Anche se la società di manutenzione interviene a chiamata assume comunque una posizione di garanzia

Entrambi gli imputati erano a conoscenza del difetto di manutenzione e non hanno fatto nulla per ovviare all’inconveniente tecnico senza che possa valere come fattore causale autonomo l’attivazione dell’impianto ad opera di un operatore inconsapevole.

Il caso. Ancora un tragico incidente mortale sul lavoro ha portato sul banco degli imputati l’amministratore e il preposto di una società che chiameremo Alfa che curava la manutenzione e la sicurezza degli impianti presso un’altra società Beta che operava nel settore dei calcestruzzi. Ed infatti, un lavoratore di Alfa era stato addetto alla manutenzione di un apparato di miscelazione del cemento, ma mentre si trovava all’interno, inavvertitamente, un altro operaio, dipendente di Beta, all’oscuro della presenza del collega nel miscelatore, avviava il motore che, purtroppo, non lasciava scampo alcuno. In primo grado il Tribunale di Modena, con sentenza confermata dalla Corte di appello di Bologna aveva condannato per omicidio colposo con violazione delle norme sulla sicurezza del lavoro i due imputati della società Alfa. E ciò perché non avevano curato l’efficienza dei meccanismi di sicurezza e protezione che avrebbero dovuto bloccare automaticamente l’impianto in presenza di persone al lavoro al suo interno in realtà non funzionante perché incrostato . La tesi difensiva successione per scadenza del contratto. Secondo gli imputati, però, quella condanna non tiene conto di una circostanza a loro dire fondamentale la società di manutenzione Alfa non svolgeva più le proprie prestazioni a favore della società Beta a partire dal luglio 2004, laddove l’evento letale avvenne nel settembre 2004. Per questo la società Beta doveva ritenersi oramai subentrata nella gestione degli apparati, sicché nessun addebito di garanzia residuava a carico dei ricorrenti . Del resto, aveva proseguito la difesa, l’attivazione del macchinario era avvenuta ad opera proprio di un dipendente della società Beta. La manutenzione proseguiva a chiamata. Senonché, la quarta sezione della Corte di Cassazione con la sentenza 14 giugno 2013 n. 26243 pur rigettando il ricorso degli imputati in quanto infondato, annulla la sentenza impugnata per prescrizione del reato mantenendo ferme, però, le statuizioni civili. Ed infatti, secondo la Corte di cassazione i giudici di merito hanno ben argomentato in ordine all’affermazione di responsabilità di due imputati. Ed infatti, da un lato, è vero che a partire dal luglio 2004 il contratto tra Alfa e Beta era venuto meno per scadenza contrattuale. Dall’altro lato, però, la società Alfa curava le operazioni di manutenzione non più per effetto di un contratto di appalto che era scaduto, bensì alla stregua di una intesa in base alla quale l’azienda continuava a garantire la manutenzione a chiamata, fatturando di volta in volta la prestazione . Inoltre, la società Alfa era presente nel cantiere ogni qualvolta ve ne era necessità e, soprattutto, lo era il giorno dell’incidente mortale. Del resto entrambi gli imputati erano a conoscenza del difetto di manutenzione e non fecero nulla per ovviare all’inconveniente tecnico senza che possa valere come fattore causale autonomo l’attivazione dell’impianto ad opera di un operatore inconsapevole.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 15 maggio 14 giugno 2013, n. 26243 Presidente Brusco Relatore Blaiotta Motivi della decisione 1. Il Tribunale di Modena ha affermato la responsabilità degli imputati in epigrafe in ordine al reato di omicidio colposo commesso con violazione delle norme sulla sicurezza del lavoro in danno di A.A. e li ha altresì condannati al risarcimento del danno nei confronti delle parti civili, nonché al pagamento di provvisionali. La sentenza è stata confermata dalla Corte d'appello di Bologna. Secondo quanto ritenuto dai giudici di merito, la vittima si trovava all'interno di un apparato di miscelazione del cemento di proprietà di Calcestruzzi s.p.a. per eseguire lavori di manutenzione, quando l'apparato veniva inopinatamente attivato da un operatore che non era al corrente della presenza del lavoratore nella macchina. Nell'occorso l'A. riportava lesioni letali. Agli imputati, nelle vesti di amministratore e preposto dalla Taglini s.r.l., che curava la manutenzione e la sicurezza degli impianti, è stato mosso l'addebito di non aver curato l'efficienza dei meccanismi di sicurezza e protezione che avrebbero dovuto automaticamente bloccare l'impianto in presenza di persone al suo interno. 2. Ricorrono per cassazione gli imputati deducendo due motivi. 2.1 Con il primo motivo si espone che la pronunzia impugnata difetta di motivazione in ordine alla quantificazione del danno. 2.2 Con il secondo motivo si censura l'apprezzamento della Corte d'appello in ordine all'affermazione di responsabilità. Si espone che la ditta Taglini si era liberata degli obblighi contrattuali sin dal luglio 2004, data in cui era scaduto il contratto afferente alla manutenzione degli impianti della società Calcestruzzi. Tale società era subentrata nella gestione degli apparati, sicché nessun addebito di garanzia residuava a carico dei ricorrenti. Del resto l'attivazione dell'apparato che ha prodotto l'evento letale è stata compiuta proprio da un dipendente della Calcestruzzi. In tale situazione occorre ritenere che sia intervenuta una serie causale autonoma che ha prodotto il tragico evento in modo del tutto indipendente. 2.2 La parte civile ha presentato una memoria. 3. Quanto alle statuizioni penali, rileva preliminarmente l'intervenuta prescrizione del reato risalente al 6 settembre 2004, essendo state concesse attenuanti generiche prevalenti sull'aggravante, e non essendovi le condizioni per l'adozione di pronunzia liberatoria nel merito ai sensi dell'art. 129 cod. proc. pen. alla stregua di quanto sarà di seguito esposto. La sentenza va quindi annullata senza rinvio quanto alle statuizioni penali. 4. Il ricorso va peraltro esaminato sotto il profilo afferente alla condanna al risarcimento del danno. Esso è infondato. 4.1 La questione concernente la quantificazione della provvisionale non può essere dedotta nella presente sede di legittimità, come ritenuto dalla costante condivisa giurisprudenza di questa suprema Corte. Infatti tale statuizione ha carattere provvisorio, non reca alcun definitivo pregiudizio alla parte soccombente ed è soggetta alla riconsiderazione istituzionalmente prevista nella pertinente sede civile. 4.2 Quanto al tema afferente alla responsabilità, la pronunzia in esame è basata sulla valutazione di emergenze probatorie di chiaro significato, è conforme ai più consolidati principi in materia e non mostra vizi logici. Per contro, i ricorrenti si limitano in larga misura a riproporre questioni che sono state già approfonditamente affrontate sia dal primo giudice che dalla Corte d'appello, senza tenere adeguatamente conto delle risposte che in tali sedi di merito sono state date. In breve, la sentenza impugnata spiega che la ditta Taglini, alle cui dipendenze lavorava la vittima, operava nello stabilimento della Calcestruzzi S.p.a. curando le operazioni di manutenzione, non più per effetto di un contratto di appalto che era scaduto, bensì alla stregua di una intesa in base alla quale l'azienda continuava a garantire la manutenzione degli impianti a chiamata, fatturando di volta in volta la prestazione ed era presente nel cantiere ogni qualvolta ve ne era necessità. L'azienda aveva poco prima dei fatti eseguito operazioni di manutenzione ed era presente negli impianti il giorno in cui accadde l'incidente. Le modalità dell'infortunio sono state ricostruite in modo non controverso. Il dipendente si è introdotto all'interno di un miscelatore di calcestruzzo per eseguire operazioni di pulizia e manutenzione. Tuttavia l'apparato di sicurezza che avrebbe dovuto inibire l'accensione dell'impianto in concomitanza di persone al suo interno non era funzionante, essendo stato bloccato da incrostazioni di calcestruzzo. Tale inconveniente era noto agli imputati che, tuttavia, nulla avevano fatto per risolverlo né avevano posto in atto procedure manuali per assicurare che l'apparato non entrasse impropriamente in funzione in concomitanza con la presenza di persone al suo interno. La pronunzia ha individuato altresì posizione di garanzia nei confronti dell'imputato T. che era l'amministratore dell'azienda che eseguiva le operazioni di manutenzione, nonché del dipendente C. che era il preposto all'interno dell'impianto. Ambedue i soggetti erano a conoscenza dell'inconveniente che ha determinato l'evento. In tale situazione, si configura nei loro confronti obbligo di cautelare il rischio, garanzia nonché colpa della gestione della sicurezza degli apparati. L'argomentazione è lineare e non è criticabile sotto alcun profilo. D'altra parte, non si può ritenere che l'attivazione dell'apparato da parte di soggetto inconsapevole possa costituire fattore causale autonomo, visto che gli imputati avevano assunto il compito di assicurare la sicurezza degli impianti e di evitare incidenti del genere di quello verificatosi e che l'operazione posta in essere era tipica delle lavorazioni. Inoltre, il fatto di intervenire a chiamata per le manutenzione non è sufficiente ad escludere l'esistenza di posizione di garanzia. Le statuizioni civili vanno dunque confermate. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato ascritto agli imputati è estinto per prescrizione. Conferma le statuizioni civili.