In caso di inadempimento anche gli interessi corrispettivi producono interessi moratori

In tema di mutuo fondiario è prevista la decorrenza automatica degli interessi corrispettivi maturati alle singole scadenze e l’applicabilità degli interessi di mora sugli importi a tale titolo dovuti, al pari del capitale versato.

E' quanto stabilito dalla Corte di Cassazione nella pronuncia n. 21885 del 25 settembre 2013. Il caso. La controversia ha ad oggetto un contratto di mutuo a tasso agevolato concesso da una banca ad un privato per miglioramento agrario. Detto contratto, stipulato nel 1979, prevedeva l’ammortamento della somma mutuata in 15 anni a partire dal quarto anno successivo alla stipula dell’atto definitivo e il pagamento dei soli interessi nel periodo quadriennale di preammortamento, con clausola risolutiva espressa operante in caso di mancato pagamento anche di un solo rateo. A seguito dell’inadempimento del debitore, la banca procedeva ad intimare il precetto e successivamente a notificare un pignoramento immobiliare. Il procedimento esecutivo veniva però bloccato dall’opposizione proposta dal debitore e dal fideiussore, i quali adducevano la nullità del precetto in ragione dell’applicazione di un tasso di interessi moratori superiore al tasso soglia così come introdotto dalla l. n. 108/1996. In prima istanza, il Giudice accoglieva parzialmente l’opposizione, sul rilievo che, sebbene la l. n. 108/1996 non avesse effetto retroattivo, la stessa poteva applicarsi limitatamente ai rapporti ancora in corso alla data della sua entrata in vigore per la frazione temporale ad essi successiva. Sicché veniva espunta la somma intimata corrispondente all’ammontare degli interessi praticati limitatamente alla parte di rapporto intercorso dopo l’entrata in vigore della l. n. 108/1996. Veniva altresì detratta la maggiore somma corrispondente al capitale scaduto ma non effettivamente erogato. Avverso tale pronuncia veniva proposto ricorso ex art. 111 Cost. dalla banca, nel frattempo posta in liquidazione coatta amministrativa. Gli interessi corrispettivi fanno parte del capitale scaduto. In primo luogo, la ricorrente lamenta la falsa applicazione, da parte del Giudice dell’opposizione, dei principi in materia di credito fondiario. Nella specie, a giudizio della banca, il Tribunale era incorso nell’errore di confondere il capitale scaduto, composto dal finanziamento erogato e dall’importo degli interessi di preammortamento relativi ai ratei scaduti e non pagati, ed il capitale versato, limitando solo a quest’ultimo l’obbligo a carico del mutuatario. Al riguardo, la Suprema Corte, nell’accogliere la censura, ha ritenuto del tutto legittima la richiesta degli interessi di preammortamento contrattualmente pattuiti e maturati a far data dalle singole somministrazioni sul capitale effettivamente erogato. Tali importi dovevano necessariamente essere aggiunti al capitale, andando a comporre l’entità del capitale scaduto, sulla quale dovevano essere corrisposti gli interessi moratori, la cui legittimità, oltre ad essere prevista dalla disciplina normativa relativa ai mutui fondiari, non era stata contestata dagli opponenti sotto il profilo dell’anatocismo, ma solo in ordine al dedotto tasso usurario. Interessi corrispettivi e interessi moratori. In definitiva, dunque, la Suprema Corte osserva che il Tribunale ha errato nell’espungere dal precetto l’importo del finanziamento non materialmente erogato, laddove quella cifra costituiva il corrispettivo sinallagmatico del versamento della somma concretamente mutuata. Ed invero, a norma dell’art. 1815 c.c., il mutuatario, salvo diversa volontà delle parti, deve gli interessi al mutuante perché tali interessi costituiscono il costo per il mutuatario del finanziamento. Essi hanno natura di interessi corrispettivi e compongono il capitale scaduto, ovvero la complessiva sorte da pagare, costituita dall’importo erogato e dal prezzo del mutuo secondo il piano di ammortamento comprensivo di quello di preammortamento . Ove i ratei del mutuo non vengano tempestivamente pagati come avvenuto nel caso di specie , devono essere corrisposti gli interessi moratori sugli interessi corrispettivi maturati sui ratei scaduti. Al riguardo, la Suprema Corte osserva che, in tema di mutuo fondiario, è prevista espressamente dall’art. 38, r.d. n. 646/1905 e dall’art. 16, l. n. 175/1991, la decorrenza automatica degli interessi corrispettivi maturati alle singole scadenze nonostante l’opposizione del mutuatario e l’applicabilità degli interessi di mora sugli importi a tale titolo dovuti, al pari del capitale versato. Pertanto, la riduzione del capitale scaduto con l’eliminazione di quanto dovuto per interessi corrispettivi non corrisposti, nella specie, non poteva aver luogo, in quanto il piano di ammortamento era stato stipulato per iscritto in ossequio agli artt. 1815 e 1284 c.c La normativa antiusura non è retroattiva. Il ricorrente contesta altresì la riduzione della somma in ragione della parziale applicazione della l. n. 108 del 1996, in dispregio del consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui, al fine di stabilire se il tasso d’interesse praticato superi il tasso soglia è necessario verificarne l’ammontare al momento della stipulazione del contratto, e non al momento del pagamento. Al riguardo, la Suprema Corte, tenendo conto altresì della norma di interpretazione autentica contenuta nell’art. 1, comma 1, d.l. 29 dicembre 2000, n. 394, ha ribadito che i criteri fissati dalla l. n. 108 del 1996 per la determinazione del carattere usurario degli interessi non trovano applicazione con riguardo alle pattuizioni anteriori all’entrata in vigore della stessa legge. Nella specie, il mutuo fu stipulato nel 1979 ed il precetto intimato nel 1991, sicché risulta del tutto illegittima la riduzione degli interessi moratori operata in virtù dell’applicazione della ridetta legge antiusura.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 22 maggio - 25 settembre 2013, numero 21885 Presidente Carnevale – Relatore Acierno Svolgimento del processo S.E. e N.C. proponevano opposizione all'esecuzione immobiliare intrapresa con pignoramento notificato dalla Sicilcassa s.p.a. in liquidazione coatta amministrativa, il 21/6/2001. Gli opponenti, l'uno in qualità di debitore principale, l'altra in qualità di fideiussore, premesso che la banca aveva concesso un mutuo per miglioramento agrario da erogarsi in più stanziamenti in base agli stati di avanzamento delle opere da realizzare e da estinguersi in 15 anni a partire dalla stipula del contratto definitivo e che venivano complessivamente erogate L. 389.585.000, deducevano la nullità del precetto per illegittima applicazione del tasso degli interessi moratori in quanto superiori al tasso soglia. La parte opposta per quel che interessa rilevava che la nuova regolamentazione normativa dei tassi usurari non poteva avere efficacia retroattiva. Il Tribunale accoglieva parzialmente l'opposizione sulla base delle seguenti affermazioni a La legge numero 108 del 1996 non aveva effetto retroattivo ma secondo la sentenza della Corte di cassazione numero 1126 del 2000 poteva applicarsi limitatamente alla regolamentazione degli effetti dei rapporti ancora in corso alla data della sua entrata in vigore per la frazione temporale ad essi successiva. Nella specie, di conseguenza, alla luce della consulenza contabile eseguita, doveva essere espunta la somma di Euro 27.972,19, in quanto relativa all'ammontare degli interessi praticati limitatamente alla parte di rapporto intercorso dopo l'entrata in vigore della legge numero 108 del 1996 b Doveva altresì escludersi la somma di Euro 101.460,00 in quanto il precetto era stato intimato per una somma Euro 586.040.0959 pari al capitale scaduto superiore dell'importo effettivamente erogato di Euro 389.585.000. Avverso tale pronuncia è stato proposto ricorso ex art. 111 Cost. la Sicilcassa in liquidazione coatta p amministrativa, affidandosi a tre motivi Nel primo motivo è stata dedotta la violazione e falsa applicazione dell'art. 83 del d.lgs numero 385 del 1993 in relazione all'art. 360 numero 3 cod. proc. civ., per non essere stato radicato il giudizio davanti al Tribunale del luogo dove la banca ha la sede legale. Il motivo prospetta un'eccezione d'incompetenza sollevata del tutto tardivamente rispetto allo sbarramento temporale individuato nell'art. 38 cod. proc. civ., ratione temporis applicabile nella prima udienza di trattazione art. 183 cod. proc. civ. , essendo stato affermato dallo stesso ricorrente che tale eccezione è stata sollevata per la prima volta in sede di comparsa conclusionale del procedimento svoltosi davanti al Tribunale di Gela. Nel secondo motivo viene dedotta la violazione art. 112 cod. proc. civ. per vizio di ultrapetizione della sentenza impugnata. Afferma al riguardo la parte ricorrente che gli opponenti avevano dedotto la nullità del precetto notificato contestando esclusivamente l'assoluta nullità del calcolo degli interessi come effettuato in atto di precetto perché superiore al tasso soglia individuato con la L. numero 108 del 1996 . Nessuna censura aveva riguardato l'ammontare del capitale. Pertanto, il Tribunale di Gela provvedendo ingiustificatamente alla riduzione della sorte, per la parte ritenuta ingiustamente non versata è incorsa nel vizio di extrapetizione. Il motivo si chiude con rituale formulazione del principio di diritto. no la domanda c'è . Nel terzo motivo viene dedotta la violazione e falsa applicazione viene dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1284 1372 e 1815 cod. civ. nonché dell'art. 16 della L. numero 175 del 1991 e dell'art. 38 del r.d. numero 646 del 1905 e, più in generale dei principi in materia di credito fondiario. Precisava al riguardo il ricorrente che era stato stipulato un contratto di mutuo agevolato soggetto alle norme antecedenti il d.lgs numero 385 del 1993 che prevedeva un sensibile vantaggio ai sensi della L. regionale siciliana numero 13 del 1986 per il mutuatario, costituito dall'obbligo di pagare soltanto una frazione degli interessi dovuti pari al 3,30% mentre la restante parte era a carico della Regione l'ammortamento della somma mutuata in 15 anni a partire dal quarto anno successivo alla stipula dell'atto definitivo la previsione del pagamento dei soli interessi nel periodo quadriennale di preammortamento, la previsione di una clausola risolutiva espressa operante con il mancato pagamento anche di un solo rateo. Aggiungeva il ricorrente che il contratto definitivo non veniva stipulato e che veniva in concreto erogata la somma di L. 474.979.970 cui dovevano aggiungersi gli interessi di preammortamento scaduti relativi alle somme versate e non pagate fino al 30 giugno 2000 ed infine gli interessi moratori sul capitale scaduto. Il Tribunale è incorso nell'errore di confondere il capitale scaduto composto dal finanziamento erogato e dall'importo degli interessi di preammortamento relativi ai ratei scaduti e non pagati ed il capitale versato, limitando l'obbligo a carico del mutuatario al solo capitale versato. In realtà la banca ha richiesto del tutto legittimamente gli interessi di preammortamento contrattualmente pattuiti e maturati a far data dalle singole somministrazioni fino al giugno del 2000, sul capitale effettivamente erogato. Tali importi dovevano necessariamente essere aggiunti al capitale andando a comporre l'entità del capitale scaduto, sulla quale dovevano essere corrisposti gli interessi moratori, la cui legittimità, secondo il ricorrente, oltre ad essere prevista dalla disciplina normativa relativa ai mutui fondiari, non era stata contestata dagli opponenti, sotto il profilo dell'anatocismo ma solo in ordine al dedotto tasso usurario. La eliminazione della quota di capitale relativa agli interessi di preammortamento scaduti costituisce una violazione della disciplina negoziale ex art. 1372 cod. civ., nonché la violazione dell'art. 1284 cod. civ. nella parte in cui prevede la facoltà di prevedere interessi convenzionali superiori a quelli legali purché disposti per iscritto. Infine è stato violato il principio dell'onerosità dei mutui previsto dall'art. 1815 cod. civ. Il motivo si chiude con rituale quesito di diritto. Nel quarto motivo di ricorso viene dedotta la violazione e falsa applicazione della L. numero 108 del 1996 e della legge d'interpretazione autentica numero 24 del 2001, per avere la sentenza impugnata non riconosciuto la somma di L. 27.972,19 perché relativa ad interessi calcolati in misura superiore a quella legale secondo i parametri della normativa antiusura. Escludendo l'importo in questione la sentenza impugnata ha disatteso il più recente ma conforme orientamento di questa Corte in ordine all'applicazione della normativa antiusura dopo la L. numero 24 del 2001, ritenuta costituzionalmente legittima dalla Corte Costituzionale con sentenza numero 29 del 2002. Secondo la giurisprudenza di legittimità al fine di stabilire se il tasso d'interesse praticato superi il tasso soglia è necessario verificarne l'ammontare al momento della stipulazione del contratto, e non al momento del pagamento. Nella specie il mutuo fu stipulato nel 1979 ed il precetto intimato nel 1991, con conseguente inapplicabilità radicale della disciplina normativa contenuta nella L. 108 del 1996. Peraltro, precisa la parte ricorrente il tasso applicato era amministrato per definizione ex lege e non era negoziato in senso stretto, oltre a non gravare se non in misura ridottissima 3,3,% a carico del mutuatario. Inoltre gli atti concreti di erogazione erano stati anteriori all'entrata in vigore della L. numero 108 del 1996 27/9/93 e 5/4/1995 . Il secondo e terzo motivo devono essere trattati congiuntamente in quanto logicamente connessi. Pur potendosi ritenere inclusa nella censura di invalidità radicale del precetto e di non corrispondenza dell'importo azionato a quello dovuto, la domanda relativa alla riduzione della somma complessivamente richiesta a titolo di capitale scaduto , si deve osservare che l'importo di L. 101.460,00 non poteva essere espunto perche non materialmente erogato costituendo il corrispettivo sinallagmatico del versamento della somma concretamente mutuata. Il piano di preammortamento e di ammortamento del mutuo derivano dalla naturale natura onerosa del mutuo prevista dall'art. 1815 cod. civ. Secondo tale norma il mutuatario, salvo diversa volontà delle parti deve gli interessi al mutuante, perché tali interessi costituiscono il costo per il mutuatario del finanziamento. Essi hanno la natura d'interessi corrispettivi e, come correttamente evidenziato dal ricorrente compongono il capitale scaduto ovvero la complessiva sorte da pagare, costituita dall'importo erogato e dal prezzo del mutuo secondo il piano a scalare stabilito nel piano di ammortamento comprensivo di quello di preammortamento . Ove i ratei vengano tempestivamente pagati non si applicano gli interessi moratori, In caso contrario essi devono essere corrisposti sugli interessi corrispettivi maturati sui ratei scaduti. Nella specie era stato previsto un piano quadriennale di preammortamento, ovvero di ratei formati solo di una quota a scalare degli interessi corrispettivi complessivamente dovuti, peraltro, in virtù della natura agevolata del mutuo, posti solo in misura modesta 3,30%, mentre il restante 11,40% era di pertinenza dell'ente territoriale a carico del mutuatario. Quest'ultimo non aveva corrisposto alcun rateo e ne era conseguita l'operatività della clausola risolutiva espressa e la richiesta di pagamento della quota integrale a causa dell'omesso versamento dei ratei degli interessi di preammortamento che fossero scaduti alla data di cessazione della vigenza del rapporto. Si deve osservare, al riguardo, che in tema di mutuo fondiario, la debenza del c.d. capitale scaduto è prevista espressamente dall'art. 38 del r.d. numero 646 e dall'art. 16 della L. numero 175 del 1991, ratione temporis applicabili. Nelle due norme è, infatti, prevista la decorrenza automatica degli interessi corrispettivi maturati alle singole scadenze nonostante l'opposizione del mutuatario e l'applicabilità degli interessi di mora sugli importi a tale titolo dovuti, al pari del capitale versato. Cass.9695 del 2011 3656 del 2013 . La riduzione del capitale scaduto con l'eliminazione di quanto dovuto per interessi corrispettivi non corrisposti, nella specie non poteva, di conseguenza aver luogo, in quanto a il piano di preammortamento era stato stipulato per iscritto in ossequio all'art. 1815 e 1284 cod. civ. b l'applicazione della normativa antiusura, incidente anche sugli interessi corrispettivi ex art. 1815 secondo comma, non era applicabile ratione temporis, e non era stata neanche prospettata la questione dell'operatività nella specie del divieto di anatocismo. La sentenza impugnata, limitandosi all'esclusione dell'importo relativo agli interessi relativi al piano di preammortamento, mediante un'adesione non del tutto comprensibile alla consulenza tecnica d'ufficio, si è limitata ad affermare erroneamente che essi non costituiscono parte del capitale, così confondendo capitale versato e scaduto . La sentenza impugnata, infine, non distingue tra interessi a scalare su ratei scaduti, da integrare nel capitale da restituire, e interessi su ratei non ancora scaduti e conseguentemente non dovuti in caso di domanda di rimborso anticipato dell'intero importo erogato S.U numero 12639 del 2008 limitandosi ingiustificatamente ad escludere dall'obbligo restitutorio la quota di capitale non riconducibile all'importo effettivamente erogato. Si ritiene, peraltro, di dover precisare che tale differenziazione degli interessi corrispettivi dovuti non è desumibile aliunde dalla lettura complessiva della pronuncia o del ricorso. Il terzo motivo, merita, conseguentemente accoglimento, così come il quarto motivo, trovando applicazione l'orientamento più recente ma consolidato della giurisprudenza di questa Corte, alla luce del quale I criteri fissati dalla legge 7 marzo 1996, numero 108 per la determinazione del carattere usurario degli interessi non trovano applicazione con riguardo alle pattuizioni anteriori all’entrata in vigore della stessa legge, come emerge dalla norma di interpretazione autentica contenuta nell'art. 1, primo comma, D.L. 29 dicembre 2000, numero 394 conv., con modificazioni, nella legge 28 febbraio 2001, numero 24 , norma riconosciuta non in contrasto con la Costituzione con sentenza numero 29 del 2002 della Corte Costituzionale Cass. N. 4380 del 2003 26499 del 2009 . Risulta pertanto illegittima la riduzione degli interessi moratori per L. 27.912,19, operata in virtù dell'applicazione della L. numero 108 del 1996. In conclusione il ricorso deve essere accolto. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, si procede ex art. 384, secondo comma cod. proc. civ. alla decisione nel merito,e, conseguentemente, al rigetto dell'opposizione, con applicazione del principio della soccombenza in ordine al giudizio di merito e alla fase di legittimità. P.Q.M. La Corte, accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta l'opposizione all'esecuzione e condanna le parti resistenti al pagamento delle spese di lite del precedente grado di merito e del presente procedimento, liquidate, per il grado di merito in Euro 2500 per onorari Euro 1500 per competenze Euro 300 per spese per il presente procedimento in Euro 11800 per compensi Euro 200 per esborsi otre accessori di legge.