Legittimo il rimborso delle spese legali in favore dell’amministratore assolto, ma solo dopo ...

Solo al verificarsi di tutti i presupposti di legge e nel momento in cui la richiesta di rimborso viene rivolta all’Ente dall’amministratore assolto, può ritenersi che sorga l’obbligo di rimborsare le spese legali sostenute. Prima di tale momento, manca il presupposto che caratterizza la formazione di un debito fuori bilancio, in quanto non è stata assunta, in violazione delle norme giuscontabili che regolano i procedimenti di spesa, alcuna obbligazione per il pagamento di una determinata somma di denaro da parte dell’Ente.

E’ quanto affermato dalla Corte dei Conti, sez. reg. controllo Vento, nel parere numero 334 del 7 novembre 2013. Il rimborso delle spese legali agli amministratori assolti. Il Sindaco del Comune di Comelico Superiore, in provincia di Belluno, chiede alla Corte dei conti se sia legittima, ed in base a quali condizioni, l’assunzione, a carico del bilancio dell’amministrazione, delle spese processuali, relative a giudizi penali promossi nei confronti di amministratori locali, che si siano conclusi con una sentenza di assoluzione. Inoltre, viene chiesto di sapere se, al fine di far fronte all’eventuale rimborso delle spese processuali, sia consentito al Comune di procedere al riconoscimento di debiti fuori bilancio, ai sensi dell’articolo 194, D.lgs. numero 267/2000. La disciplina vigente per i pubblici dipendenti. Attualmente, non esiste un quadro normativo di riferimento, che abbia come esplicito oggetto le spese legali sostenute dagli amministratori locali, che siano stati eventualmente coinvolti in procedimenti giurisdizionali a loro carico, anche se con esito assolutorio. Non esiste, quindi, alcuna disposizione normativa che obblighi l’ente locale al pagamento delle spese processuali sostenute dai medesimi amministratori locali. La situazione è, invece, completamente diversa per i dipendenti pubblici per i quali l’articolo 67, Dpr numero 268/1987 dispone chiaramente che «l’ente, anche a tutela dei propri diritti e interessi, ove si verifichi l’apertura di un procedimento di responsabilità civile o penale nei confronti di un suo dipendente per fatti o atti connessi all’espletamento del servizio e all’adempimento dei compiti d’ufficio, assumerà a proprio carico, a condizione che non sussista un conflitto di interessi, ogni onere di difesa, sin dall’apertura del procedimento, facendo assistere il dipendente da un legale di comune gradimento e, in caso di sentenza di condanna esecutiva, per fatti commessi con dolo o colpa grave, l’ente ripeterà dal dipendente tutti gli oneri sostenuti per la sua difesa in ogni grado di giudizio». Inoltre, è necessario rammentare che lo stesso articolo 28 del Ccnl, comparto Regioni-Enti Locali del 14 settembre 2000 ha affermato quanto sostanzialmente già stabilito dalla norma ora richiamata. La disciplina vigente per i pubblici amministratori. Invero, per quanto concerne il diritto al rimborso delle spese legali degli amministratori, sussiste una sola e limitata disciplina, contenuta nell’articolo 3, comma 2-bis, d.l. numero 543/1996, convertito nella legge numero 639/1996, solo per i giudizi innanzi alla Corte dei Conti conclusisi con definitivo proscioglimento. Tuttavia, si ribadisce, non sussiste alcun’altra disposizione normativa, che sancisca tale diritto anche in relazione ai giudizi civili e penali. Ad ogni modo, la possibilità di accordare anche agli amministratori locali la rimborsabilità delle spese processuali, alla stregua della parificazione, ai predetti fini, degli amministratori ai pubblici impiegati è stata reiteratamente sostenuta a partire dalla pronuncia delle Sezioni Riunite numero 501/1986, in cui si affermava espressamente l’equiparazione fra gli amministratori ed i dipendenti, ritenendo così estensibile anche ai primi la specifica normativa dettata per i secondi, cui si conformavano le pronunce successive. Precisamente, una parte della giurisprudenza qualifica il diritto al rimborso delle spese legali da parte dell’ente locale quale principio di carattere generale dell’ordinamento amministrativo. Quindi, ha ritenuto possibile effettuare un’applicazione estensiva dell’articolo 67, Dpr numero 268/1987 anche nei confronti degli stessi amministratori degli enti locali Corte conti, sez. giur. reg. Lombardia, numero 641/2005 Corte conti, sez. giur. reg. Liguria, numero 636/2008 . Altro indirizzo giurisprudenziale, partendo dal presupposto che la disciplina, di cui all’articolo 67, Dpr numero 268/1987, prevista per i soli dipendenti locali, non può essere estesa agli amministratori, in quanto norma oggettivamente ben delineata e ispirata alla ratio dei contratti collettivi in materia di rapporto di lavoro pubblico, ha ricondotto in via analogica il caso del rimborso delle spese legali agli amministratori locali alla disciplina del mandato, prevista dall’articolo 1720 c.c. Cons. Stato numero 1713/2011 Cass. numero 478/2006 . La legittimità del rimborso. La Corte dei conti del Veneto è pienamente consapevole del dibattito giurisdizionale in corso ed, aderendo al secondo orientamento, evidenzia che l’Ente locale deve attentamente valutare, con prudente apprezzamento, se, nella concreta fattispecie, ricorrano i presupposti per poter procedere al rimborso delle spese legali nei confronti dei propri Amministratori. Quindi, il Comune dovrà attentamente se, nel caso concreto, sussistono i seguenti presupposti generali di rimborso a i fatti attribuiti, quale addebito in sede giudiziaria, devono essere riconducibili all'amministrazione di appartenenza e, dunque, devono essere stati compiuti nell'assolvimento dei propri compiti istituzionali b il procedimento giudiziario deve essersi concluso con una sentenza di assoluzione c non deve sussistere alcun conflitto d'interessi tra l'attività dell'amministrazione e l'attività posta in essere dall’amministratore d il legale deve essere stato scelto, preventivamente, di comune gradimento e deve essere assente qualsivoglia dolo o colpa grave dell’amministratore. Non si configura un debito “fuori bilancio”. Per quanto concerne la presunta necessarietà di procedere al riconoscimento di un debito fuori bilancio, in ragione del fatto che, come riportato in sede di quesito, “l'amministrazione comunale non ha dato incarico ai legali e non ha proceduto all'assunzione di idoneo impegno di spesa”, i giudici contabili veneti affermano che «qualora, quindi, l’Ente dovesse accertare che ricorrono tutti i presupposti che legittimano il diritto al rimborso delle spese legali per i propri Amministratori assolti, potrà procedere al relativo pagamento, seguendo, non la procedura di riconoscimento dei debiti fuori bilancio, ma il procedimento di spesa ordinario previsto negli articoli 182-185 e 191 del D.Lgs numero 267/2000».

Corte dei Conti, sez. reg. controllo Vento, parere 6 - 7 novembre 2013, numero 334 Presidente Iafolla - Relatore Brandolini Fatto Il Sindaco del Comune di Comelico Superiore BL , con la suindicata richiesta, presentata ai sensi dell’articolo 7, comma 8, della legge 5 giugno 2003, numero 131, ha posto alla Sezione un articolato e complesso quesito in materia di rimborso delle spese legali sostenute da Amministratori locali nell’ambito di procedimenti giudiziali penali, instaurati per fatti connessi all’esercizio delle proprie funzioni e definiti con sentenza di assoluzione. Premesso che & lt la materia dell’assunzione da parte degli enti locali delle spese legali sostenute dai propri dipendenti per procedimenti civili e penali promossi nei loro confronti è attualmente regolata dall’articolo 28 del C.C.N.L. per il personale del Comparto delle Regioni e delle Autonomie Locali del 14.09.200 mentre per quanto concerne il diritto al rimborso delle spese legali degli amministratori la relativa disciplina è contenuta nell’articolo 3, comma 2bis, del d.l. numero 543/1996, convertito nella L. 20.12.1996, numero 639 limitatamente ai giudizi innanzi alla Corte dei Conti conclusisi con definitivo proscioglimento, non sussistendo nessun’altra disposizione normativa che sancisca detto diritto anche in relazione ai giudizi civili e penali& gt il predetto Sindaco richiamava l’orientamento giurisprudenziale affermato dai Giudici contabili ex multis Corte dei conti, Sez. Giurisd. Liguria, sent. numero 636 del 29.10.2008 Sez. Giurisd. Lombardia, sent. numero 641 del 19.10.2005 in base al quale deve ritenersi conforme a legge il rimborso delle spese legali anche per gli amministratori, in forza di una asserita estensibilità in via analogica della richiamata previsione contrattuale propria dei dipendenti pubblici in considerazione, anche, del loro status di pubblici funzionari. Rappresentato tuttavia che, sul punto, è intervenuta la recente sentenza numero 165 del 15.10.2012, emessa dalla Sezione Giurisdizionale della Corte dei conti per la Basilicata, che ha escluso la legittimità dell’assunzione a carico del bilancio comunale del rimborso delle spese legali in favore di un amministratore dovendosi escludere una interpretazione estensiva della richiamata disciplina pattizia, poiché gli accordi collettivi, in virtù dei criteri di ermeneutica negoziale, si applicano soltanto nei confronti dei lavoratori in essi contemplati, come peraltro già affermato anche dalla Sezione Giurisdizionale Veneto con sentenza numero 647 del 02.10.2011, sottoponeva alla Sezione i seguenti quesiti & lt 1 se sia legittima e a quali condizioni l’assunzione, a carico del bilancio delle amministrazioni, delle spese processuali relative a giudizi penali promossi nei confronti di amministratori locali, che si siano conclusi con sentenza di assoluzione 2 se il suddetto rimborso debba ricomprendere tutte le spese legali sopportate dagli amministratori relativamente a tutti gli eventuali gradi di giudizio in cui lo stesso si articoli, ancorché nei gradi, o in alcuni di essi, precedenti alla sentenza di definitiva assoluzione i medesimi amministratori siano stati ritenuti colpevoli dei reati loro ascritti e conseguentemente condannati ovvero se, per converso, sia ritenuto lecito il rimborso delle spese legali relative ai soli gradi di giudizio in cui gli amministratori abbiano conseguito una sentenza piena di assoluzione 3 se sia legittimo il suddetto rimborso e a quali condizioni anche in caso di mancata sottoposizione della scelta del legale incaricato della difesa in giudizio al previo assenso dell’amministrazione 4 se, per far fronte all’eventuale rimborso delle spese processuali sostenute dagli amministratori, sia consentito agli enti locali di procedere al riconoscimento di debiti fuori bilancio ai sensi dell’articolo 194 del D.lgs numero 267/2000 ed, in caso affermativo, a quale delle fattispecie enucleate nelle lettere da a ad e del comma 1 del citato articolo 194 T.U. Enti locali sia consentito ascrivere quella in questione& gt . Ritenuto in Diritto I. Ammissibilità della richiesta Preliminare all’esame nel merito della questione sottoposta al vaglio della Sezione è la verifica della sussistenza, in specie, dei presupposti, soggettivi ed oggettivi, per l’ammissibilità del richiesto parere. La Sezione deve, in altri termini, verificare e valutare la sussistenza, nel caso al suo esame, dei presupposti legittimanti l’esame nel merito dei quesiti posti ossia la concomitante sussistenza dei requisiti soggettivi legittimazione alla richiesta e oggettivi della richiesta. In relazione a tale ultimo presupposto, si evidenzia che ai fini dell’ammissibilità oggettiva della richiesta formulata devono sussistere contestualmente le seguenti condizioni il quesito deve rientrare esclusivamente nella materia della contabilità pubblica posto che qualsiasi attività amministrativa può avere riflessi finanziari e, quindi, ove non si adottasse una nozione strettamente tecnica di detta nozione, si incorrerebbe in una dilatazione tale dell’ambito oggettivo della funzione consultiva da rendere le Sezioni Regionali di Controllo della Corte dei conti, organi di consulenza generale dell’amministrazione pubblica il quesito deve avere rilevanza generale, non deve implicare valutazioni di comportamenti amministrativi o di fatti già compiuti né di provvedimenti formalmente adottati ma non ancora eseguiti e non deve creare commistioni con le funzioni di controllo e giurisdizionali esercitate dalla Corte. Occorre, in sostanza, accertare se la richiesta di parere sia riconducibile alla materia della contabilità pubblica, se sussistano o meno i requisiti di generalità ed astrattezza, se il quesito implichi o meno valutazioni inerenti i comportamenti amministrativi da porre in essere ed occorre, altresì, verificare se l’oggetto del parere riguardi o meno indagini in corso della Procura regionale od eventuali giudizi pendenti innanzi alla Sezione giurisdizionale regionale della Corte dei conti, ovvero presso la magistratura penale, civile o amministrativa. In relazione ai predetti presupposti si richiamano l’atto di indirizzo approvato dalla Sezione delle Autonomie nell’adunanza del 27 aprile 2004, la deliberazione numero 5/AUT/2006 emessa dalla Sezione delle Autonomie del 10 marzo 2006 e la deliberazione numero 54/CONTR/2010 emessa dalle Sezioni Riunite della Corte dei conti in sede di Controllo, intervenute sulla questione nell’esercizio della funzione di orientamento generale assegnata dall’articolo 17, comma 31, del decreto-legge 1 luglio 2009, numero 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, numero 102, le quali hanno ulteriormente precisato che l’articolo 7, comma 8, della legge numero 131/2003. Con il primo dei sopra richiamati atti sono stati individuati i soggetti legittimati alla richiesta, l’ambito oggettivo della funzione, l’ufficio competente a rendere il parere, a seconda del carattere generale o locale dello stesso, il procedimento per l’esercizio della funzione e la tempistica mentre con le seconde le deliberazioni è stata definita la nozione di contabilità pubblica strumentale alla funzione consultiva posto che alle Sezioni regionali di controllo non è stata attribuita una funzione di consulenza di portata generale, bensì limitata unicamente alla “materia di contabilità pubblica”. Nello specifico è stato precisato che la nozione di contabilità pubblica, strumentale alla funzione consultiva, non può che assumere un “ambito limitato alla normativa e ai relativi atti applicativi che disciplinano, in generale, l’attività finanziaria che precede o che segue i distinti interventi di settore, ricomprendendo in particolare la disciplina dei bilanci e i relativi equilibri, l’acquisizione delle entrate, l’organizzazione finanziaria-contabile, la disciplina del patrimonio, la gestione delle spese, l’indebitamento, la rendicontazione e i relativi controlli” Sez. Autonomie, deliberazione numero 5/AUT/2006 e che detta nozione, se anche deve intendersi “in continua evoluzione in relazione alle materie che incidono direttamente sulla sana gestione finanziaria dell’Ente e sui pertinenti equilibri di bilancio”, non può ampliarsi a tal punto da ricomprendere qualsivoglia attività degli Enti che abbia, comunque, riflessi di natura finanziaria, comportando, direttamente o indirettamente, una spesa, con susseguente fase contabile attinente all’amministrazione della stessa ed alle connesse scritture di bilancio SS.RR. deliberazione numero 54/CONTR/2010 . Si è precisato, altresì, che la funzione consultiva delle Sezioni regionali di controllo nei confronti degli Enti territoriali deve svolgersi anche in ordine a quesiti che risultino connessi alle modalità di utilizzo delle risorse pubbliche, nel quadro di specifici obiettivi di contenimento della spesa sanciti dai principi di coordinamento della finanza pubblica, e in grado di ripercuotersi direttamente sulla sana gestione finanziaria dell’Ente e sui pertinenti equilibri di bilanci. Ciò doverosamente premesso e precisato, la Sezione può ora procedere al vaglio della richiesta del Sindaco del Comune di Comelico Superiore BL . II.1. Ammissibilità soggettiva In relazione alle condizioni soggettive la richiesta, formulata, ai sensi dell’articolo 50 del T.U.E.L., dall’organo politico di vertice e rappresentante legale della Comune di Comelico Superiore, è da ritenersi ammissibile. II.2. Ammissibilità oggettiva La richiesta del Sindaco del Comune di Comelico Superiore, nella sua complessa articolazione, concerne, essenzialmente l’interpretazione o, meglio, l’applicazione in via estensiva del quadro ordinamentale di riferimento - in particolare l’articolo 28 del C.C.N.L. del 14 settembre 2000 e in precedenza, in termini pressoché analoghi, l’articolo 16 del d.P.R. 1 giugno 1979, numero 191, l’articolo 22 del d.P.R. 25 giugno 1983, numero 347 e l’articolo 67 del d.P.R. 13 maggio 1987, numero 268 che regola a tutt’oggi per gli Enti Locali la delicata materia del rimborso delle spese legali sostenute dai propri dipendenti per la difesa in giudizio inerenti a fatti commessi nell’esercizio delle proprie funzioni -, anche agli amministratori dei predetti Enti, alla luce di orientamenti giurisprudenziali non univoci quesito numero 1 . I successivi tre quesiti sono direttamente collegati alla risoluzione positiva del primo e riguardano sostanzialmente i limiti del suddetto rimborso agli Amministratori e le modalità operative per farvi fronte. Si richiede, altresì, di conoscere se l’eventuale rimborso possa essere collocato contabilmente nell’alveo dell’istituto di riconoscimento di legittimità dei debiti fuori bilancio e con quali modalità. La richiesta è solo parzialmente ammissibile. Sussiste in specie l’attinenza dei quesiti alla materia della contabilità pubblica. I quesiti, così come formulati hanno, infatti, diretta attinenza alla corretta gestione del bilancio dell’ente locale, posto che le “spese legali”, qualora sostenute dall’ente, rappresentano degli “elementi negativi” del conto economico cfr. Sez. Controllo Veneto, deliberazione numero 245/2012/PAR Sez. Controllo Abruzzo, deliberazione 15/2013/PAR Sez. Liguria, deliberazione numero 1/2005/Cons. ed, inoltre, i prospettati problemi interpretativi attengono comunque, nel complesso, alla disciplina sul contenimento e sull’equilibrio della spesa pubblica, annoverabile tra le materie di contabilità pubblica cfr. Sezione Controllo Veneto, deliberazioni nnumero 49, 172, 227 del 2010 . Questo rende la questione riconducile all’ambito della tutela degli equilibri di bilancio e, più in generale, di contenimento della spesa pubblica in termini, Sez. Controllo Veneto, del. 245/2012/PAR . Sotto tale profilo, pertanto, la richiesta formulata dal predetto Sindaco è da ritenersi ammissibile. Sussiste solo in parte, invece, il carattere generale ed astratto dei quesiti prospettati, in particolare di quello principale ossia il primo inerente alla legittimità dell’assunzione a carico del bilancio delle amministrazioni, delle spese processuali relative a giudizi penali promossi nei confronti di amministratori locali, conclusi con sentenza assolutoria. Si osserva, infatti, che lo stesso richiederebbe alla Sezione di fornire istruzioni puntuali finalizzate a supportare comportamenti amministrativi e gestionali dell’Ente istante e, pertanto, una attività che esula dall’ambito più specificamente consultivo attribuito alle Sezioni di controllo della Corte dei conti e che, in ogni caso, contrasta con il carattere di generalità ed astrattezza, sottolineato dalla richiamata deliberazione 24 aprile 2004 della Sezione delle autonomie della stessa Corte, al fine di escludere un’ingerenza della Corte nella concreta attività dell’Ente ed una compartecipazione all’amministrazione attiva cfr. ex multis Corte dei conti, Sez. reg. contr. Piemonte, 24 luglio 2008, par. 21/2008 Sez. Controllo Veneto, 8 febbraio 2012, numero 184 riferendosi, peraltro, a vicende sulle quali si sono già pronunciati altri plessi giurisdizionali, ove già concluse, o potrebbero ancora intervenire, nell’ambito delle rispettive competenze, altri organi giudiziali quali le Procure e le Sezioni Giurisdizionali di questa Corte, ove ancora in itinere, cfr. Sez. Controllo Veneto, deliberazione numero 192/2009/PAR numero 149/2009/PAR . Ciò decreterebbe la inammissibilità oggettiva della richiesta. Tuttavia, essendo la stessa finalizzata ad & lt assicurare la migliore, ragionevole ed imparziale amministrazione delle risorse economiche dell’Ente& gt pag. 2 della richiesta , la Sezione ritiene di poter fornire il proprio apporto collaborativo all’Ente istante attraverso una delibazione atta ad individuare unicamente ed astrattamente i presupposti ed i limiti entro i quali la PA può e deve assumere a proprio carico le spese di giudizio. Ciò sostanzialmente significa che la Sezione ritiene di potersi esprimersi solo attraverso il richiamo dei principi generali che vengono in considerazione in tema di rimborso spese legali, ed ai quali l’Amministrazione comunale potrà riferirsi nell’assumere le determinazioni di sua competenza, rientrando la scelta delle modalità concrete, con le quali applicare la normativa in materia, nell’ambito dell’esercizio della discrezionalità amministrativa dell’amministrazione comunale. Alla luce delle suesposte considerazioni, la richiesta di parere in esame risulta ammissibile sotto il profilo soggettivo mentre sotto il profilo oggettivo, stante la rappresentata parziale ammissibilità dello stesso, viene reso solo entro i limiti sopra rappresentati. Merito III. Profili generali sulla tutela legale dei dipendenti pubblici Si premette che sul tema della tutela legale dei dipendenti pubblici in generale, che si basa essenzialmente o nelle forme della tutela preventiva assistenza legale da parte dell’Ente al proprio dipendente sin dall’inizio del procedimento oppure di quella successiva rimborso ex post ad esito favorevole del procedimento , la Corte dei conti si è già soffermata, sia in sede consultiva cfr. Sez. Controllo Veneto, deliberazione numero 184/2012/PAR, numero 245/2012/PAR, numero 11/2006/CONS Sez. Controllo Lombardia deliberazione numero 56/2010/PAR, numero 804/PAR/2010 Sez. Controllo Abruzzo, deliberazione 15/2013/PAR Sez. Liguria, deliberazione numero 1/2005/Cons che in sede giurisdizionale cfr. SS.RR. decisione numero 707/A del 5/4/1991, numero 501 del 18.06.1986, numero 3/2008/SR/QM del 25.06.2008 Sez. II Centrale d’Appello, sentenza numero 141 del 15.07.1985, numero 522 del 9 dicembre 2010 Sez. Giur. Veneto, sentenza numero 647 del 13.07.2011, Sez. Giur. Basilicata, sentenza numero numero 165 del 15 ottobre 2012 Sez. Giur. Puglia, sentenza numero 787 del 14 giugno 2012 Sez. Giur. Lombardia sentenza numero 641 del 19 ottobre 2005 Sez. Giur. Abruzzo sentenza numero 274/2005 e numero 294/2003 C.G.A. Sicilia in sede giurisdizionale, sent. numero 316/2011 . Sull’argomento significativi orientamenti pervengono anche dalla Suprema Corte di Cassazione cfr. Cass. SS.UU, sentenza numero 10680/1994, Cass. sentenze nnumero 12645/2010, 10052/2008, 3216/87, 6676/86, 5726/85, 7519/83 nonché dalla Magistratura Amministrativa T.A.R. Puglia Bari, II, 18 marzo 2004 numero 1390 T.A.R. Sicilia, 3 febbraio 2005, numero 128 Consiglio di Stato comm. Specomma 6 maggio, numero 4/96/1996 Consiglio di Stato Sez. VI, numero 5367/2004 Consiglio di Stato Sez. V, sentenza numero 2242/2000, Sez. III, parere numero 792/2004 . Va, poi, ulteriormente rilevato come nell’ordinamento risultino da tempo disposizioni che prevedono, in diversi modi, l’assunzione o il rimborso da parte delle amministrazioni delle spese sostenute dai propri dipendenti nei giudizi in cui i dipendenti stessi sono coinvolti per fatti connessi al servizio ex multis, articolo 19 del d.P.R. numero 509/1979 sul personale degli enti pubblici di cui alla legge numero 70 del 1975, articolo 39 della L.R. Sicilia numero 145/1980, articolo 67 del d.P.R. numero 268/1987 sui dipendenti degli enti locali, articolo 41 del d.p.r. numero 270/1987 sul personale del Servizio Sanitario Nazionale, articolo 1 della L.R. Piemonte numero 21/1989, articolo 20 del d.P.R. numero 335/1990 sui dipendenti delle Aziende e Amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, articolo 89 della L.R. Veneto numero 12/1991, articolo 51 della L.R. Sardegna numero 8/1997 ed altre , come sia univocamente ritenuta l’esistenza di un “vero e proprio valore fondamentale accolto dall’ordinamento unitariamente inteso”, per il quale “non solo nei rapporti privati, ma anche in quelli pubblici, chi agisce per un interesse non proprio, in quanto legittimamente investito del compito di realizzare interessi estranei alla sua sfera individuale di un altro soggetto, di un gruppo organizzato, o di altro centro di imputazione giuridica non deve sopportare nella sua sfera personale gli effetti svantaggiosi di questa attività, bensì deve essere tenuto indenne sia delle spese sostenute sia dei danni subiti per la fedele esecuzione del suo compito” Corte dei conti, SS.RR. numero 707/A/1991 cfr. Consiglio di Stato V Sezione numero 1392/1993, Commissione speciale numero 4/1996, III Sezione numero 903/1998, V Sezione numero 2242/2000, VI Sezione numero 5367/2004, IV Sezione numero 1681/2007 e come, a tal fine, siano stati richiamati, tra gli altri, anche l’articolo 1720, comma 2, del codice civile, che assicura al mandatario il risarcimento dei danni subiti “a causa” dell’incarico ricevuto e l’articolo 2031 c.c., che prevede l’obbligo dell’interessato di rimborsare al gestore le spese necessarie o utili. La giurisprudenza ha, altresì, precisato che, ai fini del rimborso in questione, non è superabile “il limite costituito dal positivo e definitivo accertamento della mancanza di responsabilità dei soggetti che hanno sostenuto le spese legali” cfr. Consiglio di Stato V Sezione numero 2242/2000 numero 498/1994, III Sezione numero 332/2003, VI Sezione numero 7660/2004 . In questo contesto si inserisce anche il comma 2 bis dell’articolo 3 del d.l. numero 543/1996, aggiunto dalla legge di conversione numero 639/1996, il quale ha stabilito che “in caso di definitivo proscioglimento ai sensi di quanto previsto dal comma 1 dell’articolo 1 della legge 14 gennaio 1994, numero 20, come modificato dal comma 1 del presente articolo, le spese legali sostenute dai soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti sono rimborsate dalla amministrazione di appartenenza” nonché l'articolo 18, comma 1, del decreto legge 25 marzo 1997 numero 67, convertito dalla legge 23 maggio 1997 numero 137 in virtù del quale “le spese legali relative a giudizi per responsabilità civile, penale e amministrativa, promossi nei confronti di dipendenti di amministrazioni statali in conseguenza di fatti ed atti connessi con l'espletamento del servizio o con l'assolvimento di obblighi istituzionali e conclusi con sentenza o provvedimento che escluda la loro responsabilità, sono rimborsate dalle amministrazioni di appartenenza nei limiti riconosciuti congrui dall'Avvocatura dello Stato. Le amministrazioni interessate, sentita l'Avvocatura dello Stato, possono concedere anticipazioni del rimborso, salva la ripetizione nel caso di sentenza definitiva che accerti la responsabilità” per entrambe le disposizioni testè citate, l'articolo 10 bis, comma 10, del decreto legge 30 settembre 2005 numero 203, convertito dalla legge 2 dicembre 2005 numero 248 ha fornito un'interpretazione autentica, stabilendo che ai fini del rimborso la condizione richiesta è quella che vi sia una pronuncia di proscioglimento nel merito . Da tale rassegna di norme emergono i tratti caratterizzanti che per legge costituiscono i requisiti di legittimità di un provvedimento di spesa in tale materia, presupposti che si atteggiano in modo diverso a seconda del comparto pubblico interessato. Con particolare riferimento agli enti locali, è stato previsto il diritto dei dipendenti, sottoposti a procedimenti giudiziari per fatti connessi all’esercizio delle particolari mansioni loro affidate, di ottenere, da parte dell’ente di appartenenza, il rimborso delle spese legali sostenute articolo 19 d.P.R. 16.10.1979 numero 509 . Il legislatore, agli articolo 22 d.P.R. 25 giugno 1983, numero 347 ed articolo 67 d.P.R. 13 maggio 1987 numero 268, ha poi previsto l’obbligo per la P.A. di appartenenza di assumere, a proprio carico, la difesa del dipendente coinvolto in procedimenti di responsabilità civile o penale, “sin dall’apertura del procedimento” ed “in ogni stato e grado del giudizio”, a condizione che non sussista conflitto di interessi. È stato, quindi, aggiunto, al secondo comma dell’articolo 67 d.P.R. 268/1987 l’inciso “In caso di sentenza di condanna esecutiva per fatti commessi con dolo o con colpa grave, l’ente ripeterà dal dipendente tutti gli oneri sostenuti per la sua difesa in ogni grado di giudizio”. Pertanto, secondo un regime solo parzialmente diverso da quello previsto per gli impiegato dello Stato e fermo restando il presupposto della mancanza di un conflitto di interesse, la cui previsione impone all'amministrazione di effettuare una preventiva valutazione finalizzata ad accertarne l'inesistenza, l'Ente Locale può direttamente sobbarcarsi le spese per la difesa del dipendente sottoposto ad un “procedimento” civile, contabile o penale, ma previo assenso dello stesso diversamente, qualora l'interessato voglia tutelarsi con il ministero di un legale di fiducia, i relativi oneri restano carico del dipendente il quale solo nel caso di una “conclusione favorevole del procedimento”, potrà esercitare il diritto al rimborso Corte dei conti, Sez. II Giur. Centrale d’Appello, sent. numero 522 del 9 dicembre 2010 . Ciò doverosamente premesso, passando alla disamina nel merito dei quesiti formulati dal Sindaco del Comune di Comelico Superiore, la Sezione osserva quanto segue. III.1. Quesito numero 1 legittimità del rimborso delle spese legali all’amministratore locale Con il primo quesito il Sindaco richiedente chiede di conoscere se sia legittima e a quali condizioni l’assunzione, a carico del bilancio delle amministrazioni, delle spese processuali relative a giudizi penali promossi nei confronti di Amministratori locali, che si siano conclusi con sentenza di assoluzione. Si osserva che non sussiste normativa di riferimento sul punto specifico. La normativa esistente concerne, infatti, solo i dipendenti dell’Ente Locale e nulla prevede per gli Amministratori locali. Questi ultimi sono individuati e definiti all’articolo 77 TUEL e sono i Sindaci, anche metropolitani, i Presidenti delle Province, i Consiglieri dei Comuni anche Metropolitani e delle Province, i componenti delle Giunte comunali, metropolitane e provinciali, i Presidenti dei Consigli comunali, metropolitani e provinciali, i Presidenti, i Consiglieri e gli Assessori delle Comunità montane, i Componenti degli organi delle Unioni di Comuni e dei Consorzi fra Enti Locali, componenti degli organi di decentramento. Stante l’assenza di una normativa specifica, si è molto dibattuto in dottrina e in giurisprudenza ed il dibattito non è ancora giunto a conclusioni univoche sulla possibilità o meno che, al pari del dipendente, anche l’Amministratore possa, in presenza di tutti i presupposti di legge che, in analoga situazione, consentirebbe il patrocinio o il rimborso delle spese legali in favore del dipendente, essere ammesso al patrocinio o al rimborso delle medesime spese. Come già evidenziato, con riferimento agli enti locali, la materia è regolata dall’articolo 22 del D.P.R. del 25 giugno 1983, numero 347, dall’articolo 67 del D.P.R. 13 maggio 1987, numero 268 e dall’articolo 28 del CCNL per il personale delle Regioni e delle Autonomie Locali del 14 settembre 2000. In particolare l'articolo 67 del D.P.R. numero 268/1987, dispone che “l’ente, anche a tutela dei propri diritti e interessi, ove si verifichi l’apertura di un procedimento di responsabilità civile o penale nei confronti di un suo dipendente per fatti o atti connessi all’espletamento del servizio e all’adempimento dei compiti d’ufficio, assumerà a proprio carico, a condizione che non sussista conflitto di interessi, ogni onere di difesa, sin dall’apertura del procedimento, facendo assistere il dipendente da un legale di comune gradimento e, in caso di sentenza di condanna esecutiva, per fatti commessi con dolo o colpa grave, l’ente ripeterà dal dipendente tutti gli oneri sostenuti per la sua difesa in ogni grado di giudizio” . A sua volta l'articolo 28 del C.C.N.L. del 14 settembre 2000 stabilisce, che “il Comune, a tutela dei propri diritti e interessi, ove si verifichi l’apertura di un procedimento di responsabilità civile o penale nei confronti di un suo dipendente per fatti o atti direttamente connessi all’espletamento del servizio e all’adempimento dei compiti d’ufficio, assumerà a proprio carico, a condizione che non sussistita conflitto di interessi, ogni onere di difesa sin dall’apertura del procedimento, facendo assistere il dipendente da un legale di comune gradimento . In caso di sentenza di condanna esecutiva, per fatti commessi con dolo o colpa grave, l’ente ripeterà dal dipendente tutti gli oneri sostenuti dalla sua difesa ”. Come sottolineato da questa Sezione vedi deliberazioni numero 245/2012/PAR e numero 184/2012/PAR la portata delle richiamate disposizioni è stata poi specificata dal diritto pretorio che ha evidenziato, in proposito, come l’assunzione a carico dell’ente dell’onere relativo all’assistenza legale del dipendente e, per estensione giurisprudenziale, degli Amministratori , non sia automatico, ma resti subordinato al verificarsi di una serie di presupposti e di valutazioni, cui l’ente è tenuto anche ai fini di una trasparente, efficace ed economica gestione delle risorse pubbliche. Infatti, l’Amministrazione, nell’accollarsi l’onere qualora, non vi sia “conflitto con l’ente“ , è tenuta a verificare che la vicenda processuale non abbia esiti che possano ripercuotersi negativamente sui suoi interessi o sulla sua immagine pubblica per tale ragione la disciplina vigente stabilisce che il legale debba essere di “comune gradimento” di talchè si impone, nel caso di un procedimento civile o penale che coinvolga dipendenti o Amministratori dell’ente in relazione a fatti commessi nell’esercizio delle loro funzioni, un preventivo ruolo attivo dell’Amministrazione, evitando che l’intervento ex post si risolva in un’attività di rimborso priva di limiti. E’ stato, in proposito, precisato anche che, al fine della legittima ammissione alla fruizione delle condizioni di cui alla sopra richiamata normativa, occorre che sussista l’esigenza di tutela di interessi e di diritti facenti capo all’ente pubblico i fatti attribuiti al dipendente quale addebito in sede giudiziaria siano riconducibili all'amministrazione di appartenenza e, dunque, compiuti nell'assolvimento dei propri compiti istituzionali il procedimento giudiziario si sia concluso con una sentenza di assoluzione piena nel merito non sussista alcun conflitto d'interessi tra l'attività dell'amministrazione e l'attività posta in essere dal dipendente in adempimento ai compiti del suo ufficio. In proposito la giurisprudenza ha chiarito che non sussiste conflitto di interesse nel caso di assoluzione con la formula “il fatto non sussiste”, che esclude la materialità del fatto illecito, ovvero con la formula “l’imputato non lo ha commesso”, che esclude la riferibilità dell’illecito alla condotta del dipendente, così come in caso di accertamento di una causa oggettiva di esclusione del reato ex articolo 50-54 cp che elimina in radice l’antigiuridicità del fatto. Nel caso, invece, di assoluzione per “non doversi procedere” o di “estinzione del reato” ovvero per la presenza di una “causa personale di non punibilità” non può escludersi la sussistenza di una ipotesi di conflitto per cui l’Ente, nell’esercizio dei suoi poteri, è tenuto a valutare approfonditamente il caso, per stabilire se è riscontrabile o meno il paventato conflitto e se, quindi, è possibile o meno rimborsare le spese legali sostenute dal dipendente. Ugualmente è stato ritenuto che non esclude il conflitto di interesse l’assoluzione con la formula “il fatto non costituisce reato” e che anche in caso di archiviazione è necessario accertare se la stessa escluda ogni profilo di responsabilità del dipendente Ministero Interno, parere 21 aprile 2011 . Quanto ai fatti illeciti come la corruzione, il falso, l’abuso d’ufficio ecc., anche nel caso in cui venga meno la piena adesione del fatto all’ipotesi astratta di reato, poiché detti fatti illeciti non ledono solo norme penali, ma anche le norme proprie del rapporto di lavoro, prima fra tutte quelle che attengono all’obbligo di fedeltà e collaborazione, anche in caso di proscioglimento, gli stessi impongono sempre di stabilire se la condotta del dipendente abbia leso o meno i doveri di fedeltà e collaborazione. L’ente, infine, non sarà tenuto ad alcun rimborso in caso di proscioglimento dovuto ad amnistia, prescrizione, patteggiamento o oblazione in quanto istituti sono riconducibili ad un atto di volontà dell’interessato che avrebbe anche potuto rinunciare ad essi il legale sia stato scelto, preventivamente, di comune gradimento e sia assente qualsivoglia dolo o colpa grave del dipendente. Non è quindi sufficiente, ai fini dell’insorgenza del diritto al rimborso delle spese sostenute per l’assistenza processuale, che il processo penale per fatti connessi all’espletamento di compiti d’ufficio si sia concluso con l’assoluzione, ma occorre altresì l’insussistenza di interessi confliggenti tra l’amministratore e l’ente. Quindi, anche una condotta non sanzionabile penalmente può dare luogo ad un conflitto di interessi se posta in essere in violazione delle norme che regolamentano l’azione amministrativa. Ai fini della legittimità del rimborso, deve infatti poter essere esclusa una eventuale responsabilità di tipo disciplinare od amministrativo, per mancanze attinenti al compimento dei doveri dell’ufficio Cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza numero 7660 del 2004 , così come non devono emergere comportamenti illegittimi o inopportuni, che integrino una deviazione dal fine pubblico e siano pertanto connotati da eccesso di potere. III.1.1. Amministratori Locali La possibilità di accordare anche agli amministratori locali la rimborsabilità delle spese processuali, alla stregua della parificazione, ai predetti fini, degli Amministratori ai pubblici impiegati era stata reiteratamente sostenuta a partire dalla pronuncia delle Sezioni Riunite numero 501 del 18.06.1986 - in cui si affermava espressamente l’equiparazione fra gli Amministratori ed i dipendenti, ritenendo così estensibile anche ai primi la specifica normativa dettata per i secondi – cui si conformavano le pronunce successive. Si è, in proposito sostenuto che & lt è l'intento del legislatore di fornire sostegno finanziario ai dipendenti pubblici incolpevolmente coinvolti da vicende giudiziarie per ragioni di ufficio, in applicazione del principio fondamentale dell'ordinamento, secondo il quale chi agisce per conto di altri, in quanto legittimamente investito del compito di realizzare interessi estranei alla sfera personale, non deve sopportare gli effetti svantaggiosi del proprio operato, ma deve essere tenuto indenne dalle conseguenze economiche subite per la “fedele” esecuzione dell'incarico ricevuto cfr. C. Conti SS.RR. numero 707/A del 5/4/1991 . Conseguentemente dovrà, anzitutto, ammettersi che il rimborso delle spese di patrocinio legale dei dipendenti pubblici per fatti connessi all'espletamento dei compiti di ufficio, in quanto espressione del su individuato principio generale, come tale di immediata precettività, non può essere circoscritto ad alcuni soggetti ed escluso per altri ad es. gli “amministratori” pubblici & gt Corte dei conti, Sez. II Giur. Centrale d’Appello, sent. numero 522 del 9 dicembre 2010 . Tuttavia, nel tempo, gli orientamenti della giurisprudenza sul punto sono stati “ondivaghi”. Infatti, secondo un primo orientamento giurisprudenziale, anche gli amministratori degli enti locali godono del diritto al rimborso delle spese legali in forza dell'applicazione estensiva a tale fattispecie dell'articolo 67 del D.P.R. numero 268/1987 ex plurimis, Corte Conti, Sez. Giur. Puglia, sent. 14.06.2012, numero 787 Sez. II Appello, numero 522/2010 Sez. Giur. Lombardia, 19 ottobre 2005, numero 641, Sez. giur. Liguria, 636/2008, nonché, Cons. Stato, sez. V, 14.04.2000, numero 2242 17 luglio 2001, numero 3946 numero 949/2001 Cass. civ. , Sez. I, 16.04.2008, numero 10052 . Ciò in quanto il rimborso dell'ente di appartenenza, ancorché previsto solo per i dipendenti, è principio di carattere generale e fondamentale dell'ordinamento amministrativo estensibile agli amministratori, al fine di evitare un’ingiustificata disparità di trattamento, attraverso l’analogia legis tramite il richiamo all’articolo 1720 c.comma ed all’articolo 2031 c.comma che impone al dominus di far propri gli effetti della gestione dell'affare compiuta dal gestor e di rimborsargli le spese necessarie o utili. In linea anche il Ministero dell'Interno nota 12 luglio 2002 prot. 15900/10/B/l/A per il quale sarebbe praticabile la rifusione delle spese legali sostenute dagli amministratori se gli atti o i fatti dedotti in giudizio siano stati posti in essere nell'espletamento del mandato o del servizio ed a condizione che, riconosciuta l'assenza del dolo o colpa grave, il procedimento si sia concluso con una sentenza di assoluzione con formula piena, passata in giudicato . Al contrario, altra opzione ermeneutica, ritiene non estensibile agli amministratori la disciplina prevista per i dipendenti degli enti locali, in quanto caratterizzata da disposizioni ispirate alla ratio propria dei contratti collettivi in materia di rapporto di lavoro pubblico ed in quanto inapplicabili alla fattispecie de qua le regole generali sul mandato ex articolo 1720, comma 2, del Codice civile in tal senso è la giurisprudenza recente della Cassazione, vedi Cass. numero 10052/2010, numero 25690/2011, ed anche quella amministrativa, vedi Cons. St. numero 2242/2000 . Anche gli orientamenti più recenti espressi dalla Cassazione Cass., sez. I, 24 maggio 2010, n 12645 e dalla Corte dei conti Sez. Giur. Basilicata, sentenza numero 165/2012 del 08.05.2012 hanno optato per la risoluzione negativa della problematica. Le Sezioni Unite della Cassazione, da un lato, hanno enunciato il principio, secondo cui “il rapporto tra la P.A. ed il funzionario onorario, connesso all’attribuzione di funzioni pubbliche, si distingue sia dai rapporti di pubblico impiego, sia dai rapporti di parasubordinazione o di collaborazione continuativa e coordinata, visto che il funzionario onorario non è esterno all’ente pubblico, ma si identifica funzionalmente con l’ente medesimo ed agisce per esso e il compenso allo stesso dovuto non ha carattere sinallagmatico-retributivo, ma indennitario” cfr. Cass. S.U. numero 2033/1985, 1556/1994, 3129/1997, 5398/2007, 3413/2008, 9160/2008 e, dall’altro, richiamandosi ad un precedente e risalente orientamento SS.UU. 10680 del 21.10.1994 hanno ritenuto non pertinente il richiamo all'analogia per sostenere la rimborsabilità delle spese degli amministratori comunali, con conseguente applicabilità della disciplina del mandato alla fattispecie de qua, perché il procedimento analogico “risulta correttamente evocabile quando emerga un vuoto normativo nell’ordinamento, vuoto che nella specie non è configurabile, atteso che il legislatore si è limitato a dettare una diversa disciplina per due situazioni non identiche fra loro, e la detta diversità non appare priva di razionalità, atteso che gli amministratori pubblici non sono dipendenti dell’ente ma sono eletti dai cittadini, ai quali rispondono e quindi non all’ente del loro operato”. In conseguenza, secondo la Suprema Corte, “in ordine alla pretesa applicabilità della disciplina in tema di mandato, l’articolo 1720 c.comma non risulta applicabile, sia perché il danno risarcibile presupporrebbe un comportamento incolpevole , sia perché le spese di difesa non sono legate all’esecuzione del mandato da un nesso di causalità diretta, collocandosi fra i due fatti un elemento intermedio, dato dall’elevazione di un’accusa poi rivelatasi infondata” Cassazione Sezione I, 24 maggio 2010, numero 12645 In senso conforme anche Cass. Civ., Sez. Lavoro 01.12.2011 numero 25690 e Cass. SS.UU 22.12.2011 numero 29097 secondo le quali il diritto al rimborso spetta solo ed unicamente a coloro che sono legati all’Amministrazione attraverso un rapporto di pubblico impiego e, conseguentemente, in difetto di diversa previsione, detta tutela non può essere estesa all’Amministratore comunale che opera in seno alla P.A. ad altro titolo. Quanto ai Giudici contabili, mentre la Sezione giurisdizionale Regionale per la Puglia, con la sentenza numero 787 del 14 giugno 2012, aderisce con rigore espositivo alla menzionata tesi dell’applicabilità attraverso il ricorso al procedimento analogico dell’articolo 1720 del codice civile nella parte in cui dispone che “il mandante deve inoltre risarcire i danni che il mandatario ha subito a causa dell’incarico”, giungendo alla conclusione per cui “se il mandato del consigliere comunale trova la sua causa in concreto nell’interesse pubblico che lo stesso ha il dovere di conseguire e una pubblica accusa trae origine dalla contestazione che detto mandato è stato, invece, espletato non nell’interesse pubblico, bensì per fini egoistici propri del soggetto agente, ne consegue che la difesa in giudizio non può considerarsi come un momento estraneo e avulso dal contesto nel quale la stessa si inserisce in quanto evidentemente prodromica a dimostrare di avere agito nei limiti e nel rispetto del mandato pubblico conferito e la spesa per affrontarla dovrà essere necessariamente indennizzabile, ove, come nel caso di specie, il rinvio a giudizio si sia rilevato addirittura errato, proprio perché affrontata a causa delle funzioni per legge esercitate”, tra le voci dissonanti rileva in particolare la sentenza numero 165/2012 del 08.05.2012 emessa dalla Sezione Giurisdizionale Regionale per la Basilicata che esclude la possibilità dell’assunzione da parte di un ente locale delle spese di difesa di proprio amministratore coinvolto in un procedimento penale per fatti o atti direttamente connessi all’espletamento del suo ufficio, alla luce sia del contesto normativo di riferimento sopra richiamato che legittima l’accollo delle spese di difesa da parte degli enti locali esclusivamente nei confronti del proprio personale, e non anche dei suoi amministratori, che della giurisprudenza della Corte Costituzionale e della Corte di Cassazione. In particolare, a conforto della tesi testè enunciata, la predetta Sezione richiama la sentenza della Corte Costituzionale 8 – 16 giugno 2000, numero 197 che, con riferimento ad una disposizione di una legge regionale che non prevedeva il rimborso delle spese legali in favore degli amministratori quindi, di contenuto sostanzialmente sovrapponibile a quello recato dall’articolo 67 del d.P.R. numero 268/875, a sua volta riprodotto nell’articolo 28 del CCNL del comparto Regioni-Enti locali del 14.9.2000 , ha espressamente attribuito alla scelta discrezionale e insindacabile ove non irragionevole o irrazionale del legislatore la facoltà di stabilire per i dipendenti un trattamento diverso e di maggior favore rispetto a quello degli amministratori. A sua volta, la Sezione Regionale di Controllo della Corte dei Conti per la Lombardia con deliberazione numero 86/2012/PAR, pur nella consapevolezza dell’esistenza di contrastanti orientamenti in materia, ha ritenuto di aderire alla tesi favorevole alla rimborsabilità delle spese legali anche in favore degli amministratori pubblici stante che appare, infatti, coerente alla ratio della normativa ma anche ad un evidente canone di ragionevolezza ed equità assicurare che i soggetti che agiscono nell’interesse pubblico siano adeguatamente tutelati qualora ingiustamente coinvolti in procedimenti penali per fatti connessi all’adempimento del mandato. D’altra parte, se è vero che il mandante è obbligato e tenere indenne il mandatario da ogni pregiudizio subito a causa dello svolgimento del mandato, è difficile condividere l’impostazione della giurisprudenza di legittimità secondo cui le spese legali sarebbero un pregiudizio legato da mero nesso di occasionalità, e non di causalità, con l’incarico affidato. Precisato, quindi, che la rimborsabilità delle spese legali costituisce espressione del “principio fondamentale dell'ordinamento, secondo il quale chi agisce per conto di altri, in quanto legittimamente investito del compito di realizzare interessi estranei alla sfera personale, non deve sopportare gli effetti svantaggiosi del proprio operato, ma deve essere tenuto indenne dalle conseguenze economiche subite per la “fedele” esecuzione dell'incarico ricevuto” cfr. C. Conti SS.RR. numero 707/A del 5/4/1991 , la Sezione di Controllo Lombardia ha ritenuto che – in presenza di determinate condizioni – il diritto al rimborso delle spese legali debba essere riconosciuto tanto ai dipendenti, per i quali vi è un’espressa previsione nella norma collettiva, quanto agli amministratori, individuando nella disciplina del mandato le norme necessarie a sostenere l’assunto mediante il ricorso all’analogia legis. Ciò rappresentato e precisato, alla luce di quanto già argomentato in relazione alla parziale ammissibilità oggettiva del quesito formulato sub. punto II.2 cui si fa esplicito richiamo , la Sezione ritiene che debba essere rimesso al prudente apprezzamento dell’Amministrazione richiedente valutare se, nel caso concreto, ricorrano i presupposti per poter procedere al rimborso delle predette spese legali nei confronti dei propri Amministratori. Richiamati, infatti, i principi normativi che vengono in considerazione nel caso in esame, ai quali gli organi dell’Ente, al fine di assumere specifiche decisioni in relazione a particolari situazioni possono riferirsi, la scelta delle modalità concrete, con le quali applicare estensivamente la normativa in materia, rientra nell’ambito dell’esercizio della discrezionalità amministrativa dell’amministrazione comunale e, pertanto, la decisione da parte dell’Amministrazione di provvedere o meno al rimborso delle spese processuali sostenute dall’amministratore locale relative a giudizi penali promossi nei suoi confronti e definiti con sentenza di assoluzione, dovrà essere frutto di una valutazione propria dell’ente medesimo, nel rispetto delle previsioni legali e contrattuali, rientrante nelle prerogative esclusive dei relativi organi decisionali, trattandosi di ambito riservato alle scelte dell’Ente che deve osservare prudenti regole di sana gestione finanziaria e contabile. Occorre, qui, soggiungere in relazione agli Amministratori locali, che questi, poichè non legati da un rapporto di lavoro subordinato, godono anche dell’assicurazione di cui all’articolo 23 del DPR n°816/1985, ora articolo 86, comma 5, TUEL 5 “I comuni, le province, le comunità montane, le unioni di comuni e i consorzi fra enti locali possono assicurare i propri amministratori contro i rischi conseguenti all'espletamento del loro mandato” , che non è limitata alla sola responsabilità civile, come per i dirigenti ed il personale direttivo, incaricato di posizione organizzativa. In astratto, perciò, per gli amministratori non dovrebbe configurarsi l’ipotesi della tutela legale nella forma della nomina di un avvocato di “comune gradimento”, ovvero del rimborso per le spese sostenute a tal fine dai medesimi. III.2. Quesiti numero 2 e numero 3 – Limiti e requisiti di ammissibilità delle richieste di rimborso Il secondo e il terzo dei quesiti formulati possono essere trattati congiuntamente essendo entrambi riconducibili ai limiti ed ai requisiti di ammissibilità delle richieste di rimborso. Il secondo quesito è volto a conoscere se il rimborso di che trattasi debba ricomprendere tutte le spese legali sopportate dagli amministratori in relazione a tutti gli eventuali gradi di giudizio in cui lo stesso si articoli, anche qualora nei gradi, o in alcuni di essi, precedenti alla sentenza di definitiva assoluzione i medesimi amministratori siano stati ritenuti colpevoli dei reati loro ascritti e conseguentemente condannati ovvero se, per converso, il rimborso delle spese legali debba essere circoscritto ai soli gradi di giudizio in cui gli amministratori abbiano conseguito una sentenza piena di assoluzione. La risposta al quesito scaturisce direttamente dalla lettura della norma di riferimento, ossia dall’articolo 67 del d.P.R. 13.5.1987, numero 268 di cui l’articolo 28 del CCNL del 14.09.2000 riprende nella sostanza la disciplina , ai sensi del quale “1. L'Ente, anche a tutela dei propri diritti ed interessi, ove si verifichi l'apertura di un procedimento di responsabilità civile o penale nei confronti di un suo dipendente per fatti o atti direttamente connessi all'espletamento del servizio e all'adempimento dei compiti d'ufficio, assumerà a proprio carico, a condizione che non sussista conflitto di interessi, ogni onere di difesa sin dall'apertura del procedimento facendo assistere il dipendente da un legale di comune gradimento. 2. In caso di sentenza di condanna esecutiva per fatti commessi con dolo o con colpa grave, l'Ente ripeterà dal dipendente tutti gli oneri sostenuti per la sua difesa in ogni grado di giudizio.”. Come già ampiamente evidenziato, escluso ogni automatismo nell’accollo delle spese legali da parte dell’ente, tra le rigorose condizioni che legittimano il rimborso delle spese legali sostenute dal dipendente pubblico si richiede la conclusione del procedimento con una sentenza definitiva di assoluzione con formula piena o cd. liberatoria, con cui sia stabilita l’insussistenza dell’elemento psicologico del dolo e della colpa grave e da cui emerga l’assenza di pregiudizio per gli interessi dell’Amministrazione. Il procedimento giudiziario, anche se strutturato su vari gradi, è connotato da unitarietà e la sentenza, ossia il provvedimento emanato dal giudice in esito a tale procedimento, acquista una particolare efficacia, quella della cosa giudicata, quando sono stati esperiti tutti i mezzi di impugnazione predisposti dall'ordinamento o sono decorsi inutilmente i termini per proporli. Solo in tale momento la sentenza diventa definitiva. Ne consegue che le spese processuali di che trattasi non potranno che essere riferite all’intero giudizio, indipendentemente dalle risultanze di ogni singola fase, che al più potranno essere valutate dall’Ente ai fini del rigoroso accertamento della sussistenza di tutti i presupposti che la legge richiede per accordare il rimborso. Il terzo quesito è volto a conoscere la legittimità e le condizioni di un rimborso ex post in caso di mancata sottoposizione della scelta del legale incaricato della difesa in giudizio al previo assenso dell’amministrazione. Il sistema del “rimborso” delle spese nei giudizi per responsabilità civile e/o penale del personale degli enti locali si sviluppa secondo la disciplina dall’articolo 28 del CCNL 14/9/2000 che, si ripete, ricalca sostanzialmente i contenuti dell’articolo 67 del D.P.R. numero 268/1987 in base al quale “L’ente, anche a tutela dei propri diritti ed interessi, ove si verifichi l’apertura di procedimento di responsabilità civile o penale nei confronti di un suo dipendente, assumerà a proprio carico ogni onere di difesa, sin dall’apertura del procedimento, facendo assistere il dipendente da un legale di comune gradimento”. La menzionata disciplina normativa impone all'Ente, prima di convenire di assumere a proprio carico ogni onere di difesa in un procedimento di responsabilità civile o penale aperto nei confronti di un proprio funzionario, di valutare la sussistenza delle seguenti circostanze essenziali la necessità di tutelare i propri diritti e propri interessi e la propria immagine la diretta connessione del contenzioso processuale alla carica espletata o all'ufficio rivestito dal pubblico funzionario la non configurabilità di conflitto di interessi tra gli atti compiuti dal funzionario e l'ente. L'Ente medesimo è sostanzialmente tenuto a ponderare i propri interessi nel quadro del pendente procedimento giudiziario, per assicurare una buona e ragionevole amministrazione delle risorse economiche e a tutela del proprio decoro e della propria immagine. In tale quadro, l'obbligo gravante sull'ente di assumere le spese dei procedimenti penali in cui siano implicati i propri dipendenti o amministratori è strettamente legato alla circostanza che tali procedimenti riguardino fatti ed atti in concreto imputabili non ai singoli soggetti che hanno agito per conto della Pubblica Amministrazione, ma direttamente ad essa in forza del rapporto di immedesimazione organica. La ponderazione degli interessi in gioco deve, pertanto, assumere particolare rigore cfr., in tal senso, tra le tante, C.d.S. Sez, V, decomma numero 2242/2000, Cass., Sez. I, sent. numero 15724/2000 . Nel descritto contesto, nulla viene stabilito ai fini dell’insorgenza del diritto al “rimborso” postumo delle spese legali. Il dipendente, infatti, deve essere sostenuto dal proprio ente, tanto da nominare un legale di “comune gradimento” ai fini dell’assistenza in giudizio del dipendente stesso. Il delineato sistema quindi – a differenza di quello di cui all’articolo 18, della Legge 21 maggio 1997, numero 135, di conversione del Decreto Legge 25 marzo 1987, numero 67 applicabile ai dipendenti statali - non consentirebbe il rimborso a posteriori in caso di assoluzione Consiglio di Stato, sez. V, 12 febbraio 2007, n 552 . Tuttavia, numerose sono le aperture della giurisprudenza favorevoli alla rimborsabilità ex post in applicazione del principio per cui il diritto di difesa non può subire limitazione alcuna ex plurimis, Corte dei conti, Sez. Controllo Sardegna numero 2/2006 , TAR Abruzzo, Pescara, 7 marzo 1997, nr. 108, Tar Venezia, 1505 del 05.10.1999 Cass. Sez. Lav. N.23904/2007 . In proposito è stato osservato che il diritto al “rimborso” nasce in tutti i casi in cui, per ragioni varie ma essenzialmente connesse ad un possibile conflitto di interesse, configurabile già in astratto non è possibile la nomina concordata “di comune gradimento” di un legale, oppure non è possibile una integrale anticipazione delle spese sostenute dal dipendente convenuto in giudizio. Ed invero, in tutti i casi in cui il reato vede come soggetto leso solo o anche l’Ente di appartenenza, è evidente che l’Ente danneggiato non può partecipare con il dipendente danneggiante a scegliere un legale di “comune gradimento”, con accollo della relativa spesa, stante il palese conflitto di interesse che intercorre tra l’Ente stesso ed i suo dipendente d’altronde, per giurisprudenza del tutto pacifica sul punto, la costituzione di parte civile della P.A. nel processo penale a carico di un proprio dipendente implica per ciò solo e perciò stesso un conflitto di interessi . In tal caso, ovviamente, il diritto all’assistenza si trasforma in diritto al rimborso ove ricorrano altre tutti gli altri, concomitanti, presupposti . Sulla problematica si è pronunciato anche il Ministero dell’Interno Parere Minumero Int. del 30/5/2003-1216.59 che, da un lato, ha invitato il dipendente a comunicare sempre e comunque la chiamata in giudizio, così da porre l’Ente nelle condizioni di operare ex ante le sue valutazioni, senza tuttavia imporre al dipendente medesimo il dovere di attendere le decisioni dell’Ente. Ciò al fine di non compromettere il proprio diritto di difesa del medesimo, in relazione ad eventuali preclusioni e decadenze processuali proprie del giudizio nel quale lo stesso è stato convenuto e, dall’altro, ha ritenuto che in assenza di preventiva comunicazione e di successiva parcella eccessiva, l’Ente può ridurre il rimborso della spesa sostenuta, se risulta che avrebbe potuto spuntare prezzi più congrui, magari cercando di ottenere l’applicazione dei minimi tariffari. La problematica prospettata è già stata, peraltro, oggetto di valutazione di questa Sezione deliberazione numero 184/2012/PAR e deliberazione numero 245/2012/PAR che si è espressa favorevolmente alla possibilità del rimborso postumo e pertanto, in questa sede, non possono che essere richiamate le considerazioni e conclusioni già espresse sul punto. In questa sede corre, comunque, l’obbligo di ribadire la necessità che all’esito del giudizio, quando non sia stato possibile pervenire ad un comune accordo con l’amministrazione di appartenenza per la sussistenza di un potenziale conflitto di interessi, la spesa debba essere comunque rispondente a parametri di obiettiva congruità e che, in tal caso l’amministrazione di appartenenza dovrà verificare, all’esito del procedimento in questo senso “ex post” , l’insussistenza del paventato conflitto di interessi tra l’attività istituzionale dell’ente e la condotta del lavoratore. La Sezione, nella sopra citata deliberazione numero 184/2012/PAR, i cui contenuti sono stati riaffermati nella successiva deliberazione numero 245/2012/PAR, ha già precisato come, alla luce di una consolidata giurisprudenza amministrativa, l'ente, in presenza dei presupposti di legge, sia “tenuto a rimborsare le spese legali effettivamente sostenute dal dipendente nel giudizio poiché il principio del diritto alla difesa non può subire alcuna limitazione T.A.R. Veneto numero 1505 del 5 ottobre 1999 ”, e come tale diritto al rimborso delle spese sostenute in un giudizio penale non può essere escluso dalla circostanza che il Comune non abbia previamente espresso il proprio assenso nella scelta del difensore da parte dell'interessato T.A.R. Veneto numero 1505 del 5 ottobre 1999 ”. Pertanto non può che ribadirsi anche in questa sede che può essere oggetto di contestazione da parte dell’amministrazione comunale non tanto il diritto al rimborso quanto la misura dello stesso. Come già precisato dalla Sezione, infatti, il credito in questione ha natura indennitaria e non risarcitoria per cui l’Amministrazione non sarebbe tenuta ad un rimborso pieno della parcella. In conseguenza, come precisato anche dal Ministero dell’Interno circomma Ministero dell'Interno 30.5.2003 - 16.59 l'amministrazione, in assenza della preventiva intesa, può ridurre il rimborso alla parte della spesa che la stessa avrebbe assunto ove la scelta fosse stata concordata. Poiché, peraltro, la spesa incide negativamente sul bilancio dell’ente locale, quest’ultimo, nel determinare il quantum del rimborso, è tenuto ad osservare i necessari criteri di ragionevolezza, congruenza ed adeguatezza, in relazione all’importanza dell’attività svolta, ed anche alla luce delle valutazioni da effettuarsi a cura dell’ordine degli avvocati e dei procuratori. Si ribadisce, in proposito che l’ente non è, comunque, vincolato al parere espresso sulla parcella dal competente organo professionale costituendo, tale strumento, un mero controllo sulla rispondenza delle voci indicate in parcella a quelle previste dalla tariffa che, tuttavia, non avvalora in alcun modo i criteri assunti dal professionista per individuare il valore della controversia e determinarne l'importanza cfr. Cass. Civ. sez. II 30-01- 1997, numero 932 . Si ricorda, altresì, che la liquidazione delle summenzionate spese non può in nessun caso essere considerata legittima in assenza di ogni documentazione giustificativa poiché in ossequio ai precetti di rango costituzionale imparzialità e buon andamento della P.A. ex articolo 97 Cost. , l’Ente pubblico può procedere al rimborso delle spese affrontate da coloro che abbiano operato nel suo interesse nelle sole ipotesi in cui le medesime spese risultino rigorosamente documentate e giustificate ed, inoltre, la liquidazione, quale momento fondamentale all’interno del rigoroso procedimento di gestione della spesa a carico dell’Ente locale, deve essere preceduta dal preventivo, puntuale accertamento della documentazione atta a comprovare il diritto del creditore ai sensi dell’articolo 184 d.lgs 267/2000 in termini Corte dei conti, Sez. Giurisd. Campania, sentenza numero 1320 del 07.10.2013 . III.3. Quesito numero 4 – debito fuori bilancio Con il quarto ed ultimo quesito, il Sindaco del Comune di Comelico Superiore chiede di conoscere se sia legittimo assumere l’onere finanziario derivante da un’eventuale refusione delle suddette spese legali mediante la procedura di un riconoscimento di debito fuori bilancio ai sensi dell’articolo 194 TUEL e, in caso affermativo, a quale delle fattispecie ivi contemplate. Si premette che il debito fuori bilancio può essere definito come quel “debito costituito da obbligazioni pecuniarie, relative al conseguimento di un fine pubblico, valide giuridicamente ma non perfezionate contabilmente, per cui il riconoscimento della sua legittimità da parte del consiglio dell’ente fa coincidere i due aspetti giuridico e contabile in capo al soggetto che l’ha riconosciuto” cfr. Osservatorio per la finanza e la contabilità degli enti locali principio contabile numero 2 . Esso, sostanzialmente, è, quindi, una obbligazione dell’ente locale, valida sul piano giuridico, ma assunta in violazione del procedimento giuscontabile di spesa normativamente previsto. L’ordinamento giuridico e contabile degli enti locali disciplina compiutamente il procedimento di spesa che, ai sensi dell’articolo 182 T.U.E.L. si compone delle fasi dell’impegno, della liquidazione, dell’ordinazione e del pagamento. All’uopo vanno distinti “l’impegno amministrativo” , riconducibile all’articolo 183 T.U.E.L., dall’”impegno contabile” che, invece, fa capo all’articolo 191 T.U.E.L Il primo quello amministrativo si concretizza nel momento in cui sorge l’obbligazione tra l’ente locale ed il terzo, costituisce vincolo al bilancio ed il responsabile dell’atto di impegno deve farsi anche carico di verificarne la legittimità in punto di diritto il secondo quello contabile consiste nella apposizione, da parte del responsabile finanziario, del visto di regolarità contabile attestante la copertura finanziaria. L’impegno amministrativo non può sorgere in assenza di impegno contabile perché principio ineludibile del nostro ordinamento è la necessità di dover reperire, preventivamente, la copertura finanziaria della spesa. Il riconoscimento della legittimità del debito fuori bilancio, di competenza esclusiva del Consiglio Comunale, è consentito solo per le cinque ipotesi espressamente individuate dalla norma articolo 194 TUEL ovvero sentenze passate in giudicato copertura di disavanzi di consorzi, di aziende speciali e di istituzioni, nei limiti degli obblighi derivanti dallo Statuto e purchè sia rispettato l’obbligo del pareggio di bilancio ex articolo 114 T.U.E.L. e purchè il disavanzo derivi da fatti di gestione ricapitalizzazione, nei limiti e nella forme previste dal Codice Civile o da norme speciali, di società di capitali costituite per l’esercizio di servizi pubblici locali procedure espropriative o di occupazione d’urgenza per opere di pubblica utilità acquisizione di beni e servizi in violazione degli obblighi di cui ai commi 1, 2 e 3 dell’articolo 191 T.U.E.L., nei limiti degli accertati e dimostrati utilità ed arricchimento dell’ente, nell’ambito dell’espletamento di pubbliche funzioni e servizi di competenza. Nel caso in cui il debito sia sorto a causa di acquisizioni di beni e servizi in violazione delle norme giuscontabili che impongono la previa adozione del provvedimento autorizzatorio, con l’esecutività ottenuta o dichiarata e munito di attestazione di copertura finanziaria, la coesistenza dei due requisiti della utilità e dell’arricchimento, che ne consentono il riconoscimento e finanziamento, deve essere motivata e dettagliatamente attestata nel parere tecnico – amministrativo allegato alla proposta di deliberazione. L’accertamento dell’esistenza dell’utilità è requisito indispensabile per il riconoscimento del debito e deve consistere nella verifica della presenza di potenziale o reale possibilità, di ausilio o beneficio direttamente all’ente ovvero alla comunità amministrata. L’utilità accertata di una sola parte consente il riconoscimento ed il finanziamento solo ed esclusivamente di detta parte. L’assenza di utilità impedisce il riconoscimento. L’arricchimento, altro requisito essenziale per il riconoscimento di un debito fuori bilancio, deve misurare l’incremento patrimoniale vero e proprio oppure anche in un risparmio di spesa. Al riguardo, quindi, deve ritenersi che non siano normalmente riconoscibili gli oneri per interessi, spese giudiziali, rivalutazione monetaria ed in generale i maggiori esborsi conseguenti a ritardato pagamento di forniture in quanto nessuna utilità e arricchimento consegue all’ente, rappresentando questi un danno patrimoniale del quale devono rispondere coloro che con il loro comportamento lo hanno determinato. Infatti la misura dell’arricchimento o della diminuzione di spesa costituisce il limite massimo al quale può arrivare il riconoscimento del debito fuori bilancio, restando, quindi, preclusa ogni possibilità di finanziamento di riconoscimento delle somme esorbitanti da tale limite. Ciò precisato quindi, mentre per i debiti derivanti da sentenza esecutiva il riconoscimento si impone in virtù della forza imperativa del provvedimento giurisdizionale, nelle altre quattro tipologie vi sono più margini di apprezzamento da parte dell’organo consiliare che le deve, motivatamente, autorizzare. Deve, inoltre, trattarsi di obbligazioni che presentino i requisiti della certezza, intesa quale effettiva esistenza di un’obbligazione di dare della liquidità, che implica che l’importo sia determinato o determinabile dell’esigibilità, che impone che il pagamento non sia sottoposto a termine o condizione. La procedura da seguire per ricondurre nella contabilità dell’ente i debiti fuori bilancio consiste nel riconoscimento da parte dell’organo consiliare dell’ente che, con apposita delibera, accerta o autorizza la riconducibilità del debito in una delle fattispecie previste dal legislatore, le cause della sua formazione e le eventuali responsabilità, individuando, infine, le risorse necessarie per provvedere al relativo pagamento. Ciò precisato appare ovvio, in merito al quesito posto dal Sindaco del Comune di Comelico Superiore, che l’eventuale rimborso delle spese processuali sostenute dagli Amministratori locali non sia riconducibile a nessuna delle ipotesi tassativamente previste dal richiamato articolo 194 TUEL. Ed infatti, al solo verificarsi di tutti i presupposti di legge legittimanti detto rimborso la cui valutazione, si ripete, è rimessa al prudente apprezzamento dell’Ente e nel momento in cui la richiesta di rimborso viene rivolta all’Ente dall’Amministratore assolto, può ritenersi che sorga l’obbligo di rimborsare le spese legali sostenute. Prima di tale momento, manca il presupposto che caratterizza la formazione di un debito fuori bilancio in quanto non è stata assunta, in violazione delle norme giuscontabili che regolano i procedimenti di spesa, nessuna obbligazione per il pagamento di una determinata somma di denaro da parte dell’Ente. Qualora, quindi, l’Ente dovesse accertare che ricorrono tutti i presupposti che legittimano il diritto al rimborso delle spese legali per i propri Amministratori assolti, potrà procedere al relativo pagamento, seguendo, non la procedura di riconoscimento dei debiti fuori bilancio, ma il procedimento di spesa ordinario previsto negli articoli 182-185 e 191 del TUEL in termini Corte dei conti, Sez. Controllo Emilia Romagna, Deliberazione numero 311/2012/PAR . P.Q.M. La Sezione regionale di controllo per il Veneto rende il parere nei termini indicati. Copia del parere sarà trasmessa, a cura del Direttore della Segreteria, al Sindaco del Comune di Comelico Superiore BL .