Il Giudice di Pace e l’impugnazione delle sentenze di condanna alla pena pecuniaria

Viene dichiarato inammissibile l’appello avverso una sentenza del Giudice di Pace, sulla base dell’articolo 37, d.lgs. numero 274/2000, secondo cui l’imputato “può proporre appello anche contro le sentenze che applicano la pena pecuniaria se impugna il capo relativo alla condanna, anche generica, al risarcimento del danno”. Secondo la Suprema Corte, però, questo articolo va coordinato con quanto disposto dalla «disciplina generale».

Così si è espressa la Corte di Cassazione con la sentenza numero 5224/17 depositata il 3 febbraio. Il caso. Un soggetto aveva aggredito moglie e figli, ricevendo condanna, ad opera del Giudice di Pace, alla pena di 350 € di multa. La sentenza del GdP veniva appellata e l’appello dichiarato inammissibile dal Tribunale di Potenza. Avverso questa pronuncia il condannato ricorreva in Cassazione. L’impugnazione anche del capo relativo al risarcimento del danno. Il ricorrente allegava l’erroneità del ragionamento del giudice di appello, fondato sul disposto dell’articolo 37 del d.lgs. numero 274/2000, il quale implica la facoltà di proporre appello avverso le sentenze di secondo grado, in caso di condanna al pagamento di una pena pecuniaria, a patto che si impugni contestualmente «anche il capo della decisione relativo al risarcimento del danno». L’articolo 574, comma 4, c.p.p., è applicato, «senza trovare ostacolo» nell’articolo 37 succitato, restando valida la regola dell’inappellabilità delle sentenze di condanna alla sola pena pecuniaria, «in caso di impugnazione dell’imputato limitata ai soli effetti penali, fatta salva la facoltà di proposizione del ricorso per cassazione». Ad avvalorare ulteriormente l’interpretazione del ricorrente, quest’ultimo richiama anche la pronuncia della Consulta numero 426/08, che confermava l’infondatezza della questione di incostituzionalità relativa all’articolo 37. Il fulcro della normativa. Secondo la Corte di Cassazione, però, fulcro della normativa richiamata, sarebbe la generale appellabilità delle sentenze emesse dal GdP, che impone il coordinamento tra l’articolo 37 e la disciplina generale, «indicativa del legame logico-giuridico tra l’affermazione della responsabilità penale e la condanna al risarcimento del danno». Non avrebbe senso, in effetti, prevedere tre gradi di giudizio, nel caso in cui si impugnino espressamente i capi relativi alle statuizioni civili e solo due, in caso contrario. Il giudice di seconde cure, quindi, ha erroneamente dichiarato inammissibile l’appello, non tenendo conto dell’espressa impugnazione di tutti i capi della sentenza, «compresi i capi pertinenti alle statuizioni civili». Per questo motivo il ricorso va accolto e la sentenza annullata.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 17 gennaio 2017 – 3 febbraio 2017, numero 5224 Presidente Palla – Relatore Mazzitelli Ritenuto in fatto P.G. ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza emessa dal Tribunale di Potenza, in funzione di giudice d’appello, con la quale è stato dichiarato inammissibile l’appello avverso la sentenza di condanna del Giudice di Pace alla pena di Euro 350,00 di multa, oltre che al risarcimento dei danni morali e materiali in favore della costituita parte civile, per il reato di cu agli articolo 81 cpv e 582 cod. penumero , per aver, nel corso di una discussione, colpito il figlio Pe.Gi. al volto con pugni e schiaffi, procurandogli lesioni consistite in trauma contusivo a livello temporomandibolare sinumero , con prognosi di gg. 3, e la moglie, dalla quale era legalmente separato, delle lesioni consistite in trauma cranico minore post aggressione , con prognosi di gg 3, in omissis . Il ricorrente deduce 1 inosservanza ed erronea applicazione dell’articolo 37 del D. lgs. numero 274/2000 e dell’articolo 574 quarto comma cod. proc. penumero ai sensi dell’articolo 606 secondo comma lett. b cod. proc. penumero , posto che il ragionamento del giudice d’appello, fondato sul disposto del citato articolo 37 implicante la facoltà di proporre appello, in caso di condanna al pagamento di una pena pecuniaria, a condizione che sia contestualmente impugnato il capo della decisione relativo al risarcimento del danno, sarebbe errato, in considerazione del fatto che, secondo la giurisprudenza di legittimità, nel giudizio davanti al Giudice di Pace l’articolo 574 quarto comma cod. proc. penumero trova applicazione senza trovare ostacolo nell’articolo 37 d.lgs 274/2000, primo e secondo comma, restando valida la regola dell’inappellabilità delle sentenze di condanna alla sola pena pecuniaria, in caso di impugnazione dell’imputato limitata ai soli effetti penali, fatta salva la facoltà di proposizione del ricorso per cassazione, e dovendosi comunque applicare la regola processualistica ordinaria secondo cui l’impugnazione dell’imputato contro la pronuncia di condanna penale o di assoluzione estende i suoi effetti alla pronuncia di condanna alle restituzioni, al risarcimento dei danni ed alla rifusione delle spese processuali, se questa dipende dal capo o dal punto impugnato. Tale esito interpretativo, implicante l’ammissibilità dell’appello avverso le sentenze emesse dal Giudice di Pace, sarebbe poi avvalorato dalla pronuncia emessa dalla Consulta numero 426/2008, confermativa dell’infondatezza della questione di incostituzionalità sollevata in relazione al citato articolo 37 tramite il riferimento esclusivo a pronunce di condanna prive di statuizioni civili, e, per l’inverso, non era stato seguito nella fattispecie dal giudice del merito, avendo il medesimo, tra l’altro, non correttamente interpretato il contenuto dell’appello, implicante l’impugnazione espressa di tutti i capi della sentenza di primo grado sia nel contesto sia nelle richieste finali dell’atto d’appello, oltre al mancato riscontro della ricorrenza di un legame logico inscindibile tra la contestazione, sotto il profilo psicologico, della sussistenza del reato e i capi della sentenza concernenti le statuizioni civili 2 mancanza assoluta di motivazione sui motivi di impugnazione oltre che sui motivi nuovi del 26/03/2016, ai sensi dell’articolo 606 primo comma lett. e cod. proc. penumero , tenuto conto del fatto che la statuizione dell’inammissibilità ha precluso ogni esame delle doglianze di merito contenute nell’atto d’appello. Il Procuratore Generale all’odierna udienza ha concluso chiedendo l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame. Considerato in diritto L’orientamento di legittimità, richiamato nella sentenza impugnata dal giudice del merito, si fonda sostanzialmente sul carattere di norma speciale dell’articolo 37 citato, oltre che sul disposto dell’articolo 2 D. lgs numero 274/2000 secondo il quale nel giudizio davanti al Giudice di Pace si applicano le norme di procedura penale se non stabilito diversamente da ultimo Sez. 2 numero 31190 del 2015 . L’orientamento, più recente, espresso da questa sezione, è di contrario avviso anche alla luce della pronuncia della Consulta richiamata dal ricorrente, fulcro della normativa relativa al giudizio avanti al Giudice di Pace sarebbe la generale appellabilità delle sentenze emesse dal Giudice di Pace, il che impone il necessario coordinamento tra il citato articolo 37 e la disciplina generale, indicativa del legame logico - giuridico tra l’affermazione della responsabilità penale e la condanna al risarcimento del danno sempre secondo tale ultimo orientamento, sarebbe irrazionale prevedere tre gradi di giudizio, nel caso in cui l’imputato abbia espressamente impugnato i capi relativi alle statuizioni civili e solo due gradi nel caso contrario da ultimo Sez. V numero 42779/2016 . Si riconferma la validità del predetto orientamento rilevandosi in ogni caso che nella fattispecie la statuizione di inammissibilità dell’appello non ha tenuto conto dell’espressa impugnazione di tutti i capi della sentenza emessa dal Giudice di Pace, compresi i capi pertinenti alle statuizioni civili, il che costituisce in ogni caso un rilievo assorbente della materia costituente oggetto di decisione. Dato atto che rimane assorbito l’esame del secondo motivo d’appello, pertinente all’omessa valutazione delle problematiche di merito, si deve pertanto procedere all’annullamento della sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Potenza per lo svolgimento del giudizio d’appello. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Potenza per il giudizio di appello.