La proposizione di una domanda ex articolo 18 St. Lav. è condizione necessaria e sufficiente per l’applicazione del rito speciale, non essendo consentita alle parti la scelta di un rito diverso.
Lo ha affermato il Tribunale di Bari – Sez. Lavoro, con sentenza depositata il 4 marzo 2014. Il lavoratore adduce l’esistenza di un unico centro di imputazione di interessi si applica il rito Fornero? La pronuncia in commento trae origine dal giudizio promosso dal lavoratore per impugnare il licenziamento disposto «per soppressione del posto di lavoro». Il ricorrente ha affermato la sussistenza del requisito dimensionale valevole ai fini della tutela di cui al novellato articolo 18, l. numero 300/1970 Statuto dei lavoratori sostenendo l’esistenza di un unico centro di imputazione di interessi tra il datore formale ed un’altra società. Avendo avuto esito negativo il tentativo di conciliazione, il giudice adito ha ritenuto di dover delibare, in via preliminare, in ordine all’eccezione di inapplicabilità del rito introdotto dall’articolo 1, commi 47 e ss., l. numero 92/2012 c.d. Legge Fornero sollevata dalle società convenute. Il nuovo articolo 18 St. Lav. individua le controversie soggette al rito Fornero. Come noto, il 18 luglio 2012 è entrata in vigore la l. numero 92/2012, recante “Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita” c.d. “Riforma Fornero” . La novella legislativa è intervenuta, fra l’altro, sulla disciplina sostanziale e processuale concernente le impugnative di licenziamento, apportando modifiche all’articolo 18 St. Lav. ed introducendo un nuovo rito per la trattazione di tali controversie. Il nuovo testo dell’articolo 18 cit. individua le controversie che vi debbono essere assoggettate, ricomprendendovi tutte quelle, introdotte dopo il 18 luglio 2012, per le quali la nuova versione dell’articolo 18 prevede qualcuna delle sanzioni ivi disciplinate per il caso d’invalidità del licenziamento, indipendentemente dalla disciplina sostanziale ratione temporis applicabile. Quindi, per stabilire le regole processuali da seguire, si deve verificare, da un lato, se la domanda giudiziale ha ad oggetto in tutto o in parte l’impugnazione di un licenziamento rientrante nelle ipotesi regolate dall’articolo 18 St. Lav. così come modificato dall’articolo 1, comma 42, l. numero 92/2012 , e, dall’altro, se la controversia è stata introdotta dopo l’entrata in vigore della riforma. Il lavoratore non può rinunciare al rito Fornero. Secondo la pronuncia in commento, per le impugnative di licenziamento rientranti nelle ipotesi regolate dal novellato articolo 18 St. Lav., il nuovo rito deve essere seguito obbligatoriamente, senza che il ricorrente possa scegliere fra processo ordinario e rito speciale. A tale conclusione si perviene, non solo in base al tenore letterale della legge, ma anche per ragioni di ordine sistematico il lavoratore non può rinunciare al rito Fornero, optando per il rito ordinario, atteso che il rito speciale non costituisce uno strumento finalizzato alla tutela delle ragioni del dipendente, bensì una tecnica di tutela volta ad abbreviare i tempi necessari ad ottenere una decisione definitiva ogni qual volta siano in gioco le ipotesi di cui al nuovo articolo 18. In altri termini, non è il ricorrente a poter scegliere il rito, ma il giudice a dover applicare quello pertinente a ciascuna domanda proposta con il ricorso, provvedendo secondo il principio iura novit curia a qualificare ciascuna domanda in base al petitum sostanziale. Il lavoratore invoca la tutela contro un soggetto diverso dal datore formale? Ammissibile il ricorso introdotto con il rito Fornero. Con riferimento all’eccezione preliminare sollevata dalle società convenute, la pronuncia in commento ha richiamato i precedenti giurisprudenziali che hanno ritenuto inammissibili le domande ex articolo 18 St. Lav. proposte dal lavoratore nei confronti di un datore di lavoro anche diverso da quello formale sul presupposto della sussistenza di un gruppo di imprese Trib. Milano, 25/10/2012, est. Scarsella Trib. Milano, 25/10/2012, est. Di Leo Tribunale di Treviso, 22/5/2013, est. Rinaldi Tribunale di Roma, 30/5/2013, est. Giovene di Girasole a sostegno dell’inammissibilità, si è affermata l’incompatibilità della complessa istruttoria necessaria per la verifica della sussistenza del rapporto di lavoro subordinato con un datore di lavoro diverso da quello formale con la sommarietà del rito introdotto dalla Riforma Fornero. La pronuncia in commento, tuttavia, ritiene che tale orientamento sia in contrasto con l’obbligatorietà del rito ex articolo 1, commi 47 e ss., l. numero 92/2012, desumibile innanzitutto dal dato letterale il legislatore, infatti, ha utilizzato un verbo che non lascia spazio ad alcuna discrezionalità e lo ha coniugato al modo indicativo «Le disposizioni dei commi da 48 a 68 si applicano » . Nel giudizio introdotto con il rito Fornero, dunque, non può ritenersi astrattamente preclusa la verifica, in via incidentale, della fondatezza della questione relativa all’unitarietà del centro di imputazione, ove dalla risoluzione della medesima dipenda l’esito del giudizio di merito sulle domande ex articolo 18 condizione necessaria e sufficiente per l’applicazione del rito speciale è la proposizione di una domanda ex articolo 18, l. numero 300/1970, non essendo consentita alle parti la scelta di un rito diverso Pertanto, nel caso in cui nelle conclusioni del ricorso introdotto con il rito speciale venga richiesta una delle tutele introdotte dal nuovo articolo 18, ancorché nei confronti di un datore di lavoro diverso da quello formale, deve essere adottata una pronuncia di merito di accoglimento o di rigetto , e non di rito.
Tribunale di Bari, sez. Lavoro, sentenza 4 marzo 2014 Giudice Vernia Osserva Con ricorso depositato in data 18.9.2013, Calamita Nicola impugnava il licenziamento “per soppressione del posto di lavoro” intimato dalla Cormio Domenico S.a.s., in persona del legale rappr. p.t., con lettera raccomma A/R del 30.3.2013 ed, assumendo la sussistenza del requisito dimensionale valevole ai fini della tutela di cui al novellato articolo 18 l. numero 300/1970 sulla base del collegamento ed esistenza di un unico centro di imputazione di interessi con la Gelorent S.r.l., chiedeva dichiararsi ed accertarsi l’inefficacia del licenziamento intimato ai sensi dell’articolo 18, comma 8, l. numero 300/1970, così come novellato dall’articolo 1, comma 42, l. numero 92/2012, perché intimato senza l’esperimento della procedura di conciliazione preventiva e, per l’effetto condannarsi la “società Cormio Domenico sas, in via subordinata, in solido con Gelorent s.r.l., al pagamento di un’indennità risarcitoria, commisurata all’ultima retribuzione globale di fatto, nella misura, di ventiquattro mensilità o altra di giustizia”, oltre accessori come per legge. La Cormio Domenico S.a.s. e la Gelorent S.r.l., in persona dei rispettivi legali rappr. p.t., costituendosi in giudizio deducevano in via preliminare l’inammissibilità del ricorso per insussistenza del requisito dimensionale ai fini dell’invocata tutela reale e contestavano, nel merito, in fatto ed in diritto la domanda ex adverso proposta. Ciò premesso, avendo avuto esito negativo il tentativo di conciliazione, il Giudicante osserva che in via preliminare va delibata l’eccezione di inapplicabilità del rito introdotto dall’articolo 1, commi 47 e ss., l. numero 92/2012 sollevata dalla società resistente cfr. memoria di costituzione, pag. 9 . Come noto, in data 18.07.12, dunque in epoca antecedente rispetto alla proposizione della controversia in esame, è entrata in vigore la l. numero 92 del 28.06.12, recante “Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita”. La novella legislativa è intervenuta, fra l’altro, sulla disciplina sostanziale e processuale concernente le impugnative di licenziamento, apportando modifiche all’articolo 18 l. numero 300/1970 ed introducendo un nuovo rito per la trattazione di tali controversie. In ordine all’ambito di applicazione della disciplina appena richiamata, l’articolo 1, co. 47, l. numero 92/2012 prevede che “Le disposizioni dei commi da 48 a 68 si applicano alle controversie aventi ad oggetto l’impugnativa dei licenziamenti nelle ipotesi regolate dall’articolo 18 della legge 20 maggio 1970, numero 300, e successive modificazioni, anche quando devono essere risolte questioni relative alla qualificazione del rapporto di lavoro”, ed il successivo comma 48 dispone che “Con il ricorso non possono essere proposte domande diverse da quelle di cui al comma 47 del presente articolo, salvo che siano fondate sugli identici fatti costitutivi” quanto al discrimine temporale, il comma 67 del medesimo articolo 1 precisa che “I commi da 47 a 66 si applicano alle controversie instaurate successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge”. Quindi, per stabilire le regole processuali da seguire si deve verificare, da un lato, se la domanda giudiziale ha ad oggetto in tutto o in parte l’impugnazione di un licenziamento rientrante nelle ipotesi regolate dall’articolo 18 S. L., così come modificato dall’articolo 1, comma 42, l. numero 92/2012, e, dall’altro, se la controversia è stata introdotta dopo l’entrata in vigore della riforma. In altri termini, con riferimento al rito speciale, il nuovo testo dell’articolo 18 L. numero 300/1970 opera come norma processuale preordinata all’individuazione delle controversie che vi debbono essere assoggettate, nel senso che esse sono tutte quelle, introdotte dopo il 18.7.2012, per le quali la nuova versione dell’articolo 18 così come riscritto dall’articolo 1, comma 42, L. numero 92/2012 prevede qualcuna delle sanzioni ivi disciplinate per il caso d’invalidità del licenziamento, indipendentemente dalla disciplina sostanziale ratione temporis applicabile. Va altresì chiarito che, ad avviso del Giudicante, per le impugnative di licenziamento rientranti nelle ipotesi regolate dal novellato articolo 18 S.l., il nuovo rito deve essere seguito obbligatoriamente, senza che il ricorrente possa scegliere fra processo ordinario e processo specifico. A tale conclusione si perviene sol che si consideri il tenore letterale della legge, infatti, a mente dell’articolo 1 comma 48 l. 92/2012 “la domanda si propone con ricorso al tribunale” il legislatore, quindi, impone di utilizzare il rito speciale, e non consente all’attore la scelta fra il ricorso ex articolo 414 c.p.comma ed il ricorso ex articolo 1, comma 48, l. numero 92/2012. Ad ulteriore avallo di tale impostazione, si aggiunga la considerazione di ordine sistematico secondo cui il rito speciale non costituisce uno strumento finalizzato alla tutela delle ragioni del dipendente – sicché questi possa ad esso rinunciare, optando per il rito del lavoro – bensì una tecnica di tutela volta ad abbreviare i tempi necessari ad ottenere una decisione definitiva, e munita dell’efficacia del giudicato sostanziale, ogni qual volta siano in gioco le ipotesi di cui al nuovo articolo 18 dunque, il lavoratore licenziato non può rinunciare al procedimento speciale, perché la specialità non è prevista nel suo esclusivo interesse. Non è il ricorrente a poter scegliere il rito, ma il giudice a dover applicare quello pertinente a ciascuna domanda proposta con il ricorso, provvedendo secondo il principio iura novit curia a qualificare ciascuna domanda in base al petitum sostanziale. Ciò premesso in linea generale, venendo al caso di specie, per individuare il rito applicabile, occorre verificare se la controversia in esame, da un lato, sia stata instaurata successivamente all’entrata in vigore della Riforma e, dall’altro, se abbia ad oggetto l’impugnativa di un licenziamento rientrante nelle ipotesi regolate dal nuovo articolo 18 S.L Al primo quesito va data risposta affermativa in quanto il ricorso è stato depositato il 18.9.2013. Con riferimento alla seconda tematica va premesso che la parte istante invoca la tutela di cui all’articolo 18 cit. sul presupposto dell’esistenza del requisito dimensionale richiesto dalla predetta norma in base all’asserita sussistenza di “uno stretto collegamento” tra le due società convenute che condurrebbe ad “un unico centro di imputazione del rapporto di lavoro” cfr. ricorso, pag. 3 . Orbene, su analoghe questioni, parte della giurisprudenza di merito si è pronunciata, all’esito di procedimenti ex articolo 1 c.47 L. numero 92/2012, per l’inammissibilità delle domande ex articolo 18 L. numero 300/70 proposte dal lavoratore nei confronti di un datore di lavoro anche diverso da quello formale sul presupposto della sussistenza di un gruppo di imprese si vedano ad esempio Trib. Milano, 25.10.2012, est. Scarsella Trib. Milano, 25.10.2012, est. Di Leo Tribunale di Treviso, 22.5.2013, est. Rinaldi Tribunale di Roma, 30.5.2013, est. Giovene di Girasole , argomentando in ordine all’insussistenza di un atto datoriale qualificabile come licenziamento, all’incompatibilità della complessa istruttoria necessaria per la verifica della sussistenza del rapporto di lavoro subordinato con un datore di lavoro diverso da quello formale con la sommarietà del rito introdotto dalla L. numero 92/2012 e alla diversità ontologica tra il concetto di qualificazione del rapporto e di titolarità del medesimo. Tuttavia il Giudicante non ritiene astrattamente preclusa nel giudizio ex articolo 1 commi 47 ss. L. numero 92/2012 la verifica in via incidentale della fondatezza della questione relativa all’unitarietà del centro di imputazione, ove dalla risoluzione della medesima dipenda l’esito del giudizio di merito sulle domande ex articolo 18 cit Invero, deve ritenersi che condizione necessaria e sufficiente per l’applicazione del rito previsto dall’articolo 1 comma 47 L. numero 92/2012 è la proposizione di una domanda ex articolo 18 L. numero 300/70, non essendo consentita alle parti la scelta di un rito diverso pertanto, nel caso in cui nelle conclusioni del ricorso introdotto con il rito speciale, venga richiesta una delle tutele introdotte dal nuovo articolo 18, ancorchè nei confronti di un datore di lavoro diverso da quello formale, deve essere adottata una pronuncia di merito e dunque di accoglimento o di rigetto , e non di rito. Dunque, pur ritenendosi ampiamente argomentata la tesi in ordine alle differenze ontologiche tra la qualificazione del rapporto e la titolarità del medesimo e alla diversa terminologia utilizzata dal legislatore nell’articolo 32 L. numero 183/2010 per distinguere le due fattispecie, a fronte dell’obbligatorietà del rito introdotto dall’articolo 1 commi 47 ss. L. numero 92/2012, le pronunce di inammissibilità adottate dalla giurisprudenza di merito sopra citata non possono essere condivise. Del resto, va evidenziato che prima dell’introduzione della L. numero 92/2012 non si è mai dubitato dell’astratta applicabilità dell’articolo 18 L. numero 300/70 nell’ipotesi in cui venisse allegata la sussistenza di un centro di imputazione unitario e la riferibilità del recesso datoriale a tutte le società che facevano capo al medesimo. La diversa soluzione adottata dalla giurisprudenza di merito sopra citata, secondo cui le domande ex articolo 18 cit. proposte nei confronti di un datore di lavoro diverso da quello formale devono essere proposte e decise nell’ambito di un giudizio ordinario, confligge dunque con l’obbligatorietà del rito ex articolo 1 c.47 ss. l. numero 92/2012, desumibile innanzitutto dal dato letterale il legislatore ha infatti utilizzato un verbo che non lascia spazio ad alcuna discrezionalità e lo ha coniugato al modo indicativo “Le disposizioni dei commi da 48 a 68 si applicano ” . Non può dunque ritenersi che la domanda ex articolo 18 L. numero 300/70 proposta nel presente giudizio sulla base del dedotto unico centro di imputazione di interessi possa essere trattata con il rito ordinario, atteso che le disposizioni contenute nell’articolo 1, commi 47 ss., L. numero 92/2012 non consentono alcuna deroga, né in ragione delle indicazioni formali contenute nell’intestazione del ricorso, né in ragione della complessità delle eventuali questioni pregiudiziali rispetto alla pronuncia di merito sulle domande ex articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, ma anzi prevedono che con il medesimo rito, e dunque nello stesso processo, possano essere risolte le questioni sulla qualificazione del rapporto a prescindere, dunque, dalla loro complessità . Quindi, in virtù delle considerazioni sinora esposte, la domanda di impugnativa del licenziamento de quo va trattata nelle forme e con le modalità del nuovo rito prescritte dall’articolo 1, comma 48, l. 92/2012. Ciò premesso in rito, e venendo ora ai profili sostanziali della controversia, va ribadito che il ricorrente deduce l’inefficacia del licenziamento perché intimato senza l’esperimento della procedura obbligatoria di conciliazione preventiva prevista per i licenziamenti “disposti da un datore di lavoro aventi i requisiti dimensionali di cui all’articolo 18, ottavo comma, della legge 20.5.1970, numero 300”, sul presupposto dell’esistenza del collegamento e dell’unico centro di imputazione di interessi tra le due società convenute in giudizio. Orbene, sul punto si osserva, in linea generale, che il collegamento societario, di per sé, non comporta l'insorgere di un autonomo soggetto di diritto o di un centro di imputazione di rapporti diverso dalle singole società collegate - le quali conservano la rispettiva personalità giuridica e sono le datrici di lavoro del personale in servizio presso di esse - sicché non è consentito automaticamente attribuire la titolarità di un rapporto di lavoro ad un soggetto diverso da quello che formalmente assume la qualità di datore di lavoro. La Suprema Corte, infatti, ha ritenuto che il collegamento economico-funzionale fra imprese non è di per sé solo sufficiente a far ritenere che gli obblighi inerenti ad un rapporto di lavoro subordinato, formalmente intercorso fra un lavoratore ed una di esse, si debbano estendere anche all'altra, a meno che non sussista una situazione che consenta di ravvisare - anche all'eventuale fine della valutazione di esistenza del requisito numerico per l'applicabilità della c.d. tutela reale al lavoratore licenziato - un unico centro di imputazione del rapporto di lavoro. Per cui, ai fini dell'applicazione delle legislazione giuslavoristica di tutela infatti, e segnatamente per l'accertamento del requisito dimensionale ex articolo 18 S.L., la giurisprudenza ritiene che il Gruppo societario è un fenomeno di mero fatto inidoneo ad assumere a configurazione di autonomo centro di imputazioni. A maggior specificazione di quanto ora detto si possono richiamare le precise e consolidate determinazioni del Supremo Collegio per il quale ai fini dell' articolo 35 della L. 1970, numero 300, il collegamento tra Società, che implichi la gestione di attività economiche coordinate, non determina l'esistenza di un unico soggetto giuridico, e nemmeno di un centro di imputazione di rapporti autonomo rispetto alle Società stesse, le quali mantengono la loro personalità giuridica e sono le uniche datrici di lavoro del personale impiegato nelle imprese da ciascuna di loro esercitate cfr. ex plurimis, Cass. numero 1214/1996, Cass. numero 4421/1995, Cass. numero 2831/1990 in particolare, la sentenza della Suprema Corte numero 4274/03 ribadisce a chiare lettere il principio per il quale il collegamento societario, desumibile dalla legislazione codicistica e speciale, non assume un valore giuridicamente unificante e non implica, ex se che le relative imprese, ancorché facenti parte del gruppo, possano essere considerate come entità unica alla quale sia consentito collegare diritti ed obblighi in ordine alla costituzione ed al mantenimento dei rapporti di lavoro cfr., nello stesso senso, Cass. numero 2831/1990, Cass. numero 2261/1995. Fermi restando i principi appena esposti, va ulteriormente precisato che, per giurisprudenza altrettanto consolidata, il collegamento economico - funzionale tra imprese non è di per sé solo sufficiente a far ritenere che gli obblighi inerenti ad un rapporto dì lavoro subordinato, formalmente intercorso fra un lavoratore ed una di esse si debbano estendere anche all'altra, a meno che non sussista una situazione che consenta di ravvisare anche all'eventuale fine della valutazione di sussistenza del requisito numerico per l'applicabilità della cosiddetta tutela reale del lavoratore licenziato - un unico centro di imputazione del rapporto di lavoro. Tale situazione ricorre ogni volta che vi sia una simulazione o una preordinazione in frode alla legge del frazionamento di un'unica attività fra i vari soggetti del collegamento economico - funzionale e ciò venga accertato in modo adeguato, attraverso l'esame delle attività di ciascuna delle imprese gestite formalmente da quei soggetti, che deve rivelare l'esistenza dei seguenti requisiti a unicità della struttura organizzativa e produttiva b integrazione tra le attività esercitate dalle varie imprese del gruppo e il correlativo interesse comune c coordinamento tecnico e amministrativo - finanziario tale da individuare un unico soggetto direttivo che faccia confluire le diverse attività delle singole imprese verso uno scopo comune d utilizzazione contemporanea della prestazione lavorativa da parte delle varie società titolari delle distinte imprese, nel senso che la stessa sia svolta in modo indifferenziato e contemporaneamente in favore dei vari imprenditori cfr., da ultimo, Cass., Sez. VI Lav., numero 3482/2013, si veda anche Cass. numero 11107/2006, Cass. numero 3136/1999 e Cass. numero 2008/1996 . Ciò posto e venendo alla presente fattispecie, non si ritiene sussistente, almeno nei limiti della cognizione tipica della presente fase, il dedotto unico centro di imputazione di interessi, né sono stati provati gli indici appena enunciati. Quanto all’unicità della struttura organizzativa e produttiva, l’istante allega la medesimezza del capannone, dell’accesso e della guardiania. Orbene, dalla documentazione in atti emerge che il capannone occupato dalla Cormio è stato acquistato dalla Gelorent nell’anno 2006 cfr. docomma numero 15 fascicolo parti resistenti , momento a partire dal quale la prima ha corrisposto un canone di locazione formalizzato in apposito contratto cfr. docomma numero 16 . Inoltre, a decorrere dall’aprile 2011 la Cormio ha trasferito la propria attività nel capannone fino ad allora occupato esclusivamente dalla Gelorent in forza di contratto che prevede la corresponsione di un corrispettivo annuo a fronte del godimento dei locali e dei servizi comuni cfr. docomma numero 17 . Inoltre, il servizio di guardiania è curato da azienda esterna, l’IVRI, in forza di contratti stipulati con la Gelorent, proprietaria dei fabbricati cfr. docomma numero 21 . Pertanto, è evidente che sotto questo profilo non v’è commistione organizzativa e produttiva, ma precisa distinzione tra i beni delle diverse imprese, tant’è che, l’utilizzo dei beni di proprietà dell’una da parte dell’altra è stato regolarmente formalizzato in contratti che prevedono il versamento di appositi corrispettivi. Con riferimento all’integrazione delle attività e correlativo interesse comune, va detto che, in realtà, dall’analisi delle visure storiche di entrambe le società emerge l’autonomia delle attività svolte. Infatti, la Cormio esercita sin dal 1979 attività di commercializzazione di prodotti della linea alimentari pasta, zucchero, caffè, biscotti, merendine ecc., v. visura all. sub docomma numero 10 fascicolo parti resistenti , oltre a commercializzare un proprio marchio – La tavola delle bontà – cfr. documentazione prodotta in fotocopia dalla società . La Gelorent, invece, è stata costituita un decennio più tardi cfr. docomma numero 13 e fino al 2007 ha esercitato esclusivamente attività di deposito in celle frigorifero di prodotti per conto terzi gelati e surgelati , senza svolgere attività di commercializzazione. Solo per effetto di concessione di vendita della Nestlè Italiana S.p.a., ha iniziato a svolgere anche attività di commercializzazione della linea ristorazione/bar di prodotti recanti marchi detenuti dalla multinazionale Nestlè cfr. docomma numero 14 . E’ evidente che trattasi di attività, sorte in periodi diversi, operanti in settori affini, ma differenti quanto a linea di prodotti, clientela finale e scopo. Con riguardo all’asserito unico soggetto direttivo – Cormio Domenico -, a parte la titolarità di quote Gelorent, non è dato comprendere quale sia la concreta attività da questi posta in essere tale da far convergere le imprese verso uno scopo comune. Infine, in ordine alla presunta utilizzazione contemporanea dell’attività lavorativa da parte di entrambe le società, dalla stessa produzione documentale del ricorrente cfr. prospetto ferie all. sub docomma numero 11 fascicolo ricorrente si evince la copertura dei singoli reparti, per ognuna delle società, con un proprio dipendente, sicchè anche tale elemento risulta smentito. Né si può accedere alle richieste istruttorie di parte ricorrente, in quanto la circostanza A è stata nettamente sconfessata dalla copiosa produzione documentale delle resistente, mentre la D è inammissibile perché generica ed apodittica, dal momento che, a parte l’indicazione genericissima del settore contabilità, non è stato neppure allegato quali sarebbero i dipendenti utilizzati indistintamente dalle società, ovvero le specifiche occasioni in cui sarebbero stati collocati fungibilmente da entrambe, gli orari, le mansioni. Ma ciò che più conta è che, nel caso di specie, non emerge in alcun modo l’intento simulatorio ovvero una preordinazione in frode alla legge del frazionamento di un'unica attività fra i vari soggetti del collegamento. Infatti, da quanto detto sopra, si evince unicamente un collegamento economico tra le due aziende convenute che non comporta il venir meno dell'autonomia delle stesse, che mantengono personalità giuridica distinta. In altre parole, non è dato ravvisare nella fattispecie alcun profilo “patologico” nel collegamento tra la Cormio e la Gelorent, ossia non è stata provata l’esistenza di un mero schermo formale per occultare attività sostanzialmente indistinte frutto di frode, simulazione, interposizione. Dagli atti emerge, invece, soltanto una realtà di collegamento economico che risponde ad una legittima scelta organizzativa in relazione ad attività distinte ed autonome nell’ambito di settori affini. Conseguentemente, in mancanza di dimostrazione dell’intento frodatorio, è irrilevante l'utilizzazione di sedi comuni, la prestazione di servizi tra le varie Società, la titolarità delle funzioni societarie. Da ciò consegue, che in difetto di prova dell’unico rapporto di lavoro con le diverse società e del fatto che le relazioni all'interno del gruppo sono tali da dare vita ad un unico centro d'imputazione dei rapporti giuridici, non possono applicarsi ai lavoratori dipendenti dalle singole aziende convenute quelle norme di tutela che hanno come presupposto un specifica entità numerica - quantità e forze lavoro - se non nell'ambito del proprio datore di lavoro. In altre parole, nel caso di specie non si può pervenire alla sommatoria dei lavoratori dipendenti di ciascuna Impresa - Cormio e Gelorent - per ottenerne, attribuendoli unitariamente, i benefici particolari che una certa entità numerica viene a determinare, in particolare, per quel che qui interessa, l’applicazione della tutela reale ai fini del licenziamento. Sicchè, ai fini del requisito dimensionale e conseguente tutela applicabile, occorre far riferimento alla società che aveva assunto il ricorrente e che ha intimato il licenziamento, ossia la Cormio. Ciò chiarito, dalla documentazione in atti emerge che nel semestre precedente il licenziamento arco temporale rilevante per condurre l’indagine sul requisito dimensionale, cfr. Cass. numero 24193/2013, Cass. numero 15517/2012 , la Cormio occupava 10 dipendenti cfr. libro unico del lavoro all. sub docomma numero 3 fascicolo parte resistente , sicchè è evidente la radicale insussistenza del requisito dimensionale valevole per l’applicazione della c.d. tutela reale ex articolo 18 cit Invero, tale profilo, oltre che risultante documentalmente, è pacifico tra le parti con riferimento alla Cormio. Anzi, l’assenza del requisito dimensionale rispetto alla predetta società è implicitamente ammessa nello stesso atto introduttivo, laddove si invoca la tutela reale sulla base dell’asserito collegamento di imprese con unicità di centro di imputazione di interessi tra la Cormio e la Gelorent cfr. ricorso, pag. 3 in cui l’istante individua 11 dipendenti della Cormio e 9 della Gelorent . L’assenza del requisito dimensionale per tutte le argomentazioni sinora enunciate che sono decisive ed assorbono quindi le deduzioni di parte resistente in ordine alla riduzione oraria per CIGS in deroga ed ai contratti part time , dunque, fa venir meno la necessità di esperire la procedura obbligatoria di conciliazione preventiva censurata dal ricorrente in questa sede che si applica, lo si ribadisce, ai licenziamenti “disposti da un datore di lavoro aventi i requisiti dimensionali di cui all’articolo 18, ottavo comma, della legge 20.5.1970, numero 300” articolo 1, comma 40, l. numero 92/2012 , sicchè sotto tale aspetto la domanda ex articolo 18 S.l. va rigettata cfr. conclusioni rassegnate in ricorso . Non sfugge al Giudicante che il ricorrente deduce anche il difetto di giustificazione del licenziamento sotto il profilo dell’assenza del nesso di causalità tra la crisi aziendale e la soppressione del posto del lavoratore nonchè della violazione dell’obbligo di repechage. Ma, sotto tale aspetto, ribadita l’assenza del requisito dimensionale utile ai fini dell’articolo 18 l. numero 300/1970, la pretesa attorea, se fondata, può trovare sbocco nella sola tutela c.d. obbligatoria. Sotto tale profilo, reputa questo giudice che la causa non può proseguire con il rito speciale di cui all’articolo 1, comma 48, della l. numero 92/12, con il quale si è necessariamente radicato il procedimento in considerazione della formulazione del petitum. In altri termini, la domanda volta all’accertamento del difetto di giustificazione del licenziamento per soppressione del posto, quanto agli aspetti appena indicati, risultando allo stato degli atti l’assenza del requisito dimensionale necessario perché si rientri nelle ipotesi regolate dall’articolo 18 S.L. nuova formulazione, non può essere trattata con il nuovo rito previsto dall’articolo 1, cit Ciò posto, considerato che la formulata domanda ex articolo 18 della l. numero 300/70, come novellato, trattata con il rito speciale ex lege numero 92/12 dev'essere disattesa, il prosieguo dell’azione, ai fini della verifica della concessione della c.d. tutela obbligatoria, deve avvenire con il rito del lavoro ordinario . Parte ricorrente, in verità, non ha richiesto nemmeno in subordine la tutela obbligatoria, ma la relativa domanda è fondata sulla medesima causa petendi, cioè pur sempre sulla mancanza del giustificato motivo, mentre ciò che cambia sono gli effetti giuridici da ricollegare alla tutela obbligatoria ovvero alla tutela reale oggi potremmo dire ex articolo 18 dello Statuto, che non è più necessariamente reintegratoria . È indubbio che gli effetti della prima sono inferiori a quelli della seconda, ma la tutela più ampia comprende quella inferiore applicabile ai datori di lavoro con meno di quindici dipendenti cfr. Cass. numero 14486/2001 . La Corte di Cassazione, del resto, cfr. Cass. numero 9460/1991, di cui non constano pronunce successive in senso contrario ha precisato che “proposta dal lavoratore una domanda ai sensi dell'articolo 18 della legge 20 maggio 1970 numero 300, tale petitum deve ritenersi comprensivo di quello concernente il riconoscimento della minore tutela di cui all'articolo 8 della legge 15 luglio 1966 numero 604, con la conseguenza che non viola il principio di corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato la sentenza con la quale il giudice adito, ritenendo carenti le condizioni per l'operatività dell'invocata tutela reale, condanni, tuttavia, il datore di lavoro, che abbia intimato il licenziamento illegittimo, alla riassunzione del lavoratore o, in alternativa, a corrispondergli l'indennità di cui al citato articolo 8 della legge numero 604 del 1966”. Per tale implicita domanda quindi, ritiene questo Giudice, dopo approfondita e meditata analisi della normativa in questione, pur consapevole delle divergenti opinioni sul punto, che debba essere disposto il mutamento del rito, da rito del lavoro speciale a rito del lavoro ordinario , applicando in via analogica le previsioni di cui agli articolo 426 e 427 c.p.comma ovvero le disposizioni processuali, in un certo senso, più vicine , atteso che il procedimento speciale ex L. 92/2012 concerne indiscutibilmente controversie rientranti nell'alveo dell'articolo 409 c.p.c. fissando alle parti un doppio termine per l’eventuale integrazione degli atti introduttivi, funzionalmente al processo di cognizione, a parte ricorrente sino a trenta giorni prima della data di udienza sotto indicata, per il deposito di memoria che eventualmente completi l’atto ai sensi dell’articolo 414 c.p.c., a parte resistente sino dieci giorni prima per l’eventuale formazione completa della memoria di costituzione ai sensi dell’articolo 416 c.p.comma in controversie di analogo tenore, ossia in casi in cui era emersa – allo stato degli atti e della documentazione e senza bisogno di ulteriori approfondimenti istruttori - l’insussistenza, in capo alla parte datoriale, dei requisiti dimensionali idonei a legittimare l’operatività della tutela reale, si è espresso nel senso del mutamento del rito anche questo Tribunale, cfr. ord. del 15.1.2013 est. Colucci, ord. del 7.1.2013 est. Calia . Non contraddice la soluzione adottata l’inciso contenuto nel comma 48 dell’articolo 1 della l. numero 92 cit. “Con il ricorso non possono essere proposte domande diverse da quelle di cui al comma 47 del presente articolo, salvo che siano fondate sugli identici fatti costitutivi” la tutela obbligatoria, come detto, è senz’altro fondata sugli identici fatti costitutivi di quella reale e normalmente viene espressamente azionata subordinatamente al rigetto di quest’ultima , esprimendo la norma un principio di conservazione della domanda basata sui medesimi elementi, ma non vincolando il giudice a pronunciarsi con un rito veloce costruito per una tutela più pregnante. In altri termini, la domanda diversa, basata sugli stessi elementi costitutivi di cui all’articolo 18 cit., proposta con il rito c.d. “Fornero” evita una pronuncia di inammissibilità, per dare ingresso al mutamento del rito. Del resto, qualora si ammettesse la trattazione con il c.d. rito Fornero anche di tutte le controversie aventi ad oggetto l’impugnativa del licenziamento ai sensi dell’articolo 8 l. 604/66 si finirebbe per vanificare il disposto di cui al comma 47 secondo “il quale le disposizioni dei commi da 48 a 68 si applicano” e quindi solo “alle controversie aventi ad oggetto l'impugnativa dei licenziamenti nelle ipotesi regolate dall'articolo 18”, ciò anche avuto riguardo alla finalità della riforma volta ad accelerare i procedimenti in materia di licenziamento garantiti ancora da tutela reale oppure dalla tutela obbligatori di cui al nuovo articolo 18 l. 300/70 per i quali la riforma ha voluto creare una vera e propria corsia preferenziale accelerata nello stesso senso, cfr. Trib. Venezia, 25.1.2012, est. Coppetta Calzavara, Trib. Campobasso, 23.7.2013, est L. Scarlatelli . Le considerazioni sin qui svolte sono dirimenti ed assorbono ulteriori questioni in fatto o in diritto eventualmente contestate in questa sede tra le parti. La statuizione sulle spese è rinviata all’esito del giudizio di merito. P.Q.M. Il Giudice del Lavoro, pronunciando, all’esito della fase ex articolo 1, comma 47, della l. numero 92/12, sulla domanda iscritta al numero 10273/13 R.G., proposta da Calamita Nicola nei confronti di Cormio Domenico S.a.s. nonché di Gelorent S.r.l., in persona dei rispettivi legali rappr. p.t., così provvede rigetta la domanda ex articolo 18 della l. numero 300/70 dispone il mutamento in rito ordinario e rimette le parti, in relazione alla domanda di tutela obbligatoria, all'udienza del 9 ottobre 2014 fissando, in favore della parte ricorrente termine perentorio fino a 30 gg. prima e in favore della parte resistente termine perentorio sino a 10 gg. prima, per l'eventuale integrazione degli atti introduttivi, tramite il deposito in cancelleria di eventuali memorie e documenti in cancelleria.