La confisca del profitto del reato rientra tra i poteri del Giudice dell’esecuzione quando non è disposta in sede di cognizione

La confisca del profitto del reato non costituisce una pena accessoria, bensì una misura ablatoria ripristinatoria – diretta o per equivalente in base all’oggetto del profitto stesso – volta a privare il prevenuto delle conseguenze patrimoniali favorevoli tratte dall’illecito. Ne consegue che, in ordine alla richiesta di applicazione della confisca può legittimamente pronunciarsi il Giudice dell’esecuzione qualora il provvedimento ablatorio non sia stato adottato nel giudizio.

Così ha statuito in materia di confisca la Terza Sezione della Corte di Cassazione con la sentenza numero 43397, depositata il 28 ottobre 2015, precisando a chi spetta la competenza a poter disporre il provvedimento ablativo sui beni dell’imputato, individuati tanto come provento o profitto diretto dell’attività illecita posta in essere, quanto come “rebus” ritenute equivalenti rispetto al profitto del delitto. La fattispecie. Il caso in esame sorge dall’ordinanza emessa dal Tribunale di Palermo, in funzione di Giudice dell’esecuzione, con cui veniva disposta la confisca per equivalente dei beni nella disponibilità di un soggetto, giudicato con sentenza irrevocabile ex articolo 444 c.p.p., per il reato di cui all’articolo 10 ter , d.lgs. numero 74/2000. Il Tribunale di Palermo, nell’occasione, rilevava l’obbligatorietà della confisca, sebbene in sede esecutiva, nonché l’irrilevanza che la confisca avesse formato oggetto di accordo in relazione alla sentenza di patteggiamento. Ricorre per Cassazione avverso la prefata ordinanza il difensore del reo, sollevando una serie di doglianze difensive, tra le quali, quella avallata dal Procuratore Generale, secondo cui l’ordinanza oggetto di gravame merita l’annullamento senza rinvio in ragione dell’inammissibilità dell’incidente d’esecuzione. Più segnatamente, a dire del ricorrente e del Procuratore Generale, poiché la confisca è una misura di sicurezza patrimoniale, e non una pena accessoria – la stessa non potrebbe essere disposta con il procedimento di cui all’articolo 666 c.p.p. nel caso in cui si accerti che avrebbe potuto – o avrebbe dovuto obbligatoriamente – essere applicata in sede di cognizione. Gli effetti del principio del favor impugnationis. Preliminarmente, rileva la Corte che il ricorso deve, ex articolo 568, comma 5°, c.p.p. essere qualificato come opposizione avverso un provvedimento del Giudice dell’esecuzione emesso ai sensi dell’articolo 676, comma 1°, c.p.p., con conseguente trasmissione degli atti al Tribunale di Palermo. Secondo gli Ermellini, infatti, l’ordinanza impugnata attiene alla confisca per equivalente, disposta in via esecutiva, del profitto del reato di cui all’articolo 10 ter del d.lgs. numero 74/2000, che può essere gravata esclusivamente con opposizione proposta dinanzi allo stesso Giudice. In detti termini, quindi il ricorso merita il rigetto, proprio perché il ricorrente qualifica la confisca per equivalente – sottolineandone il carattere sanzionatorio – come pena accessoria , non predeterminata dalla legge per specie e durata. Pertanto, deve escludersi dalla disciplina di cui agli articolo 236 e ss. c.p.p., implicitamente richiamata dall’articolo 676, comma 1, c.p.p., che si riferisce esclusivamente alla differente figura della confisca “misura di sicurezza”.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 10 settembre – 28 ottobre 2015, numero 43397 Presidente Fiale – Relatore Mengoni Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 19/11/2014, il Tribunale di Palermo, quale Giudice dell'esecuzione, disponeva la confisca per equivalente - fino alla concorrenza di 180.057,00 Euro - dei beni nella disponibilità di L.C. , già giudicato con sentenza irrevocabile del medesimo Tribunale - pronunciata ex articolo 444 cod. proc. penumero - in ordine al delitto di cui all'articolo 10-ter, d.lgs. 10 marzo 2000, numero 74, il cui profitto era contestato nella esatta somma poi sottoposta a vincolo al riguardo, il Tribunale rilevava l'obbligatorietà della confisca nel caso di specie, anche in sede esecutiva, e l'irrilevanza che la stessa avesse formato o meno oggetto dell'accordo di cui alla sentenza di patteggiamento. 2. Propone diffuso ricorso per cassazione il L. , a mezzo dei proprio difensori, deducendo i seguenti motivi - mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione. Il Tribunale, nel disporre il vincolo, avrebbe confuso la confisca - misura di sicurezza dalla confisca per equivalente, la quale ha natura pacificamente sanzionatoria, come affermato dalla giurisprudenza comunitaria e, a livello interno, da quella della Corte costituzionale e di questa Corte di legittimità con l'effetto che alla stessa non si applicherebbero le norme previste per le misure di sicurezza, né troverebbe operatività quanto a reati commessi anteriormente alla l. 24 dicembre 2007, numero 244, che ha esteso la portata dell'articolo 322-ter cod. penumero anche ai reati tributari - inosservanza ed erronea applicazione della citata legge numero 244 del 2007, con riferimento alla possibilità di disporre confisca per equivalente del profitto quanto ai reati commessi prima dell'entrata in vigore della l. 6 novembre 2012, numero 190. La l. numero 244 del 2007, facendo un generico rinvio, in quanto compatibile, all'articolo 322-ter cod. penumero , avrebbe inteso richiamare soltanto il primo comma di questo, atteso che il secondo è riferito specificatamente al delitto di corruzione attiva con l'effetto che la novella del 2012 - che, con riguardo al primo comma, ha esteso la confisca per equivalente anche al valore corrispondente al profitto, non solo più al prezzo - non sarebbe applicabile ai fatti commessi prima dell'entrata in vigore della stessa legge, come i presenti, pena la violazione degli articolo 2 cod. penumero , 25 Cost., con riproposizione in questa sede della questione di costituzionalità già sollevata innanzi al Tribunale - mancanza di motivazione quanto all'inammissibilità del proposto incidente d'esecuzione. Il Tribunale non avrebbe speso alcuna motivazione su questa doglianza, invero fondata alla luce dell'irrevocabilità della sentenza sulla quale la confisca sarebbe andata ad incidere con la conseguenza che il pubblico ministero, se avesse inteso invocare l'applicazione della confisca-sanzione, avrebbe dovuto proporre ricorso per cassazione avverso la sentenza ex articolo 444 cod. proc. penumero , non già proporre incidente d'esecuzione, né, peraltro, in senso contrario deporrebbe l'articolo 676 cod. proc. penumero , in tema di competenze del Giudice dell'esecuzione, che riguarderebbe soltanto le ipotesi di confisca già inserita nel titolo esecutivo oggetto dell'incidente, in quanto disposta dal Giudice di merito - mancanza ed insufficienza della motivazione in relazione alla sospensione condizionale della pena. Il Tribunale di Palermo avrebbe disposto la confisca pur a fronte di una pena detentiva condizionalmente sospesa quel che coinvolgerebbe anche la confisca per equivalente, attesa la citata natura sanzionatoria, a differenza della confisca-misura di sicurezza, alla quale si riferirebbe l'articolo 164 cod. penumero , quale effetto comunque derivante dalla sospensione condizionale. 3. Con requisitoria scritta del 4/6/2015, il Procuratore generale presso questa Corte ha chiesto l'annullamento senza rinvio dell'ordinanza impugnata, attesa l'inammissibilità dell'incidente di esecuzione ed invero, premesso che la confisca è comunque una misura di sicurezza patrimoniale, e non una pena accessoria, la stessa non potrebbe esser disposta con il procedimento ex articolo 666 cod. proc. penumero , allorquando si accerti che poteva - e, se obbligatoria, doveva - esser applicata in sede di cognizione. Diversamente, il giudizio di esecuzione si trasforma in un tempo supplementare dell'altro, così ottundendo i confini di competenza funzionale tra i due. 4. Con memoria depositata l'8/7/2015, la difesa del L. ha ribadito le deduzioni già riportate, a cominciare da quest'ultimo profilo in punto di rito. Considerato in diritto 5. Ritiene la Corte che il ricorso debba esser qualificato - ai sensi dell'articolo 667, comma 4, cod. proc. penumero - come opposizione avverso un provvedimento del Giudice dell'esecuzione emesso a norma dell'articolo 676, comma 1, cod. proc. penumero , con trasmissione degli atti al Tribunale di Palermo l'ordinanza impugnata, infatti, concerne la confisca per equivalente - disposta in sede esecutiva - del profitto del reato ex articolo 10-ter, d.lgs. 10 marzo 2000, numero 74 riconosciuto a carico del L. con sentenza irrevocabile, e può essere gravata - ai sensi del richiamo effettuato dall'ultimo periodo del citato articolo 676, comma 1, cod. proc. penumero - soltanto con opposizione davanti allo stesso Giudice. In tal senso, quindi, non può essere accolto il ricorso nella parte in cui - sottolineando la natura sanzionatoria della confisca per equivalente - qualifica la stessa come pena accessoria, peraltro non predeterminata dalla legge per specie e durata, e, pertanto, la esclude dalla disciplina di cui agli articolo 236 e ss. cod. penumero , implicitamente richiamata dall'articolo 676, comma 1, cod. proc. penumero , che si assume relativa esclusivamente alla diversa figura della confisca-misura di sicurezza. Ciò in forza delle considerazioni che seguono. 6. L'articolo 1, comma 143, I. 24 dicembre 2007, numero 244, stabilisce che nei casi di cui al d.lgs. 10 marzo 2000, numero 74, articolo 2, 3, 4, 5, 8, 10 bis, 10 ter, 10 quater e 11, si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni di cui all'articolo 322 ter c.p. in tema di confisca, compresa, quindi, quella per equivalente misura, quest'ultima, che, nell'impossibilità di applicare il vincolo sul bene direttamente derivante dall'illecito quale prezzo o profitto perché ceduto, disperso, distrutto o, comunque, non reperito , ne va dunque a colpire un altro di cui il reo ha la disponibilità, individuato in ragione del suo valore, corrispondente - per l'appunto - al prezzo o profitto medesimo ricavato dall'illecito, anche sotto forma di risparmio. La ratio dell'istituto è stata più volte sottolineata dal questa Corte, ed ha trovato ulteriore, recentissima conferma in una articolata pronuncia del Supremo Collegio Sez. U., numero 31617 del 26/6/2015, Lucci, non massimata , che ha ripreso talune delle considerazioni già espresse l'anno precedente dallo stesso Consesso Sez. U., numero 10561 del 30/1/2014, Gubert e che occorre, in tal modo rinforzate , ribadire in questa sede. Con una premessa, che appare necessaria per confutare, in via preliminare, il secondo motivo di ricorso. 7. La confisca per equivalente del profitto in materia di reati tributari può essere disposta anche in ordine a condotte tenute prima dell'entrata in vigore della l. 6 novembre 2012, numero 190 come quelle ascritte al L. , accertate nel 2010 , che - introducendo nell'ultimo periodo dell'articolo 322-ter, comma 1, cod. penumero , le parole o profitto - ha ampliato l'applicabilità della confisca per equivalente nei reati previsti dagli articolo da 314 a 320 del codice, prima limitata al prezzo ed invero, per costante indirizzo di questa Corte - e contrariamente a quanto sostenuto nel gravame - l'integrale rinvio alle disposizioni di cui all'articolo 322-ter del codice penale , contenuto nell'articolo 1, comma 143, della l. numero 244 predetta, consente di affermare che, con riferimento appunto ai reati tributari, trova applicazione non solo il primo ma anche il secondo comma della norma codicistica, relativo alla confisca per equivalente del profitto nel reato di cui all'articolo 321 cod. penumero tra le altre, Sez. 3, numero 35807 del 7/7/2010, Bellonzi e altri, Rv. 248618 Sez.3, numero 25890 del 26/05/2010, Molon, Rv. 248058 . Del resto, la modifica di cui alla I. numero 190 del 2012 è stata introdotta proprio per consentire l'operatività del sequestro per equivalente del profitto in relazione a quelle ipotesi per le quali l'esclusivo riferimento al prezzo non consentiva di estendere al di là di esso l'oggetto della misura reale, in tal modo essendosi adeguato il sistema interno alle indicazioni in tema di confisca di valore desumibili da una serie di fonti internazionali ed Europee tra cui la decisione quadro 2005/212/GAI del 24 febbraio 2005 del Consiglio dell'Unione Europea, che, all'articolo 2, impone agli Stati Membri di adottare “le misure necessarie per poter procedere alla confisca totale o parziale di strumenti o proventi di reati punibili con una pena della libertà superiore ad un anno o di beni il cui valore corrisponda a tali proventi” anche tale modifica, dunque, si inserisce, completandolo, nel solco percorso dalla interpretazione di questa Corte al fine di sanzionare compiutamente, attraverso lo strumento della confisca per equivalente, le condotte illecite volte a procurare all'agente illeciti profitti, senza irragionevoli distinzioni di sorta cfr. Sez. 3, numero 23108 del 23/04/2013, Nacci, Rv. 255446 . 8. Così risolta in senso affermativo la questione concernente l'applicabilità al L. dell'istituto in oggetto, osserva quindi la Corte - quanto al merito del ricorso - che la giurisprudenza del Supremo Consesso ha ripetutamente sostenuto che la ratio essendi della confisca di valore o per equivalente risiede nell'impossibilità di procedere alla confisca diretta della cosa che presenti un nesso di derivazione qualificata con il reato. “La trasformazione, l'alienazione o la dispersione di ciò che rappresenti il prezzo o il profitto del reato determina la conseguente necessità, per l'ordinamento, di approntare uno strumento che, in presenza di determinate categorie di fatti illeciti, faccia sì che il beneficio che l'autore del fatto ha tratto, ove fisicamente non rintracciabile, venga ad essere concretamente sterilizzato sul piano patrimoniale, attraverso una misura ripristinatoria che incida direttamente sulle disponibilità dell'imputato, deprivandolo del tantundem sul piano monetario” Sez. U, Lucci, cit . Le Sezioni unite, quindi, hanno ribadito la natura sanzionatoria della confisca per equivalente disciplinata dall'articolo 322-tercod. penumero , più volte affermata da questa Corte e motivata dal fatto che, attraverso di essa, si intende privare l'autore del reato di un qualunque beneficio economico derivante dall'attività criminosa, di fronte all'impossibilità di aggredire l'oggetto direttamente ricavato dall'illecito ciò, nella convinzione della capacità dissuasiva e disincentivante di tale strumento, che assume così i tratti distintivi di una vera e propria sanzione, non commisurata né alla colpevolezza dell'autore del reato, né alla gravità della condotta tra le altre, Sez. 3, numero 18311 del 6/3/2014, Cialini, Rv. 259103 Sez. 3, numero 44445 del 9/10/2013, Cruciani, non massimata Sez. 3, numero 23649 del 27/2/2013, D'Addario, Rv. 256164 . Del resto, lo stesso Supremo Collegio, già in precedente occasione, aveva espressamente individuato nella confisca per equivalente, ancorché con riguardo al reato di truffa aggravata, “una forma di prelievo pubblico a compensazione di prelievi illeciti”, ribadendo il conseguente “carattere preminentemente sanzionatorio” della stessa Sez. U, numero 41936 del 25/10/2005, Mucci, Rv. 232164 in termini, Sez. 5, numero 15445 del 16/1/2004, Napolitano, Rv. 228750 . 9. La finalità appena richiamata, propria dell'istituto, risulta poi a tal punto avvertita dal legislatore da assegnare a tale misura ablatoria, al pari di quella diretta, il carattere dell'obbligatorietà, desunto dal dato testuale dell'articolo 322-ter cod. penumero , a mente del quale la confisca è sempre ordinata ciò, quindi, anche nel caso di applicazione della pena su richiesta, pur laddove - come nella vicenda di specie - la stessa non abbia costituito oggetto dell'accordo delle parti tra le altre, Sez. 2, numero 20046 del 4/2/2011, Marone, non massimata . Conclusione, questa, ulteriormente discendente dal fatto che - come rilevato dal Tribunale di Palermo - la sentenza di patteggiamento è sentenza vincolata relativamente al solo profilo del trattamento sanzionatorio e non anche a quello relativo alla confisca, per il quale la discrezionalità del Giudice si riespande come in una normale sentenza di condanna, si che, ove accordo tra le parti su tale punto vi sia comunque stato, il Giudice stesso non è obbligato a recepirlo o a recepirlo per intero cfr. Sez. 2, numero 19945 del 19/04/2012, Toseroni, Rv. 252825 . Né, infine, è necessario, per l'assenza di norme che dispongano in senso contrario, che la confisca per equivalente sia preceduta dal sequestro preventivo dei beni oggetto della stessa Sez. 3, numero 17066 del 04/02/2013, Volpe e altri, Rv. 255113 , come ancora correttamente affermato dal Tribunale di Palermo nell'ordinanza qui impugnata punto, peraltro, non controverso . Obbligatorietà, da ultimo, che consente che la misura venga disposta anche in sede esecutiva, trattandosi, per l'appunto, di statuizione dovuta e, peraltro, con riguardo al reato di cui all'articolo 10-ter, d.lgs. numero 74 del 2000 ascritto al L. , immediatamente quantificabile con riferimento all'i.v.a. non versata e, pertanto, senza dover ricorrere ad alcuna operazione contabile tra tutte, Sez. 3, numero 19461 dell'11/3/2014, Stefanelli, non massimata . 10. Proprio la ratio e la finalità dell'istituto come appena individuate impediscono quindi, a parere del Collegio, di assegnare alla confisca per equivalente la natura di pena accessoria, come invece dedotto nel ricorso. Come noto, le pene accessorie di cui agli articolo 28 e ss. cod. penumero - al pari di quelle previste con riguardo a specifiche tipologie di reati, ad esempio sessuali articolo 609-nonies cod. penumero - consistono in misure interdittive o sospensive dell'esercizio di diritti, potestà od uffici ad es., interdizione dai pubblici uffici, interdizione o sospensione dall'esercizio di professioni o di arti, decadenza dalla potestà genitoriale, estinzione del rapporto di lavoro o di impiego , o in misure a vario titolo volte a privare il soggetto di specifiche capacità aventi rilievo pubblicistico ad es., incapacità di contrarre con la pubblica amministrazione pene che l'ordinamento impone - come corollario alla condanna - in un'ottica lato sensu sanzionatoria ad esempio, l'interdizione perpetua dai pubblici uffici, che segue alla condanna all'ergastolo od alla reclusione per un tempo non inferiore a cinque anni, quale che sia il delitto non colposo commesso l'interdizione legale, che vige durante la pena nel caso di un'eguale condanna o eminentemente specialpreventiva, volta cioè a neutralizzare il colpevole nei casi in cui il reato sia comunque connesso all'esercizio di diritti, potestà od uffici, dei quali lo stesso abbia abusato, oppure violato i doveri. Inibire l'esercizio di questi munera , pertanto, costituisce per l'ordinamento uno strumento essenziale -unitamente, si intende, alla pena principale - per scongiurare il pericolo di recidiva specifica, eliminando particolari fattori di rischio. Una funzione, quella delle pene accessorie, che risulta quindi del tutto distinta da quella propria della confisca per equivalente. Quest'ultima - al pari di quella diretta - mira infatti a ripristinare lo status quo ante, cioè la situazione economica del reo modificata dalla commissione dell'illecito, sterilizzandone le utilità tratte, ma - a differenza di quella diretta - opera mediante l'imposizione di un sacrificio patrimoniale di valore corrispondente a dette utilità, risultate in sé non più aggredibili si tratta, pertanto, come già sopra indicato, di una misura connotata da un evidente carattere afflittivo - che non ricorre nella confisca diretta, immediatamente legata alla cosa oggetto del profitto e da rimuovere in ottica riparatoria - e da un rapporto consequenziale alla condanna proprio della sanzione penale, esulando invece da essa qualsiasi funzione di prevenzione propria delle pene accessorie e delle misure di sicurezza, compresa la stessa confisca diretta Sez. U, Lucci, cit Sez. U, numero 18374 del 31/1/2013, Adami, Rv. 255037 Sez. 3, numero 18311 del 6/3/2014, Cialini, cit. . In altri termini, la misura è parametrata al profitto o al prezzo del reato soltanto sotto un profilo quantitativo , si che l'ablazione va a colpire una parte del patrimonio che, in sé, non ha alcun collegamento con il reato, alcun rapporto di pertinenzialità con esso per tutte, Sez. 3, numero 20887 del 15/4/2015, Aumenta, Rv. 263408 è l'imputato che viene ad essere direttamente colpito nelle sue disponibilità economiche, non la cosa in quanto derivante dal reato, dal che il carattere sanzionatorio, comune – “né più, né meno” Sez. U, Lucci, cit. - alla pena applicata con la sentenza di condanna. 11. Richiamato quanto precede in ordine alla confisca per equivalente, osserva poi il Collegio che - secondo l'insegnamento più recente delle Sezioni Unite Gubert, ampiamente ripreso dalle Sezioni Unite Lucci - qualora il profitto abbia ad oggetto il danaro o beni fungibili, come nel caso di specie, la confisca comunque obbligatoria non è per equivalente, ma diretta, si che “il denaro oggetto di ablazione deve solo equivalere all'importo che corrisponde per valore al prezzo o al profitto del reato, non sussistendo alcun nesso pertinenziale tra il reato ed il bene da confiscare” Sez. U, Gubert . In particolare, il Supremo Collegio ha sottolineato che la confisca per equivalente, rappresentando un'alternativa a quella diretta, presuppone che il relativo oggetto profitto o prezzo abbia una sua consistenza naturalistica e/o giuridica tale da permetterne l'ablazione, nel senso che, entrato nel patrimonio del reo, continui ad essere identificabile diversamente, qualora questo sia rappresentato da una somma di danaro come nel caso di specie , “questa, non soltanto si confonde automaticamente con le altre disponibilità economiche del'autore, ma perde - per il fatto stesso di essere ormai divenuta una appartenenza del reo - qualsiasi connotato di autonomia quanto alla relativa identificabilità fisica”. Non avrebbe, infatti, alcuna ragion d'essere - sul piano economico o giuridico - la necessità di accertare se il danaro ottenuto quale profitto o prezzo dell'illecito sia stato speso, occultato o investito ciò che rileva è che le disponibilità monetarie dell'autore del reato si siano accresciute di quella somma - anche in termini di risparmio Sez. U, Gubert - legittimando, dunque, la confisca in forma diretta del relativo importo. Con la conseguenza che solo nell'ipotesi in cui sia impossibile la confisca del danaro sorge la possibilità di far luogo ad una confisca per equivalente di altri beni e per un valore corrispondente al profitto o al prezzo del reato in tal caso, infatti, si realizza quella “necessaria novazione oggettiva che costituisce il naturale presupposto per poter procedere alla confisca di valore l'oggetto della confisca diretta non può essere appreso e si legittima, così, l'ablazione di un altro bene di pari valore ”, non riscontrabile allorquando profitto o prezzo siano costituiti da danaro. Si da affermarsi il principio di diritto - condiviso dal Collegio - per cui, nell'ipotesi da ultimo citata e propria della vicenda in esame, “la confisca delle somme di cui il soggetto abbia comunque la disponibilità deve essere qualificata come confisca diretta in tal caso, quindi, tenuto conto della particolare natura del bene, non occorre la prova del nesso di derivazione diretta tra la somma materialmente oggetto della confisca ed il reato” Sez. U, Lucci . 12. Tutto ciò premesso, ritiene dunque il Collegio che la confisca del profitto del reato non costituisca una pena accessoria, ma una misura ablatoria ripristinatoria - diretta o per equivalente, a seconda dell'oggetto del profitto medesimo - volta a privare il reo delle conseguenze patrimoniali favorevoli tratte dall'illecito sull'istanza di applicazione della quale, pertanto, si è correttamente pronunciato il Tribunale di Palermo ai sensi dell'articolo 676, comma 1, cod. proc. penumero che, come indicato in premessa, tra le altre competenze del Giudice dell'esecuzione prevede anche la confisca , senza specificazione alcuna, si da comprendere anche l'ablazione non disposta in sede di cognizione. Parimenti, peraltro, lo stesso articolo 676, comma 1, cod. proc. penumero , stabilisce che in questi casi il Giudice procede a norma dell'articolo 667, comma 4, cod. proc. penumero , pronunciando un'ordinanza contro la quale possono proporre opposizione il pubblico ministero, l'interessato e il difensore, davanti allo stesso Giudice non anche, quindi, innanzi al Collegio di legittimità. Ne consegue, come più volte affermato da questa Corte in casi analoghi tra le altre, Sez. 5, numero 503 dell’11/11/2014, Viti, Rv. 262166 , che la presente impugnazione deve esser qualificata come opposizione, e gli atti debbono esser trasmessi al Tribunale di Palermo. P.Q.M. Qualificata l’impugnazione come opposizione ex articolo 667, comma 4, cod. proc. penumero , dispone trasmettersi gli atti al Tribunale di Palermo.