Immobile acquistato con un finanziamento pubblico, la scuola professionale rimane tale

Restano immutati i vincoli di destinazione dei beni acquisiti mediante contributi erogati dal Fondo addestramento professionale lavoratori, ai sensi della l. numero 264/1949 provvedimenti in materia di avviamento al lavoro e di assistenza dei lavoratori involontariamente disoccupati .

Così si è espressa la Corte di Cassazione nella sentenza numero 12191, depositata il 12 giugno 2015. Il caso. Un’associazione, scuola professionale, conveniva in giudizio la Regione Lombardia per sentire dichiarato estinto il vincolo di destinazione gravante su alcuni immobili, acquistati grazie ad un contributo straordinario concesso con decreto del Ministero del Lavoro di concerto con quello del Tesoro il decreto contemplava l’impegno sia a non alienare i beni a terzi e a non destinarli a scopi diversi dall’attività di istruzione professionale, sia a devolverli alla Regione Lombardia in caso di estinzione o mutamento di attività dell’ente beneficiario. La Corte d’appello di Milano rigettava la domanda, per cui l’associazione ricorreva in Cassazione contestava la pronuncia nella parte in cui, facendo riferimento alla natura pubblicistica del vincolo di inalienabilità e di destinazione, aveva escluso la violazione del principio ex articolo 1379 c.c. divieto di alienazione . Inoltre, la ricorrente criticava il riferimento all’interesse pubblico per giustificare la durata illimitata del vincolo. Il vincolo di destinazione trova giustificazione nel finanziamento. Secondo la Corte di Cassazione, i giudici di merito avevano correttamente escluso la violazione del principio di cui all’articolo 1379 c.c., il quale limita gli effetti del divieto convenzionale di alienare, stabilendo che tale divieto ha effetto solo tra le parti e non è valido se non è contenuto entro convenienti limiti di tempo e se non risponde ad un apprezzabile interesse di una delle parti. Nel caso di specie, il bene era stato acquistato con il finanziamento erogato ai sensi della l. numero 264/1949 provvedimenti in materia di avviamento al lavoro e di assistenza dei lavoratori involontariamente disoccupati , che aveva previsto misure finalizzate a contrastare la disoccupazione e dirette a creare condizioni favorevoli all’avviamento al lavoro attraverso l’incentivazione di corsi di istruzione professionale. Il vincolo di destinazione senza limitazioni di tempo dell’immobile, a cui era subordinato il finanziamento, trovava giustificazione nelle esigenze che il finanziamento, e quindi il bene acquistato, doveva soddisfare. Perciò, in considerazione di tali finalità pubblicistiche, correttamente era stato ritenuto che fosse sottratto alla volontà negoziale il potere di interferire sulla destinazione del bene, essendo sotto tale profilo il contenuto del contratto predeterminato dalla necessità di soddisfare l’interesse pubblico perseguito dalla legge, laddove alle parti era data la possibilità soltanto di aderire o meno alle condizioni in base alle quali era concesso il contributo ovvero di non usufruirne. Ciò era confermato dalla previsione di devoluzione dei beni alla Regione in caso di estinzione o di mutamento di attività dell’associazione. Proprietà già vincolata. La ricorrente sosteneva che un vincolo simile fosse contrario ai principi costituzionali posti a presidio del libero esercizio della proprietà, ai sensi dell’articolo 42 Cost Tuttavia, gli Ermellini sottolineano che, nel caso in commento, la proprietà nasceva conformata dai vincoli di inalienabilità e di destinazione, preventivamente determinati per il raggiungimento degli scopi, in funzione dei quali era stato concesso il contributo per l’acquisto dell’immobile de quo. Inoltre, richiamano i giudici di legittimità, in considerazione della necessità di realizzare gli scopi per i quali il contributo sia stato concesso, l’articolo 23 l. numero 845/1978 soppressione del Fondo addestramento professionale lavoratori aveva stabilito che restassero immutati i vincoli di destinazione dei beni acquisiti mediante contributi erogati dal Fondo addestramento professionale lavoratori. Per questi motivi, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 28 aprile – 12 giugno 2015, numero 12191 Presidente Bursese – Relatore Migliucci Svolgimento del processo 1.- L'Associazione Scuola Professionale omissis conveniva in giudizio la Regione Lombardia per sentire dichiarare estinto il vincolo di destinazione gravante sugli immobili siti in Cantù, acquistati grazie a un contributo straordinario di L. 225.000.000 concesso con decreto numero 10153 del 21.3.1972 del Ministero del Lavoro di concerto con il Ministero del Tesoro che, all'articolo 2, contemplava l'impegno sia a non alienare i beni a terzi e a non destinarli a scopi diversi dall'attività di istruzione professionale, sia a devolverli alla Regione Lombardia in caso di estinzione o mutamento di attività dell'ente beneficiario. La Regione Lombardia eccepiva la carenza di giurisdizione per la natura amministrativa della concessione di finanziamento di cui i vincoli erano patti accessori sosteneva la necessità di integrare il contraddittorio con i Ministeri interessati e, nel merito, chiedeva il rigetto della domanda. Con sentenza numero 6947/2004 il Tribunale di Milano respingeva la domanda. Con sentenza 3091/2008 la Corte di appello di Milano rigettava l'impugnazione proposta dall'attrice. I Giudici osservavano quanto segue. Era da escludere la violazione del principio di cui all'articolo 1379 cod. civ. circa la temporaneità dei vincoli di alienabilità e di destinazione, posto che gli stessi nella specie non derivavano dal contratto di compravendita degli immobili, ma dall'atto di concessione del finanziamento - rilasciato ai sensi dell'articolo 63 L. 264/1949 e succ. mod. - che subordina il contributo al perseguimento degli scopi in esso indicati. In particolare era pacifico che l'erogazione del contributo era avvenuta per soddisfare un pubblico interesse e che i vincoli di inalienabilità e destinazione erano stati previsti per assicurare la realizzazione dello stesso. Al riguardo, non poteva sostenersi che la fonte immediata del rapporto fosse la volontà delle parti, poiché l'espresso richiamo alla normativa, che individua gli scopi per i quali l'erogazione era avvenuta, consentiva di ritenere che fosse stata accettata una deroga legale al principio della libera disponibilità e alle norme di diritto comune l'Associazione aveva accettato il vincolo, prendendo atto delle finalità da attuare per il conseguimento del superiore interesse pubblico. Non poteva ritenersi che vi fosse stata un'involontaria omissione nel non prevedere un termine di efficacia del vincolo, solo perché in altri casi era stato indicato da un lato, infatti, tali casi erano irrilevanti perché riguardanti altri rapporti con terzi, dall'altro nel caso di specie era espressamente prevista la devoluzione dei beni alla Regione in ipotesi di estinzione o di mutamento di attività dell'Associazione, lasciando alla libera scelta della parte se continuare a beneficiare del bene per gli scopi dichiarati al fine di ottenere il finanziamento o se devolverlo all'ente territoriale tale previsione era qualificabile come condizione risolutiva del finanziamento. Era, infine, da escludere la asserita illogicità della motivazione per il richiamo del Tribunale alla giurisprudenza penale secondo cui Il denaro proveniente da finanziamento dello Stato è “pecunia publica” e non perde tale natura col passaggio nella disponibilità dell'ente privato finanziato , perché nella specie si trattava di stabilire soltanto se il divieto potesse essere stabilito senza limiti di tempo e non accertare se il finanziamento pubblico implichi il divieto di una destinazione del denaro a scopi diversi da quello per cui è stato ricevuto l'impossibilità di sottrarre l'erogazione alla sua destinazione comportava la necessità di continuare a usare il bene per lo scopo per il quale era stato acquistato e, dunque, il permanere illimitato del vincolo. 2.- Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione l'Associazione Scuola Professionale Achille Grandi sulla base di due motivi Resiste con controricorso l'intimata. Le parti hanno depositato memoria illustrativa. Motivi della decisione 1.- Il primo motivo censura la sentenza impugnata laddove, facendo riferimento alla natura pubblicistica del vincolo di inalienabilità e di destinazione, aveva escluso la violazione del principio di cui all'articolo 1379 cod. civ. Osserva che la normativa pubblicistica costituiva soltanto il presupposto del rapporto che, instauratosi in virtù del consenso e dell’accettazione del vincolo, aveva fonte immediata nella volontà delle parti. Erroneamente, confermando la giurisprudenza penale richiamata dal tribunale, non era stato considerato come in analoghe concessioni era stata prevista la durata temporanea del vincolo, per cui la durata illimitata non è espressione di un principio generale desumibile dalla natua pubblica della pecunia. 2.- Il secondo motivo censura la motivazione della sentenza, laddove aveva fatto riferimento all'interesse pubblico per giustificare la durata illimitata del vincolo sul rilievo che a tale vincolo non è previsto dall'articolo 63 d legge numero 3264 del 1949 b tale disposizione, quand'anche esistente, sarebbe contraria ai principi costituzionali posti a presidio del libero esercizio della proprietà, ai sensi dell'articolo 42 Cost 3.- I motivi - che, per la stretta connessione, possono essere esaminati congiuntamente - sono infondati. La Corte di appello ha correttamente escluso la violazione del principio di cui all'articolo 1379 cod. civ. che limita gli effetti del divieto convenzionale di alienare, stabilendo che tale divieto ha effetto solo tra le parti, e non è valido se non è contenuto entro convenienti limiti di tempo e se non risponde ad un apprezzabile interesse di una delle parti. Nella specie, il bene è stato acquistato con il finanziamento erogato ai sensi della legge numero 264 del 1949 che aveva previsto misure finalizzate a contrastare la disoccupazione e dirette a creare condizioni favorevoli all'avviamento al lavoro attraverso la incentivazione di corsi di istruzione professionale. Il vincolo di destinazione senza limitazioni di tempo dell'immobile, al quale era subordinato il finanziamento, trovava giustificazione nelle esigenze che il finanziamento - e quindi il bene acquistato - doveva soddisfare. In considerazione delle finalità pubblicistiche ovvero dell'interesse perseguito, correttamente la sentenza impugnata ha ritenuto che era sottratta alla volontà negoziale il potere di interferire sulla destinazione del bene, essendo sotto tale profilo il contenuto del contratto predeterminato dalla necessità di soddisfare l'interesse pubblico perseguito dalla legge, laddove alle parti era data la possibilità soltanto di aderire o meno alle condizioni in base alle quali era concesso il contributo ovvero di non usufruirne il che era confermato dalla previsione di devoluzione dei beni alla Regione in ipotesi di estinzione o di mutamento di attività dell'Associazione. Appare fuori luogo il richiamo compiuto dalla ricorrente ai principi costituzionali e a quelli affermati della Corte Europea a salvaguardia dei diritti dell'uomo e della libertà fondamentali sui limiti delle imposizioni dirette a comprimere il diritto di proprietà, posto che nella specie la proprietà nasceva conformata dai vincoli di inalienabilità e di destinazione, preventivamente determinati per il raggiungimento degli scopi in funzione dei quali era stato concesso il contributo per l'acquisto dell'immobile de quo. Ed in considerazione, per l'appunto, della necessità di realizzare gli scopi per i quali il contributo sia stato concesso, che l'articolo 23 delle legge numero 845 del 1978 ha stabilito che restano immutati i vincoli di destinazione dei beni acquisiti mediante contributi erogati dal Fondo addestramento professionale lavoratori. Parimenti irrilevante è la circostanza che in altri casi sarebbe stata prevista la durata non illimitata del vincolo, posto che in quei casi era stato in tal modo compiuta una preventiva valutazione in merito al temporaneo soddisfacimento degli interessi pubblici. Il ricorso va rigettato. Le spese della presente fase vanno poste a carico della ricorrente, risultata soccombente. P.Q.M. Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento in favore del resistente delle spese relative alla presente fase che liquida in Euro 4.400,00 di cui Euro 200,00 per esborsi ed Euro 4.200,00 per onorari di avvocato oltre spese forfettarie e accessori di legge.