Causa condominiale per danni da infiltrazione: spetta all’assemblea decidere se resistere nel giudizio azionato dal condomino

In tema di condominio negli edifici, non rientra nelle competenze dell’amministratore di condominio, ex artt. 1130-1131 c.c., la resistenza nel giudizio promosso da un condomino o da un terzo ed avente ad oggetto il risarcimento dei danni da infiltrazioni provenienti dalle parti comuni.

In questi casi l’amministratore ha solamente il potere di costituirsi in giudizio per evitare decadenze, correndo l’obbligo di far ratificare la propria azione dall’assemblea condominiale cfr. Cass. SS.UU. n. 18331-2/2010 . L’infinita querelle sulla legittimazione attiva e passiva dell’amministratore di condominio si arricchisce di una nuova presa di posizione espressa in tal modo dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 2859 depositata in cancelleria il 7 febbraio 2014. La pronuncia si fa notare, non andando esente da critiche, in quanto non si rinvengono precedenti di legittimità in termine. Il caso . Due condomini promuovono un giudizio risarcitorio contro il condominio per vedersi ristorati del danno patito a causa delle infiltrazioni provenienti dal lastrico solare del fabbricato. In primo grado ottengono un risarcimento, che, a seguito di un articolato iter processuale nel giudizio d’appello dovuto al decesso di uno degli attori ed alla successiva transazione da parte degli eredi in ragione della quota di questo veniva rideterminato al ribasso nel suo ammontare. Da qui il ricorso per Cassazione dell’attore superstite e la resistenza del condominio. La legittimazione passiva dell’amministratore di condominio è limitata? Il ricorso dell’originario attore si articolava su nove motivi. Gli ermellini hanno deciso, per la sua priorità logico giuridica” di trattare il quarto motivo prima di tutti gli altri. Motivo che è sintetizzato nell’interrogativo posto in precedenza. Nella sostanza il ricorrente si lamentava del fatto che l’amministratore del condominio avesse incaricato i legali a costituirsi in giudizio, tanto in primo, quanto in secondo grado, senza essersi premunito dell’autorizzazione assembleare a resistere in giudizio. In buon sostanza, a suo modo di vedere, la causa da lui promossa, relativa al risarcimento di un danno da infiltrazione, non poteva essere considerata tra quelle rispetto alle quali il mandatario dei condomini ha autonomo potere d’iniziativa. L’amministratore può resistere in giudizio senza preventiva autorizzazione dell’assemblea ma con dei limiti, che riguardano anche le cause per danni da infiltrazione . Questa, stringatamente, la risposta della Corte regolatrice. Prima di entrare nel merito osservando la motivazione a sostegno di questa presa di posizione è utile svolgere due considerazioni di carattere generale. La norma riguardante la legittimazione attiva e passiva dell’amministratore di condominio è rappresentata dall’art. 1131 c.c. Nei casi di liti promosse dal legale rappresentante della compagine, tale norma specifica che egli può agire senza preventiva autorizzazione assembleare salvo diversa disposizione del regolamento condominiale o dell’assemblea rispetto a tutte le attribuzioni riconosciutegli dall’art. 1130 c.c. Classico esempio è quello riguardante l’azione per il recupero del credito verso il condomino moroso. Più complicato il discorso relativo alla legittimazione passiva. Il secondo comma dell’art. 1131 c.c. specifica che l’amministratore può essere convenuto in giudizio per tutte le azioni concernenti le parti comuni dell’edificio. Questa norma ha portato ad un contrasto interpretativo, poi risolto dalle Sezioni Unite della Cassazione sent. nn. 18331-2/2010 . Da un lato si diceva che la legittimazione passiva non incontra limiti e quindi che l’amministratore, citato in giudizio, aveva autonomo potere di resistere in giudizio, ferme restando le conseguenze, di mera rilevanza interna leggasi possibilità di revoca giudiziale e risarcimento, cfr. art. 1131, comma 4, c.c. nel caso di mancata comunicazione all’assemblea delle citazioni su questioni esorbitanti dalle sue attribuzioni. Un altro orientamento, che è poi prevalso, specificava che sebbene l’amministratore potesse essere chiamato in causa per ogni azione concernente le parti comuni, ciò non gli consentiva di resistere sempre senza preventiva autorizzazione assembleare, ma nelle materie esorbitanti la sua competenza per resistere in giudizio doveva farsi autorizzare dall’assemblea. Le Sezioni Unite nel 2010 hanno sostanzialmente accolto questa tesi, sia pur con un distinguo è lecita, disse in quell’occasione la Corte, la costituzione in giudizio o l’impugnazione di una sentenza senza la preventiva autorizzazione assembleare, al fine di evitare d’incappare in prescrizioni e decadenze, purché successivamente l’amministratore si attivi per ottenerla. In sua mancanza dev’essere dichiarata la carenza di legittimazione a resistere o ad impugnare. Sulle cause per danni da infiltrazione decide l’assemblea e non l’amministratore . La Cassazione, con la sentenza n. 2859/2014, ha ribadito quanto affermato dalle Sezioni Unite ed ha specificato che nel caso sottoposto al suo esame non risultava agli atti la delibera dell'assemblea del Condominio di conferimento all'amministratore dell'incarico di costituirsi e resistere nel giudizio di primo grado né quella che lo autorizzava a proporre appello nella controversia in esame, che ha a oggetto il risarcimento dei danni derivanti dalle cose comuni, si rendeva necessaria l'autorizzazione dell'assemblea che avrebbe dovuto deliberare circa le determinazioni da assumere sulla lite instaurata contro il Condominio [] . La pronuncia in esame, si diceva in principio, è la prima a specificare che le controversie per il risarcimento dei danni derivanti dalle cose comuni non rientrano tra quelle in cui l’amministratore può resistere d’ufficio e, ad avviso chi scrive, non va esente da critiche. Ai sensi del combinato disposto di cui all’art. 1130 n. 4 – 1131, comma 1, c.c., infatti, l’amministratore può agire in giudizio per gli atti conservativi delle parti comuni dell’edificio. Atti conservativi, ossia tutela e ripristino dell’integrità dei beni condominiali cfr. Cass. n. 8292/2000 . Allo stesso modo, a dirlo furono le Sezioni Unite sent. nn. 18331-2/2010 cui la sentenza in esame s’è uniformata, la legittimazione a resistere in giudizio non necessita di autorizzazione assembleare se si verte nelle ipotesi di cui all’art. 1130 c.c. Essere chiamato in causa per questioni concernenti il ripristino dell’integrità delle parti comuni, quindi, dovrebbe essere considerata situazione speculare, da lato passivo, alla corrispondente azione per la tutela dell’integrità dei medesimi beni. I giudizi aventi ad oggetto danni da infiltrazioni, solitamente, mirano al ripristino dell’integrità – attraverso un’azione di accertamento della causa del danno – unitamente al ristoro del pregiudizio subito. Il discorso sarebbe diverso, ma questo dalla sentenza non si coglie, qualora l’azione dei condomini, nel caso de quo, fosse stata mirata solamente al risarcimento del pregiudizio subito, in quanto il ripristino era già stato posto in essere dal condominio. Qualora tale orientamento dovesse trovare conferma, si schiuderebbero delle strade finora poco considerate. Un esempio se è l’assemblea a dover decidere il da farsi nel caso di citazioni in giudizio per danni da infiltrazioni, i condomini potrebbero dissociarsi dalla lite ai sensi dell’art. 1132 c.c.? E siccome dissociarsi dalla lite non può voler significare far venire meno gli obblighi di custodia che gli sono posti in capo dalla legge art. 2051 c.c. , la dissociazione potrebbe avvenire solamente nel caso di transazione da parte del singolo condomino con la controparte? Quesiti di non facile ed immediata soluzione posto che l’art. 1132 c.c. è, tra quelle condominiali, una delle norme più oscure.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 12 dicembre 2013 - 7 febbraio 2014, numero 2859 Presidente Piccialli – Relatore Migliucci Svolgimento del processo 1. - Il tribunale di Roma, in parziale accoglimento della domanda proposta nei confronti del Condominio di Via Palestro numero 9 in Roma da F.R. e P.R., condannava il convenuto al risarcimento dei danni liquidati nella misura di lire 43.121.220, oltre accessori e spese, derivanti dalle infiltrazioni provenienti dal lastrico solare del fabbricato nell'appartamento sito all'ultimo piano di cui gli attori erano comproprietari. Dichiarava chiuso il procedimento promosso ex art. 669 duodecies cod. proc. civ. di attuazione del provvedimento emesso ai sensi dell'art. 700 cod. proc. civ., con il quale era stata ordinata l'esecuzione delle opere urgenti necessarie ad eliminare tali infiltrazioni, dando atto dell'avvenuto rimborso da parte del convenuto del costo dei lavori eseguiti dagli attori. Avverso tale decisione proponeva appello il Condominio, mentre gli attori proponevano appello incidentale con comparsa di costituzione depositata il 23 aprile 2002, successivamente alla udienza di comparizione del 21 settembre 2001, che peraltro era stata differita ex art. 168 bis ultimo comma cod. proc. civ. al 13 giugno 2002, nonchè autonomo atto di appello prospettando doglianze analoghe alle precedenti. Con sentenza non definitiva del 29 settembre 2005 la Corte di appello di Roma dichiarava inammissibili gli appelli incidentali proposti da F.R. e P.R. sul rilievo che tali impugnazioni erano state proposte il 23 aprile 2002 oltre il termine di venti giorni prima della udienza di comparizione del 21 settembre 2001. Disatteso il motivo con il quale il Condominio aveva reiterato l'eccezione di litispendenza, i Giudici disponevano, con riferimento al secondo motivo di gravame con il quale l'appellante aveva dedotto la estinzione del credito in forza di successivi pagamenti, la rimessione della causa sul ruolo allo scopo di verificare i presupposti per la sospensione o per la eventuale riunione del presente giudizio in relazione ad altro giudizio pendente in grado di appello numero 8484/04 relativo alla sentenza numero 21271/04 del tribunale di Roma emessa nei confronti del Condominio avente a oggetto il risarcimento dei danni per la medesima causale instaurato dagli attori nonchè dal padre S.R., nel quale venne conclusa nel maggio 1996 transazione fra il Condominio e F.R. Con sentenza definitiva del 22 novembre 2006 la Corte di appello di Roma, in parziale riforma della sentenza di primo grado, dichiarava cessata la materia del contendere fra il Condominio e P.R. condannava il Condominio al pagamento in favore di F.R. della complessiva somma di euro 8.680,57,oltre interessi. Per quel che riguardava la posizione di P.R., era risultata 1' avvenuta transazione conclusa il 30-6-2005 dagli eredi della predetta e dal padre S. nel giudizio di appello numero 8484/2004, poi interrotto per la morte della predetta, avverso la sentenza del tribunale di Roma proc. numero 12304/1992 poiché tale transazione aveva riguardato la quota di pertinenza di P., in relazione a questa nel presente giudizio era venuta meno la materia del contendere. Dopo avere precisato che la comproprietà del bene non comportava la solidarietà attiva dei comunisti relativamente al diritto al risarcimento dei danni a esso inerenti, era disattesa l'eccezione formulata da F.R., il quale aveva sostenuto di avere diritto all'integrale risarcimento dei danni osservando che la transazione intercorsa con P.R. non poteva valere nei suoi confronti. Tenendo conto e detraendo la somma di lire 15.000.000 erogata a favore di F.R. in esecuzione della precedente transazione con il medesimo intervenuta nel maggio 1996, previa rivalutazione dal momento della corresponsione, il danno era determinato nel complessivo importo di lire 27.804.700 pari a euro 14.359,92, per cui la quota al medesimo spettante era pari al 50% ed era quantificata nell'ammontare, già rivalutato, di euro 8.680,57. 2. - Avverso le predette decisioni propone ricorso per cassazione F.R. sulla base di nove motivi. Resiste con controricorso il Condominio di Via Palestro numero 9 in Roma. Motivi della decisione 1.1. - Il primo motivo, lamentando violazione e falsa applicazione dell'art. 343 cod. proc. civ. censura la decisione gravata che aveva dichiarato inammissibile l'appello quando esso era stato proposto tempestivamente venti giorni prima dell'udienza fissata ai sensi dell'art. 168 bis quinto comma cod. proc. civ. 1.2. - Il motivo è fondato Deve ritenersi tempestivo l'appello incidentale proposto con comparsa depositata assumendo a parametro temporale di riferimento per il rispetto del termine decadenziale dei venti giorni prima non già la data fissata nell'atto di appello, ma quella alla quale sia stata differita quando il differimento sia avvenuto nell'esercizio del potere attribuito dal quinto comma dell'art. 168 bis cod. proc. civ., secondo quanto previsto dall'art. 166 cod. proc. civ. - richiamato dall'art. 343 cod. proc. civ. - per la costituzione del convenuto Cass. 9351/2003 8897/2005 . Nella specie, gli appelli incidentali erano stati proposti nel termine di venti giorni prima della data alla quale l'udienza era stata differita 13 giugno 2002 dal Presidente della Corte di appello in virtù del potere di cui alla citata norma. 2. - Il secondo motivo, lamentando violazione e falsa applicazione degli artt. 345 e 346 cod. proc. civ., censura la sentenza che aveva posto a base della decisione una domanda proposta per la prima volta in sede di gravame, con il quale il Condominio aveva chiesto il rigetto della domanda di risarcimento dei danni invocando i pagamenti effettuati, fra l'altro relativi ad altro giudizio, mentre la domanda di primo grado era stata rinunciata perché non riproposta in appello. 3. - Il terzo motivo denuncia la nullità della sentenza e del procedimento in relazione agli artt. 51, 158, 168 cod. proc. civ e 36 disp. att. per omesso inserimento nel fascicolo di ufficio della istanza di astensione dei magistrati componenti il primo Collegio che aveva deciso la sentenza non definitiva, trattandosi di atto che ineriva alla regolare costituzione del giudice. 4. - Il quarto motivo violazione e falsa applicazione di norme processuali, in relazione agli artt. 75, 100, 156 e 324 cod. proc. civ. censura la sentenza impugnata laddove con motivazione incomprensibile aveva disatteso la eccezione circa la regolare costituzione dei difensori del Condominio nel giudizio primo grado e non aveva verificato la costituzione dell'amministratore in quello di appello, atteso che mancavano agli atti il verbale assembleare di nomina del soggetto che aveva materialmente sottoscritto il mandato difensivo conferito in primo grado al difensore del Condominio e di autorizzazione all'amministratore per proporre l'appello. 5. - Il quinto motivo, lamentando violazione e falsa applicazione degli artt. 345 3 346 cod. proc. civ., censura la sentenza che aveva posto a base della decisione una domanda proposta per la prima volta in appello laddove era stata chiesta la declaratoria di pagamenti effettuati a vario titolo a favore degli attori. 6. - Il sesto motivo, lamentando violazione e falsa applicazione degli artt. 356, 359 e 184 cod. proc. civ., censura la sentenza che aveva consentito il deposito dell'originale sottoscritto della transazione conclusa dagli eredi di P.R., nonostante che la parte fosse ormai decaduta, posto che nel termine perentorio assegnato in precedenza era stato depositato soltanto una copia non sottoscritta del documento. 7.- Il settimo motivo violazione e falsa applicazione dell'art. 2729 cod. civ., erronea e contraddittoria motivazione , denuncia l'erronea valutazione del contenuto della transazione conclusa nel 1996 da F.R. con il Condominio . 8. - L'ottavo motivo denuncia la nullità della transazione conclusa nel 2005, nella quale era coinvolto l'interesse di un minore, senza la preventiva autorizzazione del giudice tutelare. 9. - Il nono motivo denuncia il vizio di extrapetizione della sentenza che aveva rilevato di ufficio la natura non solidale dell'obbligazione posta a carico del Condominio l'obbligazione, avendo a oggetto un immobile in comproprietà, era indivisibile e doveva essere necessariamente solidale la transazione non ha effetto nei confronti degli altri creditori se questi non ne vogliano approfittare. 10. - Va esaminato il quarto motivo che ha priorità logico giuridica rispetto agli altri. Il motivo è fondato nei limiti in cui si dirà. a Nelle controversie non rientranti tra quelle che può autonomamente proporre ai sensi del primo comma dell'art. 1131 cod. civ. l'amministratore di condominio non è, legittimato a resistere in giudizio per il condominio senza autorizzazione dell'assemblea, atteso che ratio del secondo comma dello stesso art. - che consente di convenire in giudizio l'amministratore per qualunque azione concernente le parti comuni dell'edificio - è soltanto quella di favorire il terzo il quale voglia iniziare un giudizio nei confronti del condominio, consentendogli di notificare la citazione al solo amministratore anzichè citare tutti i condomini, mentre nulla, nella stessa norma, giustifica la conclusione secondo cui l'amministratore sarebbe anche legittimato a resistere in giudizio senza essere a tanto autorizzato dall'assemblea Cass. 22294/2004 . D'altra parte, l'amministratore del condominio, nelle materie che esorbitano dalle sue attribuzioni, può costituirsi in giudizio e impugnare la sentenza sfavorevole senza la preventiva autorizzazione dell'assemblea, ma deve, in tale ipotesi, ottenere la necessaria ratifica del suo operato da parte dell'assemblea stessa, per evitare la pronuncia di inammissibilità dell'atto di costituzione ovvero di impugnazione Cass. 18331/2010 . b Nella specie, dagli atti non risulta la delibera dell'assemblea del Condominio di conferimento all'amministratore dell'incarico di costituirsi e resistere nel giudizio di primo grado né quella che lo autorizzava a proporre appello nella controversia in esame, che ha a oggetto il risarcimento dei danni derivanti dalle cose comuni, si rendeva necessaria l'autorizzazione dell'assemblea che avrebbe dovuto deliberare circa le determinazioni da assumere sulla lite instaurata contro il Condominio, dovendo qui accennarsi che la deliberazione di autorizzazione o di ratifica dell'assemblea del condominio relativa alla costituzione dell'amministratore nel giudizio di cassazione, operando soltanto per la rispettiva fase del procedimento, non sana la mancanza della preventiva autorizzazione assembleare concernente l'appello formulato dallo stesso amministratore avverso la sentenza di primo grado Cass. 15838/2012 . Ciò posto, peraltro, occorre considerare che 1 per quanto riguarda la invalidità della costituzione nel giudizio di primo grado del Condominio, che nella specie è stata denunciata dalla controparte e non dal soggetto direttamente interessato al corretto esercizio del diritto di difesa, il ricorrente avrebbe dovuto dimostrare che la decisione assunta dal tribunale fosse stata condizionata dall'espletamento di attività difensive proposizione di eccezioni non rilevabili di ufficio articolazione e produzione di mezzi istruttori , che altrimenti non avrebbero potuto trovare ingresso nel processo e che fossero risultate decisive per l'esito del lite tale onere non è stato ottemperato, per cui la doglianza va disattesa. 2 deve, invece, ritenersi fondata la censura con la quale è stata dedotta la carenza di legittimazione processuale dell'amministratore relativamente alla proposizione dell'appello pertanto, la Corte di appello avrebbe dovuto dichiarare inammissibile l'appello principale del Condominio, atteso che sarebbe stata necessaria l'autorizzazione o la ratifica da parte dell' assemblea mentre, per quel che si è detto in occasione dell'esame del primo motivo, avrebbe dovuto esaminare quelli incidentali. 11. - Il secondo, il quinto, il sesto, il settimo, l'ottavo e il nono motivo sono assorbiti. 12. - Deve, infine, rigettarsi il terzo motivo. La richiesta di astensione di un componente del Collegio deve ritenersi nella specie del tutto irrilevante, non essendo stato dedotto che il magistrato avesse un interesse tale da fargli assumere la qualità di parte. Ed invero, va ricordato che l'inosservanza dell'obbligo dell'astensione determina la nullità del provvedimento adottato solo nell'ipotesi in cui il componente dell'organo decidente abbia un interesse proprio e diretto nella causa, tale da porlo nella veste di parte del procedimento in ogni altra ipotesi, invece, la violazione dell'art. 51 cod. proc. civ. assume rilievo solo quale motivo di ricusazione, rimanendo esclusa, in difetto della relativa istanza, qualsiasi incidenza sulla regolare costituzione dell'organo decidente e sulla validità della decisione, con la conseguenza che la mancata proposizione di detta istanza non determina la nullità del provvedimento S.U. 10071/201 26976/2011 12263/2009 . Le sentenze non definitiva e la definitiva vanno cassate in relazione ai motivi accolti va dichiarato ex art. 382 cod. pro civ., l'inammissibilità dell'appello proposto dal Condominio con rinvio, anche per le spese della presente fase, ad altra sezione della Corte di appello di Roma che dovrà decidere circa l'appello incidentale. P.Q.M. Accoglie il primo e il quarto motivo, per quanto in motivazione, del ricorso rigetta il terzo, assorbiti gli altri cassa le sentenze impugnate in relazione ai motivi accolti, dichiara inammissibile l'appello proposto dal Condominio e rinvia, anche per le spese della presente fase, ad altra sezione della Corte di appello di Roma per l'esame degli appelli incidentali.