Nell'accertamento delle imposte sui redditi, la contabilità in nero, costituita da appunti personali ed informazioni dell'imprenditore, rappresenta un valido elemento indiziario, dotato dei requisiti di gravità, precisione e concordanza prescritti dal d.p.r. numero 600/1973, articolo 39.
Tra le scritture contabili disciplinate dagli articolo 2709 e ss. c.c. devono comprendersi tutti i documenti che registrino, in termini quantitativi o monetari, i singoli atti d'impresa ovvero rappresentino la situazione patrimoniale dell'imprenditore ed il risultato economico dell'attività svolta, ed incombendo al contribuente l'onere di fornire la prova contraria. Tale principio è stato statuito dalla Cassazione, sez. Tributaria, con sentenza del 04 aprile 2013, numero 8289. Il caso. Il Fisco ha effettuato, nei confronti di un contribuente, un accertamento in via presuntiva di maggiori ricavi conseguiti e non contabilizzati. I giudici tributari di merito hanno confermato la fondatezza della pretesa erariale. Gli Ermellini, nel respingere il ricorso per cassazione del contribuente, hanno evidenziato che in modo corretto il giudice del gravame ha così osservato, «per quanto riguarda l'accertamento analitico induttivo, nel caso in esame esisteva una vera e propria contabilità nera e non semplici appunti su cui il ragioniere annotava scrupolosamente le operazioni poste in essere dalla società. Gli stessi verbalizzatori, constatata la gravità delle violazioni riscontrate, ritenevano esistenti i presupposti di cui all'articolo 39, comma 2, ovvero i presupposti dell'accertamento totalmente induttivo. L'organo accertatore, invece, ha ritenuto più corretto operare ai sensi dell'articolo 39, comma 1, ovvero rettificando un reddito analiticamente determinato. Quindi la determinazione del reddito, così come operata dagli accertatori, risulta sostanzialmente corretta». Contabilità in nero. Per il caso della contabilità «in nero», che potrebbe essere tenuta su un brogliaccio, su agende calendario, block notes, matrici di assegni, estratti di conti correnti bancari, ma anche su supporti informatici, quali ad esempio un floppy disk, un cd, un pen drive siamo in presenza di un valido elemento indiziario, dotato dei requisiti di gravità, precisione e concordanza prescritti dall’articolo 39, d.p.r. numero 600/1973, dovendo ricomprendersi tra le scritture contabili disciplinate dagli articolo 2709 e ss. del c.c. tutti i documenti che registrino, in termini quantitativi o monetari, i singoli atti d’impresa ovvero rappresentativi della situazione patrimoniale dell’imprenditore ed il risultato economico dell’attività svolta, ed incombendo al contribuente l’onere della prova contraria. È legittimo l'accertamento induttivo basato sulla contabilità «in nero» contenuta in floppy disk, in quanto valido elemento indiziario dotato dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dalla legge. In particolare, il ritrovamento di una «contabilità parallela», risultante da indicazioni contenute in floppy disk, determina la validità dell'accertamento induttivo basato su tali risultanze, senza che siano necessari ulteriori riscontri. Archiviazione digitale. L'archiviazione di pratiche su floppy disk è assimilabile, dal punto di vista giuridico, all'annotazione sulle scritture contabili poiché tra i documenti disciplinati dagli articolo 2709 ss. c.c. vanno ricompresi tutti gli strumenti idonei a registrare, in termini quantitativi o monetari, i singoli atti d'impresa il rinvenimento da parte della Guardia di Finanza di un floppy disk contenente una «contabilità parallela» a quella ufficialmente tenuta dall'impresa sottoposta a verifica costituisce, pertanto, un indice presuntivo da cui desumere l'infedeltà della dichiarazione IVA presentata dal contribuente, la quale, in assenza di prova contraria da parte dell'interessato, vincola il giudice, in deroga a quanto previsto dall'articolo 116 c.p.c., a ritenere provato il fatto previsto. La cosiddetta contabilità «in nero», risultante da appunti personali ed informali dell'imprenditore,costituisce valido elemento indiziario dotato dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dell'articolo 39 d.p.r. numero 600/1973. Deve ritenersi, cioè, che tra le scritture contabili disciplinate dagli articolo 2709 e seguenti vanno ricompresi tutti i documenti che registrino, in termini quantitativi o monetari, i singoli atti d'impresa ovvero rappresentino la situazione patrimoniale dell'imprenditore e il risultato economico dell'attività svolta. E spetta al contribuente fornire prove in senso contrario.
Corte di Cassazione, sez. Tributaria, sentenza 18 dicembre 2012 - 4 aprile 2013, numero 8289 Presidente Adamo – Relatore Greco Svolgimento del processo La Finitalia srl in liquidazione ricorre per cassazione, sulla base di quattro motivi, nei confronti della sentenza con la quale la Commissione tributaria regionale della Liguria, rigettandone l'appello, ha confermato la decisione di primo grado nel giudizio introdotto con l'impugnazione dell'avviso di accertamento ai fini dell'IRPEG e dell'ILOR per l'anno 1995 con irrogazione di sanzioni. L'Agenzia delle entrate non ha depositato controricorso nei termini, limitandosi a presentare atto di costituzione ai soli fini dell'eventuale partecipazione all'udienza di discussione. La causa era discussa all'udienza del 14 giugno 2011, quindi il giudizio era sospeso ai sensi D.L. 6 luglio 2011, numero 98, articolo 39, comma 12, convertito nella L. 15 luglio 2011, numero 111. Cessata la sospensione e non risultando, in base alla documentazione trasmessa dell'Agenzia delle entrate, essere stata presntata per la controversia istanza di definizione, rilevata l'impossibilità di riconvocare il medesimo Collegio, la causa. veniva rinviata a nuovo ruolo, e quindi ne veniva nuovamente fissata la discussione per l'udienza odierna. Motivi della decisione Con il primo motivo la ricorrente censura la decisione d'appello, sotto il profilo del vizio di motivazione, dell'omessa pronuncia e del difetto assoluto di motivazione, in ordine alla dedotta illegittimità dell'avviso di accertamento, non motivato in relazione ai presupposti di fatto ed alle ragioni giuridiche alla base di esso, e privo della specifica indicazione dei fatti e delle circostanze che avevano giustificato il ricorso a metodi induttivi, con l'accertamento in via presuntiva di maggiori ricavi conseguiti e non contabilizzati. Con il secondo motivo la ricorrente critica la sentenza, sotto il profilo della violazione di legge, del vizio di motivazione e dell'omessa pronuncia, in ordine alla mancata depurazione dai ricavi presunti del costo delle spese generali, e alla ritenuta comprensione nel reddito tassabile degli importi delle cambiali, e ciò con riguardo alle modalità operative con le quali la contribuente svolgeva la propria attività, non potendosi in ogni caso considerare reddito quanto risultante dalle annotazioni del M. sequestrate dalla Guardia di finanza . I motivi, da esaminarsi congiuntamente in quanto connessi, sono infondati, non incorrendo la sentenza impugnata nei vizi ad essa addebitati. Costituisce principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte quello secondo cui nell'accertamento delle imposte sui redditi, la c.d. contabilità in nero , costituita da appunti personali ed informazioni dell'imprenditore, rappresenta un valido elemento indiziario, dotato dei requisiti di gravita, precisione e concordanza prescritti dal D.P.R. 29 settembre 1973, numero 600, articolo 39, dovendo ricomprendersi tra le scritture contabili disciplinate dagli articolo 2709 e ss. cod. civ. tutti i documenti che registrino, in termini quantitativi o monetari, i singoli atti d'impresa ovvero rappresentino la situazione patrimoniale dell'imprenditore ed il risultato economico dell'attività svolta, ed incombendo al contribuente l'onere di fornire la prova contraria Cass. numero 25610 e numero 19598 del 2006 . La Commissione regionale ha correttamente osservato, per quanto riguarda l'accertamento analitico induttivo, che nel caso in esame esisteva una vera e propria contabilità nera e non semplici appunti su cui il Rag. M. annotava scrupolosamente le operazioni poste in essere dalla società. Gli stessi verbalizzatori, constatata la gravità delle violazioni riscontrate, ritenevano esistenti i presupposti di cui all'articolo 39, comma 2, ovvero i presupposti dell'accertamento totalmente induttivo. L'organo accertatore, invece, ha ritenuto più corretto operare ai sensi dell'articolo 39, comma 1, ovvero rettificando un reddito analiticamente determinato. Quindi la determinazione del reddito, così come operata dagli accertatori, risulta sostanzialmente corretta . Con il terzo motivo, la ricorrente si duole, sotto il profilo della violazione degli articolo 66 e 75 del t.u.i.r. del 1986, del vizio di motivazione e dell'error in procedendo, con riguardo alla dedotta illegittimità dell'avviso di accertamento per non aver tenuto conto, quali perdite su crediti, delle cambiali insolute, ancorchè dettagliatamente indicate dalla Guardia di finanza in apposito prospetto, assumendo sussistere nella specie i requisiti di precisione e certezza previste dalla prima disposizione in rubrica. Lamenta in proposito di aver insistito con l'appello per l'accoglimento del motivo, facendo presente la definitiva irrecuperabilità dell'intero importo di lire 174.051.923 per l'anno di riferimento, riguardante effetti analiticamente indicati, tutti insoluti anche a seguito di procedure coattive e fallimentari, e di aver allegato documentazione, che indica analiticamente, idonea a fornire la prova della certezza e precisione delle perdite. La violazione delle disposizioni del t.u.i.r. in rubrica sussisterebbe anche sotto il profilo della violazione del criterio della competenza, per essere stato lasciato del tutto indeterminato e praticamente illimitato nel tempo il momento per l'accertamento e la deduzione delle perdite. Il motivo è fondato. Questa Corte ha affermato che in tema di imposte sui redditi, non è necessario, al fine di ritenere deducibili le perdite sui crediti quali componenti negative del reddito d'impresa, che il creditore fornisca la prova di essersi positivamente attivato per conseguire una dichiarazione giudiziale dell'insolvenza del debitore e, quindi, l'assoggettamento di costui ad una procedura concorsuale, essendo sufficiente che tali perdite risultino documentate in modo certo e preciso, atteso che secondo il disposto del D.P.R. 22 dicembre 1986, numero 917, articolo 66, comma 3, le perdite sono deducibili, oltre che se il debitore è assoggettato a procedure concorsuali, quando, comunque, risultino da elementi certi e precisi Cass. numero 22863 del 2007, numero 17085 del 2008, numero 3862 del 2001 . La Corte ha inoltre chiarito che dalla complessiva prescrizione del D.P.R. 22 dicembre 1986, numero 917, articolo 75, si desume che, anche per le spese e gli altri componenti negativi di cui non sia ancora certa l'esistenza o determinabile in modo obiettivo l'ammontare, il legislatore considera come esercizio di competenza quello nel quale nasce e si forma il titolo giuridico che costituisce la fonte di ciascuna di tali voci, limitandosi soltanto a prevedere una deroga al principio della competenza, col consentire la deducibilità di dette particolari spese e componenti nel diverso esercizio nel quale si raggiunge la certezza della loro esistenza ovvero la determinabilità, in modo obiettivo, del relativo ammontare Cass. numero 17568 del 2007 . La sentenza impugnata è incorsa tanto nel vizio di motivazione che nella violazione di legge denunciati, in quanto, a fronte delle deduzioni e della correlativa documentazione, ha concordato con l'ufficio rilevando che nei confronti dei debitori morosi non risultava instaurata alcuna procedura concorsuale. Gli stessi verbalizzanti e la CTP non hanno ritenuto esistenti le condizioni per eliminare tali importi dai maggiori ricavi, in quanto non hanno ritenuto sussistere le condizioni di certezza e precisione che, in assenza di procedure concorsuali, consentono la detrazione di perdite su crediti. Comunque, quando tali elementi emergeranno, la società potrà rilevare le perdite deducibili. Anche per quanto riguarda le cambiali insolute o non incassate, si concorda con quanto indicato dai primi giudici, nel senso che una volta definita e certa la perdita, la Finitalia potrà godere dell'istituto delle perdite su crediti . Il quarto motivo, con il quale la contribuente si duole, sotto il profilo dell'omessa pronuncia e della violazione di legge, dell'illegittimità delle sanzioni applicate, per non essere motivato il relativo provvedimento irrogativo, è inammissibile per carenza del requisito dell'autosufficienza, non essendo indicate le sanzioni cui si fa riferimento, la loro natura ed i relativi ammontari, con conseguente genericità della complessiva formulazione della doglianza. In conclusione, il terzo motivo del ricorso deve essere accolto, mentre devono essere rigettati il primo ed il secondo motivo e deve essere dichiarato inammissibile il quarto, la sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto e la causa rinviata, anche per le spese, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale della Liguria. P.Q.M. La Corte accoglie il terzo motivo del ricorso, rigetta il primo ed il secondo motivo e dichiara inammissibile il quarto motivo del ricorso, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale della Liguria.