Chiariti i limiti per il concorso degli amministratori di una banca nella bancarotta di società cliente

In materia di bancarotta per distrazione l’amministratore di una società diversa da quella fallita può concorrere quale extraneus nel reato proprio solo mediante una partecipazione attiva e non invece ai sensi dell’articolo 40 comma 2 c.p

A sostenerlo è la Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione con la sentenza numero 7556, depositata il 15 febbraio 2013. Ristrutturazione delle imprese in crisi e interferenze bancarie. Non vi è chi non sappia come ogni operazione di ristrutturazione di una grande impresa o, ancora più spesso, di un gruppo di imprese in crisi passi attraverso l’ineluttabile percorso di ristrutturazione dei debiti finanziari delle società medesime in accordo con gli istituti di credito. É evidente, quindi, che per ottenere il c.d. “via libera” spesso indispensabile per una possibilità di sopravvivenza da parte degli istituti di credito non solo il piano di risanamento finanziario venga sottoposto al vaglio ed alla preventiva approvazione dei medesimi, ma anche il piano industriale in senso stretto, quale fonte delle risorse che dovrebbero garantire la possibilità di rimborsare i debiti finanziari contratti ed eventualmente contraendi . Quid iuris qualora il piano industriale non abbia buon esito e la società fallisca e lo stesso piano si sia realizzato mediante condotte suscettibili di integrare bancarotta fraudolenta per distrazione? Può ed in quali limiti ipotizzarsi il concorso in tale delitto di amministratori e sindaci degli istituti di credito, che hanno appoggiato ed approvato dette operazioni poste in essere dalle società finanziate? Questa la attualissima ed interessante questione che la Suprema Corte è chiamata a risolvere nel caso in esame, con tutte le conseguenti problematiche in tema di concorso dell’ extraneus nel reato proprio, di accertamento del nesso causale e di valutazione della sussistenza dell’elemento psicologico. La problematica sub iudice implica verificare quando gli organi amministrativi delle banche possano essere chiamati a rispondere quali coautori o addirittura autori mediati del delitto di bancarotta posto in essere dagli amministratori delle società finanziate. Nel caso di specie, infatti, la Corte di Appello aveva affermato la responsabilità degli amministratori delle banche a titolo di omissione penalmente rilevante ex articolo 40, comma 2, c.p., con conseguente necessità di affrontare le consuete problematiche circa l’ascrizione di responsabilità ai c.d. “ gatekeepers ”, l’individuazione di poteri impeditivi in capo ai medesimi e la prova della sussistenza del nesso causale. Il caso. La complessa vicenda da cui trae origine la pronuncia in commento riguarda un importante gruppo tessile che, trovatosi in notevoli difficoltà finanziarie, con l’avvallo del pool della banche creditrici, aveva costituito una new company ove, attraverso un affitto di azienda con opzione di riscatto, aveva trasferito le attività ancora redditizie e posto in liquidazione volontaria le c.d. bad companies . Gli amministratori dimissionari delle società poste in liquidazione avevano poi assunto il controllo formale e sostanziale della new company , personalmente o attraverso familiari. La Corte di appello di Milano aveva affermato la penale responsabilità degli amministratori delle società poste in liquidazione e della new company per bancarotta fraudolenta per distrazione, evidenziando l’irrisorietà del prezzo di riscatto e dei canoni di affitto, a fronte dei reali valori degli stessi, in quanto tutta l’operazione era, evidentemente, volta a consentire alla famiglia, che aveva il controllo del gruppo, di salvare le attività delle società ancora in grado di produrre utili e abbandonare a sé il resto del gruppo, con conseguente danno dei creditori. L’intervenuto fallimento delle società poste in liquidazione aveva dunque appalesato la evidente ed ingiustificata sottrazione di attivo alla massa dei creditori realizzata con l’operazione di affitto di azienda e il successivo esercizio del diritto di riscatto. L’aspetto saliente della vicenda sta nell’affermazione della penale responsabilità per il medesimo titolo di reato quali extranei concorrenti nel reato proprio anche dei dirigenti della banche creditrici, che, secondo l’assunto accusatorio, con la loro inerzia penalmente rilevante ex articolo 40, comma 2, c.p., avevano appoggiato tale piano consentendo l’operazione come una sorta di regalia ai soci e fondatori storici del gruppo, ottenendo, in cambio, che la liquidazione del gruppo fosse lasciata nelle mani di persone a loro compiacenti e parte dei crediti delle banche, non adeguatamente garantiti, fossero trasferiti alla new company . Responsabilità di posizione o per assunzione La pronuncia che si annota merita sicuramente menzione ed attenta valutazione in quanto si inserisce in un contesto in cui, troppe volte, la giurisprudenza di legittimità si è abbandonata ad ipotesi di responsabilità di posizione ed assunzione, ravvisando sempre e comunque un concorso doloso per omissione da parte di sindaci ed amministratori nelle condotte commissive poste in essere da altro sindaco ed amministratore seppur della medesima società . L’accertamento di un concorso omissivo nel reato commissivo deve passare in primis attraverso la verifica della sussistenza in capo al concorrente di effettivi poteri impeditivi, ossia di quali siano le condotte che l’ordinamento giuridico pretende siano poste in essere da tale soggetto per impedire il reato, e l’accertamento del nesso di causalità. Come noto detti poteri possono essere “ direttamente impeditivi ” o “ indirettamente impeditivi ” allorchè l’impedimento dell’evento, che il titolare della posizione di garanzia deve evitare, dipende da una terza persona e possono essere oggetto di stretta tipizzazione da parte del legislatore ovvero essere atipici. Se dottrina maggioritaria e giurisprudenza paino concordi nel ritenere sufficiente a fondare l’obbligo di agire l’esistenza di poteri sia direttamente che indirettamente impeditivi, la dicotomia tra poteri tipizzati vs poteri aticipi viene risolta diversamente da dottrina e giurisprudenza. Secondo la giurisprudenza prevalente di legittimità è sufficiente che il garante abbia omesso di attivare poteri impeditivi facenti parte della propria “dotazione disponibile” Cass. Sez. V, numero 28932/2011 , mentre, per contro, la dottrina sostiene che deve trattarsi di poteri giuridici che siano rinvenibili sulla base della normativa che disciplina e regolamenta la posizione di garanzia del soggetto Centonze, Ingrassia . Svolta tale premessa non è difficile comprendere come, per la giurisprudenza, si configuri una responsabilità di posizione o per assunzione connaturata a quei poteri impeditivi che di fatto o di diritto siano riconnessi alla posizione stessa, con conseguente tensione, come puntualmente evidenziato in dottrina, del principio di legalità e tassatività. L’accertamento del nesso eziologico nel concorso omissivo nell’altrui reato commissivo Altro punto di notevole criticità in fattispecie analoghe a quella oggetto della pronuncia degli Ermellini è l’accertamento della causalità omissiva, che in troppe occasioni la giurisprudenza, anche di legittimità, ha finito per ritenere come sussistente quasi in re ipsa , senza curarsi di verificare se con certezza l’evento sarebbe stato evitato dalla condotta la cui omissione viene attribuita all’imputato Cass. Penumero Sez. V, numero 31163/2011 . Eppure, almeno dalla sentenza Franzese Cass. Sez. Unite, numero 30328/2002 in poi, l’individuazione del nesso causale dovrebbe avvenire solo se, sulla base del giudizio controfattuale - basato su regole di esperienza o scientifiche -, si accerta che laddove si fosse realizzata la condotta doverosa impeditiva dell’evento lo stesso non si sarebbe verificato ovvero si sarebbe verificato in epoca significativamente successiva o con notevolmente minore intensità lesiva in termini almeno prossimi alla certezza. Non si vede perché, come acutamente e recentemente evidenziato in dottrina Ingrassia , tale canone guida non dovrebbe essere applicato anche allorchè, come nel caso in esame, occorra verificare se la condotta dell’imputato avrebbe impedito l’altrui reato commissivo. La verifica del dolo del concorrente Infine, non di secondaria importanza è la verifica della sussistenza dell’elemento soggettivo in capo all’ extraneus concorrente con condotta omissiva nel reato proprio commissivo. L’obiettiva sussistenza e, dunque, percepibilità dei c.d. “segnali di allarme” della commissione del fatto costituente reato ha rappresentato, purtroppo, in numerose occasioni il requisito sufficiente onde affermare che, non potendo l’imputato non essersi avveduto degli stessi, la perdurante e consapevole inerzia finisce per costituire essa stessa prova della rappresentazione e volizione dell’evento, il cui verificarsi è stato quanto meno accettato. Una pronuncia che risolve molte questioni. La sentenza in esame si segnala in quanto, in modo più o meno ampio e più o meno diretto, affronta e risolve brillantemente ed, invero, anche in termini per certi aspetti innovativi tutte tali questioni. Sotto il profilo della responsabilità per posizione i giudici della Suprema Corte non esitano ad affermare che «l’amministratore di società non assume una posizione di garanzia generalizzata nei confronti dei terzi, dei soci o dei creditori, essendo il suo obbligo limitato alla vigilanza ed alla personale attivazione per impedire l’adozione di atti di gestione pregiudizievoli». Nel dettaglio poi la Corte rileva come la responsabilità per omissione sia integrata solo laddove si fondi sulla posizione di garanzia assunta ex articolo 2392 c.c. e, dunque, solo con riferimento agli atti della società amministrata e non nei confronti di atti compiuti da amministratori di società terze, né di atti che non siano pregiudizievoli per i soci o i creditori della stessa società amministrata, ciò in quanto «la responsabilità penale si fonda sull’esistenza di una norma giuridica che impone un determinato comportamento, funzionale ad evitare la verificazione dell’evento che costituisce la violazione dell’interesse tutelato dalla norma penale». La semplice assunzione di una posizione di garanzia e di conseguenti poteri impeditivi atipici non viene, dunque, nel caso in esame, ritenuta sufficiente, essendo per contro necessario il rinvenimento di poteri impeditivi tipizzati e derivanti da un preciso obbligo giuridico articolo 2932 c.c. . Sotto il profilo dell’analisi della sussistenza del nesso causale, la sentenza che si annota non manca di rimarcare come si debba procedere con giudizio puramente ipotetico a verificare se l’azione doverosa, che è stata omessa, avrebbe impedito il verificarsi dell’evento, con l’accertamento del c.d. giudizio “controfattuale”, cioè la verifica della idoneità ipotetica dell’omessa azione doverosa a bloccare il processo causale sfociato nell’evento di reato. Nel caso in esame la Corte di Appello, per contro, non aveva nemmeno individuato quali condotte avrebbero dovuto e potuto porre in essere i dirigenti del pool di banche per evitare il verificarsi dell’evento e dunque andare esenti da penale responsabilità. Tutto ciò in un quadro in cui, pur evidente la consapevolezza da parte degli istituti di credito della grave situazione di crisi del gruppo e, quindi, la continua interlocuzione dei dirigenti delle banche con quelli del gruppo, la Corte di Appello non ha individuato alcuna condotta attiva o situazione di amministrazione di fatto realizzata da parte dei dirigenti delle banche all’interno delle società del gruppo finanziato. La conclusione è, quindi, che o i dirigenti delle banche hanno concorso con condotte commissive o hanno svolto il ruolo di amministratori di fatto delle società del gruppo in difetto gli stessi non possono essere ritenuti responsabili ex articolo 40, comma 2, c.p. e ciò perché, sotto il profilo della posizione penalistica di garanzia, gli stessi non sono garanti degli interessi dei soci o dei creditori di società diverse rispetto a quelle cui i medesimi appartengono. Sotto il profilo dell’elemento psicologico - ricorda la Corte - è poi necessario che anche l’omissione sia sorretta da coscienza e volontà, dovendo l’agente conoscere i presupposti di fatto da cui scaturisce l’obbligo di agire, e che il soggetto volontariamente decida di non compiere l’azione doverosa con l’intenzione di non impedire l’evento o almeno rappresentandosi ed accettando il rischio del suo verificarsi. Anche alla luce di tale ultimo aspetto - conclude la Corte - non è dunque giuridicamente possibile configurare, ai fini penali, un concorso omissivo dell’amministratore in relazione ad operazioni deliberate da parte di altra società. Conclusioni. Alla luce delle suestese considerazioni, con pronuncia che indubbiamente merita condivisione, la Suprema Corte annulla, senza rinvio, l’impugnata sentenza per non avere i dirigenti del pool di banche commesso il fatto loro ascritto.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 28 novembre 2012 – 15 febbraio 2013, numero 7556 Presidente Zecca – Relatore Demarchi Albengo Ritenuto in fatto 1. Il 10/06/1995 il tribunale di Milano dichiara il fallimento della Trevitex Spa si tratta della holding di un gruppo tessile che ha raggiunto negli anni notevoli proporzioni. 2. La famiglia Dalle Carbonare, cui è riconducibile il predetto gruppo, inizia ad operare nel settore tessile negli anni '50 e poco a poco ingrandisce la propria attività, anche mediante acquisizione di nuove ed importanti aziende del settore. 3. Negli anni '90 il gruppo, che ha ormai assunto proporzioni considerevoli, entra in crisi a causa principalmente di tre fattori l'eccessivo indebitamento dovuto alle numerose acquisizioni, anche in settori diversi la crisi del settore tessile lo svolgimento di operazioni di tipo finanziario-speculativo con esito disastroso. 4. Il forte indebitamento nei confronti di un gruppo di banche induce queste ultime a costituire un comitato ristretto per tenere sotto controllo la situazione della società e per tentarne il salvataggio a tal fine viene dato incarico alla Banca Internazionale Lombarda BIL di predisporre un piano di risanamento, che prevede altresì l'erogazione di nuova finanza da parte delle banche. 5. La situazione di crisi del gruppo, nel frattempo, peggiora sempre più, fino a quando, il 17 settembre 1993, le aziende di alcune società del gruppo Lanificio Titanus S.p.A. e Filatura di C. S.r.l. vengono concesse in affitto, con opzione di riscatto, alla neo costituita Sette S.r.l., facente capo alla famiglia Dalle Carbonare. Il contratto viene stipulato tra Ma.Gi. , quale amministratore delegato della Trevitex Spa, che controlla le due società cedenti, e l'amministratore delegato della Sette S.r.l 6. Nello stesso periodo i componenti della famiglia Dalle Carbonare si dimettono dalle cariche amministrative nelle società del gruppo, ponendolo in liquidazione volontaria. Il 10/06/1995, come si è detto, su iniziativa di alcuni creditori verrà dichiarato il fallimento della Trevitex Spa. Seguirà anche il fallimento, con sentenza del tribunale di Vicenza, del Lanificio Titanus S.p.A 31/10/1995 e della Filatura di C. S.r.l. 15/01/1997 . 7. La procura della Repubblica di Milano apre un'indagine per reati fallimentari a carico dei componenti della famiglia Dalle Carbonare, degli amministratori e consulenti della Trevitex Spa, nonché dei dirigenti ed amministratori delle banche creditrici del gruppo. 8. Per quanto qui interessa, residua oggi un'unica imputazione capo 21-ter in cui si contesta a numerosi dirigenti ed amministratori delle banche il concorso esterno in bancarotta fraudolenta patrimoniale distrattiva, per l'operazione di affitto di azienda di cui al punto cinque. 9. Occorre precisare, infatti, che per il capo 20 originariamente contestato come bancarotta distrattiva e poi riqualificato come bancarotta preferenziale , per il capo 21 bis bancarotta preferenziale collegata al capo 21-ter e per altri reati contestati ai Dalle Carbonare la Corte d'appello di Milano dichiara la prescrizione dei reati e procede altresì ad alcune assoluzioni. 10. Al capo 21-ter viene contestata una distrazione patrimoniale di rilevante entità attuata mediante l'affitto di azienda, con opzione di riscatto, di cui al punto cinque, per valori notevolmente inferiori a quelli reali secondo l'accusa tutta l'operazione sarebbe stata funzionale a trasferire le strutture aziendali delle società storiche del gruppo, maggiormente operative ed ancora in grado di risollevarsi dalla crisi, ai Dalle Carbonare, al fine di consentire loro di continuare l'attività con la neo costituita Sette S.r.l., abbandonando al suo destino tutto il gruppo industriale. Tale operazione, nella prospettazione accusatoria, recepita dai giudici di merito, avrebbe fatto parte di un più ampio disegno tra la famiglia Dalle Carbonare ed il pool di banche pesantemente esposte verso il gruppo, con l'accordo che a seguito dell'affitto delle aziende i Dalle Carbonare avrebbero posto in liquidazione volontaria la Trevitex Spa e avrebbero abbandonato ogni carica amministrativa. 11. L'affitto ed il successivo riscatto, a prezzi notevolmente inferiori al reale, avrebbero dunque costituito una regalia delle banche ai fondatori del gruppo industriale, così concretando una sottrazione ingiustificata di notevoli valori di attivo dalla capogruppo, in contropartita della decisione dei Dalle Carbonare di farsi da parte e lasciare che la liquidazione fosse affidata a persone di fiducia delle banche, sotto il loro controllo. 12. Sebbene per il capo 21-bis vi sia stata declaratoria di estinzione dei reati per prescrizione, è opportuno farvi qualche cenno, sia in relazione ai motivi di ricorso per violazione dell'articolo 129 cod. procomma penumero , sia perché trattasi di reato collegato a quello contestato al capo 21-ter. Viene contestata la bancarotta preferenziale perché attraverso l'affitto/trasferimento delle aziende alla società cessionaria Sette S.r.l., poi rinominata Titanus S.r.l. venivano ceduti anche una parte selezionata dei debiti delle società nei confronti dei membri della famiglia Dalle Carbonare e di alcune banche, che così non solo ottennero un pagamento preferenziale rispetto ai creditori che restavano in carico alle originarie società, ma altresì miravano a sottrarsi ad eventuali azioni revocatorie collegate all'ormai probabile default dell'intero gruppo. 13. A.P. , Be.Fu. , B.L. , Bo.Pa. , C.L. , G.F. , L.G. , M.A. , N.A. , R.L. , S.G. , Su.Anumero , T.M. e V.G. , tutti attinti dalla residua imputazione di cui al capo 21-ter essendovi stata dichiarazione di estinzione per prescrizione dei reati di cui ai capi 20 e 21-bis , hanno presentato distinti ricorsi per cassazione tranne A.P. , B.L. , C.L. , G.F. e N.A. , che hanno presentato un ricorso cumulativo . Nonostante la presentazione di numerosi ricorsi, per complessivamente quasi 100 motivi, le censure svolte contro la sentenza della Corte d'appello di Milano possono essere raggruppate e riassunte, pur con le lievi differenze interne, nelle seguenti doglianze a. eccezione di nullità del procedimento per violazione delle norme sulla competenza si sostiene che la competenza per l'intero procedimento fosse del tribunale di Vicenza, nella cui circoscrizione si era verificato il primo episodio di bancarotta fraudolenta distrattiva capo 20 . La Corte d'appello ha ritenuto che ai sensi dell'articolo 16 cod. procomma penumero la competenza dovesse essere individuata non con riferimento al primo reato, ma con riferimento al reato più grave, ritenendo tale quello di cui al capo 21-ter. b. violazione del principio di correlazione di cui all'articolo 521 cod. procomma penumero tale contestazione viene riferita sia al capo 21-ter, per avere ritenuto gli imputati responsabili, per attività omissiva ai sensi dell'articolo 40, comma due, cod. penumero a fronte di una contestazione d'accusa per reato commissivo sia, da alcuni ricorrenti, al capo 20, per avere la Corte ritenuto sussistente una bancarotta preferenziale, a fronte dell'accusa di bancarotta distrattiva, facendo riferimento al mancato consolidamento dei pegni illecitamente realizzati, mentre la contestazione era relativa all'incasso di crediti chirografari. comma Violazione dell'articolo 129 cod. procomma penumero per mancato rilievo della evidenza della prova che il fatto non sussiste, che l'imputato non lo ha commesso o che il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato, con conseguente immediata declaratoria della relativa causa di non punibilità, al posto della declaratoria di estinzione per prescrizione. Quasi tutti gli imputati hanno sollevato questa censura - sebbene con diverse sfumature - nei confronti dei capi 20 e 21 bis, per i quali vi è stata da parte della Corte d'appello declaratoria di estinzione dei relativi reati per prescrizione. d. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli articoli 216, 223 e 219 della legge fallimentare con riferimento alla ritenuta configurabilità dell'aggravante di cui all'articolo 219 anche in caso di bancarotta fraudolenta distrattiva impropria, ossia commessa da amministratore di società. e. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli articoli 216, 223 e 219 della legge fallimentare con riferimento alla mancata riqualificazione del fatto contestato al capo 21-ter nell'ipotesi di cui all'articolo 223, comma secondo, e conseguente non configurabilità dell'aggravante di cui all'articolo 219. f. Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento agli articoli 216, 223 della legge fallimentare, in relazione agli articoli 40, comma due, cod. penumero e 2392 cod. civ. tale motivo di censura, sviluppato in modo particolare dalla difesa di Su. e V. , ma ripreso anche dagli altri, fa leva sulla insussistenza di una posizione di garanzia da parte degli amministratori degli enti bancari con riferimento a decisioni, astrattamente pregiudizievoli, relative a società terze. Evidenzia, inoltre, il vizio di motivazione con riferimento alla mancata individuazione della condotta rilevante ai fini del concorso e della sua efficacia causale nella produzione dell'evento di reato. Si lamenta, inoltre, l'esistenza di una valutazione complessiva e quindi la mancata differenziazione delle varie posizioni degli imputati. g. Riqualificazione del fatto contestato al capo 21-ter in bancarotta fraudolenta preferenziale. h. Mancata disamina approfondita delle singole posizioni individuali ai fini della sussistenza dell'elemento soggettivo. i. Mancata determinazione della pena con riferimento specifico ad ogni singolo imputato e quindi mancata considerazione, per ognuno di essi, dei criteri di cui all'articolo 133 cod. penumero . j. Illogicità e contraddittorietà della motivazione nella parte in cui riconosce ai Dalle Carbonare, con giudizio di prevalenza, le attenuanti generiche e l'attenuante del risarcimento del danno e non invece ai dirigenti delle banche per i medesimi fatti. Prescrizione del reato. k. Illogicità della motivazione con riferimento alla prova della sproporzione tra il corrispettivo per l'affitto di azienda e per il riscatto ed i reali valori dei beni aziendali. I. Omessa motivazione in relazione alla valutazione della condotta degli imputati ai sensi dell'articolo 217-bis della legge fall m. Travisamento della prova relativa alla data di presentazione delle dimissioni di vari soggetti dalle cariche amministrative. 14. Hanno presentato motivi nuovi gli avv.ti - Zanotti e Franchini per Bo. motivo ex articolo 585, co. IV, c.p.p., relativo al giudizio di comparazione tra circostanze eterogenee - avv. Shammah per L. giudizio di comparazione delle circostanze, mancato riconoscimento delle attenuanti generiche prevalenti, omessa valutazione della transazione ai fini di riconoscimento dell'attenuante del risarcimento del danno, differente trattamento rispetto ai Dalle Carbonare, protagonisti delle vicende in oggetto, differente trattamento con riferimento agli imputati che hanno patteggiato, cui è stata riconosciuta l'attenuante del risarcimento del danno, nonché le generiche prevalenti per l'incensuratezza - avv. Forza per R. omessa motivazione sull'elemento psicologico, vizio di motivazione e violazione di legge con riferimento al bilanciamento delle circostanze - avv.ti Vassalli, Bana e Olivo per A.P. , B.L. , C.L. , G.F. e N.A. travisamento della prova, vizio di motivazione e violazione di legge con riferimento all'articolo 40, comma 2, cod. penumero violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento al giudizio di bilanciamento delle circostanze - avv.ti Aricò e Sgubbi per S. travisamento della prova relativa alla data di presentazione delle dimissioni del S. dalla presidenza di CARIVE violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento al giudizio di bilanciamento delle circostanze per contraddittorietà tra il giudizio relativo al capo 20 e quello relativo al capo 21-ter - Avv. Alessandri per M. omessa valutazione ed illogicità della dichiarazione di responsabilità, contraddizioni ed illogicità nella valutazione delle circostanze attenuanti e nel giudizio di bilanciamento . Gli avv.ti Merlini e Fragasso per Be. hanno depositato in data 20.11.2012 i documenti già riprodotti alle pagine 9 e 12 del ricorso. Considerato in diritto 1. Nella scelta dell'ordine di valutazione delle diverse censure svolte dai ricorrenti questo Collegio ritiene di affrontare per prima la questione relativa alla configurabilità di una responsabilità di tipo omissivo in relazione alla bancarotta fraudolenta contestata al capo 21-ter. Ciò perché l'eventuale accertamento negativo comporterebbe per tutti gli imputati una soluzione più favorevole rispetto a pronunce di nullità processuali o declaratorie di prescrizione. 2. È motivo comune a tutti i ricorrenti quello che fa leva sulla insussistenza di una posizione di garanzia da parte degli amministratori degli enti bancari con riferimento a decisioni, astrattamente pregiudizievoli, relative a società terze nel caso di specie, la Trevitex Spa . Al fine di comprendere meglio le ragioni di questa censura, è opportuno svolgere alcune precisazioni con riferimento alla motivazione della sentenza impugnata. 3. La Corte d'appello di Milano, nel condannare gli odierni ricorrenti per il reato di cui al capo 21-ter, ha ricollegato la loro responsabilità ad una inerzia penalmente rilevante si è detto, cioè, che i dirigenti delle banche hanno concorso nel reato de quo ai sensi dell'articolo 40, comma 2, cod. penumero , con riferimento al disposto dell'articolo 2392 cod. civ. pagina 219 della sentenza impugnata . Ricorrono nel caso di specie [ .] i requisiti richiesti sia dalla legge e dalla giurisprudenza per ravvisare la sussistenza di una responsabilità a titolo di concorso ex 40 comma 2 cp. . 4. Pur a fronte di una motivazione assai scarna sulla condotta e sul nesso causale che già di per sé potrebbe rilevare quale vizio ai sensi dell'articolo 606, lettera E cod. procomma penumero , attesa la centralità e rilevanza dell'accertamento sull'attribuibilità delle condotte e sul nesso di causalità , si deve ritenere - atteso il richiamo espresso alla norma civilistica ed ai precedenti di legittimità numero 8260-07, 21.581-09, 9736-09 e 23.838-07 - che la Corte territoriale abbia inteso fare riferimento alla posizione di garanzia che l'amministratore assume in relazione alle proprie funzioni ed invero, secondo la giurisprudenza di questa Corte gli amministratori, anche se privi di delega, sono penalmente responsabili, ex articolo 40, comma 2, cod. penumero , per la commissione degli eventi che vengono a conoscere anche al di fuori dei prestabiliti mezzi informativi e che, pur potendo, non provvedono ad impedire Sez. 5, Sentenza numero 3708 del 30/11/2011, Rv. 252945, Ballatori . 5. Si deve, però, subito precisare che l'amministratore di società non assume una posizione di garanzia generalizzata e come potrebbe essere tanto ampia? nei confronti dei terzi, dei soci o dei creditori, essendo il suo obbligo limitato alla vigilanza ed alla personale attivazione per impedire l'adozione di atti di gestione pregiudizievoli tale obbligo si configura certamente anche con riferimento ai reati fallimentari Sez. 5, numero 36764 del 24/05/2006 - dep. 07/11/2006, Bevilacqua, Rv. 234607 , ma è sempre circoscritto alle condotte gestorie realizzate dagli altri amministratori. Si vuole dire, cioè, che la responsabilità omissiva di cui all'articolo 40, co. 2, cod. penumero , integrata dalla posizione di garanzia assunta ex articolo 2392 cod. civ., è invocabile solo con riferimento agli atti di gestione della società amministrata e non può invece estendersi ad atti compiuti da amministratori di società terze come potrebbe l'amministratore impedire il compimento di un atto da parte di una diversa società? , né può riguardare atti od iniziative che non siano pregiudizievoli per i soci o i creditori della società amministrata, perché è lo stesso articolo 2392 cod. civ. ad introdurre tale limite nel caso del reato contestato al capo 21-ter, la distrazione può aver danneggiato esclusivamente i creditori della società che ha proceduto all'affitto delle aziende e non certo i soci creditori delle banche, che per mezzo della suddetta operazione hanno potuto procedere all'incasso preferenziale dei loro crediti . 6. Ne consegue, dunque, che in materia di bancarotta per distrazione l'amministratore di una società diversa da quella fallita può concorrere quale extraneus nel reato solo mediante una partecipazione attiva e non invece ai sensi dell'articolo 40, co. 2, cod. penumero salvo che vi sia concorso mediante condotta attiva da parte dell'amministratore delegato della società terza, attraverso atti formali della propria società, e vi sia inerzia degli altri consiglieri. Il concorso mediante omissione è comunque sempre mediato da una condotta attiva di uno o più amministratori della società concorrente nel reato . 7. Vi sarebbe, peraltro, anche un problema di individuazione della condotta che l'amministratore avrebbe dovuto tenere per scongiurare l'evento penalmente rilevante, posto che la responsabilità derivante dalla posizione di garanzia presuppone l'utilità dell'intervento, almeno in via astratta. 8. È d'uopo ricordare che i reati omissivi impropri non sono configurati attraverso apposite norme, ma sono la risultante della combinazione di norme incriminatrici con una disposizione di parte generale l'articolo 40, comma due, cod. penumero . La responsabilità penale si fonda, dunque, sull'esistenza di una norma giuridica che impone un determinato comportamento, funzionale ad evitare la verificazione dell'evento che costituisce la violazione dell'interesse tutelato dalla norma penale. Ma, oltre all'esistenza dell'obbligo, si deve tener conto anche dei presupposti in presenza dei quali tale obbligo si attiva, nonché di quali siano gli eventi che tale obbligo di attivazione deve impedire. È, poi, necessaria un'indagine sul nesso causale, che in questo caso è di tipo puramente ipotetico non si tratta infatti di esaminare una relazione reale tra condotta ed evento, quanto piuttosto di valutare se l'azione doverosa, che è stata omessa, avrebbe impedito il verificarsi di questo. Tale indagine richiede il previo accertamento del rapporto di causalità reale e successivamente il cosiddetto giudizio controfattuale , cioè la verifica ipotetica della idoneità dell'omessa azione doverosa a bloccare il processo causale sfociato nell'evento di reato. 9. Poiché anche l'omissione così come l'azione deve essere sorretta da coscienza e volontà, è necessario, poi, indagare anche l'elemento soggettivo il soggetto che ha l'obbligo di agire deve, innanzitutto, essere a conoscenza, anche solo in forma dubitativa, dei presupposti di fatto dai quali scaturisce il dovere di agire e del fatto che il compimento dell'azione doverosa potrebbe impedire il verificarsi dell'evento di reato, rompendo il legame causale che lo avvince alla condotta degli amministratori infedeli. Occorre, infine, che il soggetto volontariamente decida di non compiere l'azione doverosa, con l'intenzione di non impedire l'evento o con l'accettazione del rischio del suo verificarsi cfr. Sez. 1, numero 783 del 19/11/1993 - dep. 26/01/1994, Chiavarini, Rv. 196145 . 10. Su tali aspetti la motivazione della sentenza di appello è totalmente carente, non consentendo, ad esempio, di apprezzare quali sarebbero state le condotte attive degli amministratori utili ad esimerli da responsabilità. Con riferimento ad altri imputati la mancata partecipazione ad alcune riunioni dei consigli di amministrazione, ovvero il voto contrario ad alcune delibere concernenti i rapporti con la Trevitex Spa, è stata ritenuta sufficiente ad escludere la loro responsabilità, ma anche in questo caso la superficialità della motivazione vizia irrimediabilmente la sentenza impugnata. Va ricordato che non risulta alcuna deliberazione espressa delle banche in merito al contratto di affitto di azienda di cui si è detto e, d'altronde, come avrebbero potuto le banche deliberare con efficacia vincolante su un atto che interveniva tra società terze? . Le delibere cui alcuni consiglieri si opposero erano in realtà relative ad ulteriori finanziamenti in favore di Trevitex Spa v. pagina 217, ultimo capoverso, della sentenza per cui nessuna rilevanza potevano avere nella distrazione di valori patrimoniali asseritamente realizzata tramite il contratto di affitto di azienda e se qualche rilievo causale avevano, la Corte omette di rilevarlo . 11. Si potrebbe sostenere che alcuni dirigenti bancari, anche per il loro ruolo di vertice e per la partecipazione al comitato ristretto, che monitorava l'attività della famiglia Dalle Carbonare, avessero di fatto la possibilità di influire sulle scelte aziendali del gruppo tessile, anche se privi di cariche formali all'interno della Trevitex Spa. Dal complesso della motivazione della sentenza di appello si evince la sussistenza - nei primi anni 90 - di una situazione di grave crisi in cui le banche, preoccupate per la perdita degli ingenti finanziamenti concessi, interloquivano attraverso propri delegati con il gruppo industriale, cercando di indirizzarne le scelte, anche al fine di uno sperato risanamento se ne potrebbe dedurre che l'influenza delle banche, che tenevano i cordoni delle borse , era assai rilevante, tanto da poter indirizzare in concreto le scelte degli organi gestori della Trevitex Spa. Sarebbe ipotizzabile, dunque, che una parte delle condotte addebitate nel capo 21-ter fossero state realizzate dai rappresentanti delle banche con una condotta attiva, concretatasi appunto in una ingerenza di fatto od anche solo in una capacità di orientare le scelte degli amministratori di Trevitex Spa. Tale ricostruzione permetterebbe di superare i problemi lamentati con riferimento all'articolo 40 del codice penale, perché - come si è detto in precedenza - di fronte a condotte commissive di alcuni amministratori sarebbe possibile punire ai sensi dell'articolo 40 gli altri consiglieri privi di deleghe o comunque privi di un ruolo attivo nella vicenda, se si ritiene che questi avessero la conoscenza, comunque acquisita, che una parte degli amministratori assumeva iniziative pregiudizievoli per la banca. Ma siffatta ipotesi avrebbe richiesto una motivazione specifica ed approfondita in ordine alle condotte singolarmente e concretamente tenute dagli amministratori responsabili ed alla loro efficienza causale con riferimento alla realizzazione del reato contestato al capo 21-ter. Andava prima di tutto chiarito se i dirigenti bancari - concorrenti in un reato proprio - dovevano essere ritenuti amministratori di fatto della Trevitex Spa ovvero se il loro apporto fosse esterno, ad esempio un mero supporto morale od un ausilio tecnico o di altra natura per la riuscita dell'operazione programmata cfr. Sez. 5, Sentenza numero 5158 del 27/02/1992, Rv. 189959 conf. Sez. 5, Sentenza numero 3977 del 23/06/1988, Rv. 179133 . Occorreva, poi, esaminare in modo specifico il ruolo svolto da ogni soggetto, evitando quella valutazione generalizzata tanto stigmatizzata - giustamente - dalle difese . Rimarrebbe, in ogni caso, per gli amministratori ritenuti responsabili ai sensi dell'articolo 40, un difetto congenito nella ricostruzione penalistica della loro responsabilità, atteso che le operazioni che gli altri amministratori andavano compiendo, se erano pregiudizievoli per la Trevitex Spa e per i suoi creditori, non erano certamente tali con riferimento alle banche, nei cui consigli di amministrazione sedevano gran parte degli odierni imputati. 12. Si aggiunga, ancora, che la assoluta laconicità della motivazione sul punto non consente di comprendere se tutti o solo alcuni siano stati ritenuti responsabili ai sensi dell'articolo 40, comma due, del codice penale e, nel secondo caso, a chi sia contestata una condotta attiva e chi invece sia rimproverabile per non essersi adeguatamente attivato. Carenze motivazionali, queste, che attengono ad elementi centrali, determinanti nell'accertamento dei reati e delle connesse responsabilità individuali e che pertanto non sono superabili nemmeno facendo riferimento ad una sentenza di primo grado che, oltre a non essere in perfetta sintonia con quella di appello, era stata essa stessa ritenuta carente dal giudice di secondo grado. 13. La ritenuta responsabilità dei ricorrenti andava corredata di un'analisi approfondita, specifica ed individuale sulla condotta, specie se di natura commissiva, con l'individuazione del concreto contributo fornito per la realizzazione dell'evento di reato. Ciò era tanto più necessario nel caso di specie, trattandosi di concorso esterno in un reato proprio. Questa Corte ammette la partecipazione di soggetti non qualificati nel reato proprio, ma è necessario che si dia prova della cooperazione all'offesa del bene giuridico Sez. 1, numero 6228 del 05/05/1986, Rv. 173223 , di un contributo causale rilevante e consapevole Sez. 3, numero 16571 del 23/03/2011 - dep. 28/04/2011, Iacono, Rv. 250147 , con l'individuazione di una efficienza causale sull'evento Sez. 5, numero 27367 del 26/04/2011 - dep. 13/07/2011, Rosace, Rv. 250409 Sez. 5, numero 7936 del 18/04/1985 - dep. 10/09/1985, BRIASCHI, Rv. 170334 Conf. mass n 164577 ed ivi citate . 14. Andava provata una condotta istigatrice o anche solo agevolatrice, il cui movente poteva individuarsi in un disegno criminoso complessivo che contemplava il successivo trasferimento di debiti ben selezionati, per consentire anche alle banche di rientrare in modo preferenziale dei propri crediti trovato il movente, andava spesa qualche parola in più sulle modalità concrete attraverso le quali alcuni dirigenti delle banche avevano supportato la decisione dei Dalle Carbonare ed in effetti erano costoro, lo riconosce anche la sentenza, che avevano posto come condizione per abbandonare la gestione della Trevitex Spa, quella di mantenere il controllo delle attività svolte dal Lanificio Titanus S.p.A. e dalla Filatura di C. S.r.l. e che avevano dunque il maggior interesse all'operazione sia per il motivo appena enunciato, sia perché anche loro avrebbero avuto soddisfazione preferenziale dei loro crediti, senza rischio di revocatoria . 15. Quale, dunque, il contributo concreto alla condotta distrattiva, realizzata attraverso un accordo sottoscritto tra il legale rappresentante della Trevitex Spa e quello della beneficiaria Sette s.r.l.? In passato questa Corte ha ritenuto, in un caso analogo, di punire il concorrente esterno che aveva agevolato il fallendo nella costituzione di una società - di cui aveva assunto l'amministrazione - beneficiaria di un contratto di locazione connotato da un canone sensibilmente inferiore a quelli di mercato, e ciò al fine di consentire il mantenimento della disponibilità materiale dell'immobile locato alla famiglia del titolare della società fallenda Sez. 5, numero 49642 del 02/10/2009 - dep. 28/12/2009, Olivieri, Rv. 245821 ma nel nostro caso la società beneficiarla era riconducibile non alle banche, quanto direttamente alla famiglia Dalle Carbonare, che per suo conto aveva creato la newco destinata a ricevere i valori aziendali oggetto di parziale distrazione. 16. Quasi sempre la giurisprudenza di questa Corte ha ritenuto sussistente il concorso dell’extraneus nel reato di bancarotta fraudolenta per distrazione in casi in cui era inequivocabile il suo apporto concreto alle volte è stato ritenuto concorrente il consulente della società che, consapevole dei propositi distrattivi dell'imprenditore e degli amministratori della società, concorra all'attività distrattiva progettando e portando ad esecuzione la conclusione di contratti nella specie affitto di azienda privi di effettiva contropartita e preordinati ad avvantaggiare i soci a scapito dei creditori Sez. 5, numero 10742 del 15/02/2008 - dep. 10/03/2008, Cattoli e altro, Rv. 239480 in altri casi si trattava del creditore che in una bancarotta preferenziale si soddisfaceva autonomamente dei propri crediti, utilizzando le somme versate dai debitori della società insolvente su un conto corrente a lui intestato Sez. 5, numero 39417 del 24/09/2008 - dep. 21/10/2008, Manganello, Rv. 241740 in altro caso ancora era stato ritenuto sussistente un concorso esterno in caso di soggetto istigatore e beneficiario delle operazioni Sez. 5, Sentenza numero 11624 del 08/02/2012, Rv. 252315 , ma nel caso oggi in esame la banca non era beneficiaria del contratto di affitto, né vi è prova che abbia istigato i soggetti che avevano il controllo del gruppo alla realizzazione del contratto di affitto di azienda la cui funzione primaria, lo si ricorda, era quella di consentire ai Dalle Carbonare di conservare il controllo sulle uniche unità produttive di un certo rilievo e suscettibili di risanamento . 17. In tale situazione, in conclusione, andava provato con rigore il comportamento concreto tenuto dai singoli imputati o da gruppi uniformi di essi, non essendo sufficiente ed altresì in parte persino inconferente la diffusa motivazione sul generico ruolo di osservazione e sul tentativo di risanamento svolto dal pool di banche, nella consapevolezza del grave stato di crisi in cui versava il gruppo industriale nulla di più emerge dai verbali riportati alle pagine 192 e seguenti della sentenza . Si tratta di elementi in gran parte evidenti e fondamentalmente non contestati, ma che nulla più di un fumus, del tutto insufficiente, apportano alla concreta individuazione delle responsabilità per il fatto specifico contestato al capo 21-ter. 18. A tutto concedere, dalla sentenza impugnata emerge nulla più che una presa d'atto, un consenso di fatto, da parte delle banche, alla volontà della famiglia Dalle Carbonare di mantenere il controllo di alcuni apparati produttivi, attraverso un'operazione contrattuale di indubbio significato ma può questa semplice acquiescenza , questa inerzia anche ammesso che le banche, impuntandosi, avrebbero potuto influire sulla decisione dei Dalle Carbonare rilevare sotto il profilo penalistico del concorso esterno in un reato proprio, a fronte di una decisione presa da un soggetto terzo in autonomia? La risposta non può che essere negativa, conseguendone diversamente la responsabilità penale di ogni soggetto che, attivandosi presso gli amministratori della società poi fallita, avrebbe potuto ipoteticamente convincerli a non realizzare quell'operazione. 19. In conclusione, dalla motivazione della sentenza emerge per tutti gli imputati una responsabilità a titolo di concorso omissivo non viene individuata, infatti, in modo esplicito, una condotta commissiva di alcuno di essi e, d'altronde, ogni banca avrebbe dovuto avere almeno un proprio dirigente coinvolto in concorso attivo nella causazione della bancarotta giacché ogni amministratore inerte può rispondere solo per ciò che è stato deliberato all'interno del singolo ente . 20. Si deve, conclusivamente, ritenere che gli imputati non hanno commesso il fatto loro addebitato per impossibilità giuridica di configurare un concorso omissivo dell'amministratore in relazione ad operazioni deliberate da società terze. 21. Le considerazioni che precedono risultano assorbenti con riferimento a tutti gli altri motivi di ricorso proposti dagli imputati, per quanto già esposto in apertura, tranne che per le doglianze relative alla declaratoria di prescrizione per i reati di cui ai capi 20 e 21-bis i ricorrenti hanno sostenuto che per tali fatti vi fosse evidenza della prova che il fatto non sussiste, che l'imputato non lo ha commesso o che il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato, per cui doveva pronunciarsi formula assolutoria nel merito. 22. Tali censure sono infondate. Va detto, preliminarmente, che è inammissibile il ricorso per cassazione che deduca il difetto di motivazione della sentenza dichiarativa dell'estinzione del reato per intervenuta prescrizione, in quanto l'inevitabile declaratoria di estinzione anche da parte del giudice del rinvio preclude che l'impugnata sentenza possa essere annullata con rinvio Sez. 6, numero 40570 del 29/05/2008 - dep. 30/10/2008, Di Venere, Rv. 241317 . Si deve, poi, ricordare che questa suprema Corte Cass., sez. 4, 5 giugno 1992-15 febbraio 1993, numero 1340, CED 193033 S.U. 21 ottobre 1992-22 febbraio 1993, numero 1653, Marino, CED 192465 Cass., Sez. 6, 7-31 marzo 2003, numero 15125, CED 225635 ha stabilito che in presenza di una causa di estinzione del reato non sono rilevabili in cassazione vizi di motivazione della sentenza, perché l'inevitabile rinvio della causa all'esame del giudice di merito dopo la pronuncia di annullamento è incompatibile con l'obbligo della immediata declaratoria di proscioglimento per l'intervenuta estinzione del reato, stabilito dall'articolo 129 c.p.p., comma 1. Le predette considerazioni valgono anche per le nullità processuali Sez. 6, numero 21459 del 26/03/2008 - dep. 28/05/2008, Pedrazzini, Rv. 240066 conf. Sez. 5, numero 39217 del 11/07/2008 - dep. 20/10/2008, Crippa, Rv. 242326 e per le violazioni di legge che non comportino l'assoluzione con formula piena dell'imputato cfr. Sez. 5, numero 39401 del 18/09/2008 - dep. 21/10/2008, Pannofino e altri, Rv. 241734 . 23. Nel caso di specie, la Corte d'appello ha correttamente ritenuto che non ricorressero i presupposti per una pronuncia assolutoria ex articolo 129 c.p.p., comma 2, perché, tenuto conto di quanto emerge a carico degli imputati dalla motivazione delle due sentenze, non risulta affatto evidente la estraneità degli stessi ai fatti contestati Sez. 6, numero 32872 del 04/07/2011 - dep. 25/08/2011, Agulli e altri, Rv. 250907 in ogni caso, non va dimenticato che le circostanze idonee ad escludere l'esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte dell'imputato e la sua rilevanza penale devono emergere dagli atti in modo assolutamente non contestabile, così che la valutazione che il giudice deve compiere al riguardo appartenga più al concetto di constatazione , ossia di percezione ictu oculi , che a quello di apprezzamento e sia quindi incompatibile con qualsiasi necessità di accertamento o di approfondimento Sez. U, numero 35490 del 28/05/2009 - dep. 15/09/2009, Tettamanti, Rv. 244274 la evidenza richiesta dall'articolo 129, comma secondo, cod. procomma penumero , presuppone, infatti, la manifestazione di una verità processuale così chiara, manifesta ed obiettiva da rendere superflua ogni dimostrazione, concretizzandosi in qualcosa di più di quanto la legge richiede per l'assoluzione ampia Sez. 2, numero 9174 del 19/02/2008 - dep. 29/02/2008, Palladini, Rv. 239552 . 24. Va, dunque, confermata la sentenza di appello nella parte in cui dichiara l'estinzione dei reati di cui ai capi 20 e 21-bis per prescrizione. D'altronde, ove gli imputati avessero voluto un controllo più penetrante nel merito, ai fini della assoluzione, ben avrebbero potuto rinunciare alla prescrizione scelta per la quale hanno ritenuto di non optare, evidentemente per i margini di dubbio che anche questa Corte rileva e che giustificano la mancata declaratoria di proscioglimento nel merito. Ne consegue che, per tali aspetti, i ricorsi devono essere respinti. 25. In conseguenza di quanto sopra affermato, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio nei confronti di tutti i ricorrenti per non aver essi commesso il fatto addebitato al capo 21-ter, mentre vanno rigettati i motivi relativi ai capi 20 e 21-bis, restando le altre censure assorbite. P.Q.M. Annulla la impugnata sentenza senza rinvio nei confronti di tutti i ricorrenti per non aver essi commesso il fatto addebitato al capo 21-ter della imputazione. Rigetta i ricorsi nel resto.