In materia di curatela fallimentare, rientrano nella massa fallimentare tutti i beni che erano di disponibilità della società fallita. Sono compresi tra questi beni anche quelli detenuti in forza di locazione finanziaria.
Lo afferma la Corte di Cassazione nella sentenza numero 26808, depositata il 20 giugno 2014. Il caso. La Corte d’appello, confermando la decisione di primo grado, condannava l’amministratore di una società per aver tenuto le scritture contabili in modo da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari, nonché per aver distratto ogni bene della società, tra cui un’autovettura detenuta in forza di locazione finanziaria. In particolare, in riferimento al veicolo, la Corte territoriale riteneva rilevante il comportamento dell’imputato, che aveva omesso l’esistenza del contratto di leasing, privando quindi il curatore della possibilità di riscattare il bene e acquisirlo alla massa fallimentare. Non essendo stato messo il veicolo a disposizione della curatela fallimentare, la posizione debitoria era stata aggravata. Il soccombente ricorreva in Cassazione lamentando il mancato pregiudizio ai creditori, poiché, da una parte, l’autovettura era interamente di proprietà del concedente e, dall’altra, la prosecuzione del contratto rappresentava un mero onere per la società fallita, perciò l’unica soluzione ragionevole era sembrata la restituzione del bene alla concedente. Da considerare la disponibilità di fatto, da parte della società, del bene in leasing. La Suprema Corte dichiara inammissibile il ricorso, tuttavia precisa che in tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale, in caso di bene pervenuto all’impresa a seguito di contratto di leasing, qualsiasi manomissione del medesimo, che ne impedisca l’acquisizione alla massa, integra comunque il reato, determinando la distrazione dei diritti esercitabili dal fallimento con contestuale pregiudizio per i creditori a causa dell’inadempimento delle obbligazioni assunte verso il concedente Cass. numero 9427/2011 . A diversa conclusione dovrebbe giungersi, se il bene oggetto del contratto di locazione finanziaria non fosse mai entrato, di fatto, nella sfera di disponibilità della società fallita. Nel caso di specie l’amministratore aveva la disponibilità di fatto dell’auto, disponibilità che quindi postula l’avvenuta consegna del bene oggetto di contratto di leasing. Perciò la relativa appropriazione, da parte dello stesso amministratore, integra distrazione, in quanto la sottrazione o dissipazione del bene comporta un pregiudizio per la massa fallimentare, che viene quindi privata del valore dello stesso conseguibile mediante riscatto al termine del rapporto negoziale e gravata dall’ulteriore onere economico scaturente dall’inadempimento dell’obbligo di restituzione.
Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 20 maggio – 20 giugno 2014, numero 26808 Presidente Savani – Relatore De Marzo Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 06/02/2013 la Corte d'appello di Milano ha confermato la decisione di primo grado, che, concesse le attenuanti generiche equivalenti alla contestata aggravante dei più fatti di bancarotta articolo 219, comma secondo, numero 1, l. fall. , aveva condannato M.F. alla pena di tre anni di reclusione, per avere, prima, dal 15/02/2000, quale amministratore di fatto e poi, dall'08/03/2001, quale liquidatore della Zenith s.r.l., dichiarata fallita in data il omissis , tenuto le scritture contabili in modo da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari, nonché distratto ogni bene della società e, in particolare, rimanenze telefoni cellulari per L. 659.676.768, beni strumentali per L. 322.876.255 nonché un'autovettura Jaguar, detenuta in forza di locazione finanziaria. Per quanto ancora rileva, la Corte territoriale ha rilevato a che, per la maggior parte, i libri sociali obbligatori erano stati tenuti in bianco o in modo incompleto, talché, neppure servendosi della altre scritture contabili, era stato possibile ricostruire il patrimonio sociale e il movimento degli affari b che, in particolare, il libro giornale, vidimato il 19/12/2000, era completamente in bianco, il libro degli inventari era stato redatto fino a pag. 5 con il bilancio del 1999, il registro dei cespiti ammortizzabili, come il libro del c.d.a., era completamente in bianco c che tali lacune, presenti anche prima dell'intervento della Guardia di Finanza nel gennaio 2001, avevano impedito di pervenire ad un'attendibile ricostruzione della gestione societaria, caratterizzata da rilevanti attività distrattive d che, con riguardo alla distrazione dell'autovettura, l'imputato, sebbene interpellato dal curatore, non aveva fatto alcun cenno all'esistenza del contratto di leasing, in tal modo privando il curatore della possibilità di riscattare il bene e acquisirlo alla massa fallimentare e che, peraltro, il veicolo, ritrovato in Germania il 16/04/2002, non era stato messo a disposizione della curatela, in tal modo aggravando la posizione debitoria. Sul piano del trattamento sanzionatorio, la Corte d'appello ha escluso il richiesto giudizio di prevalenza delle riconosciute circostanze attenuanti generiche, tenuto conto che l'imputato non aveva fornito una collaborazione più pregnante e fattiva, anche in termini di ristoro de danno cagionato. Al riguardo, la sentenza impugnata ha aggiunto che, accolte due istanze tardive in data 18/06/2003, lo stato passivo ammontava ad Euro 547.337,87. 2. Nell'interesse del M. è stato proposto ricorso per cassazione, affidato ai seguenti motivi. 2.1. Con il primo motivo, si lamentano vizi motivazionali, con riferimento alla ritenuta bancarotta per distrazione relativa all'autovettura in leasing. Al riguardo, il ricorrente, premesso che il contratto risaliva all'ottobre del 2001, ossia a soli tre mesi prima del fallimento, rileva che nessun pregiudizio era stato arrecato ai creditori, dal momento che il bene era interamente di proprietà del concedente e che erano stati versati solo quattro canoni. In tale contesto, poiché la prosecuzione del contratto rappresentava un mero onere economico per la società fallita, l'unica soluzione ragionevole era quella, in effetti praticata, della restituzione del bene alla concedente, talché, al più, l'imputato avrebbe potuto rispondere di appropriazione indebita. 2.2. Con il secondo motivo, si lamentano vizi motivazionali, in relazione alla ritenuta bancarotta fraudolenta documentale, alla luce della condotta dell'imputato che, una volta rintracciato dal curatore, aveva prestato ogni la necessaria collaborazione, mettendo a disposizione di quest'ultimo tutti i documenti ancora in suo possesso. In ricorso si aggiunge che l'imputato era nella materiale impossibilità di procedere alla tenuta delle scritture contabili, giacché la maggior parte dei libri era stata sequestrata dalla Guardia di Finanza in data 29/01/2001. Dopo la dichiarazione di fallimento, la Guardia di Finanza aveva proceduto al sequestro di ulteriore documentazione contabile in data 20/03/2003 e 25/07/2003. Lo stesso curatore, nella relazione ex articolo 33 L. fall., aveva rivelato di non essere certo che la mancata conservazione delle scritture contabili fosse attribuibile all'imputato. 2.3. Con il terzo motivo si lamentano vizi motivazionali, in relazione al mancato riconoscimento della prevalenza delle circostanze attenuanti generiche sulla aggravante della quale si contesta la sussistenza , in quanto l'imputato è soggetto incensurato e il fallimento non aveva registrato la presenza di creditori, salvo l'erario. Considerato in diritto 1. Il primo motivo di ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza. Infatti, in tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale, in caso di bene pervenuto all'impresa a seguito di contratto di leasing, qualsiasi manomissione del medesimo che ne impedisca l'acquisizione alla massa integra il reato, determinando la distrazione dei diritti esercitabili dal fallimento con contestuale pregiudizio per i creditori a causa dell'inadempimento delle obbligazioni assunte verso il concedente Sez. 5, numero 9427 del 03/11/2011 - dep. 12/03/2012, Cannarozzo, Rv. 251995 . Va aggiunto che la giurisprudenza citata dal ricorrente Sez. 5, numero 29757 del 21/05/2010, D'Agostino, Rv. 248262 si riferisce al caso - qui non ricorrente - della cessione del contratto di leasing e giunge all'annullamento della sentenza impugnata, sottolineando che l'apparato argomentativo della decisione, in quel caso, lasciava nell'ombra un punto nodale della questione, ossia se i beni oggetto del contratto di locazione finanziaria fossero mai entrati, di fatto, nella sfera di disponibilità della società fallita, a seguito di consegna. La configurabilità del reato di bancarotta per distrazione postula, infatti, che i beni non rinvenuti in sede di inventario siano entrati realmente nella sfera patrimoniale della società fallita, di talché possa ipotizzarsi quel distacco ingiustificato che integra sul piano oggettivo la fattispecie incriminatrice. La sentenza 29757 del 2010 cit., peraltro, condivisibilmente aggiunge che, ove il fallimento, come nel caso di specie, riguardi l'utilizzatore, può venire in rilievo la sola disponibilità di fatto, essendo pacifico che il soggetto non ha la disponibilità giuridica, almeno sino alla fine rapporto e, cioè, sino a quando, previo esercizio del diritto di opzione, il medesimo non abbia corrisposto il prezzo di riscatto, acquisendo così la proprietà del bene. Per quanto si è detto, la disponibilità di fatto - la sola configurabile in capo all'utilizzatore - postula, pur sempre, l'avvenuta consegna del bene oggetto di contratto di leasing verificatosi tale indefettibile presupposto, la relativa appropriazione da parte sua integra distrazione, in quanto la sottrazione o la dissipazione del bene comporta un pregiudizio per la massa fallimentare che viene privata del valore dello stesso - che avrebbe potuto essere conseguito mediante riscatto al termine del rapporto negoziale - e, al tempo stesso, gravata di ulteriore onere economico scaturante dall'inadempimento dell'obbligo di restituzione. Ed il pregiudizio si verifica sia nell'ipotesi di leasing c.d. traslativo che in caso di leasing di godimento, anche se si pone con diversa entità nelle due tipologie negoziali. Ciò posto, la Corte territoriale ha esattamente posto in risalto la concreta sottrazione del bene oggetto del contratto di leasing e certamente nella disponibilità della società fallita alla massa, con conseguente aggravio della posizione debitoria. 2. Anche il secondo motivo è inammissibile per manifesta infondatezza, in quanto i dati fattuali sopra ricordati il libro giornale, vidimato il 19/12/2000, era completamente in bianco, il libro degli inventari era stato redatto fino a pag. 5 con il bilancio del 1999, il registro dei cespiti ammortizzabili, come il libro del c.d.a., era completamente in bianco risalgono evidentemente, come rilevato dalla Corte territoriale, ad epoca antecedente al sequestro dei libri da parte della Guardia di Finanza, intervenuto nel gennaio del 2001. In tale contesto, il contrario, anche se incerto convincimento del curatore, quale espresso, secondo il ricorrente, a pag. 81 della relazione ex articolo 33 L. fall., non assume, in assenza di ulteriori specificazioni, alcun rilievo. 3. Inammissibile è, infine, anche il terzo motivo, in quanto, senza indugiare sulla generica contestazione relativa alla esistenza di una pluralità di fatti di bancarotta fraudolenta che, al contrario, emerge quantomeno dalla ritenuta sussistenza di fatti di bancarotta documentale e per distrazione , si rileva che, con motivazione priva di qualunque profilo di manifesta illogicità, la Corte territoriale ha escluso la prevalenza delle riconosciute circostanze attenuanti generiche, alla luce dell'assenza di collaborazione dell'imputato e di qualunque, pur parziale ristoro del danno, oltre che dell'ingente passivo di oltre 500.000 Euro, certo non eliso nella sua significatività dal fatto che discenda da debiti verso l'erario, fatti valere con domanda tardiva di insinuazione. 4. Alla pronuncia di inammissibilità consegue, ex articolo 616 cod. proc. penumero , la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che, in ragione delle questioni dedotte, appare equo determinare in Euro 1.000,00. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.