In tema di procedimento disciplinare a carico degli avvocati, il potere di applicare la sanzione adeguata alla gravità e alla natura dell’offesa arrecata al prestigio dell’ordine professionale è riservato agli organi disciplinari.
Questo principio di diritto è stato ribadito dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, nella sentenza numero 15120, depositata il 17 giugno 2013. Applicazione della pena su richiesta. Un avvocato era stato condannato, in seguito a patteggiamento, per aver formato falsi avvisi di ricevimento di raccomandate relativi all’avvenuta notifica di atti di citazione davanti ai giudici di pace, utilizzandoli in giudizio e provocando la dichiarazione di contumacia dei convenuti. Inoltre, il Consiglio dell’Ordine gli aveva comminato la sanzione della sospensione dall’esercizio della professione per alcuni mesi. Grave e reiterata violazione dei principi generali della deontologia forense. In seguito a impugnazione di tale provvedimento da parte del Procuratore della Repubblica, il Consiglio Nazionale Forense ha sostituito la sospensione con la sanzione della cancellazione dall’Albo professionale. Infatti, il Consiglio ha censurato l’argomento usato dal consiglio territoriale per sminuire l’illecito dell’incolpato, e cioè il fatto che questi non ne abbia tratto beneficio patrimoniale né abbia arrecato danno a terzi. Inoltre, ha considerato, ai fini della comminazione della sanzione, la reiterazione delle condotte accertate in sede penale falsifica avvisi di ricevimento e falsifica autenticazioni relative alle sottoscrizioni dell’elenco dei candidati di una lista per le elezioni politiche , e la così manifestata propensione generale dell’incolpato a operare fuori dei canoni di onestà, lealtà, probità e legalità propri della professione forense. Contro tale sentenza, il professionista ha proposto ricorso, addebitando al giudice disciplinare di aver equiparato la sentenza penale pronunciata su richiesta dell’imputato a una sentenza penale ordinaria. La Suprema Corte ha ritenuto il ricorso infondato, dichiarando puntuale l’applicazione degli articolo 445 e 653, comma 1 bis, c.p.p., come modificati dalla l. numero 97/2001, in base ai quali la sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti ha efficacia di giudicato – nei giudizi disciplinari che si svolgono davanti alle pubbliche autorità, e quindi anche in quelli che riguardano avvocati – quanto all’accertamento del fatto, alla sua illiceità penale e all’affermazione che l’imputato lo ha commesso. Potere di applicare la sanzione. Gli Ermellini hanno specificato che la valutazione sulla rilevanza del fatto e sulla personalità del suo autore sotto il profilo deontologico è riservata al giudice disciplinare, in coerenza con quanto disposto dall’articolo 5 del Codice deontologico forense. Inoltre, il ricorrente ha censurato la motivazione con la quale il Consiglio Nazionale ha ritenuto di doversi discostare dal consiglio territoriale nella valutazione della gravità dei fatti contestati all’incolpato. Piazza Cavour ha ribadito che il potere di applicare la sanzione è in capo agli organi disciplinari, pertanto, la determinazione della sanzione inflitta all’incolpato dal Consiglio Nazionale Forense non è censurabile in sede di legittimità, salvo il caso – che nella fattispecie concreta non ricorre - di assenza di motivazione. Nel procedimento disciplinare non vige il favor rei. Relativamente all’ulteriore deduzione del ricorrente, il quale ha evidenziato che nella nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense la sanzione disciplinare della cancellazione è stata soppressa, e oggi vi sarebbe solo quella della radiazione, i giudici di legittimità hanno affermato che non è necessario verificare la fondatezza dell’assunto difensivo. Questo perché, in materia di sanzioni disciplinari a carico degli avvocati, trattandosi di sanzioni amministrative, non vige il canone penalistico dell’applicazione retroattiva della norma più favorevole, e al fatto si applica la sanzione vigente nel momento in cui il medesimo è stato commesso.
Corte di Cassazione, sez. Unite Civili, sentenza 14 maggio - 17 giugno, numero 15120 Presidente Luccioli – Relatore Ceccherini Svolgimento del processo 1. L'avvocato C.C. fu sottoposto a procedimento disciplinare da parte del Consiglio dell'Ordine degli avvocati di Nola, con l'incolpazione di aver posto in essere comportamenti che, analiticamente e complessivamente considerati, costituiscono grave e reiterata violazione dei principi generali della deontologia forense, e, in particolare, per l'accertata responsabilità in capo allo stesso dei reati di cui agli articolo 476, 479 e 482 c.p. nonché degli articolo 5, 6, 7 e 8 del codice deontologico. Al professionista, infatti, era stato contestato, in un procedimento penale in cui era imputato, di aver formato nove falsi avvisi di ricevimento di altrettante lettere raccomandate e relativi all'avvenuta notifica di atti di citazione davanti ai giudici di pace di Marigliano, Sant'Anastasia e Nola, utilizzandoli in giudizio e provocando la dichiarazione di contumacia dei convenuti e di aver falsificato seicentoquattro autenticazioni relative alle sottoscrizioni dell'elenco dei candidati della lista No Monnezza in Campania Partito Animalista Ambientalista per le elezioni politiche dell'aprile 2008. In detto processo penale l'avvocato C. aveva patteggiato la pena e la sentenza, pronunciata su sua richiesta, gli aveva irrogato anni uno e mesi dieci di reclusione e Euro 140,00 di multa, con il beneficio della sospensione, dichiarando la falsità degli avvisi di ricevimento e del sigillo del notaio A.G. di Napoli. Il Consiglio dell'Ordine comminò all'incolpato la sanzione di mesi quattro di sospensione dall'esercizio della professione. 2. Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli impugnò il provvedimento davanti al Consiglio Nazionale Forense che, con sentenza in data 22 settembre 2012, ha sostituito alla sanzione sopra indicata quella della cancellazione dall'Albo professionale. Il Consiglio ha applicato l'articolo 653 comma 1 bis c.p.p. circa l'efficacia della sentenza pronunciata a norma dell'articolo 444 c.p.p. nel procedimento disciplinare, ferma restando la riserva al giudice disciplinare della valutazione della condotta dal punto di vista dell'ordinamento professionale ha censurato l'argomento usato dal consiglio territoriale per sminuire l'illecito dell'incolpato, e cioè il fatto che questi non ne abbia tratto beneficio patrimoniale né abbia arrecato danno a terzi e ha considerato, ai fini della determinazione della sanzione, la reiterazione delle condotte accertate in sede penale, e la così manifestata propensione generale dell'incolpato a operare fuori dei canoni di onestà, lealtà, probità e legalità propri della professione forense. 3. Per la cassazione della sentenza ricorre l'avvocato C. per un unico motivo. Il ricorrente ha depositato una memoria. Ragioni della decisione 4. Con il ricorso si addebita al giudice disciplinare di aver equiparato la sentenza penale pronunciata su richiesta dell'imputato ad una sentenza penale ordinaria. Il ricorrente svolge poi alcune doglianze che riguardano gli elementi di fatto accertati dal giudice disciplinare, e che sono estranei al presente giudizio di legittimità. Infine, il ricorrente censura la motivazione con la quale il Consiglio Nazionale ha ritenuto di doversi discostare dal consiglio territoriale nella valutazione della gravità dei fatti contestati all'incolpato. 5. Il ricorso è infondato. Il Consiglio Nazionale Forense ha fatto puntuale applicazione dell'articolo 653, comma 1 bis c.p.p., in conformità a quanto questa corte ha già avuto modo di affermare con la sentenza 31 ottobre 2012, numero 18701, e cioè che, a norma degli articolo 445 e 653 c.p.p., come modificati dalla legge 27 marzo 2001, numero 97, la sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti ha efficacia di giudicato - nei giudizi disciplinari che si svolgono davanti alle pubbliche autorità, e quindi anche in quelli che riguardano avvocati - quanto all'accertamento del fatto, alla sua illiceità penale e all'affermazione che l'imputato lo ha commesso fatta salva la valutazione sulla rilevanza del fatto e sulla personalità del suo autore sotto il profilo deontologico, apprezzamento riservato al giudice disciplinare, in coerenza con quanto disposto dall'articolo 5 del Codice deontologico forense. Né, per contrastare questo insegnamento, è pertinente il richiamo del precedente delle sezioni unite di questa corte, 31 luglio 2006 numero 17289, che si riferisce ad una sentenza di patteggiamento pronunciata in data 1 ottobre 1993, vale a dire molti anni prima dell'entrata in vigore dell'articolo 1 della L. 27 marzo 2001, numero 97, che ha introdotto nel codice di procedura penale la disposizione applicata comma 1 bis dell'articolo 653 c.p.p. . 6. Quanto alla determinazione della sanzione, il consiglio ha motivato la sua decisione nel modo riportato supra al numero 2. Il ricorrente non censura questa motivazione, bensì l'interpretazione data dal giudice disciplinare del provvedimento del consiglio territoriale per motivare l'irrogazione di una sanzione meno grave, vale a dire un punto neppure decisivo. Deve peraltro trovare qui applicazione il principio di diritto già enunciato da questa corte Cass. Sez. unumero 1 agosto 2012 numero 13791 , per cui, in tema di procedimento disciplinare a carico degli avvocati, il potere di applicare la sanzione adeguata alla gravità ed alla natura dell'offesa arrecata al prestigio dell'ordine professionale è riservato agli organi disciplinari pertanto, la determinazione della sanzione inflitta all'incolpato dal Consiglio Nazionale Forense non è censurabile in sede di legittimità, salvo il caso - che nella fattispecie in esame non ricorre - di assenza di motivazione. 7. Nella memoria depositata, il ricorrente deduce che nella nuova disciplina dell'ordinamento della professione forense, emanata con la legge 31 dicembre 2012 numero 247, la sanzione disciplinare della cancellazione è stata soppressa, e oggi vi sarebbe solo quella della radiazione, il che imporrebbe di riconsiderare l'adeguatezza della sanzione inflittagli dal Consiglio Nazionale Forense in luogo della sospensione disposta dall'Ordine degli avvocati di Nola. 8. Il ricorrente muove evidentemente dalla supposizione che la nuova disciplina, la quale nell'ordine di gravità crescente prevede quale unica sanzione ablativa la radiazione, sarebbe più favorevole all'incolpato di quella precedente, che prevedeva la cancellazione e poi la radiazione. Nella fattispecie è stata applicata la sanzione ablativa più lieve, ma non è qui necessario verificare la fondatezza dell'assunto difensivo, perché la sua rilevanza postula l'applicabilità, nel procedimento disciplinare della professione forense, del principio del favor rei. Tale assunto è contraddetto della consolidata giurisprudenza di questa corte, per la quale in materia di sanzioni disciplinari a carico degli avvocati, trattandosi di sanzioni amministrative, non vige il canone penalistico dell'applicazione retroattiva della norma più favorevole, e al fatto si applica la sanzione vigente nel momento in cui il medesimo è stato commesso Cass. sez. unumero 26 novembre 2008 numero 28159 10 agosto 2012 numero 14374 . 9. In conclusione il ricorso è respinto. In mancanza di difese svolte dalla controparte non v'è luogo a pronuncia sulle spese. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso.