Eccesso di velocità e omicidio colposo: l'automobilista risponderà del reato anche se ignorava la norma

Non può invocare – al fine di escludere la punibilità – l’ignoranza inevitabile della legge penale l’automobilista che, in violazione delle norme del Codice della Strada, causi un incidente mortale la concreta configurabilità dell’ignoranza scusabile è, infatti, subordinata all’adempimento dei doveri strumentali di informazione e conoscenza che gravano sui destinatari delle norme.

Il fatto costitutivo del reato. Tale Amoroso fu ritenuto, dal Tribunale di Scalea, responsabile del delitto di cui all’articolo 589 c.p., in quanto, in violazione degli articolo 141, 142 e 143 del C.d.S., causò la morte di tale Perrone la sentenza di prime cure fu poi confermata in toto dalla Corte di Appello di Catanzaro. In particolare, quanto alla dinamica dell’incidente mortale, l’autovettura condotta dall’imputato impattò con il motociclo condotto dal Perrone tuttavia, nonostante quest’ultimo non avesse rispettato l’obbligo di dare precedenza, secondo la Corte Territoriale l’evento nefasto non si sarebbe comunque verificato se l’Amoroso avesse osservato il limite di velocità. Infatti, dagli accertamenti tecnici, si ricavò che la velocità dell’automobile dell’imputato fu pari a circa 70-76 km/h, in un tratto stradale ricompreso nel centro abitato di Diamante e, come tale, gravato dal limite di 50 km/h. Avverso la sentenza di condanna, l’imputato ricorreva in Cassazione, deducendo il vizio motivazionale con riferimento all’articolo 5 c.p., così come modificato dalla sentenza numero 364/1988 della Corte Costituzionale, in tema di ignoranza inevitabile della legge penale – relativamente al limite di velocità – asseritamente causata da un cartello stradale recante la dicitura «Arrivederci a Diamante». Perchè sia scusabile, l'errore sulla legge penale presuppone l'adempimento del dovere di informazione e conoscenza. I Giudici di Legittimità, nel motivare la sentenza numero 6405/2012, hanno ripreso e confermato le statuizioni della Corte Costituzionale che, con la sentenza numero 364/1988, ha dichiarato la illegittimità costituzionale dell’articolo 5 c.p., nella parte in cui non escludeva dalla inescusabilità dell’ignoranza della legge penale, l’ignoranza inevitabile. In particolare, secondo il Giudice delle leggi, in ottemperanza ai dettami costituzionali di cui all’articolo 27 Cost., il carattere personale della responsabilità penale impedisce di ritenere irrilevante la mancata percezione del disvalore penale della condotta, pertanto la sanzione deve colpire solo il soggetto che si sia trovato nella condizione di avvertire tale disvalore del fatto realizzato e che, perciò, risulti rimproverabile, e non certo colui la cui condotta sia stata caratterizzata da una ignoranza inevitabile della legge penale. La Corte ha, inoltre, fatto riferimento a veri e propri «doveri strumentali di informazione e conoscenza» ritenuti presuntivamente sussistenti in capo ai destinatari delle norme l’inadempimento degli stessi consente di ritenere penalmente responsabile anche colui che abbia commesso un reato nella ignoranza della legge che lo prevede. A contrario, chi, invece, adempia a tali doveri strumentali e, nonostante ciò, continui ad ignorare l’illiceità del fatto commesso, potrà invocare – quale causa di esclusione della punibilità – l’ignoranza inevitabile della norma penale violata. Tutto quanto sopra, fermo restando che l’autore del reato, se dotato di particolari conoscenze o capacità che gli consentono di conoscere esattamente il significato della norma violata, non potrà giovarsi di un eventuale errore sul divieto infatti, in tali circostanze, sarà ritenuta evitabile l’ignoranza di chi, professionalmente inserito in un determinato campo di attività, non si sia informato delle leggi disciplinanti tale campo. L’abilitazione alla guida non consente di ritenere inevitabile l’errore sulle norme stradali. La Corte Regolatrice, con la pronuncia de qua – in ossequio alle statuizioni costituzionali sull’articolo 5 c.p., e conformemente al maggioritario orientamento giurisprudenziale in tema, originato dalla sentenza a S.U. Calzetta del 1994 – ha configurato quale evitabile – e quindi inidoneo ad escludere la punibilità – l’errore dell’imputato sulle norme afferenti la circolazione stradale, ovvero sulle norme extrapenali che integrano la norma penale. L’automobilista, invero, in quanto titolare di abilitazione alla guida e, pertanto, presuntivamente gravato dall’obbligo di conoscere la disciplina del Codice della Strada, avrebbe dovuto essere informato del fatto che l’uscita dal centro abitato – e, quindi, la fine del limite di velocità di 50 km/h – è indicata con il cartello specificamente prescritto dall’articolo 131 del ‘Regolamento di esecuzione’ del C.d.S., avente una tipizzazione inequivoca. Conseguentemente, il cartello «Arrivederci a Diamante» – non essendo annoverato tra i segnali stradali tipici – è un mero segnale di cortesia, cui non poteva essere attribuito il significato inteso dall’imputato – il quale, evidentemente, ha colpevolmente ignorato le disposizioni di legge in materia di circolazione stradale, nonostante avesse l’obbligo giuridico di conoscere le stesse.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 18 gennaio - 16 febbraio 2012, numero 6405 Presidente Sirena – Relatore Montagni Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale di Paola, sezione distaccata di Scalea, con sentenza in data 21.05.2008 dichiarava A.F. responsabile del delitto di omicidio colposo per avere cagionato la morte di P.E., mediante una condotta di guida imprudente e in violazione degli articolo 141, commi 1, 2, 3, 142 e 143, comma 1, cod. strada riconosciute le attenuanti generiche prevalenti sulla contestata aggravante, il tribunale condannava l'imputato alla pena di Euro 4.560,00 di multa. 1.1 La Corte di Appello di Catanzaro, con sentenza in data 28 marzo 2011, confermava la decisione del tribunale. La corte territoriale evidenziava che l'imputato, nell'impegnare l'intersezione tra Via OMISSIS , lungo la strada litoranea omissis , aveva impattato con il motoveicolo Ape condotto da P.E. . Il collegio evidenziava che P., contravvenendo all'obbligo di dare precedenza, aveva attraversato l'incrocio immettendosi lungo la omissis e che a seguito dell'impatto tra i due veicoli, P. era stato sbalzato fuori dall'abitacolo, riportando traumi che ne cagionavano il decesso. La Corte di Appello rilevava che, alla luce degli effettuati accertamenti tecnici, era emerso che l'imputato aveva mantenuto una velocità pari a circa 70-76 km/h, in un tratto stradale ricompreso nel centro abitato di XXXXXXXX, e perciò gravato dal limite di 50 chilometri orari. E considerava che qualora l'imputato avesse rispettato il predetto limite di velocità, l'evento non si sarebbe verificato, tenuto conto del fatto che in tal caso lo spazio di arresto sarebbe stato inferiore alla distanza che separava i due veicoli, al momento dell'avvio della frenata di emergenza. La Corte territoriale evidenziava che la circostanza relativa al mancato rispetto dell'obbligo di dare precedenza da parte del conducente dell'Ape neppure poteva ritenersi imprevedibile, secondo valutazione ex ante , tenuto conto dello specifico stato dei luoghi, che ostacola l'avvistabilità dei veicoli in transito. Con riguardo al compiuto accertamento della velocità di marcia del veicolo condotto dall'imputato, la Corte di Appello rilevava poi che le tracce di frenata impresse sull'asfalto costituivano efficace elemento di inferenza. 2. Avverso la predetta sentenza della Corte di Appello di Catanzaro ha proposto ricorso per cassazione A.F., a mezzo del difensore, deducendo il vizio motivazionale, in relazione alla norma di cui all'articolo 5, cod. penumero , come modificata dalla Corte Costituzionale con sentenza numero 364 del 1988. La parte ribadisce che, in considerazione delle specifiche circostanze di fatto, A. , del tutto incolpevolmente, non aveva consapevolezza di transitare in un centro abitato e che pertanto non può essergli contestato l'eccesso di velocità. Osserva al riguardo che non esisteva in loco alcun segnale tipico che delimitasse la fine del centro abitato e rileva che il cartello con la scritta Arrivederci a XXXXXXXX , aveva indotto in errore l'automobilista, in ordine all'intervenuto superamento del perimetro urbano. Considerato in diritto 3. Il ricorso è infondato, per le ragioni di seguito esposte. 3.1 La parte reitera censure, già dedotte nell'atto di appello. Al riguardo, la Corte territoriale, ha considerato che non poteva accedersi alla tesi sostenuta dalla difesa dell'imputato, volta a ritenere che il sinistro si fosse verificato al di fuori del centro abitato, in considerazione del fatto che l'impatto era avvenuto dopo che A. aveva percorso circa duecento metri, dal cartello stradale recante la scritta arrivederci a XXXXXXXX . Segnatamente, il Collegio ha osservato che già con delibera del 22.1.1996, la Giunta comunale aveva ricompreso l'intersezione teatro del sinistro nel centro abitato di XXXXXXXX che detto elemento non poteva che essere ignorato colpevolmente, atteso che il relativo deliberato era soggetto al prescritto regime di pubblicità legale che il cartello recante la scritta arrivederci a XXXXXXXX neppure poteva ingenerare la falsa rappresentazione dello stato dei luoghi, giacché il cartello di fine centro abitato , risulta tipizzato dall'articolo 131, cod. strada e che trattasi di segnaletica che non ammette equipollenti. 3.2 Il ragionamento sviluppato dalla Corte di Appello risulta del tutto coerente rispetto ai principi elaborati dal diritto vivente, in tema di inescusabilità della ignoranza della legge penale. Occorre, primieramente, fare riferimento alla sentenza dalla Corte Costituzionale numero 364 del 24.3.1988, richiamata dal ricorrente. Come noto, la Corte, investita della questione di legittimità costituzionale relativa all'articolo 5 cod. penumero con ordinanze di remissione che traevano origine da procedimenti per reati contravvenzionali, ebbe a dichiarare l'illegittimità costituzionale della norma citata, nella parte in cui non escludeva dall'inescusabilità dell'ignoranza della legge penale, l'ignoranza inevitabile. Soffermandosi, unicamente, sulle argomentazioni della sentenza ora citata che vengono in rilievo in riferimento al tema dedotto dall'esponente, si rileva che la Corte Costituzionale, muovendo dalla interpretazione sistematica del primo e del terzo comma dell'articolo 27 Cost., ha chiarito che il carattere personale della responsabilità penale impedisce di ritenere irrilevante la mancata percezione del disvalore penale della condotta e ha rilevato che la funzione rieducativa assegnata alla pena dal costituente implica che la sanzione debba colpire un soggetto che si sia trovato in condizione di avvertire il disvalore penale del fatto realizzato e che, perciò, risulti rimproverabile. Nella sentenza numero 364 del 1988 il giudice delle leggi, in particolare, ha individuato nella “possibilità di conoscenza della legge penale” il presupposto necessario per ogni forma di imputazione penale. E dopo aver considerato che l'articolo 5 cod. penumero , nella formulazione originaria “determina un uguale trattamento di chi agisce con la coscienza della illiceità del fatto e di chi opera senza tale coscienza” ed esclude “ogni possibilità di valutazione della causa della mancata coscienza”, la Corte ha affermato che la predetta disposizione violava il principio costituzionale della personalità della responsabilità penale. Preme pure rilevare che la Corte Costituzionale, nella sentenza numero 364 del 1988, ha definito i doveri strumentali di informazione giuridica che gravano sui cittadini, proprio in vista dell'osservanza dei precetti penali, rilevando che nel caso in cui la mancata consapevolezza della illiceità del fatto derivi dalla violazione di detti obblighi che costituiscono il fondamento di ogni convivenza civile “deve ritenersi che l'agente versi in evitabile, e pertanto, rimproverabile ignoranza della legge penale”. 3.2.1 Nell'elaborare i principi ora richiamati, la giurisprudenza di legittimità ha, quindi, evidenziato che il giudizio sulla inevitabilità dell'errore sul divieto cui consegue l'esclusione della colpevolezza deve essere ancorato a criteri oggettivi, quali l'assoluta oscurità del testo legislativo, ovvero l'atteggiamento interpretativo degli organi giudiziari cfr. Cass. Sez. 6, Sentenza numero 36346 del 05/02/2003, dep. 22/09/2003, Rv. 226911 . In particolare, la Corte regolatrice ha chiarito che, ai fini della valutazione della inevitabilità dell'errore, vengono in rilievo le specifiche condizioni soggettive dell'agente, afferenti al livello di socializzazione e di differenziazione culturale e circa la consistenza degli obblighi informativi le Sezioni Unite di questa Suprema Corte hanno stabilito che “il dovere di informazione è particolarmente rigoroso per tutti coloro che svolgono professionalmente una determinata attività, i quali rispondono dell'illecito anche in virtù di una culpa levis nello svolgimento dell'indagine giuridica” Cass. Sez. U, Sentenza numero 8154 del 10/06/1994, dep. 18/07/1994, Rv. 197885 . 3.3 I rilievi ora svolti Inducono a ritenere che il dedotto errore sulla portata della segnaletica stradale, in cui sarebbe incorso l'automobilista A. , non valga ad escludere la colpevolezza dell'imputato. Invero, ai sensi dell'articolo 131, comma 4, d.P.R. 16 dicembre 1992, numero 495, recante Regolamento di esecuzione e di attuazione del nuovo codice della strada, il segnale di “INIZIO CENTRO ABITATO ha valore anche per segnalare il limite di velocità” ed il successivo comma 6, dell'articolo 131, cit., reca disposizioni di dettaglio che tipizzano il segnale di fine centro abitato. Orbene, il combinato disposto delle disposizioni ora richiamate induce a ritenere che la segnaletica di località, sia di inizio che di fine centro abitato, abbia una diretta incidenza sulla disciplina della guida, in riferimento al limite di velocità che l'errore sulla interpretazione della segnaletica, da parte dell'automobilista, si risolva in un irrilevante errore di diritto, sub specie di errore su norma extrapenale che integra la norma penale - nel caso l'articolo 589 cod. penumero - ai sensi dell'articolo 47, comma 3, cod. penumero cfr. Cass. Sez. 3, sentenza numero 4114 del 10.12.1981, dep. 22.04.1982, Rv. 153334 . Rafforza il convincimento rilevare che, nel caso di specie, si tratta di segnaletica stradale e che l'imputato è soggetto munito di abilitazione alla guida, di talché risulta gravato dallo specifico obbligo di conoscenza della disciplina dettata dal codice della strada e dal relativo regolamento di esecuzione, in applicazione dei principi sopra richiamati. E deve conclusivamente sottolinearsi, come del tutto conferentemente rilevato dalla Corte di Appello di Catanzaro, che la segnaletica stradale risulta tipizzata, per forme e colori che pertanto sfugge in termini la conducenza della segnaletica che non risponda alle predette specifiche, ai fini della regolamentazione della circolazione stradale e che un cartello che non risponde alle predette specifiche, come quello recante la dicitura “Arrivederci a XXXXXXXX”, non vale ad ingenerare nell'automobilista il legittimo convincimento di essere fuoriuscito dal perimetro urbano. 4. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.