Nessuno vuol pagare le rette del ricovero nella struttura sanitaria privata del paziente ...

Nè il Comune dell'originaria residenza nè la relativa Usl di provenienza. Ma nel caso in cui la spesa sia a carico del servizio sanitario nazionale, è impensabile che la stessa sia posta a carico dell'Usl in cui ha, territorialmente, sede la struttura che ospita il soggetto bisognoso di cure.

In merito alla questione dell'ente al quale va imputata la spesa, va osservato che l’articolo 3 septies, d.lgs. 30 dicembre 1992 numero 502, rubricato «integrazione sociosanitaria», nel definire le prestazioni sociosanitarie distinguendole in «prestazioni sanitarie a rilevanza sociale», «prestazioni sociali a rilevanza sanitaria» e «prestazioni sociosanitarie ad elevata integrazione sanitaria», rinvia all’apposito atto di indirizzo e coordinamento l’individuazione dei principi e criteri di individuazione delle medesime ed i criteri di finanziamento. Tale atto è stato adottato col d.P.C.M. 14 febbraio 2001, il cui articolo 3 dispone che «sono da considerare prestazioni sanitarie a rilevanza sociale le prestazioni assistenziali che, erogate contestualmente ad adeguati interventi sociali, sono finalizzate alla promozione della salute, alla prevenzione, individuazione, rimozione e contenimento di esiti degenerativi o invalidanti di patologie congenite o acquisite, contribuendo, tenuto conto delle componenti ambientali, alla partecipazione alla vita sociale e alla espressione personale. Dette prestazioni, di competenza delle aziende unità sanitarie locali ed a carico delle stesse, sono inserite in progetti personalizzati di durata medio/lunga e sono erogate in regime ambulatoriale, domiciliare o nell'ambito di strutture residenziali e semiresidenziali» comma 1 . Il caso posto all'attenzione della Sezione ha riguardato una fattispecie che ricade precisamente in tale definizione, come risultante dalla verificazione effettuata. Da ciò ne consegue che tali prestazioni siano di competenza del servizio sanitario nazionale e non dell’ente locale già di residenza dell’assistito. Chi paga le spese di ricovero? Il Collegio, con la citata sentenza, ha preso in esame anche la questione su quale azienda sanitaria debbano far carico le relative spese, pervenendo alla conclusione che l’azienda debitrice non può non essere individuata che in quella Genovese, nel cui ambito ricade il Comune Genova di residenza dell’utente al momento del ricovero nella struttura, come del resto dimostrato dal fatto che la medesima aveva corrisposto le rette dal 1983 al 2002 perciò anche nel 1992, in cui il paziente è stato iscritto nelle liste dei residenti del comune di Collesalvetti, salvo poi ad essere reiscritto in quelle di Genova fino al 6 febbraio 2002 . Il Comune dell'originaria residenza o l’Usl di provenienza? Del resto, con riguardo alle spese di ricovero stabile di pazienti affetti da infermità di natura essenzialmente psichica, la giurisprudenza del Consiglio di Stato ha già affermato che si debba far riferimento alla residenza al momento del ricovero, senza che abbia rilievo la successiva acquisizione inevitabile dopo due anni, a termine della previsione di cui agli articolo 8 e 15, d.P.R. 30 maggio 1989 numero 223, intesa conformemente all’interpretazione dell’articolo 43 c.c. della residenza nel luogo in cui è sita la struttura ospitante. Tanto perché «una diversa opinione condurrebbe alla conclusione, che non pare coerente con la previsione di una articolazione territoriale del S.S.N., di porre le spese di ricovero degli alienati mentali a carico delle sole UU.SS.LL. nel cui territorio si trovano le strutture ospitanti ed in proporzione alle dimensioni delle medesime». Sicché «una U.S.L., la quale non curi direttamente o tramite strutture convenzionate situate nel proprio ambito territoriale il ricovero di malati ivi residenti non sosterrebbe gli oneri relativi ai propri assistiti ricoverati per le necessarie cure». Nè ostano a tale conclusione, ha osservato ancora il Collegio, le norme che disciplinano le modalità di finanziamento del servizio sanitario regionale, atteso che «l’articolo 12 del d.lgs. 502/92, nel prevedere, con riguardo ai criteri di divisione del fondo sanitario nazionale, che la quota capitaria di finanziamento da assicurare alle regioni viene determinata sulla base di un sistema di coefficienti parametrici, anche con riferimento alla popolazione residente, non esclude che all’interno di quest’ultima possano essere ricompresi quei soggetti che, pur avendo trasferito la residenza anagrafica in altre regioni a seguito di un lungo ricovero ospedaliero, debbano essere ancora ritenuti residenti nel luogo in cui vivevano al momento del ricovero con riguardo alle prestazioni economiche cui è tenuta la U.S.L. che li ha avviati alle cure». E neppure osta il disposto dell’articolo 17, comma 3, l. 22 dicembre 1994 numero 887, secondo cui la ripartizione della quota relativa all’assistenza ospedaliera deve tener conto della mobilità interregionale ai fini della compensazione centrale, poiché «tale criterio della compensazione interregionale, in ossequio proprio al principio di buona amministrazione va inteso nel senso di far usufruire dell’assegnazione delle risorse del fondo sanitario nazionale, a seguito di una complessa procedura contabile, la regione di provenienza del degente, in quanto gravata dell’obbligo al pagamento delle rette del ricovero, e non la regione dove si trova la struttura ospitante e che ha fra i propri assistiti i malati lungodegenti residenti in altre regioni all’epoca del ricovero» cfr. Cons. St., sez. V, 15 ottobre 2003, numero 6300, richiamata dalla Fondazione creditrice proprietaria ella struttura ospitante .

Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 25 gennaio - 15 febbraio 2013, numero 930 Presidente Cacace - Estensore Dell'Utri Fatto e diritto A.- Il signor Salvatore Licitra, già residente nel Comune di Genova ed infermo di mente, è ospitato sin dal 1999 nell’Istituto Santa Caterina ubicato nel Comune di Collesalvetti Livorno , gestito dalla Fondazione Casa Cardinale Maffi. L’AUSL numero 3 Genovese, già di appartenenza del predetto, ha corrisposto la retta di ricovero, ma ha poi cessato i pagamenti a decorrere dal 6 febbraio 2002, data di cancellazione del signor Licitra dall’anagrafe dei residenti nel Comune di Genova. La Fondazione ha ottenuto perciò dal Tribunale di Livorno a carico della predetta Azienda decreto ingiuntivo per le rette insolute. Proposta opposizione da parte della stessa Azienda, con sentenza numero 146 del 2007 il detto Tribunale, sezione staccata di Cecina, ha dichiarato il proprio difetto di giurisdizione per essere la cognizione della controversia a suo avviso devoluta alla cognizione del giudice amministrativo. Con ricorso davanti al Tribunale amministrativo regionale per la Liguria la Fondazione ha riassunto il giudizio ed ha chiesto l’accertamento del proprio diritto a conseguire dall’Azienda e/o pro parte dal Comune di Genova le rette “dal 6 febbraio 2002 ad oggi, oltre interessi e rivalutazione”, nonché la condanna delle medesime Amministrazioni al relativo pagamento. Con sentenza 4 giugno 2010 numero 1702 della sezione seconda il TAR, affermata la sussistenza di giurisdizione amministrativa e dichiarato il difetto di legittimazione passiva dei pure intimati Azienda USL numero 6 di Livorno e Comune di Collesalvetti, ha accolto le domande, ritenendo la sussistenza dell’obbligo dell’AUSL numero 3 Genovese e del Comune di Genova di corrispondere le rette in questione, ciascuno rispettivamente per la quota delle prestazioni di rilievo sanitario e per quella dei servizi socio-assitenziali, oltre interessi e rivalutazione monetaria. B.- Con il ricorso in epigrafe il Comune di Genova ha appellato l’indicata sentenza, all’uopo deducendo 1.- Illogicità, contraddittorietà. 2.- Difetto di istruttoria e di motivazione. 3.- Violazione della legge numero 833/1978, specie articolo 26 e 30, del d.P.C.M. 14 febbraio 2001 recante atto di indirizzo e coordinamento in materia di prestazioni socio-sanitarie, nonché del d.P.C.M. 29 novembre 2001 recante definizione dei livelli essenziali di assistenza. 4.- Difetto di istruttoria e violazione di legge d.P.R. numero 223/1989, articolo 8 e 15 articolo 12 d.lgs. numero 502/1992 anche sotto altro profilo. 5.- Violazione delle norme in punto di prescrizione. L’AUSL numero 3 Genovese si è costituita in giudizio ed ha proposto appello incidentale, solo parzialmente condizionato, per le seguenti ragioni 1.- Difetto di giurisdizione del giudice amministrativo. 2.- In subordine, infondatezza delle pretese ex adverso azionate, in particolate in relazione ai seguenti profili 2.1.- difetto di legittimazione passiva, non essendo l’AUSL numero 3 Genovese competente e tenuta al pagamento delle rette di degenza in relazione alla natura delle prestazioni fornite dalla Fondazione Casa Cardinale Maffi al signor Salvatore Licitra 2.2.- infondatezza e/o difetto di prova del credito azionato. Anche la Fondazione si è costituita in giudizio, ha svolto controdeduzioni all’appello principale ed ha a sua volta proposto appello incidentale con cui, qualora l’appello principale fosse accolto in relazione alla natura delle prestazioni erogate, ha chiesto la condanna dell’ASL Genovese al pagamento integrale delle rette per cui è causa. L’AUSL numero 6 di Livorno si è formalmente costituita in giudizio. Con memorie del 6 e 7 giugno l’Azienda Genovese ed il Comune di Genova hanno insistito nelle rispettive tesi e richieste, alle quali ha replicato la Fondazione. C.- Con ordinanza 2 agosto 2011 numero 4602 la Sezione, evidenziata la sussistenza di contrasto di orientamento tra l’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato e le sezioni unite della Corte di Cassazione sulla giurisdizione in materia, ha rimesso alla medesima Adunanza plenaria la decisione dell’appello, in particolare della detta questione pregiudiziale, avente carattere di massima. Con sentenza 16 dicembre 2011 numero 24 l’Adunanza, osservato che la controversia resta circoscritta alla questione della giurisdizione ed a quella dell’imputazione del debito al Comune di Genova ovvero all’AUSL numero 3 Genovese, atteso che il capo della sentenza appellata concernente l’esclusione di legittimazione passiva dell’AUSL numero 6 di Livorno e del Comune di Collesalvetti non risulta gravato, ha ritenuto la ricevibilità dell’appello incidentale rivolto contro capo autonomo di sentenza, ancorché tardivo rispetto al termine lungo poi, in ordine alla prima questione, ha osservato che il suo esame è precluso dalla sentenza del Tribunale civile di Livorno declinatoria di giurisdizione, passata in giudicato, sicché alle parti era inibito di sollevare la stessa questione nel giudizio riassunto davanti al TAR, il quale avrebbe dovuto non esaminare la relativa eccezione, bensì dichiararla inammissibile per preclusione derivante dal giudicato civile. Ha perciò annullato il rispettivo capo di sentenza, da intendersi sostituito con la pronunciata statuizione di inammissibilità dell’eccezione di cui trattasi, con conseguente inammissibilità dell’appello incidentale in punto di giurisdizione. Nel merito, ha disposto la restituzione degli atti alla Sezione, tenuto anche conto della necessità di approfondimento istruttorio nel contraddittorio tra le parti, mediante acquisizione di documentazione medica e, se del caso, verificazione o c.t.u., posta l’assenza in atti di documentazione sanitaria che evidenzi la storia clinica e la patologia del paziente e che, dunque, possa far comprendere se le prestazioni erogate nel corso del tempo siano “sanitarie a rilevanza sociale” o “sociali a rilevanza sanitaria”, con quel che consegue in termini di imputazione dei costi. D.- A seguito dell’udienza pubblica del 23 marzo 2012, in vista della quale la Fondazione, il Comune di Genova e l’AUSL Genovese hanno prodotto memorie, con Ordinanza numero 3419/2012 è stata disposta verificazione a cura del docente medico chirurgo specialista in psichiatria designato dal Preside della facoltà di medicina e chirurgia dell’Università di Pisa, al fine di accertare, alla stregua della normativa vigente articolo 3 septies del d.lgs. 30 dicembre 1992 numero 502 e d.P.C.m. 14 febbraio 2001 e sulla base di ogni elemento relativo alla storia clinica ed alla patologia del paziente, la natura prevalentemente “sanitaria a rilevanza sociale” oppure “sociale a rilevanza sanitaria” ovvero “socio-sanitaria ad elevata integrazione sanitaria” delle prestazioni erogate nel corso del tempo dalla Fondazione Casa Cardinale Maffi in favore del signor Salvatore Licitra, a decorrere dal 6 febbraio 2002 e fino al 15 febbraio 2008 data del ricorso di primo grado , eventualmente anche in relazione a distinti periodi ricompresi tra tali date. In data 4 ottobre 2012 il prof. Pietro Pietrini, designato verificatore dal Preside dell’anzidetta facoltà, ha rimesso la propria relazione conclusiva datata 29 settembre 2012, sulla base della quale con memoria del 21 dicembre seguente il Comune di Genova ha insistito per l’accoglimento dell’appello. All’odierna udienza pubblica la causa è stata introitata in decisione. E.- Preliminarmente la Sezione rileva che con la suindicata sentenza l’Adunanza plenaria ha già statuito in ordine sia alla questione relativa al difetto di giurisdizione, dichiarando inammissibile l’appello incidentale dell’Azienda Genovese per questo profilo e riformando la sentenza appellata nella parte in cui non ha dichiarato inammissibile la stessa questione, sia a quella relativa all’esclusione della legittimazione passiva dell’AUSL numero 6 di Livorno e del Comune di Collesalvetti, osservando che il relativo capo della medesima sentenza appellata non risulta gravato. Su tali questioni preliminari non è dato pertanto ritornare, i9n quanto ormai definite. Nel merito, va osservato che l’articolo 3 septies del d.lgs. 30 dicembre 1992 numero 502, rubricato “integrazione sociosanitaria”, nel definire le prestazioni sociosanitarie distinguendole in “prestazioni sanitarie a rilevanza sociale”, “prestazioni sociali a rilevanza sanitaria” e “prestazioni sociosanitarie ad elevata integrazione sanitaria”, rinvia all’apposito atto di indirizzo e coordinamento l’individuazione dei principi e criteri di individuazione delle medesime ed i criteri di finanziamento. Tale atto è stato adottato col d.P.C.M. 14 febbraio 2001, il cui articolo 3 dispone per quanto qui rileva che “sono da considerare prestazioni sanitarie a rilevanza sociale le prestazioni assistenziali che, erogate contestualmente ad adeguati interventi sociali, sono finalizzate alla promozione della salute, alla prevenzione, individuazione, rimozione e contenimento di esiti degenerativi o invalidanti di patologie congenite o acquisite, contribuendo, tenuto conto delle componenti ambientali, alla partecipazione alla vita sociale e alla espressione personale. Dette prestazioni, di competenza delle aziende unità sanitarie locali ed a carico delle stesse, sono inserite in progetti personalizzati di durata medio/lunga e sono erogate in regime ambulatoriale, domiciliare o nell'ambito di strutture residenziali e semiresidenziali” co. 1 . F.- La fattispecie ricade precisamente nella definizione testé riportata. Difatti nella relazione tecnica di verificazione suaindicata, che si rivela particolarmente accurata e redatta sulla scorta della documentazione esaminata comprensiva dei dettagliati e semestrali piani ‘di trattamento terapeutico abilitativo-riabilitativo , delle informazioni raccolte, delle relazioni fornite dai responsabili della struttura e del colloquio clinico col paziente alla presenza, tra gli altri, dei consulenti nominati dalle parti, invitati ad «offrire ciascuno il proprio contributo critico all’analisi della ricostruzione del quadro clinico del paziente prima» della redazione della relazione , il verificatore conclude nel senso che «nel periodo oggetto della verificazione, le prestazioni erogate in favore del sig. Licitra Salvatore risultano di natura prevalentemente medica, infermieristica e riabilitativa, aventi carattere residenziale e continuativo, e sostanzialmente immodificate nella loro natura e finalità nel periodo compreso tra il 6.2.2002 ed il 15.2.2008. Pertanto sono da considerarsi di natura prevalentemente sanitaria e quindi ascrivibili, in via prevalente, all’ambito delle prestazioni “sanitarie a rilevanza sociale”». Non v’è dubbio, pertanto, che tali prestazioni siano di competenza del servizio sanitario nazionale e non dell’ente locale già di residenza dell’assistito. G.- Quanto all’azienda sanitaria cui debbano far carico le relative spese, si è già detto come l’Adunanza plenaria abbia ritenuto che gli appelli principale ed incidentale dell’Azienda Genovese non investono il capo della sentenza appellata riguardante questo aspetto. Comunque, la questione della non imputabilità di tali spese alla detta Azienda è palesemente infondata, poiché l’azienda debitrice non può non essere individuata che in quella Genovese, nel cui àmbito ricade il Comune Genova di residenza dell’utente al momento del ricovero nella struttura, come del resto dimostrato dal fatto che la medesima ha corrisposto le rette dal 1983 al 2002 perciò anche nel 1992, in cui il signor Licitra è stato iscritto nelle liste dei residenti del comune di Collesalvetti, salvo poi ad essere reiscritto in quelle di Genova fino al 6 febbraio 2002 vedasi pag. 8 della menzionata relazione e come previsto dalla deliberazione 24 marzo 2003 numero 265 della Regione Toscana vedasi pag. 7 della stessa relazione . Del resto, con riguardo alle spese di ricovero stabile di pazienti affetti da infermità di natura essenzialmente psichica qual è il signor Licitra , la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato ha ripetutamente affermato che si debba far riferimento alla residenza al momento del ricovero, senza che abbia rilievo la successiva acquisizione inevitabile dopo due anni, a termine della previsione di cui agli articolo 8 e 15 del d.P.R. 30 maggio 1989 numero 223, intesa conformemente all’interpretazione dell’articolo 43 cod. civ. della residenza nel luogo in cui è sita la struttura ospitante. Tanto perché “una diversa opinione condurrebbe alla conclusione, che non pare coerente con la previsione di una articolazione territoriale del S.S.N., di porre le spese di ricovero degli alienati mentali a carico delle sole UU.SS.LL. nel cui territorio si trovano le strutture ospitanti ed in proporzione alle dimensioni delle medesime”, sicché “una U.S.L., la quale non curi direttamente o tramite strutture convenzionate situate nel proprio ambito territoriale il ricovero di malati ivi residenti non sosterrebbe gli oneri relativi ai propri assistiti ricoverati per le necessarie cure” né ostano a tale conclusione le norme che disciplinano le modalità di finanziamento del servizio sanitario regionale, atteso che “l’articolo 12 del d.lgs. 502/92, nel prevedere, con riguardo ai criteri di divisione del fondo sanitario nazionale, che la quota capitaria di finanziamento da assicurare alle regioni viene determinata sulla base di un sistema di coefficienti parametrici, anche con riferimento alla popolazione residente, non esclude che all’interno di quest’ultima possano essere ricompresi quei soggetti che, pur avendo trasferito la residenza anagrafica in altre regioni a seguito di un lungo ricovero ospedaliero, debbano essere ancora ritenuti residenti nel luogo in cui vivevano al momento del ricovero con riguardo alle prestazioni economiche cui è tenuta la U.S.L. che li ha avviati alle cure”. E neppure osta il disposto dell’articolo 17, co. 3, della legge 22 dicembre 1994 numero 887, secondo cui la ripartizione della quota relativa all’assistenza ospedaliera deve tener conto della mobilità interregionale ai fini della compensazione centrale, poiché “tale criterio della compensazione interregionale, in ossequio proprio al principio di buona amministrazione va inteso nel senso di far usufruire dell’assegnazione delle risorse del fondo sanitario nazionale, a seguito di una complessa procedura contabile, la regione di provenienza del degente, in quanto gravata dell’obbligo al pagamento delle rette del ricovero, e non la regione dove si trova la struttura ospitante e che ha fra i propri assistiti i malati lungodegenti residenti in altre regioni all’epoca del ricovero cfr. Cons. St., sez. V, 15 ottobre 2003, numero 6300, richiamata dalla Fondazione . H.- Per le considerazioni sin qui esposte l’appello principale del Comune di Genova dev’essere accolto e, conseguentemente, dev’essere del pari accolto l’appello incidentale della Fondazione, mentre va complessivamente respinto l’appello incidentale dell’AUSL Genovese, di cui anche il terzo ed ultimo motivo risulta in parte infondato ed in parte generico infondato, laddove l’Azienda lamenta che il credito non sia comprovato e che le tariffe applicate sarebbero incomprensibili, dal momento che il ricovero del signor Licitra è incontroverso e la relativa retta giornaliera è indicata in ciascuna fattura generico, laddove lamenta l’esorbitanza dell’importo che sarebbe stato richiesto per il periodo dal 31 ottobre 2004 al 15 febbraio 2008, limitandosi a compararlo con quello rivendicato in sede di procedimento monitorio davanti al Tribunale di Livorno per il periodo dal 1999 al 2004, senza tener conto né dolersi della misura delle rette via via fissata nel tempo dalla Regione Toscana. Ne deriva la parziale riforma della sentenza appellata, nel senso che, fermo restando l’accoglimento del ricorso di primo grado, sia pure con le rettifiche ed integrazioni motivazionali di cui innanzi, l’accolta domanda di condanna va riferita all’AUSL numero 3 Genovese, sulla quale gravano altresì, come di regola, le spese di entrambi i gradi liquidate in dispositivo ed a carico della quale vanno altresì poste in via definitiva le spese e competenze dovute al verificatore, liquidate nella misura di € 3.710,00 indicata nella nota in data 29 settembre 2012 depositata in atti il 4 ottobre seguente, con conseguente obbligo della stessa AUSL numero 3 Genovese di rimborsare al Comune di Genova la quota da quest’ultimo corrisposta al verificatore a titolo di anticipo. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Terza , definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, accoglie gli appelli principale ed incidentale della Fondazione Casa Cardinale Maffi, respinge l’appello incidentale dell’Azienda USL numero 3 Genovese e, per l’effetto, in parziale riforma della sentenza appellata, condanna l’Azienda USL numero 3 Genovese al pagamento delle rette di cui trattasi. Condanna altresì la medesima Azienda al pagamento delle spese e competenze dovute al verificatore, nella misura di cui in motivazione, nonché al pagamento delle spese di entrambi i gradi, che liquida in complessivi € 4.500,00 quattromilacinquecento/00 in favore del Comune di Genova, € 4.500,00 quattromilacinquecento/00 in favore della Fondazione Casa Cardinale Maffi ed € 500,00 cinquecento/00 in favore dell’Azienda USL numero 6 di Livorno nulla spese nei riguardi del Comune di Collesalvetti. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.