La mancata tenuta dei libri sociali non configura il reato di occultamento o distruzione di scritture contabili

Il reato di occultamento o distruzione di documenti contabili di cui all’articolo 10 d.lgs. numero 74/2000 si configura solo in presenza di una condotta positiva dell’agente, consistente nell’occultamento o nella distruzione volontaria della suddetta documentazione.

Così la Corte di Cassazione con sentenza numero 5079/18, depositata il 2 febbraio. Il caso. La Corte d’Appello di Palermo, in parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Trapani, condannava l’imputato per il reato di occultamento o distruzione di documenti contabili di cui all’articolo 10 d.lgs. numero 74/2000 Nuova disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto . Avverso la sentenza della Corte distrettuale l’imputato ricorre per cassazione denunciando come la mancata tenuta dei libri sociali non possa in sé e per sé divenire prova dell’occultamento o della distruzione delle suddette scritture contabili. La distruzione e l’occultamento di documenti contabili. Il Supremo Collegio rileva che, secondo un consolidato orientamento della medesima Corte, affinché il reato di occultamento o distruzione di documenti contabili ex articolo 10 d.lgs. numero 74/2000 si configuri è necessaria una condotta attiva, non essendo sufficiente per la sua configurabilità la mera omissione. Dunque, la Suprema Corte, nel ritenere corretta la pronuncia di assoluzione emessa dal Giudice di prime cure, in considerazione dell’assenza di un «quid pluris a contenuto commissivo» ai fini della configurabilità del reato, ribadisce che «la condotta del reato de quo non può sostanziarsi in un mero comportamento omissivo ossia il non avere tenuto le scritture». La Corte dunque annulla l’impugnata sentenza senza rinvio perché il fatto non sussiste.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 13 dicembre 2017 – 2 febbraio 2018, numero 5079 Presidente Fiale – Relatore Sarno Ritenuto in fatto S.A. propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di Appello del distretto di Palermo, che, in parziale riforma della sentenza del tribunale di Trapani, appellata dal PG, lo condannava per il reato di cui agli articolo 81 cpv C.p., 10 D.L.vo 74/2000 per il periodo fra il omissis - Fatti commessi in omissis . La contestazione attiene alla distruzione ed occultamento delle scritture contabili nel periodo 2006 - 2010 al fine di evadere le imposte sui redditi nella qualità di legale rappresentante della soc. a r.l. Drinking. In primo grado l’imputato era stato assolto mancando la prova dell’esistenza di tali documenti e di conseguenza occultati o distrutti. Eccepisce in questa sede il ricorrente la violazione dell’articolo 10 ed il vizio di motivazione evidenziando la correttezza della decisione di primo grado avendo il teste Si. e la perizia accertato unicamente la mancata tenuta dei libri sociali e contabili obbligatori, non potendosi automaticamente far discendere da tale circostanza la distruzione o l’occultamento di essi in assenza di ulteriori accertamenti su tali condotte. Considerato in diritto Il ricorso è fondato. L’odierno ricorrente risulta rinviato a giudizio per rispondere dei reati di cui ai capi A articolo 81 cpv C.p., 5 D.L.vo 74/2000 in relazione agli anni fiscali 2006, 2007, 2008 e 2009 - B articolo 81 cpv C.p., 10 D. L.vo 74/2000 per il periodo intercorrente fra il omissis - Fatti commessi in omissis . Il Tribunale ha assolto l’imputato dai reati a lui contestati per insussistenza del fatto. La corte di appello, accogliendo il ricorso del PG, all’esito di perizia disposta sul volume di affari della Drinking s.r.l., ha riformato la sentenza di primo grado dichiarando estinti per prescrizione in ordine al reato di cui al capo A relativamente agli anni di imposta 2006, 2007 e 2008 ed assolto l’imputato relativamente all’anno di imposta 2009 perché il fatto non sussiste ed ha invece condannato l’imputato alla pena di anni uno di reclusione per il reato di cui al capo B. In aggiunta la corte di merito evidenziava le risultanze della perizia dalle quali era emerso che il volume d’affari della ditta facente capo allo S. era sicuramente tale da poter integrare gli estremi della fattispecie di cui all’articolo 5 D. Lvo 74/2000 per gli anni 2006, 2007 e 2008, mentre analoga circostanza non era stata accertata con riferimento all’annualità 2009, per la quale il perito ha accertato come il mancato versamento riguardasse una cifra inferiore alla soglia recentemente innalzata dal legislatore. Ciò posto osserva il Collegio che, come affermato dal ricorrente, nella sostanza la situazione probatoria non si è discostata da quella esaminata dal tribunale che, correttamente citando gli arresti di questa Corte secondo cui la condotta penalmente rilevante per l’articolo 10 d.lgd 74/2000 richiede un quid pluris a contenuto commissivo consistente nell’occultamento o nella distruzione non potendosi sostanziare nel mero comportamento omissivo della tenuta delle scritture contabili, aveva assolto l’imputato. In questa sede va ribadito infatti quanto più volte affermato da questa Corte e, cioè, che ai fini della configurabilità del reato di cui all’articolo 10, d.lgs. 10 marzo 2000, numero 74, non è sufficiente un mero comportamento omissivo, ossia la omessa tenuta delle scritture contabili, ma è necessario un quid pluris a contenuto commissivo consistente nell’occultamento o nella distruzione dei documenti contabili la cui istituzione e tenuta è obbligatoria per legge. Sez. 5, Sentenza numero 35591 del 20/06/2017 Rv. 270809 Sez. 3, Sentenza numero 19106 del 02/03/2016 Rv. 267102 superando un precedente difforme. Si deve riaffermare, infatti, che la disposizione di cui all’articolo 10 d.lgs 74 del 2000 prevede una doppia alternativa condotta riferita ai documenti contabili la distruzione e l’occultamento totale o parziale , un dolo specifico di evasione propria o di terzi e un evento costitutivo, rappresentato dalla sopravvenuta impossibilità di ricostruire, mediante i documenti i redditi o il volume degli affari al fine dell’imposta sul valore aggiunto. È evidente che si tratta di un reato a condotta vincolata commissiva con un evento di danno, rappresentato dalla perdita della funzione descrittiva dell’documentazione contabile. Ne consegue che la condotta del reato de quo non può sostanziarsi in un mero comportamento omissivo ossia il non avere tenuto le scritture in modo tale che sia stato obbiettivamente più difficoltosa - ancorché non impossibile - la ricostruzione ex aliunde ai fini fiscali della situazione contabile, ma richiede, per l’integrazione della fattispecie penale un quid pluris a contenuto commissivo consistente nell’occultamento ovvero nella distruzione di tali scritture. Limitatamente al reato di cui all’articolo 10 d.lgs la sentenza va pertanto annullata perché il fatto non sussiste. P.Q.M. La Corte Suprema di Cassazione. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, limitatamente al reato di cui all’articolo 10 d.lgs 74/2010 perché il fatto non sussiste.