C’è l’accordo di vendita e anche la caparra, ma nulla succede alla scadenza del termine. 10 mesi dopo, che ne è dell’anticipo?

Il diritto a trattenere la caparra, ex art. 1385 c.c., in caso di inadempimento dell’altra parte, nasce con l’espressione di volontà, della parte adempiente, di voler recedere dal contratto. In caso di silenzio i presupposti per applicare tale norma non sono integrati.

Così ha deciso la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 3970, depositata il 18 febbraio 2013. Il preliminare di compravendita non diventa definitivo ecco le tappe. Aprile 1999 due società stipulano un contratto preliminare di compravendita per un immobile, con il versamento, da parte della promittente acquirente della caparra di 170mln di lire. Dicembre 1999 scade il termine fissato per l’atto notarile di trasferimento, senza che nulla succeda. Ottobre 2000 la promittente acquirente invia una raccomandata alla promittente venditrice, in cui chiede indietro la caparra, non essendo più interessata all’acquisto. La promittente venditrice considera risolto il rapporto per inadempimento e trattiene la caparra. Gennaio 2001 viene dichiarato il fallimento della promittente acquirente. Giugno 2002 il curatore, in Tribunale, dichiara sciolto il vincolo del contratto preliminare e chiede la restituzione della caparra. Il contratto è ancora in corso. Il Tribunale condanna la promittente venditrice alla restituzione degli 87mila euro versati a titolo di caparra. Sentenza confermata dalla Corte d’Appello. I giudici di merito ritengono che la promittente acquirente non abbia manifestato volontà di recedere dal contratto, ma una semplice proposta di rinuncia all’acquisto con la restituzione della caparra. Pertanto il contratto, al momento dell’azione promossa dal Fallimento, andava considerato in corso, visto che la promittente venditrice non aveva chiesto né l’adempimento né la risoluzione, ex art. 1453 c.c La Corte di Cassazione, chiamata ad esprimersi dalla promittente venditrice, dichiara infondati i vari motivi di ricorso. Una raccomandata, da sola, non scioglie un contratto immobiliare. Rispetto all’errata valenza data alla lettera raccomandata, la Corte risponde che il silenzio della promittente venditrice stessa ha creato incertezza sulla situazione giuridica determinatasi . In tema di immobili, per sciogliere il contratto è necessaria la forma scritta e non c’è alcun potere di recesso unilaterale. Lo scioglimento non poteva determinarsi semplicemente con la lettera, essendo necessaria una pronuncia giudiziale al riguardo o una iniziativa dell’altra parte, che però non ci sono state. Durante il giudizio promosso dal curatore non possono essere presentate nuove eccezioni. La Corte prosegue, poi, specificando che il diritto a trattenere la caparra nasce solo quando la parte adempiente dichiara di voler recedere dal contratto, ex art. 1385, comma 1, c.c., rinunciando così alle facoltà previste dall’ultimo comma, che rimanda alle norme generali nel caso in cui la parte adempiente preferisca domandare l’esecuzione o la risoluzione. E tale volontà non può essere espressa durante il giudizio iniziato dal curatore fallimentare ex art. 72 della legge fallimentare, perché l’esercizio dei poteri del curatore non può trovare ostacoli se non per effetto di fattispecie risolutive perfezionatesi anteriormente alla data del fallimento .

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 9 novembre 2012 – 18 febbraio 2013, n. 3970 Presidente Felicetti – Relatore Parziale Svolgimento del processo 1. Il 12 aprile 1999 la società Edil Europa 86 e la società Ego Technology srl stipulavano contratto preliminare con il quale la prima si impegnava a trasferire alla seconda una porzione immobiliare di un complesso in costruzione in OMISSIS , denominato omissis . La promittente acquirente versava la caparra di L. 170.115.000 e si stabiliva che l'atto notarile dovesse avvenire entro il 31 dicembre del 1999. Il 17 ottobre 2000, trascorsi oltre 10 mesi dalla scadenza del termine convenuto per il trasferimento, la promittente acquirente inviava una raccomandata alla promittente venditrice con la quale dichiarava quanto segue come già anticipato nell'incontro avuto con il vostro responsabile vendite la nostra società non è più interessata all'acquisto di locali siti nell'edificio denominato OMISSIS , chiedendo la restituzione della caparra. La promittente venditrice considerava risolto il rapporto per l'inadempimento della controparte senza nulla fare al riguardo. 2. Nel gennaio del 2001 veniva dichiarato il fallimento della promittente acquirente, Ego Technology srl, e il curatore, il successivo 25 giugno 2002, iniziava giudizio avanti al Tribunale di Cuneo dichiarando di sciogliere il vincolo del contratto preliminare e richiedendo la restituzione della somma versata a titolo di caparra. La convenuta Edil Europa 86 contestava la domanda, deducendo che la Ego Technology srl era receduta unilateralmente dal contratto e chiedeva comunque, in via riconvenzionale, accertarsi il suo diritto a ritenere la caparra. 3. Il Tribunale di Cuneo con sentenza del 30 gennaio 2004 accoglieva le domande del fallimento e dichiarava tenuta la Edil Europa 86 a restituire la somma di Euro 87.857 ricevuta a titolo di caparra confirmatoria. Al riguardo, il Tribunale osservava che la lettera del 17 ottobre 2000 non manifestava l'intensione di recedere dal contratto, ma semplicemente si può dire che la lettera conteneva una proposta, implicita, di rinunciare all'acquisto ed una richiesta di restituzione della caparra a suo tempo versata . Il Tribunale osservava, altresì, che non risultava che la Edil Europa 86 avesse risposto a tale lettera o che avesse comunicato alcunché, con la conseguenza che il contratto si doveva ritenere in corso e che legittimamente aveva agito il curatore ai sensi dell'articolo 72 della legge fallimentare. 4. La Corte d'appello di Torino, adita dalla Edil Europa 86, ulteriormente osservava che anche a voler ritenere la lettera del 18 ottobre 2000 come dichiarazione di volontà di risoluzione del contratto preliminare, ciò non avrebbe consentito l'automatico scioglimento del contratto, restando alla parte adempiente, ai sensi dell'articolo 1453 codice civile, la scelta tra la domanda di adempimento e la domanda di risoluzione. Il contratto, quindi, era in corso al momento in cui il curatore fallimentare della Ego Technology srl aveva agito ex articolo 72 della legge fallimentare, con la conseguenza che la successiva tempestiva eccezione di inadempimento al contratto avanzata dalla promittente venditrice restava assorbita proprio in ragione di tale situazione in essere tra le parti. 5. La ricorrente articola quattro motivi di ricorso. Resiste con controricorso la Ego Technology srl., che ha depositato memoria. Motivi della decisione 1. I motivi del ricorso. 1.1. Col primo motivo di ricorso viene dedotta la violazione e falsa applicazione degli articoli 1373-1453 e seguenti codice civile . La Corte non aveva dato alcuna interpretazione alla lettera del 17 ottobre 2000 e non aveva stabilito se questa fosse da qualificare come risoluzione del contratto o come recesso unilaterale e nemmeno se costituisse inadempimento o meno al contratto. La promittente venditrice, una volta ricevuta la comunicazione in questione, non aveva alcuna necessità di dichiarare la propria intensione di risolvere il contratto ed aveva senz’altro diritto a trattenere la somma” ricevuta a titolo di caparra. 1.2. Col secondo motivo di ricorso viene dedotta la violazione e falsa applicazione dell'articolo 1385 codice civile . La Corte aveva errato a non ritenere che il diritto della parte non inadempiente a trattenere la caparra dipende esclusivamente dall'altrui inadempimento e non è subordinata al fatto che tale parte sia receduta dal contratto . Di conseguenza la Edil Europa 86 poteva esercitare il diritto di trattenere la caparra e non aveva alcun obbligo di dichiarare di voler recedere dal contratto. 1.3. Con il terzo motivo di ricorso viene dedotta la violazione dell'articolo 112 c.p.c. e dell'articolo 360 n. 5 per non aver pronunciato la Corte sulla domanda riconvenzionale della Edil Europa 86 . La ricorrente lamenta che non sia stato effettuato, così come tempestivamente richiesto, l'accertamento giudiziale dell'inadempimento della Ego Technology srl , perché da tale accertamento derivava il diritto al trattenere la caparra. La Corte territoriale aveva quindi violato l'articolo 112 cod. proc. civ. e tale accertamento poteva essere richiesto giudizialmente anche quando lo scioglimento del contratto sia operato dal curatore ai sensi dell'articolo 72 della legge fallimentare. 1.4. Con il quarto motivo di ricorso viene dedotta contraddittoria motivazione su un punto decisivo della sententi in relazione all'applicazione dell'articolo 1453 codice civile . Sussisteva un'evidente contraddizione nella motivazione della Corte che, da un lato, aveva rilevato che la Edil Europa 86 aveva sollevato tempestivamente l'eccezione di inadempimento e, dall'altro, aveva dichiarato che la predetta non aveva contestato l'inadempimento ai fini di esercitare il recesso ex articolo 1385 codice civile. 2. Il ricorso è infondato e va respinto. 2.1 Il 1 motivo è infondato. Contrariamente a quanto affermato dalla ricorrente, la Corte d'appello, confermando la sentenza impugnata, ha fatto sostanzialmente proprie la ratio decidendi l'interpretazione della lettera in questione e le conclusioni raggiunte dal Tribunale, che appaiono adeguatamente ed idoneamente motivate e prospettano una plausibile ricostruzione in fatto della vicenda, confermata dal comportamento della venditrice, che nulla ha fatto a seguito della citata comunicazione, ponendo così in essere una situazione di oggettiva incertezza sulla situazione giuridica determinatasi. Di qui la correttezza delle conclusioni raggiunte, anche alla luce della necessaria forma scritta richiesta per l'eventuale scioglimento del contratto, trattandosi di beni immobili. Né, pacificamente, era presente la facoltà di recesso unilaterale, che avrebbe consentito alla parte oggi intimata di sciogliere il contratto senza il consenso dell'altra parte. Né, infine, la lettera in questione poteva determinare automaticamente lo scioglimento del contratto per inadempimento, essendo necessaria una pronuncia giudiziale al riguardo o comunque una iniziativa dell'altra parte, che non è intervenuta. 2.2 - Anche il secondo motivo è infondato. Il diritto a trattenere la caparra, nel caso di inadempimento dell'altra parte, previsto dall'articolo 1385 codice civile in favore della parte adempiente, richiede come presupposto l'inadempimento dell'altra parte e la scelta da parte del contraente adempiente di voler recedere dal contratto, così rinunciando alle facoltà previste e disciplinate dall'ultimo comma della stessa norma. Il silenzio tenuto al riguardo dall'odierna ricorrente non consente di ritenere integrati i presupposti di applicazione di tale norma. Né tale scelta l'odierna ricorrente poteva utilmente operare in sede di giudizio proposto dal fallimento, prevalendo la norma dell'articolo 72 della legge fallimentare, lex specialis. Al riguardo, infatti, l'esercizio dei poteri del curatore, una volta dichiarato il fallimento, non può trovare ostacoli se non per effetto di fattispecie risolutive perfezionatesi anteriormente alla data del fallimento. Ciò non è avvenuto nel caso in questione. 2.3 - Il terzo motivo appare inammissibile, oltre che infondato. Infatti, l'odierna ricorrente non risulta aver censurato specificamente in appello il capo della sentenza che statuiva sulla tardività del recesso ex articolo 1385 codice civile e sul conseguente rigetto della domanda riconvenzionale. Di qui l'inammissibilità del motivo. In ogni caso la censura è infondata alla luce di quanto affermato con riguardo al precedente motivo in ordine al rapporto tra azione ex articolo 72 della legge fallimentare e contratti ancora in essere alla data di dichiarazione di fallimento. 2.4 - È infondato anche l'ultimo motivo di ricorso, non essendovi la eccepita contraddizione tra la rilevata tempestività processuale dell'eccezione di inadempimento e la affermata tardività della contestazione dell'inadempimento ai fini dell'applicabilità dell'articolo 1385 codice civile. Una cosa è, infatti, la tempestività processuale dell'eccezione di inadempimento, altra è la valutazione della sua fondatezza con riguardo alla fattispecie specifica prevista dall'articolo 72 della legge fallimentare. 3. Le spese seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente alle spese di giudizio, liquidate in 5.000,00 cinquemila Euro per compensi e 200,00 per spese, oltre accessori di legge.