Una volta che il lavoratore ha percepito gli incrementi retributivi previsti, con effetto retroattivo, dal nuovo contratto collettivo, per lo stesso periodo non può più riconoscersi l’indennità di vacanza contrattuale, posto che il rinnovo del contratto ha già coperto gli effetti dell’inflazione.
Lo ha affermato la Corte di Cassazione, con la sentenza numero 23513, depositata il 5 novembre 2014. Rinnovo tardivo del CCNL l’indennità di vacanza contrattuale spetta automaticamente? La pronuncia in commento trae origine dal giudizio promosso da alcuni dipendenti del MIUR per l’ottenimento dell’indennità di vacanza contrattuale prevista dal CCNL comparto scuola, in ragione del fatto che gli accordi di rinnovo contrattuale erano stati sottoscritti tardivamente dalle parti sociali essi, pertanto, avrebbero avuto diritto a percepire l’indennità decorsi tre mesi dalla scadenza di ciascun contratto, fino alla data della sottoscrizione del rinnovo. All’esito del giudizio di merito è stata riconosciuta la fondatezza di tale pretesa. La Corte territoriale, infatti, ha sostenuto che il diritto a percepire l’indennità di vacanza contrattuale sorgerebbe con il decorso infruttuoso dalla scadenza del contratto collettivo senza che sia stati siglato l’accordo di rinnovo e che il riconoscimento degli aumenti retributivi con effetto retroattivo non potrebbe avere effetto estintivo di un diritto già maturato, dotato di una sua autonomia funzionale. Il rinnovo del CCNL fa cessare l’indennità di vacanza contrattuale. Secondo la Suprema Corte, la decisione del giudice di merito non ha interpretato correttamente la disciplina contrattuale applicabile alla fattispecie. In particolare, viene in rilievo la previsione del CCNL del comparto scuola nella parte in cui richiama l’Accordo sul costo del lavoro del 23 luglio 1993, a norma del quale «Dopo un periodo di vacanza contrattuale pari a 3 mesi dalla data di scadenza del CCNL, ai lavoratori dipendenti ai quali si applica il contratto medesimo non ancora rinnovato sarà corrisposto, a partire dal mese successivo ovvero dalla data di presentazione delle piattaforme ove successiva, un elemento provvisorio della retribuzione. L'importo di tale elemento sarà pari al 30% del tasso di inflazione programmato, applicato ai minimi retributivi contrattuali vigenti, inclusa la ex indennità di contingenza. Dopo 6 mesi di vacanza contrattuale, detto importo sarà pari al 50% dell'inflazione programmata. Dalla decorrenza dell'accordo di rinnovo del contratto l'indennità di vacanza contrattuale cessa di essere erogata. Tale meccanismo sarà unico per tutti i lavoratori». L’indennità di vacanza contrattuale è, per sua natura, provvisoria. Come recentemente precisato dai giudici di legittimità, la norma sull’indennità di vacanza contrattuale contenuta nell’Accordo sul costo del lavoro del 1993 costituisce, per i contratti di settore, la fonte di orientamento in materia, trattandosi di un Accordo interconfederale Cass., numero 9581/2014, numero 11236/2014, 14356/2014 . Da tale disposizione emerge chiaramente che l’indennità in parola è un «elemento provvisorio della retribuzione», la cui finalità è quella di tutelare i lavoratori nei confronti delle dinamiche inflazionistiche nelle more del rinnovo contrattuale. Ma è proprio la natura provvisoria – a titolo di acconto – di questa attribuzione patrimoniale che esclude che essa si consolidi nella forma di un diritto quesito e resista alla regolamentazione che la rinnovata contrattazione collettiva faccia in un quadro più ampio di nuova disciplina del trattamento economico Cass., numero 14356/2014 . L’indennità in questione, infatti, costituisce un rimedio di natura eccezionale per consentire alla parte più debole di non rimanere vittima dell’incremento del costo della vita nell’attesa che intervengano i rinnovi contrattuali, ma solo in via provvisoria, come anticipazione dei futuri miglioramenti Cass., numero 8803/2014 . L’inflazione non può dar luogo ad una doppia attribuzione patrimoniale. Una corretta interpretazione dei dati testuali forniti dal richiamato Accordo del 1993, che definisce l’indennità come «elemento provvisorio della retribuzione», nonché dalla specifica previsione secondo cui la stessa cessa di essere erogata dalla decorrenza dell’accordo di rinnovo, porta ad escludere la cumulabilità di detti aumenti con l’indennità in questione. Deve quindi concludersi che, una volta che il lavoratore abbia percepito gli incrementi retributivi destinati a coprire l’effettivo aumento del costo della vita, non possa più riconoscersi per lo stesso periodo l’indennità di vacanza contrattuale, posto che il rinnovo del contratto avvenuto tardivamente, ma con adeguamento retroattivo delle retribuzioni, aveva già coperto gli effetti delle dinamiche inflazionistiche nelle more intervenuti. Diversamente opinando, vi sarebbe un attribuzione patrimoniale doppia ai lavoratori in relazione al medesimo evento l’aumento del costo della vita e si porrebbero a carico di una sola parte lungaggini negoziali che, invece, possono dipendere da entrambe.
Corte di Cassazione, sez. VI Civile – L, sentenza 16 settembre – 5 novembre 2014, numero 23513 Presidente/Relatore Blasutto Svolgimento del processo V.M. e altri litisconsorti, dipendenti del MIUR, hanno chiesto l'erogazione dell'indennità di vacanza contrattuale prevista dall'articolo 1, quinto comma, CCNL comparto scuola relativamente ai periodi 1.4.2002-23.7.2003 e 1.4.2004-6.12.2005, deducendo che gli accordi di rinnovo contrattuale erano stati sottoscritti tardivamente dalle parti sociali e che pertanto avevano diritto a percepire l'indennità anzidetta decorsi tre mesi dalla scadenza di ciascun contratto, fino alla data della sottoscrizione del rinnovo. La Corte di appello di Ancona, in parziale accoglimento del gravame proposto dal MIUR, ha riconosciuto gli accessori sul credito nei limiti di cui agli articolo 22, comma 36, legge numero 724/1994 e 16, comma 6, legge numero 412/91, rigettando nel resto l'appello. Riconosceva dunque la fondatezza della pretesa, argomentando che il diritto a percepire l'indennità di vacanza contrattuale sorge con il decorso infruttuoso di tre mesi dalla scadenza del contratto collettivo senza che sia stato raggiunto dalle parti sociali l'accordo di rinnovo e che il riconoscimento degli aumenti retributivi con effetto retroattivo non può avere effetto estintivo di un diritto già maturato, che conserva la sua autonomia e funzione . Tale sentenza è impugnata dal MIUR con tre motivi. Gli intimati non hanno svolto attività difensiva. Motivi della decisione Preliminarmente, va dato atto della regolarità del contraddittorio, risultando ritualmente prodotto l'avviso di ricevimento del piego raccomandato contenente copia del ricorso per cassazione spedita per la notificazione a mezzo del servizio postale, ai sensi dell'articolo 149 cod. proc. civ Con il primo motivo l'Amministrazione ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell'articolo comma 5 del CCNL comparto scuola del quadriennio 2002/2005, in combinato disposto con gli articolo 47 e 48 del d.lgs. 165/2001. Il richiamo, ad opera del contratto collettivo, delle norme di legge citate comporta che la corresponsione dell'indennità di vacanza non deriva automaticamente dal decorso del periodo di tempo previsto dalla scadenza del contratto collettivo il perfezionamento del diritto alla erogazione della indennità risulta subordinato alla sottoscrizione di un accordo negoziale secondo le modalità previste dall'articolo 47 del citato d.lgs. numero 165/2001, mentre il successivo articolo 48 dello stesso testo normativo prevede la quantificazione ad opera del Ministero competente dell'onere economico derivante dall'applicazione della contrattazione collettiva, con apposita norma da inserire nella legge finanziaria. Con il secondo motivo si denuncia la violazione dell'Accordo sul costo del lavoro del 23 luglio 1993, secondo cui la corresponsione della indennità di vacanza contrattuale cessa di essere erogata dalla decorrenza dell'accordo di rinnovo del contratto. Si rileva che gli effetti economici del nuovo CCNL 2002 2005 retroagiscono al 1 gennaio 2002 per il primo biennio economico e al 1 gennaio 2004 per il secondo biennio economico, sicché il periodo di vacanza contrattuale risulta già retribuito mediante la corresponsione retroattiva dei miglioramenti contenuti nel nuovo CCNL. Il terzo motivo denuncia violazione dell'articolo 436 cod. proc. civ. e 346 cod. proc. civ., in relazione all'articolo 360 numero 4 cod. proc. civ., per avere la Corte di appello erroneamente ritenuto necessaria la proposizione di impugnazione incidentale per l'esame della questione interpretativa di diritto , reiterata in sede di memoria ex articolo 346 cod. proc. civ., relativa all'erroneo riconoscimento del cumulo tra incrementi retributivi e indennità di vacanza contrattuale. Le censure, che possono essere esaminate congiuntamente, meritano accoglimento per le seguenti ragioni, restando assorbito il profilo del rispetto delle procedure indicate nel primo motivo. Del pari assorbito è l'esame del terzo motivo, che muove dal presupposto dell'esistenza di una ragione autonoma del decisum a sua volta basata su un passaggio motivazionale che invece non è rinvenibile nella sentenza impugnata. L'articolo 1, punto 5, del CCNL del comparto scuola recita dopo un periodo di vacanza contrattuale pari a tre mesi dalla data di scadenza della parte economica del presente contratto, ai dipendenti del comparto sarà corrisposta la relativa indennità seconde le scadenze previste dall'Accordo sul costo del lavoro del 23.7.1993. Per l'erogazione di detta indennità si applica la procedura dell'articolo 52 commi 1 e 2 del d.lgs. numero 29/1993 . Nella norma dell'Accordo del 23.7.1993 si legge Dopo un periodo di vacanza contrattuale pari a tre mesi dalla data di scadenza del CCNL, ai lavoratori dipendenti ai quali si applica il contratto medesimo non ancora rinnovato sarà corrisposto, a partire dal mese successivo ovvero dalla data di presentazione della piattaforme ove successiva, un elemento provvisorio delle retribuzione. L'importo di tale elemento sarà pari al 30% del tasso di inflazione programmato, applicato ai minimi retributivi vigenti, esclusa la ex indennità di contingenza. Dopo sei mesi di vacanza contrattuale detto importo sarà al 50% dell'inflazione programmata. Detta decorrenza dell'accordo di rinnovo del contratto l'indennità di vacanza contrattuale cessa di essere erogata. Tale meccanismo sarà uguale per tutti i lavoratori . La Corte di appello non ha correttamente interpretato la disciplina contrattuale che regola la fattispecie. Difatti, la sentenza impugnata omette di considerare che l'istituto di cui trattasi era stato introdotto dall'Accordo interconfederale del 23 luglio 1993, con il dichiarato scopo di incanalare la dinamica salariale nei parametri dell'inflazione programmata e di cadenzare i periodici rinnovi della fonti collettive prevedendo un periodo di vacanza contrattuale di tre mesi dalla data di scadenza del CCNL e la corresponsione di un elemento provvisorio della retribuzione commisurato ad una percentuale del tasso di inflazione programmata. La qualificazione dell'indennità nei termini di cui al Protocollo del 1993 consente di identificare la natura dell'istituto. Come recentemente affermato da questa Corte, la norma dell'Accordo sul costo del lavoro del 23 luglio 1993 costituisce la fonte di orientamento sul punto per i contratti di settore trattandosi di un Accordo interconfederale Cass. numero 8803 del 15 aprile 2014, numero 9066 del 18 aprile 2014, numero 9188 e numero 9189 del 23 aprile 2014, numero 9581 del 5 maggio 2014, numero 11236 del 21 maggio 2014 e numero 14356 del 25 giugno 2014 . Emerge testualmente da quest'ultima disposizione che l'indennità di parola è stata espressamente definita elemento provvisorio della retribuzione , la cui finalità è quella di tutelare i lavoratori nei confronti delle dinamiche inflazionistiche nelle more del rinnovo del contratto. Ma è proprio la natura provvisoria a titolo di acconto di questa attribuzione patrimoniale che esclude che essa si consolidi nella forma di un diritto quesito e resista alla regolamentazione che la rinnovata contrattazione collettiva faccia in un quadro più ampio di nuova disciplina del trattamento economico cfr. Cass. numero 14356 del 2014, cit. . L'indennità di vacanza costituisce un rimedio di natura eccezionale per consentire alla parte più debole di non rimanere vittima dell'incremento del costo della vita nelle more dei rinnovi contrattuali, ma solo in via provvisoria come anticipazione dei futuri miglioramenti in tal senso, Cass. sent. numero 8803/14 . Se si tratta di un’”anticipazione , non è possibile neppure porre una comparazione con la successiva disciplina del trattamento economico prevista dal rinnovato contratto collettivo perché questa è l'unica che si salda a quella del precedente contratto collettivo schermando la regolamentazione provvisoria dell'indennità di vacanza contrattuale così, Cass. sent. numero 14356/14 . Una corretta interpretazione dei dati testuali forniti dal richiamato accordo del 1993, che definisce l'indennità come elemento provvisorio della retribuzione , nonché dalla specifica previsione secondo cui la stessa cessa di essere erogata dalla decorrenza dell'accordo di rinnovo, in correlazione con la decorrenza del nuovo contratto, con effetti retroattivi per la parte economica che comporta l'applicazione degli incrementi ivi previsti fin dalla data stabilita , conduce ad escludere la cumulabilità di detti aumenti con l'indennità di vacanza contrattuale, perché al compenso deve essere riconosciuta la funzione di un immediato anticipo sui presumibili e prossimi miglioramenti retributivi conseguibili in sede di rinnovo in tal senso, Cass. numero 9188/14 . Deve quindi concludersi che, una volta che il lavoratore abbia percepito gli incrementi retributivi destinati, secondo il negoziato tra le stesse parti, a coprire anche l'effettivo aumento del costo della vita, non possa più riconoscersi per lo stesso periodo l'indennità di vacanza contrattuale, posto che il rinnovo del contratto, avvenuto tardivamente, ma con adeguamento retroattivo delle retribuzioni tabellari e conseguente corresponsione degli arretrati con decorrenza dal primo giorno del mese successivo a quello di scadenza del precedente contratto e quindi con effetto retroattivo dal 1 gennaio 2002 per il biennio economico 2002/2003 e dall0 gennaio 2004 per il successivo biennio economico aveva già coperto, attraverso l'erogazione dei miglioramenti salariali, gli effetti delle dinamiche inflazionistiche nelle more intervenuti. Quanto alla tesi secondo cui con l'istituzione dell'indennità di vacanza contrattuale si sarebbe introdotta una forma sanzionatoria o anche di risarcimento presunto in relazione all'ipotesi di tempi troppo lunghi nei rinnovi contrattuali, questa Corte ha osservato che trattasi di tesi che non trova alcun riscontro testuale o sistematico nella disciplina considerata Cass. sent. nn 8803, 9066, 9188, 9189, 9581, 11236 e 14356 del 2014 . È stato pure osservato che, accedendo alla tesi contraria, vi sarebbe un'attribuzione patrimoniale doppia ai lavoratori in relazione al medesimo evento aumento del costo della vita ed inoltre si porrebbe necessariamente solo a carico di una parte lungaggini negoziali che invece possono dipendere da entrambe. Il fatto che il sindacato abbia per tempo presentato la propria piattaforma non è elemento idoneo a far ricadere sulla sola controparte la responsabilità per la mancata sollecita firma del nuovo contratto, posto che la piattaforma può essere anche del tutto irragionevole e che comunque il processo negoziale è lasciato alla libera valutazione delle parti ed ai loro rapporti di forza. In relazione a questa situazione l'ordinamento costituzionale interno e sovranazionale attribuisce un particolare diritto come quello di sciopero onde poter fare pressioni sulla controparte ed il sistema interno prevede nelle more della stipula del nuovo contratto almeno dal punto di vista retributivo l'ultrattività del contratto scaduto in tali termini, Cass. sent. numero 8803 del 2014 . In conclusione, la norma del CCNL deriva, dall'Accordo del 1993, la regola della provvisorietà della erogazione e dell'effetto retroattivo dell'accordo di rinnovo, dalla cui decorrenza cessa l'erogazione dell'indennità. Da tale regola cui non può che argomentarsi che, se la decorrenza dell'accordo di rinnovo coincide con il primo giorno successivo alla scadenza del contratto precedente, non vi sono soluzioni di continuità riguardanti la disciplina del trattamento economico e l'indennità già erogata resta riassorbita negli arretrali contrattuali riconosciuti. Certamente sarebbe spettata la chiesta indennità ove il successivo contratto avesse avuto una decorrenza retroattiva in modo da lasciare periodi scoperti dalla tutela contro l'incremento del costo della vita tale situazione tuttavia non ricorre nel caso in esame. La Corte di appello ha richiamato il principio espresso da Cass. 27 luglio 2009 numero 17429, secondo cui il diritto dei dipendenti alla indennità di vacanza contrattuale sorge autonomamente allo spirare dei termini previsti dalla norma contrattuale, senza la necessità di stipulazione di un successivo contratto. Il richiamo non è pertinente. La questione risolta dalla decisione richiamata non riguarda infatti la cumulabilità o meno della indennità in questione con gli aumenti riconosciuti con effetti retroattivi dai contratti collettivi stipulati successivamente alla scadenza dei precedenti così, Cass. numero 9189 del 2014 cit. . Il ricorso va dunque accolto e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa deve essere decisa nel merito ex articolo 384, secondo comma, cod. proc. civ., con il rigetto dell'originaria domanda. Le spese dell'intero giudizio vanno compensate tra le parti, poiché le sentenze di questa Corte sopra menzionate, il cui orientamento è stato qui recepito e confermato, sono tutte intervenute in epoca successiva alla proposizione del ricorso per cassazione esaminato. Stante la non debenza, da parte dell'Amministrazione pubblica ricorrente, del versamento del contributo unificato Cass. Sezioni Unite, sent. numero 9938 dell'8 maggio 2014 , e comunque del fatto che quest'ultimo previsto dall'ari 13, comma 1 quater, del d.P.R. numero 115 del 2002, introdotto dall'articolo 1, comma 17, della Legge 24 dicembre 2012, numero 228 legge di stabilità 2013 per i processi iniziati, come il presente, in data successiva al 30 gennaio 2013 -, è collegato al fatto oggettivo del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l'impugnate, del gravame cfr. Cass. Sez. Unumero 8 maggio 2014, numero 9938 Cass. Sez. Unumero 23 luglio 2014, numero 16755 si veda anche Cass. 13 maggio 2014, numero 10306 , va dato atto che non sussistono i presupposti per il versamento dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l'originaria domanda. Spese dell'intero processo compensate. Ai sensi dell'articolo 13 comma 1-quater del d.P.R. numero 115 del 2002, da atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.