La parcella dell’avvocato non può basarsi sull’entità del passivo

Nei giudizi di opposizione alla risoluzione del concordato preventivo il valore della causa non va desunto dall’entità del passivo.

Lo ha precisato la Cassazione con la sentenza depositata il 21 gennaio, numero 1346/2013. Il caso. La Corte di appello confermava la sentenza di primo grado con la quale era stata revocata la sentenza di risoluzione del concordato preventivo ed era stato dichiarato il fallimento di un ingegnere. Le spese di giudizio vennero poste a carico della curatela fallimentare, per un importo pari a 3.600 euro. A quanto ammonta l’onorario dell’avvocato? La questione del calcolo delle spese di giudizio arriva avanti ai giudici di Cassazione. Nel ricorso viene sottolineato che il valore della causa, che è di revoca della risoluzione del concordato preventivo con conseguente dichiarazione di fallimento, è di euro 2 milioni, pertanto viene richiesto il riconoscimento degli onorari per lo studio della controversia, consultazioni con il cliente, comparsa conclusionale e replica, per un totale di 16mila e 500 euro. Nessuna applicazione della norma in via analogica. Secondo la S.C., però, il criterio di calcolo utilizzato, basato sul valore della causa, è errato. Questo, infatti, non va desunto dall’entità del passivo, non essendo applicabile in via analogica l’articolo 17 c.p.c. riguardante esclusivamente i giudizi di opposizione a esecuzione forzata al concordato preventivo. Valore della causa indeterminabile solo in alcuni casi. Risulta invece indeterminabile quando «la richiesta è di revoca del fallimento e l’oggetto del giudizio, relativo all’accertamento dell’insolvenza, si fonda sulla comparazione tra i debiti dell’imprenditore e i mezzi finanziari a sua disposizione senza investire la delimitazione quantitativa del dissesto, riservata al subprocedimento di verificazione». Il ricorso viene quindi rigettato dalla Corte di Cassazione.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 29 novembre 2012 – 21 gennaio 2013, numero 1346 Presidente Plenteda – Relatore Ceccherini Svolgimento del processo 1. Con sentenza in data 13 maggio 2005, la Corte d'appello di Ancona confermò la sentenza con la quale il Tribunale di Ascoli in data 21 dicembre 2000 aveva revocato la sentenza di risoluzione del concordato preventivo e dichiarato il fallimento dell'ingegner M.A La corte pose le spese del giudizio d'appello a carico della curatela fallimentare, e liquidò gli onorari Euro 3.600,00. 2. Per la cassazione di questa sentenza ricorre A M., con un atto affidato a un unico motivo, notificato il giorno 13 maggio 2006. Il fallimento non ha svolto difese. Ragioni in fatto e in diritto della decisione 3. Con il ricorso si denuncia la violazione del d.m. numero 585/1994 e dei successivi decreti in tema di determinazione degli onorari spettanti agli avvocati per prestazioni giudiziali. Il ricorrente assume che il valore della causa, che è di revoca della risoluzione del concordato preventivo, è di Euro 2.000.000,00, come risulterebbe dallo stato attivo e passivo e chiede il riconoscimento degli onorari per studio della controversia, consultazioni con il cliente, comparsa conclusionale, e replica, per un totale di Euro 16.500,00. 4. Il motivo è infondato. Esso si fonda su un errato criterio di calcolo del valore della causa, di opposizione alla risoluzione del concordato preventivo e alla conseguente dichiarazione del fallimento del debitore. Secondo l'insegnamento delle sezioni unite di questa corte, ai fini della liquidazione dei diritti e degli onorari spettanti al difensore in sede di opposizione alla sentenza dichiarativa di fallimento, il valore della causa, da determinarsi sulla base della domanda ex articolo 10 cod. proc. civ., non va desunto dall'entità del passivo, non essendo applicabile in via analogica l'articolo 17 cod. proc. civ. riguardante esclusivamente i giudizi di opposizione a esecuzione forzata, ma deve considerarsi indeterminabile, atteso che la pronuncia richiesta è di revoca del fallimento e l'oggetto del giudizio, relativo all'accertamento dell'insolvenza, si fonda sulla comparazione tra i debiti dell'imprenditore e i mezzi finanziari a sua disposizione senza investire la delimitazione quantitativa del dissesto, riservata al subprocedimento di verificazione Sez. unumero 24 luglio 2007 numero 16300 . L'insegnamento è valido anche nel caso di dichiarazione di fallimento conseguente a risoluzione del concordato preventivo, per identità di oggetto della statuizione, rispetto alla quale la legittimità della risoluzione del concordato è solo un presupposto. 5. In conclusione il ricorso è rigettato. In mancanza di difese del fallimento non v'è luogo a pronuncia sulle spese. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso.