A confronto col presidente dell’Anm, Rodolfo Sabelli. «Sì alla riforma della giustizia, no alla ‘normalizzazione’ dei magistrati»

Clima caldo per la giustizia, ma è così da tempo , tra tagli degli uffici giudiziari, e continui proclami sulla necessità di riforme. Per il vertice dell’associazione dei magistrati vi è necessità di riforme, ma solo se l’obiettivo è quello dell’ efficienza , non quello di una ‘normalizzazione’, un controllo dei giudici

Stop estivo, per la giustizia, ma l’appuntamento di chiusura è di quelli da non perdere Roma, piazza Cavour, Corte di Cassazione, 30 luglio ennesimo ‘capitolo’ del lungo, tormentato rapporto tra Silvio Berlusconi e i giudici italiani. Riflettori puntati, paginate di giornale, servizi giornalistici, approfondimenti televisivi ad hoc menù bello e pronto per raccontare, sminuzzare, commentare – a volte in maniera imparziale, a volte in maniera parziale – la pronuncia dei giudici del Palazzaccio. Ma, singola vicenda a parte, sembrano essere altri, quando si parla di funzionalità della giustizia in Italia, i fronti davvero rilevanti Di riforme in materia di giustizia vi è grandissima necessità , ammette Rodolfo Sabelli, presidente dell’Associazione nazionale dei magistrati, che, però, subito dopo aggiunge Alla fine, tuttavia, ci si ritrova sempre a parlare di riforme dei giudici . Sabelli pro domo sua? Piccata la replica Più semplicemente, ci sfiora il sospetto che possa esserci la volontà di una ‘normalizzazione’ della magistratura, di una compressione del ruolo dei giudici . Ma è davvero così precaria, oggi, la situazione della giustizia italiana? Per la verità, il clima è strano, caldo, se mi passa il termine, da tempo Tenga presente che io sono entrato in magistratura nel 1987, e da allora periodi tranquilli, in cui la giustizia non sia stata sotto i riflettori con ovvie polemiche conseguenti, francamente non li ricordo penso, ad esempio, alla stagione di ‘tangentopoli’, con tutte le tensioni che ne sono venute nei rapporti tra magistratura e politica, fino ad arrivare agli ultimi tempi, ma durano, per la verità, da diversi anni, in cui, di nuovo, il fronte dei rapporti fra magistratura e politica è caldo. Per quanto concerne i magistrati, ciò che abbiamo detto ripetutamente è che di riforme in materia di giustizia vi è grandissima necessità, e il problema da affrontare è quello dell’efficienza. Ma, sia chiaro, la soluzione non è riformare i giudici, bensì la giustizia. E invece, ogni volta che si parla di riforma della giustizia, l’attenzione si sposta sulla modifica degli assetti della magistratura. Così, piuttosto che di riforme della giustizia, si finisce a parlare di riforme dei giudici. E questo avviene, purtroppo, spesso in collegamento con specifiche vicende processuali, perciò nasce il sospetto che possa esserci la volontà di una sorta di ‘normalizzazione’ della magistratura Cosa intende col termine ‘normalizzazione’? Che l’idea di riforma pare essere indirizzata soprattutto a una diversa organizzazione dei rapporti tra magistratura e politica. Per questo, noi siamo critici, perché la direzione sembra essere quella non quella del miglioramento dell’efficienza della giustizia, bensì quella della compressione del ruolo della magistratura. Mi viene in mente, a mo’ di esempio, la prima questione che mi sono trovato ad affrontare appena eletto presidente dell’Associazione nazionale magistrati, ossia l’ipotesi di riforma della responsabilità civile dei magistrati, che puntava sull’introduzione della azione civile diretta, che non esiste in alcun Paese occidentale e che avrebbe creato grossi problemi sia sul piano processuale, col rischio di condizionamenti da parte di uno dei soggetti del processo verso il giudice, sia sul piano generale della indipendenza e dell’autonomia della giurisdizione Lei parla di ‘normalizzazione’, però, ragionando sull’argomento da lei citato, qualche riflessione va fatta. Anche i magistrati sbagliano, o no? È doveroso che rispondano dei propri errori, o no? Senza dubbio il tema della responsabilità è un tema serio, che però riguarda non solo la magistratura, ma il rapporto tra i cittadini e qualsiasi pubblica funzione. Allo stesso modo, è chiaro che la responsabilità deve esistere, deve essere fatta valere, anche perché, poi, la responsabilità è fondamentale, essendo connessa al rapporto di fiducia che deve esistere fra qualsiasi istituzione pubblica e il corpo sociale. Ma quando si parla di responsabilità civile dei magistrati, essa esiste a fini risarcitori, ma non può avere la funzione di controllo della magistratura. Proprio per questo, penso che la discussione su questo fronte nasconda qualcos’altro, l’idea di un controllo della magistratura Perché, lo ricordiamo, la responsabilità dei magistrati esiste, e di varia natura oltre quella civile che già esiste, con numerose cause civili nei confronti dei magistrati , vi sono anche altre forme, come quella penale e quella disciplinare. E mettendo da parte luoghi comuni e falsità, che ripetute all’infinito vengono fatte diventare quasi vere, bisogna ricordarsi che esistono procedimenti e condanne disciplinari per i magistrati, così come non si può ignorare che i magistrati sono sottoposti a rigidi controlli e valutazioni di professionalità, con conseguenze pesanti, in caso di esito negativo. Quindi, bisogna applicare il principio della responsabilità, ma l’ottica deve essere quella di assicurare l’alta professionalità del magistrato, una giustizia efficiente, non certo quella di controllare la magistratura. Per questo motivo, siamo stati fortemente critici rispetto a una proposta di riforma della responsabilità disciplinare che mirava a introdurre un’ipotesi di responsabilità per comportamenti o dichiarazioni che lasciassero intendere una non imparzialità del magistrato di fronte a una ipotesi disciplinare così generica, il cui contenuto non è chiaro, ma viene creato, nel caso concreto, specifico, nel momento in cui si volesse intervenire sul singolo magistrato, rischia di tradursi in una forma di controllo Ma allora è vero che la riforma della giustizia è frenata dalle lobby, i magistrati da una parte e gli avvocati dall’altra Premesso che in altri Paesi il termine lobby ha connotazione meno negativa, mentre in Italia sembra continuare ad esprimere interessi di parte, occulti, meglio usare il termine generico ‘categoria’. E le dico che, sì, i magistrati sono una categoria, come i giornalisti ad esempio. E ogni categoria professionale persegue interessi. Bisogna capire, quindi, se gli interessi di una singola categoria vadano incontro all’interesse di carattere generale. Per questo, non c’è da demonizzare, bisogna semplicemente capire la rilevanza sociale dell’interesse espresso da una categoria. Per noi magistrati l’obiettivo è la difesa di valori fondamentali, ossia indipendenza e autonomia della giurisdizione. E il discorso delle categorie vale anche per gli avvocati bisogna capire quanto i loro interessi corrispondano a interessi di carattere generale Facciamo subito un test magistratura e avvocatura su sponde opposte per quanto concerne il taglio degli uffici giudiziari. Perché? Noi abbiamo sempre sostenuto la necessità di una più razionale organizzazione degli uffici sul territorio, perché riteniamo che una distribuzione più logica consente un uso migliore delle risorse. Poi, certo, il nodo è l’efficienza, la buona organizzazione, ma bisogna vedere la soppressione di questo o quell’ufficio contraddica o meno l’esigenza di migliore organizzazione. Però per fare questa valutazione bisogna tener presente che l’Italia ha una organizzazione che presenta sostanzialmente poche differenze rispetto a 20, 30, 50, 100 anni fa, con molti uffici giudiziari nati perché, magari, un tempo magari c’era un ufficio vescovile, e poi trasformati in Tribunale, poi Pretura, poi sezione distaccata, con personale intatto ma con carico di lavoro ridotto. A questo quadro, aggiungiamo che oggi gli spostamenti sul territorio son più semplici, e ci si augura che, in un futuro prossimo, ci sia sempre meno necessità di spostarsi sul territorio, perché molti adempimenti si potranno effettuare col ricorso all’informatizzazione, penso ad esempio all’acquisizione di certificati, all’invio di atti, ai depositi, all’acquisizione di copie. Analizzando la realtà, quindi, emerge, complessivamente, una situazione poco razionale. Poi bisogna anche capire, di volta in volta, quanto le posizioni di contrarietà, espresse ad esempio da parti dell’avvocatura, siano risultato di spinte campanilistiche e quanto siano ragioni fondate su esigenze reali, legate alla realtà territoriale A proposito, ma i rapporti con gli avvocati scintille? Personalmente, il rapporto cogli avvocati è ottimo, e comunque è legato al singolo procedimento e alla persona del magistrato. E comunque ognuno fa la propria parte, come ovvio D’accordo, ma non neghi che tra magistrato e pubblica accusa l’avvocato parte svantaggiato So benissimo che questa è la tesi per cui si sostiene la necessità della separazione delle funzioni fra pubblico ministero e giudice. Però le rispondo che, personalmente, questo presunto appiattimento del giudice sulle posizioni del pubblico ministero, in una sorta di ‘due contro uno’, ossia contro l’avvocato, non si è mai verificato. Polemiche a parte, so anche che il problema è posto in termini generali, di sistema, perché, secondo una determinata visione, in un processo di tipo accusatorio, l’appartenenza del pubblico ministero allo stesso ordine del giudice determinerebbe squilibrio. Ma replico dicendo che, innanzitutto, è erroneo ragionare in termini di modelli, facendo riferimento ad esperienze di altri Paesi, perché le scelte vanno calate nella realtà culturale, sociale, politica, storica, processuale del Paese. E in Italia si è passati da un sistema processuale penale di tipo inquisitorio a uno di tipo accusatorio, ma non vi è stato stravolgimento dei principi generali, tanto è che il diritto penale opera nell’ambito di determinati principi costituzionali. Per quanto concerne, in particolare, il ruolo del pubblico ministero, noi siamo affezionati, mi passi il termine, a questa figura che è parte integrante della giurisdizione, in virtù del suo ruolo di parte pubblica, che assicura la propria imparzialità. Di conseguenza, indipendenza e autonomia rischiano di diventare affermazioni vuote se non è indipendente e autonomo l’esercizio dell’azione penale. Di conseguenza, togliere il pubblico ministero dall’ambito della giurisdizione, considerando la tradizione e la storia dell’Italia, rischia di creare una categoria autoreferenziale. Mi domando a chi dovrebbe poi render conto il pubblico ministero? Ad altri pubblici ministeri? O ad un sistema di controllo ad hoc? Ho l’impressione che sarebbe fortissima la tentazione di creare rapporto tra potere esecutivo e pubblico ministero, con forme di controllo specifico del pubblico ministero. Ecco perché, molto sinteticamente, siamo contrari all’idea della separazione fra pubblico ministero e giudice Per chiudere, passiamo alla stretta attualità Ossia? Innanzitutto, l’idea di una magistratura politicizzata, e i continui attacchi che arrivano da alcuni esponenti politici. Quanto c’è di vero? Guardi, credo sia inutile tornare ancora sull’argomento, anche perché l’idea di una persecuzione, da parte dei magistrati, è davvero una storiella Parlando di cose più serie, come associazione denunciamo l’assoluta inaccettabilità di certi attacchi! Per il resto, nell’esercizio delle nostre funzioni e nello svolgimento del nostro lavoro, continuiamo, come sempre, a fare il nostro dovere, con serenità, imparzialità, spirito di indipendenza e di autonomia, e soprattutto con una serena applicazione legge. Continuiamo a rispettare quella che è la tradizione della magistratura italiana Passiamo all’ultimo fronte quello dell’approfondimento sulla ipotesi della trattativa Stato-mafia. Il lavoro non sembra affatto semplice, anche considerando i segnali poco positivi arrivati A Palermo i magistrati operano in una realtà storicamente difficile, anche considerando l’annosa lotta alla criminalità mafiosa. E ora c’è il capitolo del processo sulla trattativa Stato mafia noi abbiamo espresso ed esprimiamo solidarietà ai magistrati di Palermo, che si sono trovati di fronte a un processo difficile, e, purtroppo, hanno anche dovuto subire minacce personali. Solidarietà, senza dubbio a loro! Ovviamente, non possiamo e non dobbiamo entrare nel merito del processo, ma la magistratura non deve farsi mai condizionare da niente, in nessun caso. Per questo, il processo, per quanto difficile, va affrontato in modo indipendente ma sereno, senza prevenzioni, come è nella tradizione della magistratura, che ha sempre affrontato processi duri e difficili, con temi e materie che talora lambiscono situazioni di rilievo politico, oppure enormi attività finanziarie, o ancora la criminalità organizzata Da sempre affrontiamo indagini e processi con serenità e determinazione. E ciò faranno anche i magistrati di Palermo