Misura di prevenzione da rivalutare, alla luce della richiesta presentata dall’uomo e poggiata sulla possibilità di un’opportunità di lavoro in un esercizio di panificazione. Riferimento fondamentale è la sicurezza pubblica, ma non si può trascurare la prospettiva del reinserimento nella società e nel mondo del lavoro.
Misure di prevenzione sì, a tutela della sicurezza pubblica, ma mai dimenticare l’obiettivo del reinserimento nella società e nel mondo del lavoro. Altrimenti si rischia di cadere in condotte di sostanziale ingiustizia Cassazione, sentenza numero 26633, Terza sezione Penale, depositata oggi . Coprifuoco. Proprio la ‘stella polare’ della «sicurezza pubblica» è alla base della decisione, adottata dal Questore e confermata dal Giudice di pace, con cui un uomo, già condannato, viene anche obbligato a «rientrare nella propria abitazione entro le ore 21» e a «non uscirne prima delle ore 6». Ma questo ‘coprifuoco’ fa idealmente a pugni con la opportunità di lavoro prospettata all’uomo, ossia un impiego «nell’esercizio di panificazione di un imprenditore», dichiaratosi «disposto ad assumerlo». Per questo motivo, il Questore dà il proprio placet alla richiesta di modificare la «misura di prevenzione», suggerendo, peraltro, al Giudice di pace di «sostituire l’originaria prescrizione con l’obbligo di presentarsi presso la Stazione dei Carabinieri, tre volte la settimana, previa consegna del definitivo contratto di lavoro», correlato di «orario e giorni» di impiego. Nonostante ciò, il Giudice di pace fa orecchio da mercante Lavoro. Ma questa decisione, ossia il niet di fronte alla richiesta presentata dall’uomo, viene ritenuta assolutamente illegittima dai giudici della Cassazione, i quali – rimettendo la questione all’esame del Giudice di pace – ricordano, in premessa, che «scopo precipuo delle previste misure di prevenzione è quello di favorire, in uno alla tutela della sicurezza pubblica, il controllato reinserimento nella società e nel mondo del lavoro». Ebbene, questa visione si attaglia perfettamente alla vicenda in esame, perché «il lavoro presso un’azienda di panificazione consente» comunque «un costante e agevole controllo sui movimenti» dell’uomo, sicché «l’eventuale inosservanza sarebbe facilmente accertabile», e punibile, ovviamente, con l’arresto. Anche tenendo presente che la «vicinanza spaziale alla Caserma dei Carabinieri del panificio favorisce ulteriormente la vigilanza sui movimenti» dell’uomo. Quadro chiarissimo, quindi, per i giudici del Palazzaccio, che considerano «sintomi di sostanziale ingiustizia» le valutazioni – erronee e illogiche – compiute dal Giudice di pace per negare l’opportunità lavorativa all’uomo. E anche il richiamo alla «mancata allegazione del contratto di assunzione» è ritenuto irrilevante, perché «sostituito da una dettagliata disponibilità del titolare del panificio». Alla luce di queste indicazioni, è evidente, le nuove valutazioni del Giudice di pace dovranno essere completamente diverse
Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 28 marzo - 19 giugno 2013, numero 26633 Presidente Gentile – Relatore Amoroso Ritenuto in fatto e in diritto 1. Con decreto del 2.2.2011 il Giudice di Pace convalidava il provvedimento con cui il Questore aveva adottato nei confronti di N.P. talune misure di prevenzione ex articolo 75 bis d.P.R. numero 309 del 1990, tra cui quella di rientrare nella propria abitazione entro le ore 21 e di non uscirne prima delle ore 6. Successivamente il N. chiedeva al Giudice di Pace competente ex articolo 75 bis, 30 cit. che fosse revocata ovvero modificata tale prescrizione, in modo che egli potesse lavorare nell’esercizio di panificazione di un imprenditore che si era dichiarato disposto ad assumerlo e tale richiesta veniva assentita dal Questore il quale suggeriva al Giudice di Pace di sostituire l’originaria prescrizione con l’obbligo di presentarsi presso la Stazione dei Carabinieri tre volte la settimana nei tempi e con le modalità determinabili dal Giudice di Pace , previa consegna del definitivo contratto di assunzione in seno al quale fossero specificati l’orario ed i giorni di lavoro . In data 7.5.2012 il Giudice di Pace ha rigettato l’istanza di modifica. Avverso questo provvedimento ha proposto ricorso per cassazione il Difensore del N., deducendo violazione di legge e vizio motivazionale. 2. Il ricorso è fondato. Scopo precipuo delle previste misure di prevenzioni è quello di favorire, in uno alla tutela della sicurezza pubblica, il controllato reinserimento del prevenuto nella società e nel mondo del lavoro. Nella specie, nei termini motivatamente e specificamente suggeriti dal Questore, il lavoro presso un’azienda di panificazione consente comunque all’Autorità di vigilanza un costante e agevole controllo sui movimenti del prevenuto, sicché l’eventuale inosservanza sarebbe facilmente accertabile, con le gravi conseguenze dettate dall’articolo 75 bis, 6° del D.P.R. cit Pertanto non sembrano meritevoli di apprezzamento - e rilevano piuttosto come sintomi di sostanziale ingiustizia – gli ulteriori argomenti spesi dal Giudice di Pace per disattendere la richiesta di modifica. Infatti l’asserita vicinanza spaziale alla Caserma dei Carabinieri del panificio presso cui dovrebbe lavorare il N., lungi dal favorire la temuta attività illecita del N. come incomprensibilmente affermato dal provvedimento impugnato , oggettivamente invece favorisce ulteriormente la vigilanza sui suoi movimenti. Inoltre la mancata allegazione del contratto di assunzione è comunque sostituita da una dettagliata disponibilità del titolare del panificio e si spiega agevolmente con il divieto in atto imposto al N., che per l’appunto ne ha chiesto la revoca. D’altronde, l’auspicata revoca di tale divieto non potrebbe che essere subordinata alla produzione del contratto di lavoro, come non a caso opportunamente previsto dal parere del Questore. 3. Pertanto il ricorso va accolto. P.Q.M. la Corte annulla il decreto impugnato con rinvio al giudice di pace di Gragnano.