Punta il dito contro un uomo e gli dice “Te la faccio pagare”: condannato

Confermata la visione tracciata dal Giudice di pace. Inequivocabile il senso della frase. Rilevante anche il gesto che ha accompagnato le parole.

In questo senso si è pronunciata la Corte di Cassazione con la sentenza numero 44893/2015, depositata oggi. Soldi in ballo. Clima teso tra due uomini. E uno scarica la propria rabbia verbalmente “Tanto te la faccio pagare”, dice rivolto all’altro, puntandogli un dito contro, come a sottolineare le parole. Quello sfogo, però, costa carissimo. L’uomo è condannato per il reato di minaccia. Parole. A ritenere grave la condotta dell’uomo, però, è stato già il Giudice di pace, che lo ha ritenuto responsabile di «minaccia». Decisione sorprendente, secondo il Procuratore Generale. Ecco spiegato il ricorso in Cassazione. Chiara la linea proposta evidente la mancanza di «apprezzabile potenzialità offensiva» nella frase “Tanto te la faccio pagare”, riferibile «all’azione legale» poi proposta dall’uomo e relativa a un problema di soldi. Peraltro, sempre secondo il Procuratore Generale, erano mancati, in occasione dell’episodio incriminato, anche «gli elementi indicativi della lesività della libertà morale della persona offesa». Ogni obiezione, però, si rivela inutile. Per i giudici della Cassazione, difatti, non si può trascurare un particolare importante l’uomo, nel «pronunciare quell’espressione», aveva anche «puntato il dito» contro la persona offesa. Evidente, e conseguenziale, il «potenziamento dell’effetto intimidatorio», già desumibile, per la verità, dal «tenore della frase» che, evidenziano i giudici, «aveva attitudine ad intimorire prospettando, sia pure in modo indeterminato, il verificarsi di eventi spiacevoli». Tutto ciò conduce a confermare la condanna per il reato di «minaccia».

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 29 settembre – 9 novembre 2015, numero 44893 Presidente Lombardi - Relatore Lapalorcia Ritenuto in fatto 1. II PG territoriale ricorre avverso la sentenza dei Giudice di pace di Olbia che ha ritenuto L.P. responsabile del reato di minaccia in danno di G.R. tanto te la.faccio pagare' . 2. Con i primi due motivi si deduce violazione di legge, con il terzo vizio di motivazione in ordine alla sussistenza dell'elemento materiale del reato in quanto la frase asseritamente intimidatoria non era stata accompagnata da azioni tali da indurre turbamento nella p.o., mentre l'esistenza di rapporti di debito credito tra le parti rendeva la frase riferibile all'esperimento di un'azione legale da parte dell'imputato, poi in effetti promossa, come risulta dalla sentenza impugnata. 3. Comunque la frase era in sé priva di apprezzabile potenzialità offensiva considerati i rapporti tra la p.o. e il prevenuto. 4. II vizio di motivazione dedotto con il terzo motivo riguarda la mancata indicazione degli elementi indicativi della lesività in concreto della condotta della libertà morale della P.O Considerato in diritto 1. II ricorso è manifestamente privo di fondamento. 2. L'assunto della mancanza di apprezzabile potenzialità offensiva della frase 'tanto te la faccio pagare' alla stregua dei rapporti di debito credito tra la p.o. e il prevenuto e in considerazione della mancanza di alcuna ulteriore azione da parte del P., da un lato si fonda sul richiamo a giurisprudenza di questa corte che non si attaglia al caso in esame in Cass. 43380/2008 il riferimento al contesto riguardava un caso di minaccia grave - non ricorrente nella specie-, mentre la fattispecie esaminata in Cass. 18282/2007, ritenuta non rilevante penalmente, era relativa alla frase rivolta da un motociclista a.d un pubblico ufficiale 'se mi fate il verbale, poi vediamo', del tutto diversa da quella oggetto dell'imputazione, priva di riferimenti all'esperimento di un'azione legale, poco conta se in seguito esperita in quanto il giudizio di idoneità della minaccia va effettuato ex ante Cass. 32390/2008 , dall'altro trascura che il P., nel pronunciare quell'espressione, aveva puntato il dito contro il R., con conseguente potenziamento dell'effetto intimidatorio. 3. D'altro canto la prospettazione del reato impossibile per inoffensività della condotta e la deduzione dei vizio di motivazione sulla lesività in concreto della libertà morale della p.o., si pongono in netto contrasto con consolidata giurisprudenza di questa corte secondo la quale il delitto di minaccia è reato di pericolo che non presuppone la concreta intimidazione della persona offesa, ma solo la comprovata idoneità della condotta ad intimidirla Cass. 47739/2008, 21601/2010, 644/2014 , nella specie sussistente sia per il tenore della frase, che, come osservato nella sentenza impugnata, aveva attitudine ad intimorire prospettando, sia pure in modo indeterminato, il verificarsi di eventi spiacevoli a carico del destinatario, sia per il gesto che l'aveva accompagnata. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso del PG.