Contratto di lavoro temporaneo dichiarato nullo, quale indennità spetta al lavoratore?

L'indennità prevista dall'articolo 32 l. numero 183/2010 trova applicazione ogni qual volta vi sia un contratto di lavoro a tempo determinato per il quale operi la conversione in contratto a tempo indeterminato e, dunque, anche in caso di condanna del datore di lavoro al risarcimento del danno subito dal lavoratore che abbia chiesto ed ottenuto dal giudice l'accertamento della nullità di un contratto di lavoro temporaneo convertito in un contratto a tempo indeterminato.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione nella sentenza numero 9105, depositata il 6 maggio 2015. Il caso. Un lavoratore deduceva di aver avuto un rapporto di lavoro intrattenuto con una società ininterrottamente dall’agosto 2000 al febbraio 2003, in qualità di impiegato addetto al call center, con orario part-time di 19 ore e 10 minuti settimanali, in forza di un contratto di fornitura di lavoro temporaneo da agosto 2000 a febbraio 2001 , poi prorogato per quattro volte consecutive, per 6 mesi ciascuna. Chiedeva alla Corte di dichiarare che tale rapporto fosse da reputarsi a tempo indeterminato fin dalla sua originaria costituzione e la dichiarazione dell’illegittimità della risoluzione del rapporto operata a suo danno. Nel 2012, la Corte d’appello di Palermo accoglieva la domanda, dichiarando che tra le parti si era instaurato un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato a decorrere dall’agosto 2000, con obbligo per la società di ripristinare il rapporto riammettendo in servizio il lavoratore. Inoltre, condannava la società al risarcimento delle retribuzioni che sarebbero maturate dal febbraio 2004 con rivalutazione monetaria ed interessi legali. La società ricorreva in Cassazione, chiedendo l’applicazione anche al lavoro temporaneo dell’articolo 32, commi 5 «Nei casi di conversione del contratto a tempo determinato, il giudice condanna il datore di lavoro al risarcimento del lavoratore stabilendo un'indennità onnicomprensiva nella misura compresa tra un minimo di 2,5 ed un massimo di 12 mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, avuto riguardo ai criteri indicati nell'articolo 8 della legge 15 luglio 1966, numero 604» e 6 «In presenza di contratti ovvero accordi collettivi nazionali, territoriali o aziendali, stipulati con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, che prevedano l'assunzione, anche a tempo indeterminato, di lavoratori già occupati con contratto a termine nell'ambito di specifiche graduatorie, il limite massimo dell'indennità fissata dal comma 5 è ridotto alla metà» l. numero 183/2010, sulla compensazione indennitaria del danno risarcibile. Indennità applicabile. . La Corte di Cassazione richiama i precedenti nnumero 13404/2013 e 1148/2013, in cui era stata ritenuta applicabile l’indennità prevista dall’articolo 32, comma 5, l. numero 183/2010, come interpretato dall’articolo 1, comma 13, l. numero 92/2012 «l'indennità ivi prevista ristora per intero il pregiudizio subito dal lavoratore, comprese le conseguenze retributive e contributive relative al periodo compreso fra la scadenza del termine e la pronuncia del provvedimento con il quale il giudice abbia ordinato la ricostituzione del rapporto di lavoro» a qualsiasi ipotesi di ricostituzione del rapporto di lavoro avente in origine un termine illegittimo e, quindi, anche in caso di condanna al risarcimento del danno subito dal lavoratore a causa della nullità di un contratto per prestazioni di lavoro temporaneo a tempo determinato, ai sensi dell’articolo 3 l. numero 196/1997, contratto convertito in uno a tempo indeterminato tra lavoratore ed utilizzatore della prestazione. Analogie tra fattispecie. Secondo la Cassazione, è rilevante l’«evidente analogia» tra il lavoro temporaneo ex l. numero 196/1997 e la somministrazione di lavoro ex articolo 20 e ss d.lgs. numero 276/2003. In più, trattandosi di negozi collegati, la nullità del contratto tra somministratore ed utilizzatore travolge anche quello tra lavoratore e somministratore, con l’effetto di produrre una duplice conversione sul piano soggettivo, il lavoratore è considerato a tutti gli effetti alle dipendenze dell’utilizzatore e non più del somministratore su quello oggettivo, «atteso che quello che con il somministratore era sorto come contratto di lavoro a tempo determinato diventa un contratto di lavoro a tempo indeterminato con l'utilizzatore». Tuttavia, fino a quando la sentenza non accerti la conversione, il rapporto tra utilizzatore e lavoratore, finché si è protratto de facto, ha avuto caratteristiche analoghe a quelle di un rapporto a termine, per cui è applicabile la sanzione meramente indennitaria prevista dall’articolo 32 l. numero 183/2010. Perciò, accogliendo il ricorso, con cassazione della sentenza e conseguente rinvio, la Corte di Cassazione afferma il principio secondo cui «L'indennità prevista dall'articolo 32 legge numero 183/2010 trova applicazione ogni qual volta vi sia un contratto di lavoro a tempo determinato per il quale operi la conversione in contratto a tempo indeterminato e, dunque, anche in caso di condanna del datore di lavoro al risarcimento del danno subito dal lavoratore che abbia chiesto ed ottenuto dal giudice l'accertamento della nullità di un contratto di lavoro temporaneo convertito in un contratto a tempo indeterminato».

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 11 dicembre 2014 – 6 maggio 2015, numero 9105 Presidente Roselli – Relatore Amoroso Svolgimento del processo 1. Con sentenza numero 1936/2008, il Giudice del Lavoro del Tribunale di Palermo, aveva rigettato la domanda proposta da I.I. nei confronti della Telecom Italia s.p.a., diretta a dichiarare che il rapporto di lavoro intrattenuto con la medesima ininterrottamente dal 04.08.2000 al 07.02.2003 - in qualità di impiegato addetta al cali center di Palermo, con orario part-time di 19 ore e IO minuti settimanali - in forza di un contratto di fornitura di lavoro temporaneo 04.08.2000 - 07.02.2001 poi prorogato per quattro volte consecutive, per sei mesi ciascuna, fino al 07.02.2003 , era da reputarsi a tempo indeterminato sin dalla sua originaria costituzione e, per l'effetto, dichiararsi l'illegittimità della risoluzione del rapporto operata in suo danno e ordinarsi alla convenuta di reintegrala nel posto di lavoro e di risarcirle i danni in misura pari alle retribuzioni non percepite dalla data della risoluzione a quella della effettiva riammissione in servizio, oltre accessori di legge. 2. Avverso tale pronuncia ha proposto appello I.I., mediante ricorso depositato presso la cancelleria della Corte in epigrafe il 15 settembre 2009, lamentandone l'erroneità per tre motivi. Telecom Italia s.p.a. resisteva al gravame, con memoria dell'11 luglio 2011, variamente contestando l'avverso assunto del quale chiedeva il rigetto con conseguente integrale conferma della sentenza appellata, La Corte d'appello di Palermo, con sentenza del 18 ottobre 2012, in riforma della sentenza numero 193612008 del Tribunale di Palermo, dichiara che tra'I.I. e la Telecom Italia s.p.a. si è instaurato un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato a decorrere dal 04.08.2000 con obbligo per la società appellata di ripristinare il rapporto riammettendo in servizio la parte appellante. Condannava Telecom Italia s.p.a. al pagamento, in favore di I.I., a titolo risarcitorio, delle retribuzioni che sarebbero maturate dal 27.02.2004 con rivalutazione monetaria ed interessi legali. Condanna la società appellata alla rifusione, in favore di I.I., delle spese processuali di entrambi i gradi di giudizio. 3. Avverso questa pronuncia ricorre per cassazione Telecom Italia s.p.a Resiste con controricorso la parte intimata. Entrambe le parti hanno depositato memoria. Motivi della decisione 1. Il ricorso è articolato in quattro motivi. Con i primi due motivi la società ricorrente deduce che sussistevano le ragioni di carattere temporaneo idonee a consentire l'instaurazione del rapporto di lavoro interinale lamenta la violazione del regime sanzionatorio previsto dall'articolo 10 della legge numero 196 del 1997 sostiene che la conversione del rapporto di lavoro interinale in rapporto a tempo indeterminato si ha soltanto nel caso di mancanza di forma scritta secondo comma dell'articolo 10 cit. ma non anche in caso di violazione del primo comma del medesimo articolo 10. Con il terzo motivo la società ricorrente invoca l'applicazione anche al lavoro temporaneo dell'articolo 32, commi 5, 6 e 7, della legge numero 183 del 2010 sulla compensazione indennitaria del danno risarcibile. Con il quarto motivo la ricorrente lamenta che la Corte d'appello non ha tenuto conto della retribuzione percepita dalla dipendente che, dopo la cessazione del rapporto di lavoro interinale, aveva trovato altro impiego retribuito. 2. I primi due motivi del ricorso sono infondati come già ritenuto da questa Corte in vicenda analoga Cass., sez. lav., 17 gennaio 2013, numero 1148 . La norma di riferimento è la L. numero 196 del 1997, articolo 1, comma 2, che consente il contratto di fornitura di lavoro temporaneo solo nelle seguenti ipotesi a nei casi previsti dai ccnl della categoria di appartenenza della impresa utilizzatrice, stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi b nei casi di temporanea utilizzazione di qualifiche non previste dai normali assetti produttivi aziendali c nei casi di sostituzione dei lavoratori assenti, fatte salve le ipotesi di cui al comma 4 che prevede le situazioni in cui è vietata la fornitura di lavoro temporaneo . Nella specie il contratto contratto di lavoro temporaneo non specifica la causale all'interno delle categorie consentite dalla legge. La genericità della causale rende il contratto illegittimo, per violazione della L. numero 196 del 1997, articolo 1, commi 1 e 2, che consente la stipulazione solo per le esigenze di carattere temporaneo rientranti nelle categorie specificate nel comma 2, esigenze che il contratto di fornitura non può quindi omettere di indicare, ne' può indicare in maniera generica e non esplicativa, limitandosi a riprodurre il contenuto della previsione normativa. L'illegittimità del contratto di lavoro temporaneo comporta le conseguenze previste dalla legge sul divieto di intermediazione e interposizione nelle prestazioni di lavoro, e quindi l'instaurazione del rapporto di lavoro con il fruitore della prestazione, cioè con il datore di lavoro effettivo. Infatti, l'articolo 10, comma 1, collega alle violazioni delle disposizioni di cui all'ari. 1, commi 2, 3, 4 e 5 cioè violazioni di legge concernenti proprio il contratto commerciale di fornitura , le conseguenze previste dalla L. numero 1369 del 1960, consistenti nel fatto che i prestatori di lavoro sono considerati, a tutti gli effetti, alle dipendenze dell'imprenditore che effettivamente abbia utilizzato le loro prestazioni cfr. Cass. 23 novembre 2010 numero 23684 Cass. 24 giugno 2011 numero 13960 Cass. 5 luglio 2011 numero 14714 . Quando il contratto di lavoro che accompagna il contratto di fornitura è a tempo determinato, alla conversione soggettiva del rapporto, si aggiunge la conversione dello stesso da lavoro a tempo determinato in lavoro a tempo indeterminato, per intrinseca carenza dei requisiti richiesti dal D.Lgs. numero 368 del 2001, o dalle discipline previgenti, a cominciare dalla forma scritta, che ineluttabilmente in tale contesto manca con riferimento al rapporto tra impresa utilizzatrice e lavoratore sul punto, v. anche Cass. numero 1148 del 2013, cit. . L'effetto finale in questi casi è la conversione del contratto per prestazioni di lavoro temporaneo in un ordinario contratto di lavoro a tempo indeterminato tra l'utilizzatore della prestazione, datore di lavoro effettivo, e il lavoratore. 3. Il terzo motivo è, invece, fondato, dovendosi dare continuità all'indirizzo giurisprudenziale, espresso da Cass. numero 1148/13 cit. e da Cass., sez. lav., 29 maggio 2013, numero 13404, che ha ritenuto applicabile l'indennità prevista dall'articolo 32 co. 5° legge numero 183/10 nel significato chiarito dal comma 13° dell'articolo 1 legge numero 92112 a qualsiasi ipotesi di ricostituzione del rapporto di lavoro avente in origine un termine illegittimo e, dunque, anche nel caso di condanna dei datore di lavoro al risarcimento del danno subito dal lavoratore a causa della nullità di un contratto per prestazioni di lavoro temporaneo a tempo determinato, ai sensi della lett. a del co. 1 0 dell'articolo 3 legge numero 196197, contratto convertito in uno a tempo indeterminato tra lavoratore e utilizzatore della prestazione. A tal fine rileva, in primo luogo, l'evidente analogia tra il lavoro temporaneo di cui alla legge numero 196/97 e la somministrazione di lavoro ex arti. 20 e ss. del d.lg.s numero 276/03. In secondo, deve tenersi presente che, trattandosi di negozi collegati, la nullità del contratto fra somministratore ed utilizzatore travolge anche quello fra lavoratore e somministratore, con l'effetto finale di produrre una duplice conversione, sul piano soggettivo ex articolo 21 ult. co. d.lgs. numero 276/03 il lavoratore è considerato a tutti gli effetti alle dipendenze dell'utilizzatore e non più del somministratore e su quello oggettivo atteso che quello che con il somministratore era sorto come contratto di lavoro a tempo determinato diventa un contratto di lavoro a tempo indeterminato con l'utilizzatore . Ma fino a quando la sentenza non accerti tale conversione, il rapporto fra utilizzatore e lavoratore finché si è protratto de facto ha avuto caratteristiche analoghe a quelle d'un rapporto a termine, di guisa che nulla preclude il ricorso alla sanzione meramente indennitaria prevista dall'articolo 32 co. so cit., anche perché essa è destinata - grazie all'ampia formula adoperata dal legislatore - ai casi di conversione del contratto a tempo determinato . 4. Il quarto motivo è conseguentemente assorbito dall'accoglimento del terzo motivo. 5. In conclusione, vanno rigettati i primi due motivi di ricorso mentre, assorbito il quarto motivo, va accolto il terzo, con cassazione della sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e con rinvio, anche per le spese, alla Corte d'appello di Messina che farà applicazione del seguente principio di diritto L'indennità prevista dall'ari. 32 legge numero 183/2010 trova applicazione ogni qual volta vi sia un contratto di lavoro a tempo determinato per il quale operi la conversione in contratto a tempo indeterminato e, dunque, anche in caso di condanna del datore di lavoro al risarcimento del danno subito dal lavoratore che abbia chiesto ed ottenuto dal giudice l'accertamento della nullità di un contratto di lavoro temporaneo convertito in un contratto a tempo indeterminato . P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso quanto al terzo motivo, rigettati i primi due ed assorbito il quarto cassa la sentenza impugnata nei limiti del motivo accolto e rinvia anche per le spese alla Corte d'appello di Messina.