare complessivo degli elementi sottratti all'imposizione sia superiore al 10% dell'ammontare complessivo degli elementi attivi. Nella specie manca la prima di dette condizioni perché, quand'anche ammesso che i rilievi della GdF possano condividersi, occorre considerare che l'articolo 33, comma 28 della legge 12.11.2011, numero 183 ha ridotto al 40% l'ammontare dovuto per ciascun tributo per i soggetti residenti o aventi sede legale nell'ambito territoriale del c.d. cratere sismico. Per effetto di tale abbattimento al 40% l'imposta eventualmente evasa sarebbe di Euro 57.551,10 e, quindi, per una somma notevolmente inferiore a quella minima prevista dall'articolo 4 cit. per poter considerare penalmente rilevante l'evasione contestata. Su questa eccezione il tribunale del riesame ha omesso di rispondere. In prossimità dell'udienza i ricorrenti hanno depositato memoria difensiva. Motivi della decisione Il ricorso è fondato. La ricorrente ha ritenuto di limitare i motivi di ricorso alla sola nuova eccezione proposta dinanzi al tribunale del riesame, tralasciando gli altri pur perspicui e puntuali motivi dedotti con l'istanza di riesame, con i quali aveva dedotto l'erronea interpretazione da parte dell'accusa delle norme di legge, della giurisprudenza di legittimità e delle clausole contrattuali, sottolineando, tra l'altro, che, quanto meno ai fini penali, l'idonea documentazione deve essere posta a supporto della ragione della spesa e non a supporto dei costi inseriti in contabilità. Con il ricorso per cassazione invece lamenta solo che il tribunale del riesame ha totalmente omesso di esaminare la nuova eccezione, sollevata in udienza, di non raggiungimento della soglia minima di imposta evasa necessaria per la configurabilità del reato. Questa eccezione - che effettivamente il tribunale del riesame ha completamente omesso di esaminare - è fondata. Alla ricorrente è stato contestato il reato di cui all'articolo 4 del d. lgs. 10 marzo 2000, numero 74, per avere, al fine di evadere le imposte sui redditi, indicato nella dichiarazione per l'anno 2009 modello u-nico 2010 elementi attivi per un ammontare inferiore pari ad Euro 523.191,82 rispetto a quello effettivo, dovuto a maggiore plusvalenza, generata da una cessione immobiliare, rispetto a quella dichiarata. Ciò aveva determinato che, congiuntamente, l'IRES evasa era di Euro 143.877,75, ossia superiore a quella indicata dall'articolo 4 cit. e l'ammontare complessivo degli elementi sottratti alla imposizione era superiore al 10% dell'ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione. Sennonché - come doverosamente già segnalato alla procura dalla stessa GdF nella comunicazione di notizia di reato pag. 9 - va ricordato che già l'articolo 39 del d.l. 31 maggio 2010, numero 78, convertito, con modificazioni, in legge 30 luglio 2010, numero 122 Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica , aveva stabilito una ulteriore sospensione dei versamenti tributari e contributivi nei confronti dei soggetti colpiti dal sisma del 6 aprile 2009 titolari di redditi di impresa o di lavoro autonomo. Successivamente, l'articolo 33 della legge 12 novembre 2011 numero 183 Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato. Legge di stabilità 2012 , ha disposto, al comma 28, che “Per consentire il rientro dall'emergenza derivante dal sisma che ha colpito il territorio abruzzese il 6 aprile 2009, la ripresa della riscossione di cui all'articolo 39, commi 3-bis, 3-ter e 3-quater, del decreto-legge 31 maggio 2010, numero 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, numero 122, avviene, senza applicazione di sanzioni, interessi e oneri accessori, mediante il pagamento in centoventi rate mensili di pari importo a decorrere dal mese di gennaio 2012. L'ammontare dovuto per ciascun tributo o contributo, ovvero per ciascun carico iscritto a ruolo, oggetto delle sospensioni, al netto dei versamenti già eseguiti, è ridotto al 40 per cento”. La disposizione, nel primo periodo, contiene una norma che riguarda la “ripresa delle riscossioni” e stabilisce che la riscossione dei tributi e dei contributi in precedenza sospesi, viene riattivata, con esclusione, ovviamente, della applicazione di sanzioni, interessi ed oneri accessori in via generale, posto che la sospensione era stata disposta con specifiche disposizioni normative. La norma di cui al secondo periodo della disposizione in esame stabilisce poi che l'obbligo tributario o contributivo nel suo complesso è ridotto al 40% di quello che sarebbe dovuto secondo la normativa generale, per ciascun tributo o contributo, ovvero per ciascun carico iscritto a ruolo, oggetto delle sospensioni, al netto dei versamenti già eseguiti. Ciò significa che, per effetto di tale norma, il presupposto di imposta, qualunque esso sia e comunque accertato, genera un tributo che è pari al 40% di quello ordinariamente dovuto. In particolare, non sembra che possa distinguersi tra imposte dichiarate ed accertate, posto che in ogni caso per ciascun tributo, come definito sulla base dei suoi presupposti legali, l'importo dovuto è determinato legislativamente nel 40% dell'importo ordinariamente dovuto, come si evince in modo chiaro dallo stesso tenore letterale della disposizione. Non potrebbe pertanto distinguersi tra redditi dichiarati, cui si applicherebbe la riduzione, e redditi accertati, cui la riduzione non sarebbe applicabile. Nemmeno sembra rilevare la circostanza che l'eventuale accertamento sia avvenuto dopo la sospensione della riscossione, dal momento che la disposizione non individua alcuna distinzione in base al momento dell'accertamento “L'ammontare dovuto per ciascun tributo è ridotto al 40 per cento” . Del resto, una diversa interpretazione sembrerebbe porsi in difformità dal principio di cui all'articolo 23 Cost. e dai principi di eguaglianza e di ragionevolezza. Invero, se l'applicabilità della riduzione fosse collegata non al presupposto dell'imposta, ma all'accertamento, l'attribuzione del beneficio della riduzione sarebbe rimesso alla discrezionalità degli uffici e non alla volontà del legislatore. Nel caso in esame, pertanto, poiché l'imposta che secondo la prospettazione fatta propria dall'accusa sarebbe stata evasa ammonterebbe, nella sua globalità, ad Euro 143.877,75, ne consegue che la riduzione al 40% porta alla cifra di Euro 57.551,10, ossia ad un ammontare che non raggiunge la soglia di punibilità di Euro 103.291,38 prevista dall'articolo 4, lett. a , d. lgs. 10 marzo 2000, numero 74. Va anche rilevato, da un lato, che in campo penale non operano le presunzioni tributarie su cui si fondano l'accertamento e la notizia di reato e, dall'altro lato, che quand'anche si condividesse l'osservazione del Procuratore generale di udienza sulla eventuale consumazione del reato in epoca anteriore all'entrata in vigore della norma che ha previsto la detrazione, ugualmente sarebbe comunque ormai venuta meno la pretesa tributaria per l'ammontare posto a base del sequestro preventivo. Non sussistevano quindi i presupposti per l'applicazione ed il mantenimento del sequestro preventivo penale. In conclusione, l'ordinanza impugnata nonché il decreto di sequestro preventivo diretto alla confisca per equivalente del Gip del tribunale dell'Aquila del 12 aprile 2012 devono essere annullati senza rinvio e va disposta la restituzione di quanto in sequestro all'avente diritto. P.Q.M. La Corte Suprema di Cassazione annulla senza rinvio l'ordinanza impugnata nonché il decreto di sequestro del Gip del tribunale dell'Aquila del 12 aprile 2012 e dispone restituirsi quanto in sequestro all'avente diritto. Manda la cancelleria per gli adempimenti di cui all'articolo 626 cod. proc. penumero .